Più Sì Che No
Nella mia vita non ho mai avuto una gioia.
Una, ragazzi, che ce ne fosse stata mai una che mi abbia fatto dire "Com'è bella la mia vita. Finalmente un po' di fortuna anche a me." e invece no.
Il mai una gioia è sempre stato il mio pane quotidiano, che mi accompagna perennemente in ogni momento della mia vita.
Ma procediamo con ordine altrimenti non capite.
Mi chiamo Claudio e sono il classico ragazzo sfigato della cittadina.
Occhiali da vista, vestiti sempre molto formali, camicia abbottonata fino colletto, golfino e pantalone sempre stirato. Con la testa che più che tra le nuvole, sempre perennemente tra i libri. Studio matto, camomilla, e ottimi voti ovunque.
È dalla prima elementare che mi considerano un genio, fino ad arrivare alla mia sudata laurea come Geometra con 110 lode, bacio accademico e diritto alla stampa.
Insomma, sì. Sono un secchione. O almeno lo sono stato per la maggior parte della mia vita.
Ho un fratello, vivo ancora a casa dei miei perché insomma, a tutti gli innumerevoli cliché si aggiunge anche il fatto che sia eternamente legata a mia mamma. Sì, oltre che sfigato e secchione sono anche mammone.
Menomale che c'è lui, il mio amore grande, lui che mi riempie di coccole dalla mattina alla sera: il mio gatto.
Si chiama Minù, è una signora gatta con i fiocchi. Bianca, pelosona, che non ha altre priorità nella vita oltre a mangiare e dormire sul mio stomaco. La mia serata tipo è proprio disteso sul mio letto, ad accarezzare la mia gatta mentre piango guardando i film di Nicholas Sparks.
Ehi, non giudicatemi. Nicholas Sparks è un grande. E' colpa sua se le mie aspettative sugli uomini sono cresciuti così tanto nel corso degli anni. Voi non lo sapete, ma quando l'anno scorso è andato a Milano per il firma-copie del suo ultimo romanzo, io mi sono precipitato da Verona e mi sono fatto quattro ore e mezza sotto il sole solamente per avere un autografo sulla copia del romanzo e per stringergli la mano. Il fatto che poi io rimasto mezz'ora a torturargli la mano e a fargli una dichiarazione di amore nel mio inglese perfetto, provocando la sua faccia spaventato e l'intervento della sicurezza, beh quello è un piccolo dettaglio. Alla fine non stavo facendo niente male, gli ho solamente chiesto se poteva trovarmi un uomo reale uguale a tutti gli uomini che lui descrive.
No, in realtà gli ho chiesto se ha un figlio gay da presentarmi, ma okay, va tutto bene.
E si non un cliché coi fiocchi se alla lista di sfigato, secchione, mammone, padrone di un gatto, non aggiungo il fatto che sono incondizionatamente gay.
Per anni ho creduto che i bambini nascessero sotto i cavoli e che poi era la signora cicogna a bussare alle porte della gente per consegnare i propri figli ai genitori, tanto che quando in quinta elementare, studiando il corpo umano, ho scoperto che in realtà io non sono nato da nessuna pianta ma che sono venuto fuori da quel posto lì, dove non sbatte il sole della mia mamma, ecco la cosa mi ha fatto così altamente schifo che ho capito che c'era qualcosa che non andava.
Oltre al fatto che sono rimasto scandalizzato e non ho mangiato cioccolata per tre lunghi giorni.
Ma tornando a noi. Mi piacciono i ragazzi e non ho mai fatto un mistero. I miei genitori lo hanno scoperto anche prima di me e mia mamma non me l'ha fatta mai pesare. Certo, a scuola era tutto diverso. Sono sempre stato il bambino diverso, quello che studia troppo, che ha pochi amici, che non giocava con le macchinine e che aveva un orripilante apparecchio ai denti.
Ciò non vuol dire che crescendo non ho avuto le mie esperienze. Il mio ex si chiama Simone. L'ho conosciuto al primo anno di università e prima di essere il mio ragazzo, è stato un mio caro amico. Anche lui era come me. Emarginato, preso di mira dai compagni con un altrettante apparecchio ai denti che ancora non aveva tolto, che io avevo eliminato a sedici anni. Ricordo ancora il nostro primo bacio, eravamo così inesperti che nel vano tentativo di provare emozioni nuovi, piuttosto che baciarci, scontrammo i nostri denti così forte che mi venne un mal di testa allucinante. Era tutto troppo imbarazzante tra di noi, ma a poco a poco iniziammo a scoprire il nostro corpo e a sperimentare cose.
In realtà il sesso tra di noi era banale, come banale eravamo noi. I pomeriggi insieme li trascorrevamo a parlare di numeri e algoritmi, a confrontarci sugli esercizi e a sfidarci a chi per prima riusciva a risolvere i problemi di geometria. Era tutto molto noioso, e i suoi baci non erano belli, ma solo umidi e pieni di saliva.
Ci lasciammo appena finita l'università di comune accordo. Nessuno dei due era innamorato dell'altro quindi fu tutto più facile. Simone si trasferì a Milano per la specializzazione, mentre io decisi di continuare gli studi qui a Verona.
E adesso alla suonata età di 24 anni, sono esattamente 14 mesi che non tocco un uomo e questa frustrazione inizia a pesare anche a me.
Sbadiglio mentre un altro giorno termina e io mi metto sdraiato nel mio letto con Minù che dorme beatamente accanto a me, la mia immancabile tavoletta di cioccolato, e "Le pagine della nostra vita" sullo schermo della televisione. Prendo un fazzoletto per asciugarmi le lacrime perché okay, ho visto questo film una infinità di volte ma ogni volta che vedo Noah inizio a piangere come un dodicenne. Anch'io voglio un Noah tutto mio, perché Sparks si ostina tanto a non crearmelo? Sbuffo perché io la mia vita la immagino già come sarà tra 40 anni: una casa piccola per una sola persona, un mucchio di schifezze e merendine sul divano, sei gatti da accudire e io a piangere e a sbavare davanti al culo di DiCaprio, guardando Titanic.
Il rumore di una moto, mi fa perdere la concentrazione dal film. E come ogni volta il cuore inizia a battere, la sudorazione aumenta, le guance si dipingono di rosso.
Perché non è il rumore di una moto qualsiasi, è il rumore Della Moto dell'amore della mia vita. Mi avvicino alla finestra e guardo il mio più grande tormento, togliersi il casco e passare una mano tra quei capelli che sono assolutamente morbidissimi.
Se vi state chiedendo di chi sto parlando, ve lo svelo subito. Il suo nome è Mario, ma potete benissimo chiamarlo la luce dei miei occhi, l'amore mio grande, la mia ragione di vita e basta perché sono geloso.
Mario e io ci conosciamo da sempre. E' il mio vicino di casa, le nostre mamme sono migliore amiche e noi in poche parole siamo cresciuti insieme, ma non siamo mai andati d'accordo. O meglio, Mario non mi ha mai considerato più di tanto, mentre io gli muoio dietro da quando aveva i brufoli sulla faccia e anche lui stava attraversa quel periodo oscuro della pubertà e pure lui come tutti gli altri ragazzi era brutto. Ma brutto davvero.
Ma a me piaceva comunque. Lui è l'opposto di me. In tutto. E' sempre stato quello brillante, quello bello, quello cordiale, con un sacco di amici, la moto, la giacca di pelle e i jeans strappati. In poche parole il teppista e io per uno come lui, ci ho perso la testa. Abbiamo frequentato tutte le scuole insieme, dall'asilo fino al liceo. Tra noi era una sfida perenne a chi prendeva i voti più alti, a chi fosse il più bravo. Ma la differenza tra me e lui, era che lui è sempre stato super attivo, amante dello sport, il ragazzo dalle bravate, il ragazzo delle feste...io invece sono solo stato il solito sfigato.
Mario non mi ha visto mai, non mi ha considerato mai. Si è fatto nel corso degli anni, qualunque cosa che respiri, uomini e donne non faceva differenza, ha fatto incidenti, si è rotto una gamma, ha dato fuoco a un parco, e mai e dico proprio mai ha posato gli occhi su di me per vedere se ci fosse altro dietro quel "rompi palle del mio vicino di casa che mia mamma mi obbliga a salutare." Ricordo ancora quando da piccoli mi rubava i giochi e me li rompeva, o quando mi dava i pizzicotti per farmi piangere e si mangiava sempre la mia fetta di torta alle mele.
E anche se per tutti questi anni è stato il mio tormento, io non ho smesso mai di desiderarlo. Perché, andiamo, Mario è bellissimo. La sua carnagione scura è messa in risalto dalla barba che gli incornicia il volto, e dagli occhi che sono due diamanti neri, così profondi che li individui nella notte. E poi è elegante, raffinato, ha i tatuaggi giusti nei punti giusti, e quella sua voce che mi fa impazzire.
Se solo sapesse quante seghe mi sono fatto, chiuso nel mio bagno, immaginando il suono della sua voce e le sue mani perfette su di me.
Poi, quando decise di iscriversi all'università, si trasferì a Milano e da lì anche il mio tormento si era affievolito. Non lo vedevo più ogni giorni, anche per le feste tornava poco. Sentito spesso sua mamma Gloria parlare con mia mamma Cristina, di lui e di quanto fosse cambiato ma sempre lo stesso.
E poi quest'anno ha deciso di ritornare a Verona per gli ultimi due anni. E così che da domani io e Mario saremo colleghi universitari, di nuovo insieme.
Lo osservo attentamente e dio, quanto è fatto bello, ancora di più di quello che ricordavo. Adesso che non ha più i tratti da bambini ma è un uomo a tutti gli effetti, mi fa impazzire e me lo fa venire duro in secondo. Se a questo si aggiunge che sono in astinenza, beh è anche peggio.
"Non ti hanno mai insegnato che non si spia?" la sua voce mi arriva dritta alle mie orecchie, e mi rendo conto che mi ha beccato a guardarlo come un deficiente. Le mie guance si colorano di rosso fuoco e abbasso il capo colpevole.
"Ciao." sussurro appena. "Sei tornato in città, vedo."
"Per la tua gioia e per la mia disgrazia." risponde con la sua solita aria da arrogante e da chi sa chi.
E adesso si che il mondo mi cade addosso. Se solo Mario sa che gli sono andato dietro per anni, se ha capito che muoio anche solo se mi parla, sono fottuto. In tutti i sensi e non nell'unico modo in cui lo vorrei.
"Sei sempre il solito simpatico."
"E tu la solita femminuccia che si imbarazza ancora. Dovresti fare un po' di sesso, Claudio. Ne va nella tua salute."
"Ma, Ma..Mario."
"Tranquillo, puoi anche segarti pensandomi, non mi da mica fastidio." continua a torturarmi e mi strizza l'occhio a mo' di occhiolino, tanto e adesso sono bordeaux in viso, e ringrazio il buio della sera che camuffa e impedisce a lui di vedere in che condizioni sono.
"Non ti dare arie. Come se fossi l'unico uomo sulla faccia della terra."
"Mi stai dicendo che non mi hai mai pensato in quel senso?"
"Più sì che no, no cioè più no che sì. Oddio sono un disastro. Io...io no." inizio a balbettare, colto in fallo e Mario scoppia a ridere, una di quelle risate piene e con gusto, che se non fosse che stia ridendo di me, resterei immobile a guardare e godermi quella scena paradisiaca. Perché davvero quando ride è wow e chi voglio ingannare, anche se sono stato io la causa di questa risata, resto come un cretino con la bocca aperta a guardarlo.
"Oddio, penso di morire." risponde poi, continuando a ridere e facendo crescere ancora dentro di me un disagio non indifferente. "Ci vediamo domani a lezione, Claudio. Non sognarmi troppo stanotte." e dopo l'ennesimo occhiolino, sparisce dentro casa ma non prima di aggiungere "Carino il tuo pigiama" e io mi sento morire.
Perché indosso un pigiama antistupro di pile color azzurro con gli orsacchiotti e perché ancora una volta mi sono reso ridico ai suoi occhi.
E solo ora realizzo di aver ammesso davanti a Mario che sono fottutamente attratto da lui.
Che un bel anno di merda, abbia inizio.
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Ciao!
Sono tornata. Questo è un nuovo esperimento.
Niente tragedie, solo un cliché. Un bad boy e un'anima pura.
Come andrà a finire?
Fatemi sapere.
Baci e sempre grazie di tutto 💖
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