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Roma E Noi

"Stiamo scappando come dei ladri."

"Shhh". Mario ride e mi appoggia un dito sulle labbra per poi toglierlo e sostituirlo con un bacio a stampo. "Vieni con me, dai"

Non me lo faccio ripetere due volte e scappiamo a gambe levate dalla grande casa di Carlo, tenendoci per mano.

All'ingresso recuperiamo i nostri cappotti e Mario mi avvolge la sua sciarpa attorno al collo solo per dirmi "Non vorrei che il mio bambino si ammali"

Al quale ribatto con "Non sono un bambino" mettendo un broncio infantile che lo fa ridere ancora di più e fa colorare le mie guance di rosa.

"Adoro quando tu imbarazzi. Diventi bordeaux."

"Non è divertente, Mario"

"Oh, si che lo è" e mentre sussurra ancora bimbo, mi prende per la mano e corriamo sul prato bagnato, lasciandoci tutti alle spalle.

E ridiamo e corriamo, ubriachi forse di amore, forse di vino, letteralmente su di giri mentre questa è appena diventata la notte più bella della mia vita.

Raggiungiamo di corsa la sua macchina d'epoca rossa fiammeggiante, che spicca in mezzo una serie di macchine di lusso tirate a lucido. Mi apre la portiera come un gentil uomo e poi prende posto alla guida.

"Se sapevo che sarebbe bastato un pompino a farti cambiare d'umore e farti ridere così, avrei iniziato a farteli a 12 anni." confessa come se niente fosse.

Scioccato mi volto verso di lui con la bocca spalancata e lui non può che ridere ancora più forte.

"Sei un pervertito del cazzo. Ma che problemi avevi fin da piccolo?" rispondo, non riuscendo a credere a quello che ho appena sentito. 

Mario pensava a me fin da piccolo? No, impossibile.

Alza le spalle come se niente fosse e prende di nuovo le vecchie cassette di sua nonna. "Basta Orietta, adesso scelgo io". Esamina per bene le varie proposte e storce il naso nel leggere certi nomi, fino a quando non si illumina e inserisce una cassetta nera nello stereo. "La adoro lei, anche se adesso è un po' svampita"

In pochi minuti la musica si diffonde nell'abitacolo con l'inconfondibile voce di Ornella Vanoni proprio mentre Mario guida, si volta verso di me e inizia a cantare.

"È uno di quei giorni cheeeeee
Ti prende la malinconiaaaaa
Che fino a sera non ti lascia più"

Urla e io inizio a ridere tappandomi le orecchie perché è davvero stonato come una capra, anche se per me questa sera la sua voce è miele perché sto amando questo suo essere così libero e senza freni e terribilmente pazzo. E fa diventare pazzo anche me.

E non so come finisco per cantare a squarciagola con lui.

"Non c'è niente di più triste
In giornate come queste
Che ricordare la felicità
Sapendo già che è inutile
Ripetere "chissà?
Domani è un altro giorno, si vedrà"

Roma è bellissima, silenziosa, illuminata. Sfrecciamo davanti il Colosseo con i finestrini abbassati, la musica a tutto volume e le nostre risate mentre cantiamo frasi a metà.

"Le sai tutte, eh" mi da notare lui.

"Sì. Quando era piccolo e andavo dai miei nonni, sai avevano questo vecchio gira dischi e ogni giorno ascoltavamo tutti i vinili che mio nonno collezionava e così me ne sono appassionato." sussurro, perdendomi nei miei ricordi di quando le giornate erano ancora belle e piene di sole.

"Amavi tantissimo passare le giornate in campagna. C'erano settimane dove non tornavi per niente in città." Risponde con un sorriso.

"Si, fino a quando non hanno saputo che ecco...ho gusti particolare e allora non sono stato più il loro nipote preferito." sospiro. Non voglio pensare a quel giorno, non voglio pensare alle mie lacrime, quelle di mia nonna e la verità che non sono riuscito a dire a mio nonno, l'uomo più importante della mia vita prima che lui si spegnesse.

"Nessuno scegli chi essere. Le persone dovrebbero amarti per come sei, bello, buono e dolce e non per chi sei e per cosa ti piace portati a letto." La mano di Mario si sposta dal volante alla mia gamba. "Soprattutto se poi quello che ti porti a letto sono io. Dovrebbero tutti ritenersi fortunati che sono capitato io a te" e mi strappa una risata, mentre mormoro uno "Scemo"

Stringe al mio ginocchio e io sospiro, intrecciando le dita nelle sue e tornando ad ammirare Roma e a cantare.

"E' così bella." mi lascio scappare con aria sognante.

"Già. Ma c'è qualcosa di più bello di Roma di notte."

"Ah si? e cosa?"

"Roma e noi" mi sussurra sulle labbra, e mi bacia li fermi a quel semaforo rosso fino a quando non sentiamo il suono del clacson della macchina dietro di noi e allora ridendo ci stacchiamo , leggermente imbarazzati.

Ma la mano non me la lascia, no. Resta intrecciata alla sua, sul cambio, guida e canta e mi sorride così tanto che il mio cuore si perde nella dolcezza.

"Questi jeans sono troppo stretti" mi lamento, slanciando i primi bottoni.

"Allora forse dovrei muovermi ad arrivare a casa per toglierti."

"Muoviti, Mario."

E lui si lascia andare in una grossa risata, mentre selezione una canzone e inizia a cantarmela tutta.

"Amore fai prestoo
che non resistoo" mi prende in giro con quella faccia da sberle

E io non posso non ridere "Sei davvero stonato."

"Oh, stai zitto. Ti sto dedicando una fottuta canzone"

"Se tu non arrivii, non esistoo" continuo con lui e realizzo che questa è seconda canzone che mi dedica e con questa nuova consapevolezza  nel cuore, lascio andare tutti i pensieri negativi e mi concentro solo su di lui.

Luci, macchine, vetrine, strade tutto quanto
Si confonde nella mente
La mia ombra si è stancata di seguirmi
Il giorno muore lentamente
Non mi resta che tornare a casa mia
Alla mia triste vita
Questa vita che volevo dare a te
L'hai sbriciolata tra le dita Amore perdono ma non resisto
Adesso per sempre, non esisto
Non esisto, non esisto

*

Arriviamo a casa della nonna di Mario che sono le 4.30 del mattino, ancora ridendo senza nessun motivo. O forse motivi ne abbiamo troppi. Tipo i pantaloni troppo stretti che ho strappato mentre stavo per scendere dall'automobile e Mario che ha registrato tutto e ha mandato un video a Carlo perché "Si incazzerà come una iena. Quei pantaloni costano 500 euro" e io probabilmente in una situazione normale avrei iniziato ad urlare perché cazzo, non ho soldi per comprarglieli, mentre stanotte ho gettato le braccia al suo collo e semplicemente ho fermato la sua risata con le mie labbra. 

Ci siamo baciati minuti interi con ancora la radio accesa, in una strada silenziosa della capitale, nel mezzo del nulla solo perché io posso e noi questa notte possiamo. Ricambia violentando la mia bocca con la sua lingua, ma sempre con dolcezza danza con me da lasciarmi senza fiato.

"Adesso ti prego non fare rumore, che nonna ci sente"mi dice quando si stacca con un schiocco sulle labbra.

"Ma Mario, tua nonna non capisce mai niente se non le urliamo nelle orecchie." Protesto, perché volevo ancora continuare a baciarlo.

"Non sottovalutare le capacità di quell'arpia, la amo ma è pericolosa." spegne lo stereo e chiude la macchina, per poi incitarmi a seguirlo in casa.

Okay, troppa distanza.

Annuisco e gli circondo il busto con le braccia prendendolo di sorpresa, mentre lui gira lentamente la chiave nella toppa del portone per fare meno rumore possibile.

"Sai, da piccolo ho sempre voluto essere un koala" mormoro e stringono ancora più forte la presa attorno a lui, appoggiando poi la testa sulla sua schiena. 

"Shh, Cla. Sei completamente ubriaco." ridacchia "non sapevo che un po' alcol ti rende così appiccicoso" 

Non protesto e resto avvinghiato a lui, per tutto il tragitto. La casa è silenziosa e tutte le luci sono spente. Nell'aria l'odore del ragù delizioso di Rosa che sicuramente mangeremo domani insieme a mezza taglia a testa di lasagne. 

La mia stanza è la prima all'entrata e Mario cerca di raggiungerla quando io glielo impedisco.

"Mmh, saliamo su, voglio dormire da te. Dai, Mario." piagnucolo.

"Va bene" sospira esasperato.

Riuscire a salire al piano di sopra risulta più complicato del previsto. Allaccio anche le gambe al busto di Mario, e adesso sono letteralmente attaccato a lui. "Sei il mio bambù" e forse non è così male restare attaccato a lui per tutta la vita.

Ride ancora e io giuro di non averlo mai sentito ridere così tanto in vita mia. "Stai zitto, e mangia di meno."

"Mi stai dicendo che sono grosso? Che peso troppo? Ma non è vero. Non sono grasso, Mario perché mi dici queste cose brutte. Anzi puoi dire quello che vuoi io continuerò e non smetterò di mangiare il gelato tutte le sere anche se dovessi diventare brutto ed enorme." gli do un colpetto sulla nuca offeso.

"Un rotolo al cioccolato." mi prende in giro e da una pizzicotto alla mia pancia. 

"Sei una merda. Solo perché sei nato con quelle gambe lì da fare invidia a tutti i ballerini. Chi ti credi di essere? Io e la mia ciccia ci vogliamo bene" ribatto e scendo giù dalle sue spalle una volta che arriviamo nella sua camera. Non ho avuto modo di vederla bene ieri, ma adesso sono troppo poco lucido per ispezionarlo, lo farò domani.

Spero solamente che in quel comodino vicino al letto ci sia un preservativo. 

"Stai straparlando" ribatte ancora lui, mentre si toglie la giacca e si siede sul letto.

Preso da una audacia che non sapevo di possedere, avanzo verso il letto e appoggio le mani sulle sulle spalle per sedermi cavalcioni sulle sue gambe. "Trova qualcosa per farmi stare zitto allora"lo provoco, strofinando il mio bacino contro il suo.

Chiude gli occhi e nasconde un gemito "Non lo so se è una cosa buona, hai bevuto"

"No, non mi dare palo, Mario. Lo sai quel detto che chi non scopa a Capodanno non scopa tutto l'anno. E lo so io e anche te che potresti morire e poi non puoi prima farmi avere una erezione e poi lasciarmi insoddisfatto." Mi lamento e lui mi prende il la testa tra le mani e mi bacia un istante per poi strofinare il suo naso contro il mio.

"Dimmi cosa vuoi, Claudio"

"Te, te, te. Sempre è solo te."

E poi è stato tutto un incontro di mani che si accarezzano, di pelle che si incontrano, di lingue che si assaggiano e Mario ovunque.

Dio, mi era mancato come l'aria. Il suo profumo intenso, le sue dite che non smettono di accarezzarmi e il suo cuore che va a un ritmo accelerato ma uguale al mio. I suoi capelli che mi fanno il solletico, la sua barba che arrossa il mio collo, i denti che lasciano il loro passaggio.

E io, eh. Quel corpo me lo prendo tutto e lo venero nei minimi particolari. Amo ogni singolo neo sulla sue pelle per lasciare il mio preferito, quello sul collo per ultimo. Incido la mia presenza in ogni centimetro di pelle scoperta, accarezzo le sue gambe e i glutei sodi. Lo stringo  a me perché necessito di sentirmelo addosso e respiro l'aria attraverso la sua bocca.

E quando ci incastriamo che ogni  angolo, in ogni stretta, in ogni lembo di pelle, ogni pezzo del puzzle ritorna al suo posto, che ogni errore viene cancellato, che i miei difetti combaciano con i suoi pregi, e le cose che odio di lui sono comparate con quelle che amo. E siamo solo due ragazzi che nudi si ritroviamo, come se fosse sempre stato così, come se non ci fossimo persi a rendere la seconda volta che ho fatto l'amore nella mia vita, ancora più bella della prima.

Lo tengo stretto nel mio abbraccio, mentre il corpo trema per il piacere e restiamo stretti anche dopo, con le mie mani a giocare con i suoi capelli e io che non riesco a smettere di baciargli la fronte, mentre lui esausto appoggia la testa sul mio cuore e resta lì a risvegliare un po' quel piccolo muscolo.

E io ho sempre avuto paura dell'amore, anche se so dentro di me di amarlo. Per troppo tempo ho cercato di allontanarlo da me, ma lui mi ha travolto. E forse, forse questa volta lui può farmi tornare a credere che tutto questo è reale e che non è sbagliato.

"Mario" sussurro. "Dormi?"

"Mh mh" si lamenta, ma non apre ancora gli occhi.

"Non dormire, devo dirti una cosa" tiri i capelli all'indietro. 

"E non può aspettare domani?" ribatte scocciato, aprendo un occhi e sbadigliando.

"No, sono le sei del mattino domani è già oggi"

"Allora dimmi, sua grazia" cambia posizione e appoggia i gomiti ai lati della mia testa, rimando sdraiato sul mio corpo nudo.

"Tra poche ore quando ci sveglieremo, promettimi che non ti incazzerai per qualcosa e te ne andrai come l'ultima volta, perché non potrei sopportarlo." confesso imbarazzato, ma lui non mi fa continua perché mi bacia il naso e poi la fronte e giù il mento.

"E' casa di mia nonna, dove dovrei andare?"

"Sono serio" sbuffo e lui sorride. Le dite tracciano la mia guancia e poi ritorna ad accovacciarsi sul mio petto ed intreccia le sue gambe, oltre che le mani.

"Dormi, Cla"

"Ma-"

"Sarò qui, te lo prometto piccolo cucciolo di koala impaurito"

E dopo pochi minuti sento il suo respiro farsi più pesante, segno che si è addormentato. Coccolato dalle sue parole che riesco a dormire anche io.






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