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Torna Da Me

Questo capitolo è per il mio piccolo cuore blu
 che oggi compie gli anni. 
Buon Compleanno

Mario's Pov

Un tiro, un altro, un altro ancora. 

La musica nella testa, le mani che si alzano per me, solo per me. Gente che balla, corpi che si strofinano tra di loro, le pelli che si sfiorano e l'odore dell'erba e alcol nell'aria. 

Un'altra canzone, un altro tiro di una canna che ormai è a metà, un altro applauso e lo scocco delle lancette che segnano le 4 del mattino. Il vocalist accanto a me che annuncia alla pista che questo sarà l'ultimo pezzo. Le proteste, i lamenti.

Sorrido perché amo il mio lavoro, sorrido perché è tutto più bello quando vuoi che il tuo cervello vada il break out e tutto ciò che riesci a pensare è al letto e un cuscino per dormire.

Le ultime note mixate terminano, le luci si spengono, i ragazzi a uno a uno escono dal locale e recuperano la loro roba. 

"Mario sei stato grande, come sempre" qualcuno si congratula. Sorriso, ma non per davvero. non riesco. Scollego i cavi, rimetto a posto tutto ciò che mi appartiene, rimuovo la chiavette USB e vado negli spogliatoi. 

I miei colleghi sono tutti li che chiacchierano tra di loro e appena mi vedono entrare si voltano verso di me per pormi la stessa domanda si sempre "Eh Mario, andiamo a casa di Jack, sei dei nostri?"-

"No, ragazzi." li interrompo prima ancora che possano aggiungere altro. "Ho fumato e bevuto abbastanza per oggi. Me ne vado a casa" chiudo il mio zaino e mi cambio le scarpe.

Mi fanno male gli occhi, ho bisogno di dormire.

"E dai, Mario. Da quanto tempo non ti unisci a noi? Da quando sei tornato da Verona non sei più tu"

Deglutisco, ma non lo faccio vedere. La testa mi scoppia e non voglio pensare più a nulla. Voglio solo tornare in quello schifo di appartamento che condivido con una ragazza che studia lettere, buttarmi sulle coperte e porre fine alla giornata. 

"Non mi va. Adesso scusatemi" rispondo, ma loro non hanno proprio intenzione di lasciarmi andare.

"Non mi dire che stai mezzo così per quel ragazzo. Ti sei innamorato?" il vocalist del quale non ricordo il nome, alza un sopracciglio e mi punta il dito contro.

"Ma che cazzo dite. Che vuoi che me ne frega di quella checca isterica". Sbotto, ma mi mordo le labbra subito dopo averlo detto. 

Sei tu mi ferisci io ti ferisco ancora più forte. Se tu mi mordi, io so fare di peggio. Se mi rovini, io sparisco e rovino te.

Gli do le spalle  prima che possa dire altro che mi faccio pentire e chiamo un taxi. Una ventina di minuti l'autista arriva e mi accompagna a casa. Lascio una banconota da cinquanta euro e mi rendo conto che se continuo a fare questa vita resterò senza un centesimo, ma non ho portato la macchina con me e 'fanculo non sono neanche lucido e nelle condizione di guidare.

Milano è diventata ormai la mia prigione, il posto dove scappo e dove mi rifugio ogni volta che a casa, la mia vera casa, li dove ho lasciato un pezzo del mio cuore, le cose non vanno bene. E ultimamente non va bene niente.

Sono passati due mesi dall'ultima volta che ci ho messo piede e sono esattamente 33 giorni che per dormire ho bisogno di fumare o bere fino a stare male, e per mangiare deve sentire i crampi nello stomaco. Non me curo, non me ne curo più.

E la rabbia iniziale ha lasciato posto alla delusione e poi alla malinconia. Vivo in un limbo dove ogni giorno non so se ho più voglia di prendere a pugni il muro, o piangere.

Chi lo avrebbe mai detto che io Mario, mi sarei ridotto così per amore.

Amore, puff. E solo una di quelle cazzate inventate. Lo sapevo già e alla fine ci sono caduto con entrambe le gambe.

Dovevo starmene indietro, far tacere quel sentimento dentro il mio cuore, non dargli un nome e continuare la mia vita. Vuota, piena di caos, ma senza pensieri.

"Ti odio, cazzo. Ti odio da morire"

E invece ho rovinato tutto, perché ho permesso a me stesso di aprirmi un po', ho permesso a Lui di guardarmi dentro, di far cadere quella facciata, di rendermi debole. Era più facile fare gli stronzi, era più facile fregarsene e non avere sentimenti. 

Ma si vive a metà ma ciò che si può e ciò che non si ha più. 

Apro la porta del mio appartamento. Chiara starà già dormendo. Mi riscaldo un toast nel microonde tanto per mettere qualcosa nello stomaco. Gli occhi si posano sul calendario, lì dove ho segnato il giorno lì mi rendo conto che sono le 5 del mattino del 29 aprile e oggi è il mio compleanno. Io che pazzo e cretino, avevo acquistati dei biglietti per andare via il fine settimana. Lo avrei portato a Londra, grazie a un'offerta low cost che avevo trovato dopo Natale. E invece quei biglietti non si useranno mai, quel check in non si farà mai e io non ho disdetto neanche l'hotel e ora mi toccherà pagarlo. Ma non riesco neanche a dare un morso e devo scappare in bagno a vomitare. E butto fuori l'anima, rigetto tutto e i miei vani tentativi di dimenticare si rivelano nulli. 

Perché quella mancanza che ho nel mezzo del cuore non può essere colmata con un po' di erba e la vodka, quella spina nel cuore resterà per sempre in ogni momento della mia giornata a ricordarmi che esiste.

Perché Claudio non c'è. Non c'è più mio. O forse non è mai stato mio e mi sono solo illuso di poterlo avere.

Per anni gli sono corso dietro, per anni ho cercato di proteggerlo dal mondo, per anni ho cercato di rigettare questo sentimento soffocante per lui comportandomi da stronzo, facendo finta di odiarlo, ma ho finito per amarlo. Con tutto me stesso. E senza lui questo amore mi sembra nulla, privo di ogni senso perché continua a crescere dentro di me e mi sta facendo affogare. Sono alla deriva, senza nessuno scopo, senza nessun limite. Abbraccio il water e mi permetto di piangere ancora una volta e di cancellare tutto ciò che ho in testo.

Perché  mi manca, cazzo. Mi manca. Mi mancano i suoi sorrisi, mi mancano i suoi occhi verdi, mi mancano le sue guance che arrossiscono sempre, i suoi capelli biondi ricci, i suoi vestiti orrendi. 

La sua voce. 

Farei di tutto per ascoltarla ancora. Quella voce che mi bacchettava una volta di sì e una no. Mentre gonfiava le guance e si spostava i capelli dalla fronte con una tale lentezza da far meravigliare tutti.

E' così bello il mio Claudio, bello e ingenuo. Se solo in questo venti anni si sarebbe guardato con i miei occhi, avrebbe visto quanto splendido è, quanta grazie c'è nei suoi movimenti. Che è bello anche con i suoi maglioni marroni e le camicie a quadri, è bello anche con i suoi occhiali che odia e l'aria un po' da nerd. E' bello quando guarda un film e si immedesima così tanto nei personaggi che si commuove e io sono sempre li a prenderlo per il culo solo per vedere le sue guance rosse e il suo broncio adorabile, quello che prenderei a morsi fino a quando non spunta un nuovo sorriso. Che mi piace accarezzargli i cappelli, soprattutto quando la notte si appoggia sul mio petto e mi respira addosso e io sono sempre col telefono in mano a fargli un video per poi fargli vedere come sbava la notte. Per incazzarci ancora e per litigare ancora, sempre così senza una pausa. E mi manca lui, lui e basta col suo modo di rendermi speciale e il mio di viziarlo sempre. 

Non c'è la faccio più, non resisto più. Più sono forte fuori, più muoio dentro.

E proprio in quel momento che tiro fuori dalla tasca il telefono, ancora seduto sul pavimento sporco del mio bagno.

Ho una serie di messaggi di auguri, ma gli ignori tutti e poi una notifica.

4 chiamate perse.

Cl(a)sce(mo)

Io e quel nomignolo stupido che avevo scelto per farlo incazzare e poi emozionare, nello stesso momento. 

E a pensato a me, pensa sempre a me. Anche se è lui la causa di questa nostra situazione, mi sento sempre io la merda.

E non resisto.

Non ne posso più.

Imposto la modalità per la chiamata in anonimo e compongo il suo numero.

Voglio solo sentire la sua voce, solo quella e poi metto giù. Ho solo bisogno di sentirla ancora, come regalo di compleanno.

Uno squillo, due squilli e poi..

"Pronto?"

La sua voce. Mi spezza il respiro. Quella voce roca, quella che ha solo appena sveglio il mattino, quella del mio momento preferito della giornata.

"Pronto?"

Ripete e vorrei rispondere, vorrei dirgli qualcosa. Ma non trovo più la mia bocca, non so più dove sia. Non so più niente. Resto in attesa di un altro suo segnale.

E poi un sospiro, uno di quelli infiniti e poi il mio nome "Mario"

Ciao, amore. Sono sempre io. Mi hai riconosciuto ancora, forse aspettavi come me il giorno dove ci saremmo telefoni una volta.

"Mario lo so che sei tu, riconosco il tuo respiro." sussurra e non posso resiste ancora per molto. E quindi rilascio un lamento, prolungano eterno, mentre gli occhi piangono ciò che hanno perso

"Dove sei?"

Non chiedermelo, non dirmelo. Perché altrimenti poi te lo dico e verresti a prendermi. Va bene così, va bene. Avevo solo bisogno di sentirti un po' mio.

"Mi manchi, Mario. Mi manchi tantissimo. Puoi almeno dirmi qualcosa? Sto andando fuori di testa."

Mi manchi, mi manchi anche tu amore. Ce li ho qua sulla punta della lingua queste parole, ma scusami se non te le so dire. Ti prenderei i miei lamenti, i miei respiri, saranno l'unica risposta che oggi posso darti.

"Io lo so che ho sbagliato, lo so e cazzo mi pento ogni giorno, ma ti prego. Ti prego, torna da me"

E' troppo, è troppo, devo mettere giù devo finirla qua.

"Ti prego, non chiudere" urla lui disperato, proprio come se mi conoscesse. "Non chiudere, per favore. Buon compleanno, Mario. E' il tuo compleanno oggi, io lo so. Io ti am-"

Butto giù. Tiro il telefono contro il lavandino.

Non dovevo chiamarlo, cazzo. Non dovevo farlo, adesso ho complicato tutto. Ma non può dirmelo, non me lo può dire così perché non ci credo più. Neanche lo sai cosa cazzo è l'amore, pezzo di idiota, stupido, scemo, cretino che pensavi non ti amassi abbastanza da cercare in altri. 

Ti odio, ti detesto, non ti sopporto. Ti amo, ti amo, ti amo

"Mario. Ehi" 

La luce nel corridoio si accende.

"Ehi va tutto bene. Stavi parlando da solo" Chiara mi si avvicina e mi rendo conto che stavo pensando a voce alta.

E la voce si stronza e ricomincio a piangere, aggrappandomi alla sua maglia. 

Lei mi stringe, mi accarezza, mi sussurra che non fa niente e che posso continuare a sfogarmi.

E io lo faccio, e piango come non l'ho mai fatto in vita mia. Fino a non sentire più niente, solo la gola secca che fa male per quanto brucia, fino ad annullarmi.

"Mi manca" mormoro e le stringe la presa.

"Lo so, ma tutto bene. Andrà tutto bene"

Andrà tutto bene, me lo ripeto di continuo. Andrà tutto bene, perché peggio di così non può andare.

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