Capitolo 21
Né io, né Lore, ci mandammo messaggi per la cena imminente in casa Chiantini. Forse aveva deciso di declinare l'invito, oppure era troppo preso dalle sue donne misteriose.
In fin dei conti, nemmeno io mi feci sentire. Ogni giorno, dopo il lavoro, tornavo a casa troppo stanca e dormivo. Dormii fin troppo e saltai anche i compiti e le mini tesine che Carlo teneva con sé, e ogni giorno mi ricordava di andare a ritirarle.
Non gli parlai dell'invito, avevo paura della sua strana gelosia, e non ne feci parola nemmeno con i componenti della mia famiglia. Conoscendoli, ero certa che tra di loro, non in mia presenza, ne avessero discusso, e chissà quali cose erano venute fuori.
Dopo essermi fatta una doccia, passai un attimo in cucina a bere un po' d'acqua. Mia madre e Francesca erano indaffarate a cucinare. Sofia guardava i cartoni animati sul divano. Le due donne, appena mi videro, smisero di parlare. Si lanciavano occhiate a vicenda. E poi ridevano sotto i baffi. Io le ignorai e me ne andai nel mio sgabuzzino.
Misi su una tuta e mi sdraiai a letto.
Mi faceva male qualsiasi parte del corpo.
Quel lavoro mi uccideva fisicamente. E anche psicologicamente.
Presi il cellulare e aprii Whatsapp.
Cercai Lore tra i contatti e quando mi apparve, vidi che nell'icona del suo profilo c'era una foto che ritraeva una donna che nuotava dentro un acquario. La trovai magnifica, quella sirena.
Io, al confronto, ero soltanto un pesciolino rosso, sfigato.
Notai la scritta online sotto il nome di Lore. La fissai per un bel po'.
Come potevo esordire?
Ci pensai un po' su, ed eccoti fornita la soluzione. Mi scrisse lui:
-Ciao, Spaghetti. Come stai?
-Ciao, Lore, va tutto alla grande! Ps: mi chiamo Viola.
-Lo so, ma i tuoi capelli mi ricordano gli spaghetti. Scusa se non mi sono fatto sentire. Ho avuto molto da fare.
-Figurati, non ti devi scusare. Nemmeno io mi sono fatta sentire, quindi...
Pensai alla mia settimana di lavoro stancante nella fabbrica di suo padre.
-Comunque se hai altro da fare, qui nessuno si offende.
-Stasera mi sono tenuto libero per te.
Leggendo quelle ultime parole, il mio cuore iniziò a battere forte. E una vampata di caldo mi assalì il viso. Mi emozionai.
-Sono ancora invitato a cena?
-Sì, sì, certo che sì! Alle 20.00.
Ci salutammo e io rimasi a fissare quelle due parole: Per te.
Decisi di fare un pisolino che come al solito si trasformò in una dormita di tre ore passate. Mi svegliai e andai in bagno. Durante il tragitto, sentii del vociare provenire dalla cucina. E una voce mai sentita dentro a quelle mura, soltanto al di fuori, echeggiava insieme a quella dei miei familiari. Mi venne un colpo. La riconobbi. Lore era già insieme agli svitati. E nessuno si era degnato di venirmi a svegliare.
Grazie tante!
Corsi in bagno, mi lavai il viso, tornai nello sgabuzzino e mi cambiai. Cercai di rendermi presentabile il più in fretta possibile. L'emozione era troppo forte.
Eccitata e con le gambe tremolanti, mi avviai verso la sala.
La famiglia Chiantini era riunita sul divano e con loro c'era anche Lorenzo.
Si voltarono tutti quanti a guardarmi.
Cercai di celare il panico dell'emozione e salutai Lore. Lui ricambiò, mostrandomi un sorriso che mi provocò un capogiro. Ci pensò quello stupido di mio padre a riportarmi bruscamente nella realtà.
«Eccola qua, la dormigliona!»
Io e te, più tardi, facciamo due chiacchiere. Mi devi molte spiegazioni, ma non adesso, ora non voglio rovinare questo bellissimo momento, pensai, guardando per un attimo mio padre.
Non risposi. La vergogna prese posto, salutai l'emozione del momento e cominciai a pregare.
Non sapevo cosa aspettarmi da quegli svitati, di sicuro qualcosa di umiliante.
Ognuno di noi prese posto intorno al tavolo della cucina. Lore si sedette di fianco a me.
«Allora, come mai voi due vi conoscete?» esordì mio padre, guardando me e Lore.
Io stavo mangiando in silenzio l'antipasto e per poco mi strozzai nel sentire quella domanda.
Arrossii e feci un sorrisetto a denti stretti.
Lore m'imitò.
«Papà, che domande fai?» chiesi.
«Siamo curiosi» intervenne mia madre.
Più che curiosi, non vedete l'ora di mettermi in imbarazzo, pensai.
Così decisi di spiegare il nostro primo incontro. Tralasciando molte cose, tipo il film fatto su Lando e i suoi riti voodoo. Dissi solamente che Lore mi aveva aiutato ad attaccare la pipetta del motorino.
«Sai che Viola ama leggere?» intervenne Giovanni.
Il tono era sarcastico e intriso di cinismo allo stato puro.
«Anch'io» rispose Lore, spiazzando quell'antipatico di un fratello.
«Ecco perché vi piacete. Siete uguali» insistette Giovanni.
Io arrossi, e se avessi potuto sarei fuggita via in un lampo. Non riuscivo a guardare negli occhi Lore.
Mi feci coraggio e dissi: «E chi ha parlato di piacersi?»
«Si capisce subito che hai una cotta per lui. E nonostante lui faccia il misterioso, scommetto che anche lui prova la stessa cosa.»
Stavo andando in fiamme per la vergogna.
Cercai di ricompormi e Lore prese la parola: «Mettiamo il caso che sia vero» fece una pausa, si voltò verso di me facendomi l'occhiolino.
Io sorrisi timidamente. Mentalmente continuavo a chiedergli scusa.
«Come dovrei comportarmi? Dovrei chiedere il permesso a te? Senza offesa.»
Lore spiazzò quel burbero antipatico.
E in quel momento lo amai moltissimo.
«Fai quel che ti pare» rispose Giovanni, risentito.
Un'aria gelida calò sopra la tavola imbandita, ma svanì subito, appena mio padre prese la parola. Blaterò diverse cose: il lavoro in riseria fin da quando era bambino; la prima volta che era diventato padre; il matrimonio; il viaggio di nozze e la scoperta di diventare nuovamente padre. In quel frangente, raccontò di me, Viola bambina. Per un millesimo di secondo mi commossi. Dalla bocca di mio padre uscivano parole amorevoli nei confronti della sua piccolina. Di quanto era felice nel vedermi sorridere alle sue battute, ai suoi scherzi. Ma svanì un attimo dopo, appena dichiarò: «Lorenzo, sai che Viola quando era piccolina faceva la pipì a letto?»
Risero tutti di gusto.
Mia madre, mio fratello, mia cognata. Io trattenni le lacrime.
«E quando non la faceva a letto, di notte, si alzava e andava in bagno e se la faceva dentro le mutande. Non se le era calate. Ricordi che ridere abbiamo fatto, Laura?» e mia madre, insieme agli altri svitati, rise di gusto annuendo con la testa.
Io non riuscivo più a sopportare quella situazione. Non avevano nessun diritto di umiliarmi in quel modo.
Lore rimase in silenzio.
Chissà che pena stava provando per me.
Odiai tutta la mia famiglia. La odiai a morte.
«Papà, sei uno stupido squilibrato. Questa cosa è fuori luogo e per nulla gentile. Cosa gliene può importare a Lorenzo se facevo la pipì a letto? Nulla. E sai cosa ti dico? Sei proprio uno stronzo. E con questo concludo. Continuate pure senza di me.»
E mi alzai scusandomi con Lore.
Mio padre rise, dicendomi di rimanere, ma io ero già andata verso il mio loculo, piangendo.
Spazio autrice:
Ehilà, Wattpadiani, come state?
La cena con Lorenzo insieme alla famiglia di Viola non è andata poi così bene.
D'altronde, Viola lo sospettava, non fino a questo punto, però.
Chissà cosa pensa Lorenzo? ❤️
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