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Capitolo 18

Fissai mio padre che se ne stava in piedi vicino all'auto parcheggiata. La sua espressione persa chissà dove, mostrava un viso piacevole e solare.

Se non fossi stata la figlia e di conseguenza non sapessi come fosse in realtà, avrei detto, di primo acchito, che quell'uomo era una persona eccentrica ma simpatica. Con quell'aria sbarazzina, i capelli castani scuri, la barba incolta e occhi vispi che scrutavano chissà quali mondi, mi sarebbe piaciuto.
Ma lui era pur sempre lo sperminator laureato in medicina e dottor amore, svitato e irresponsabile.

«Papà, come fai a conoscere Lorenzo?» domandai incuriosita.
«Come faccio a conoscerlo?»
«Eh, sì. Come mai lo conosci?»
«Lo sai come fa di cognome?»
«No. Perché ha importanza?»
«Si chiama Lorenzo Martinotti. È figlio del tuo futuro titolare.»
Quella notizia mi sconvolse.
Troppi pensieri invasero la mia mente.
Intanto, mio padre blaterava un sacco di ricordi, aneddoti, vicissitudini e via discorrendo.

«L'ho visto crescere, quel caro figliolo. So tutto di lui. So anche che si sta laureando in lingue e vorrà andare all'estero per seguire un master e farsi delle esperienze diverse, lontano dall'azienda del padre. Non vanno molto d'accordo, lui e l'ingegnere Martinotti.»
Non avevo più voglia di sentire altro.
Dissi a mio padre che andavo da Lando a ritirare il motorino.

«Ce li hai i soldi per pagare?»
«Tranquillo. È già tutto saldato.»
«E chi ha pagato, Lorenzo?»
«No, non ha pagato lui. Qualcun altro. Ma è stato un favore, nulla di cui preoccuparsi.»
Mio padre non andò oltre, e io gliene fui grata. Lo salutai.
Salì in macchina e io m'incamminai verso l'officina di Lando.

La saracinesca era alzata. Entrai all'interno dell'officina, superando alcuni scooter nuovi, messi in esposizione, e più in là trovai Lando intento ad aggiustarmi il Ciao.
«Ciao» dissi.
«Ciao, Viola.»
«Sono in anticipo, ma posso aspettare.»
«Mi ci vorranno ancora dieci minuti.»
«Tranquillo, faccio una telefonata.»
Lando non rispose e continuò ad armeggiare con la gomma del mio motorino.

Mi spostai verso l'uscita e chiamai Carlo.
«Pronto» disse.
La sua voce era afona.
«Ciao, Carlo, come stai?»
«Ciao, Viola, non molto bene. Ho la febbre e stamattina ho vomitato diverse volte. E ho un mal di testa terribile.»
«Mi spiace.»
Restammo alcuni secondi in silenzio. Sentivo il suo respiro affannoso.
«Viola?»
«Sono qua.»
«Tu come stai?» chiese.
Captai una sensazione di vergogna.
«Vuoi ridere?»
«Racconta.»
«Anch'io ho avuto la febbre alta. Ma ora mi è passata. Quella meravigliosa donna di mia madre mi ha dato l'aspirina e una supposta di tachipirina da prendere insieme e mi sono addormentata. Al risveglio era tutto un puntino rosso. Sono dovuta andare all'ospedale. Ho avuto una lieve reazione allergica.»
«Nooooo. Povera Viola.»
«Già! Povera sfigata.»
Per un attimo mi sentii molto vicina a Carlo. Nonostante i diversi caratteri, eravamo molto simili.

«Come ho fatto ad arrivare a casa sano e salvo, ieri sera? Mi ricordo a malapena di averti visto. Poi buio. Il vuoto assoluto» disse, spezzando quel silenzio.
«Ti ha accompagnato a casa Ciccio. Non so bene come, vi ho solo visti andare via. Moro mi ha tagliato la gomma del motorino.»
«Che stronzo.»
«Già. Ma sai una cosa?»
«Dimmi.»
«Ho già pronta la vendetta.»
«E posso sapere qual è?»
«Sì, certo. Anzi, dammi una mano. Puoi cercare su Internet tutti i dati di suo padre?Indirizzo, telefono, partita iva, eccetera eccetera? E me li mandi tramite Whatsapp? Quando ci vediamo di persona ti spiego il motivo e l'uso di quei dati.»
«Guardo e ti spedisco tutto.»
«Grazie. Sei un caro amico.»
«Figurati. È sempre un piacere aiutarti.»
«Un giorno di questi mi sdebiterò con te.»
Carlo non rispose. Sembrava che stesse sospirando.

«E tu come hai fatto a tornare, ieri sera? Hai pedalato fino a casa, sotto la pioggia?»
Al mio caro amico timido e sfigato era tornata la memoria, per caso?
E io mi sentii come una zingarella che veniva beccata a rubare una mela al mercato. Avevo sempre avuto il sospetto che per Carlo io ero più di una cara amica. E con le parole che aveva avuto nei miei confronti la sera precedente, il sospetto diventava una certezza, ma dirgli apertamente ciò che provavo per Lore, forse l'avrebbe abbattuto. Peggio, l'avrebbe ucciso. Così evitai i dettagli e gli raccontai solo una mezza verità.

«No, ho pedalato per pochi metri, poi mi si è affiancata una macchina. Alla guida c'era un ragazzo che ho conosciuto da poco. Però mi sono fidata e ho fatto bene. È stato gentilissimo, mi ha seguita fino da Lando per poi darmi uno strappo a casa.»
Dall'altra parte del telefono non sentivo più il respiro di Carlo.
«E chi è questo ragazzo conosciuto da poco, lo conosco?»

Eccola, la parte odiosa che la vita ti presentava: lui che ama lei ma lei ama un altro.

«Sì, no, cosa dico? No, non lo conosci, cioè, non credo. Frequenta l'università, ma soprattutto è il figlio del mio futuro titolare. Capisci che fortuna ho avuto?»
Non me la stavo cavando per niente bene.
Mi rendevo conto di essere impacciata semplicemente nominando quel bellissimo ragazzo che mi aveva salvata dai pericoli di una strada deserta nella notte.
Ero troppo persa per lui. Non potevo negarlo, soprattutto a me stessa. E Carlo se ne accorse.

«Ci sono così tanti studenti. Come si chiama?»
«È così importante? Chissà quando e se lo rivedrò.»
«È il figlio del tuo futuro titolare, secondo me lo rivedrai, eccome.»
«Ti ho detto che va all'università. E poi, cos'è questa storia? Non sono mica aff...» mi bloccai.
Non volevo ferirlo ma quella sua strana gelosia mi faceva imbestialire.

«Sì, hai ragione, scusa. Non sono affari miei.»
«Carlo?»
«Dimmi.»
«Cerca di riprenderti.»
«D'accordo.»
«Ciao.»
«Ciao, Viola.»
Terminai la chiamata provando rabbia e dispiacere. Una parte di me era consapevole di non poter illudere il mio amico, l'altra parte di non poter negare le sensazioni che provavo per Lore e l'altra ancora che era pur sempre il figlio del mio futuro titolare. Un bel guaio.

Dopo pochi secondi, ricevetti il messaggio su Whatsapp da parte di Carlo con tutti i relativi dati dell'architetto Franco Moro, nonché padre del bulletto. Lo ringraziai, aggiungendo una faccina sorridente per spezzare quel gelo che avevo creato ma lui si limitò a visualizzare il messaggio e non aggiunse altro.

Tornai da Lando.
«Il tuo motorino è pronto.»
«Grazie. Mi hai fatto un favore enorme.»
Lando stava pulendo i suoi attrezzi con uno straccio sporco e unto. Intanto mi guardava attendendo la domanda fatidica.
«Quanto ti devo?»
«Dunque, fammi pensare.»
«Lando, non farti problemi. Spara. E ti consiglio di fare una puntata molto alta.»
Mi regalò un'espressione corrugata e incuriosita.
«Spara» intimai.
«Considerando che ti ho cambiato la gomma del motorino, fatto il pieno di miscela e, già che c'ero, una revisione generale...»
«E ti ho disturbato ieri notte e fatto lavorare di domenica» aggiunsi.
«Settanta euro.»
«Nah!»
Lando si risentì.
Lo rincuorai.
«Centocinquanta ti va bene?»
«Centocinquanta? Mi sembra esagerato. Senza offesa, il tuo Ciao non vale così tanto.
Figuriamoci una riparazione.»
«Centocinquanta più iva.»
«Hai vinto alla lotteria?»
«No. Paga l'architetto Moro. È stato il figlio a bucarmi la gomma. Ora ti lascio tutti i dati dove spedire la fattura e se ti fa storie, digli che c'è un video con le prove.»

Non ero sicura al cento per cento, ma conoscendo il bulletto e il suo egocentrismo, mentre mi bucava la gomma si sarà fatto riprendere dal suo fidato cameraman, con commenti al seguito.
Lando non fece una piega.

Andammo nel suo ufficio e gli segnai su un foglio tutti i dati per il pagamento. Andai verso il mio motorino, salutai Lando e me ne andai.

Feci un giro per Pavia e mi diressi verso il Ponte Coperto.
Era una domenica pomeriggio con il sole settembrino che scaldava tiepidamente. Parcheggiai il motorino e mi sedetti su una panchina a osservare il fiume.
Avevo bisogno di riflettere seriamente.

Pensai a quella strana conoscenza tra mio padre e Lorenzo. Tra i due sembrava esserci una buona forma di rispetto.
Possibile che Lore non si rendesse conto della stupidità di mio padre? Oppure ne era cosciente ma rispettava quella sua eccentricità? E poi, possibile che non me ne andava mai una giusta?
Avevo finalmente trovato una persona che mi faceva sentire viva, mi inebetiva a tal punto di non capire più niente, mi faceva battere forte il cuore, ma quella persona era il figlio del mio futuro titolare.
Che sfiga!

Spazio autrice:
Ehilà, Wattpadiani, come state?
A chi non è capitato di amare qualcuno e non essere corrisposto? ❤️

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