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Capitolo 15

Mi ritrovai sola, sotto la pioggia, nel bel mezzo di una strada deserta, quasi in lacrime.
Il pensiero di pedalare fino a casa, con la gomma bucata, mi rattristò a tal punto che dovetti lottare con il groppo in gola.
Che brutto colpo mi aveva tirato quello stronzo di un bulletto. Gliela avrei fatta pagare.

Una Mini grigia mi affiancò.
Io continuai a pedalare faticosamente.
Il finestrino si abbassò e udii una voce:
«Hai bisogno di un passaggio?»

Riconobbi il suono di quella voce. Durante il mio faticoso pedalare, voltai il viso, ormai fradicio di pioggia e risposi: «No, grazie.»   «Sei sicura?»
«Sì, non preoccuparti.»
«Dai, Viola. Molla il motorino da qualche parte e sali in macchina.»
«Come fai a sapere il mio nome?»
«Che importanza ha?»
«Ha importanza. Non ti conosco, e non mi fido.»
«Sei proprio una testona. Me l'ha detto Camilla.»
Lo guardai dritto negli occhi e sbandai. Sorrise.

«E tu come ti chiami?»
«Lorenzo, per gli amici Lore.»
«Bene, Lorenzo, ti ringrazio per l'invito ma penso di cavarmela.»
«Lo so che te la cavi, ma guarda quanta pioggia ti stai prendendo. Fermati e sali in macchina.»

Non avevo nessuna intenzione di lasciare il mio motorino in balia di qualche malintenzionato. Era già fin troppo ferito, non desideravo abbandonarlo al suo triste destino. L'avrei portato a casa.

«Io il mio Ciao non lo lascio da nessuna parte.»
«Dammi retta, mollalo lì e sali in macchina.»
Lorenzo insisteva e io continuavo a pedalare.   «Ma non hai da fare qualcosa? Magari con la tua ragazza?»
«Quale ragazza?»

In quel momento smisi di pedalare e mi fermai. Lore fece lo stesso. Parcheggiò la mini e scese.
«Giuro, se avessi un baule lo avrei caricato in macchina. Ma quello della mini è troppo piccolo» disse, venendomi vicino.

Dio, quanto era bello.
La luce dei lampioni rendeva giustizia al suo viso. E che occhi. Li fissai e le mie labbra formularono un pensiero: «C'è un fiore nei tuoi occhi» dissi, ansante.
Cosa.
Cazzo.
Stavo.
Dicendo?

Quel ragazzo riusciva a rimbecillirmi. Ero spacciata. Lore sorrise. Io mi sentii un'ebete. Quella frase non c'entrava nulla. Rimasi in silenzio. Lui mi fissò, attendeva risposte.

Per stemperare quel momento imbarazzante dissi: «Mi è venuta una fantastica idea. Seguimi.»
Lore salì in macchina, mentre io pedalavo a fatica, sotto la pioggia incessante.
Percorsi diverse vie, svoltai a sinistra e imboccai viale Giacomo Matteotti.
Mi venne da sorridere.
Lore, mi stette dietro a passo di lumaca, dentro la sua Mini, al riparo dalla pioggia, e immaginai i suoi pensieri dall'espressione che mi aveva regalato quando gli avevo detto che avevo avuto un'idea.
Ero bagnata fradicia, ma decisa.

Mi fermai vicino alla saracinesca abbassata, misi il cavalletto al motorino, tolsi il casco e suonai al citofono. Lore scese dalla macchina e si avvicinò, riparandomi con l'ombrello.   «Abiti qui?»
«No.»
«E allora chi ci abita?»
«La vedi quella saracinesca abbassata? È l'officina del mio meccanico di fiducia. Lando Perrone. Abita al piano di sopra.»
«Ma è quasi l'una di notte.»
«Non preoccuparti, fa le ore piccole.»

Suonai ancora e nell'attesa fissai il viso di Lorenzo.
Dio, che occhi aveva. Mi ci sarei immersa, in quel mare verde. E che bocca. Due labbra carnose da succhiare, mordere, baciare.
Il mio sogno venne interrotto dalla voce gutturale di Lando.
«Chi è?»
«Lando, sono Viola. Viola Chiantini. Ho bisogno un favore.»
«Passa domani. Ora ho da fare.»
«È urgente.»
«Domani.»
«Ti rubo soltanto due minuti.»
Silenzio.
«Per favore.»
Mi uscii una voce smielata. Lore simulò nel mio orecchio un miagolio. Un brivido mi percorse tutto il corpo. Ebbi la pelle d'oca.
Gli mostrai uno sguardo inebetito. Sorrise.

«Lando?»
«Dimmi.»
«Scendi un attimo.»
Il citofono emise un click. Sperai nel suo arrivo.

Due minuti d'attesa e la porta accanto alla saracinesca si aprì. Comparve Lando, vestito in pigiama con sopra una sottoveste sgualcita.
Dio che brutta visione.
Un odore di fumo stantio ci investì.

Lasciai perdere i pensieri maligni e gli spiegai l'urgenza.
«Ho bucato la gomma del motorino. Puoi aggiustarla entro domani sera, per favore?»   «Domani è domenica. Non lavoro. Te lo aggiusto lunedì.»
«Ti pago il doppio.»
Lando mi guardò di sottecchi.
«Già che ci sei, fammi anche il pieno di miscela.»
Lando sentiva già il profumo di soldi. Io l'odore di tutte le sigarette che si era fumato.

«D'accordo. Domani sera vieni a prenderlo.»
«Grazie mille, Lando. Sei un amico.»
«Ragazzo» disse, rivolgendosi a Lore. «Porta il motorino qui davanti.»
Lore mi lasciò l'ombrello e andò verso il Ciao.

«È il tuo fidanzato?» chiese Lando.
Quella domanda m'imbarazzò. Non risposi.

Lore portò il motorino davanti alla porta di casa di Lando e quest'ultimo lo spinse dentro, nell'atrio.
«Grazie ancora.»
«Andate che ho da fare.»
«A domani.»
Lando chiuse la porta e tanti cari saluti.
«Quell'uomo è strano da far paura» disse Lore salendo in macchina.
«Però è stato gentile.»

Io mi ero già posizionata sul sedile morbido e al riparo dalla pioggia. Ero bagnata fradicia. E tremavo dal freddo.
«Accendo il riscaldamento.»
Non ero abituata a tutte quelle premure. Ma le trovai tremendamente dolci.
«Grazie» risposi battendo i denti.

Lore mi osservò, come si osserva un cagnolino bagnato e abbandonato al suo destino.
Mi spostò una ciocca di capelli che si era appiccicata sul viso. Quel suo gesto improvviso mi fece arrossire. Più che arrossire, sentii una vampata di calore. Andai a fuoco.

«Stai bene?»
«Sì.»
«Sicura?»
Lore appoggiò una mano sul mio viso in fiamme.
«Scotti.»
Più che scottare, ardo d'amore per i tuoi gesti, pensai.
«Dici?»
«Sì. Secondo me hai la febbre.»
«Speriamo di no.»
Non potevo ammalarmi proprio ora che iniziavo a lavorare all'inferno.
O forse sì?

«Dai, ti porto a casa.»
«Di già?» domandai.
Dannazione.
Questo è il guaio di chi come me non ha filtri.
Lore sorrise.
Io sprofondai nel sedile.

«Vuoi andare da qualche parte?»
«No, tranquillo. Sto delirando. Sarà la febbre.»
«Hai bisogno di toglierti i vestiti e metterti al caldo.»
«Vuoi pensarci tu?»
Lore mi regalò un altro sorriso.
Lo trovai magnifico.
Sprofondai per la vergogna, però.
Di nuovo.

«Scusa, davvero. Non so cosa mi stia prendendo. Portami a casa così evito altre battute.»
«Non mi chiedere scusa. Sei divertente.»
«Buffa. E anche picchiatella. Mi sa che hai ragione» conclusi tra me e me.

Lore partì e guidò con tranquillità in una Pavia quasi addormentata.
Io non mi sentivo affatto bene. Tremavo troppo.
Arrivammo davanti al condominio.
Il freddo mi era entrato nelle ossa tanto da rendermi difficile parlare.

«Grazie, Lore. Sei stato davvero gentile.»
«Figurati. È stato un piacere.»
Mi avvicinai e gli diedi un bacio sulla guancia.
Lo fissai silenziosa e per un attimo mi sentii come Carlo. Mi odiai.
Lore non si scompose, anzi, mi fece una carezza e concluse: «Dai, vai a casa.»
Scesi dall'auto e fanculo alla mia dignità.

Spazio autrice:
Ehilà, Wattpadiani, come state?
Dunque, l'incontro con Lorenzo come vi è sembrato?
Viola è così dolce nella sua goffaggine, vero?
E Lando, il suo meccanico, che personaggio strano è?

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