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Cinque Minuti

"Claudio, cosa hai?"

Alzo lo sguardo verso mia madre e mi rendo conto che ero rimasto a girare il cucchiaio dentro la tazza del latte così tante volte che ormai era diventato freddo. Sbuffo, portandomi una mano sul viso e cerco di rendere partecipe anche la donna più importante della mia vita dei miei pensieri.

"Mamma? Tu pensi che io sia senza speranze?"

Cristina mi guarda per qualche secondo per poi scoppiarmi a ridere in faccia. "Beh, amore. Dopo il giorno della tua laurea, quando sei caduto mentre il professore ti proclamava dottore, finendo con la tua testa davanti ai suoi piedi e scatenando le risate di tutti, io riderei che peggio di così non ti può andare"

"Grazie mamma per ricordarmi le innumerevoli figure di merda della mia vita." sbuffo ancora più infastidito, riportando la mia attenzione sulla tazza di latte davanti a me. Improvvisamente il mio stomaco si chiude e anche la fame passa, cosa alquanto inusuale perché io ho sempre fame.

"Dai, amore. Mangia." mi incita mia madre e per corrompermi, tira fuori dalla credenza il pacchetto di Macine, i miei biscotti preferiti al mondo, e il Nesquik. I miei occhi si illuminano e anche lei mi sorride, sedendosi accanto a me. "Mi dici quale è il problema che ti passa per la testa in questo momento?"

Inzuppo un biscotto nel latte e cacao e alzando le spalle, tiro fuori il suo nome e lei non sembra per niente stupita. "Mario."

La vedo battere le mani come se fosse una bella notizia "Lo sapevo! Lo sapevo!"

Confuso la guardo e lei mette a tacere i miei dubbi facendomi arrossire. "Ti piace!"

"Ma cosa dici, mamma. No."

No, okay. No.

Rosso di vergogna, mi sistemo gli occhiali sul naso e abbasso lo sguardo.

Perché no, non mi piace Mario. E' molto di più, ma questo non è necessario che lei lo sappia.

"Invece sì."

"Invece no."

"Ti dico di sì."

"Ho detto no, mamma."

"E io ti rispond-"

"Dobbiamo andare avanti allungo?" sbotto, infuriato e imbarazzato dalla piega che sta prendendo la discussione. Mia madre quando ci si mette è davvero insopportabile. "Il problema è che tornato in città. E l'ho visto ieri sera e mi ha detto che da oggi frequenterà il mio stesso corso universitario. E ci metto la mano sul fuoco, che tu lo sapevi già, mamma!"

Mia madre inizia a ridere per poi alzarsi da tavolo e iniziare a sparecchiare. "Diciamo che sua madre mi aveva accennato qualcosa..."

"Oh andiamo. Tu e Gloria siete migliori amiche. Vi dite anche quante volte andate in bagno!"

Lei ride ancora, incurante del fatto che io sia, ogni minuto che passa, sempre più in imbarazzo. "Sì, lo sapevo. Gloria mi ha detto che Mario non stava passando un bel periodo a Milano e per questa ragione ha deciso di tornare a casa. Mi sa che ti tocca sopporto, ma come vedo non ti crea una grande fatica..."

"Mamma!" la rimprovero ancora esasperato. Lei e Gloria, la mamma di Mario, hanno sempre cercato di spingerci uno verso l'altro. Una volta li avevo anche spiati che parlavano di matrimonio.

Io e Mario.

Matrimonio.

E' anche più assurdo di quello che sembra. E poi okay che sono favorevoli alle famiglie arcobaleno, ma mi sembra anche un po' eccessivo questa unione "combinata".

"Claudio, ascolta amore. Non c'è niente di male nell'ammettere i proprio sentimenti."

"Lui non mi guarderà mai."

"E perché? Tu sei bellissimo."

"No, sono solo uno sfigato che si vergogna anche della propria ombra." ammetto. La verità è questa. Lui ha il fascino del bello e dannato, io ho il fascino di una polpetta al sugo andata a male. So di essere bello, ma in quanto a seduzione sono pari a zero. Come una di quelle torte che vedi in vetrina, all'apparenza bellissime e poi di gusto fanno cagare.

"Allora faremo qualcosa affinché lui ti noti."

"No. Tu e Gloria dovete rimanere fuori da questa situazione." la ammonisco, puntandole un dito contro e fermandola prima che la sua mente da donna inizi a pensare.

"Va bene, va bene. Ma adesso corri a prepararti o farai tardi."

Magari facessi tardi, mamma. Magari.


****


Il mio primo giorno del secondo anno di magistrale, inizia come tutti gli altri anni. Arrivo in università che sono appena le otto, e attorno a me solo il deserto. Stringo lo zaino sulle spalle, già carico di libri e quaderni e mi guardo intorno.

Anche agli occhi di tutti loro sono invisibile. La mia vita universitaria è stata segnata da tanta ammirazione per le mie competenze, da sola gente che ha cercato di essermi amica, affinché gli passassi gli appunti delle lezioni, per poi sparire una volta superato l'esame.

Sospiro quando l'usciere apre le porte e io mi avvio nella mia aula per prepararmi alla prima lezione. Sistemo tutto sul banco, dalla penne ai quaderni per prendere appunti, ai libri che ho già comprato prima che iniziasse il corso.

Trascorre una mangiata di minuti, prima che qualcuno si siede accanto a me. Inutile dire di chi si tratti, perché il suo profumo lo anticipa, così come la sua risata.

Non mi volto verso la sua direzione e cerco di tenere il punto, spingendomi gli occhiali sul naso e guardando fisso davanti a me.

"Dalle mie parti si dice, Buon giorno. Soprattutto alle persone che si spia" inizia a parlare Mario, e subito le mie guance diventano rosse di vergogna, ripensando alla nostra strana conversazione di ieri sera. Lui se ne accorge e una risata trattenuta scappa dalla sue labbra.

Mi odio.

"Io...Non ti spio." mormoro iniziando a tamburellare le dita sul banco.

"No? E allora perché neanche mi guardi adesso?" mi chiede e ancora per provocarmi e ruba la mia penna dalle mani, per scrivere il nome del corso su sul quaderno.

Sospiro e "che vuoi da me, Mario?" domando ormai rassegnato per l'anno che si prospetta davanti a me. E faccio il primo errore perché non appena i miei occhi incontrano i suoi, dentro di me una sfilza di fuochi d'artificio iniziano ad esplodere. Perché cazzo deve essere tanto stronzo, quanto bello? Anzi, perché è così fottutamente perfetto? E' la prima volta dopo tantissimo tempo che ho la possibilità di guardarlo così da vicino, e come ogni volta mi sento mancare il fiato per i suoi occhi magnetici.

Cerco di mantenere un briciolo di dignità e distolgo lo sguardo da quelle labbra scure e sottili che sono disegnate sul suo volto. Lui, al contrario, non mi toglie gli occhi di dosso e leggo quella scintilla di malizia del suo sguardo. "Voglio solamente fare quattro chiacchiere col mio adorato vicino di casa, non si può più adesso?"

E questa volta sono io a ridere, una risata vuota e spenta. "Oh andiamo, ci conosciamo da quando eravamo in fasce, ho viste più volte te che mio padre e non mi hai mai considerato e adesso, improvvisamente, hai voglio di socializzare con me?" e non avrei voluto che il tono della mia voce fosse così duro, però sembra che l'abbia punto sul personale perché i suoi occhi smettono di brillare e il suo sorrise si spegne.

Ma dura giusto un attimo perché subito dopo, rimette su quel sorrisetto da faccia di culo che io odio, (non è vero, in realtà lo amo) e "Calma, tigre. Sei proprio più acido di quanto mi ricordassi. Mi sa che qui qualcuno ha bisogno di scopare."

Ed eccolo. Quando io vi dico che è uno stronzo, voi dovete credermi. Mario è nato per fare questo,per mettermi in imbarazzo sempre in ogni situazione. Come quando mi tagliò il grembiule in terza elementare, o quando in prima media mi ruppe gli occhiali da vista con una pallonata. Ha sempre amato prendersi gioco di me, delle mie debolezze che sono sempre stati i suoi punti di forza. Mi ha deriso davanti a tutti più volte, è stato lui insieme agli altri ad appellarmi i peggiori nomignoli da "Sfigato" a "Quattro occhi", è sempre stato lui il mio nemico.

E io ancora devo capire perché continua ad essere così attratto da lui.

"Sei sempre il solito." borbotto infastidito, strappandogli io stavolta dalle mani la mia penna, e ritorno a scarabocchiare l'angolo della prima pagina del quaderno.

"Sono serio, Claudio. Ti si vede da lontano un miglio che sei... come dire... isterico come una casalinga zitella?"

Alzo gli occhi al cielo e "Davvero? Magari scopo di più di te, esattamente tu che ne sai?"

"Vuoi sapere come lo so?" mi chiede e io annuisco. Il sorriso sulle labbra diventa adesso più ampio e gli occhi brillano di nuovo. Ecco, già mi sono pentito di averlo sfidato. "Sei teso. Stai seduto su questa sedia in un modo troppo composto, le spalle così rigide che tremi." Inizia a sussurrarmi con quella stramaledetta voce che si ritrova, e io inizio a sudare, stringendo il quaderno tra le mani. So già che questa cosa finirà male, perché io purtroppo il mio corpo quando sono accanto a lui, non lo controllo. "Non mi guardi mai in viso, continui a sbattere questo piede per terra, tieni le mani occupate perché non sai dove tenerle e potrei scommettere che se solo mi avvicinassi un altro po'..." sussurra, avvicinandosi col busto verso di me. Il suo fiato mi arriva sul collo e io sto letteralmente morendo, mentre continuo a guardare fisso davanti a me e cerco di non cedere alle sue provocazioni. Il mio volto ormai è bordeaux, e posso giurare che tra un po' anche il fumo mi uscirà dalle orecchie. Ma Mario non demorde, continua la sua tortura e io mi sento svenire. "Se solo io ti toccassi con un dito." e sfiora la pelle sotto il mio viso con la punta del suo naso. "tu potresti venire in un solo secondo per quanto ce l'hai duro in questo momento." e si allontana di scatto ridendo.

E io mi risveglio come in un sogno, cercando di capire cosa sia appena successo in questo minuto. Ed è come se adesso respirassi e prima invece ero in apnea, in balia dei suoi gesti e delle sue parole.

Abbasso il capo e chiudo gli occhi per poter respirare e solamente in quel momento mi accorgo del rigonfiamento imbarazzante dei miei pantaloni.

Vorrei morire.

E l'imbarazzo iniziale si trasforma in rabbia.

E tutta la magia svanisce.

Resto solo io con un principio di erezione in mezzo le gambe e la sua risata che risuona nell'aula che adesso si sta riempiendo.

E mi sento usato, preso in giro, deriso ancora una volta da lui. E non può andare avanti così, non può rendermi così ridicolo.

Quindi "Devi smetterla di trattarmi così. Non sono un giocattolo col quale puoi giocare, Mario. I tuoi capricci sfogali con qualcun altro e non con me." gli rispondo, acido più che mai.

Lui mi guarda con un sorriso e si passa la lingua sulle labbra. "Mi piaci. Hai carattere. Non lo avrei mai detto."

"Mario io non sto scherzando." Alzo gli occhi al cielo esasperato, perché anche se mi sforzo non riesco a fare nulla affinché venga preso sul serio da lui.

"okay, okay scusa. Giuro che non farò mai più nessuna battuta sulla tua vita sessuale" alza le mani al cielo in un gesto teatrale. "e poi io-"

Ma proprio in quel momento la voce del professore interrompe il nostro battibecco. Ringrazio Dio, o chi per lui ci sia li in alto, per aver messo fine a questa discussione e colgo la palla in balzo per dargli le spalle e inizia a seguire la lezione.

Peccato che per tutto il tempo, lui non mi abbia tolto gli occhi di dosso.

*****



Qualcosa rimbalza contro il vetro della mia finestra.

È sera. Sono nel mio letto con Minú al mio fianco, mentre guardo le repliche dello zecchino d'oro mangiando gelato alla nocciola. Sono triste, stanco e esausto da questa giornata.

A fine lezione sono letteralmente scappato e per quelle successive, ho fatto il modo di capitare seduto il più lontano possibile da Mario.

Arrivato a casa, ho cenato in silenzio, sotto l'occhio vigile di mia madre che per fortuna ha deciso di tenere la bocca chiusa e adesso sto finendo una vaschetta di gelato perché penso sia l'unica gioia di questa giornata.

Cerco di ignorare il rumore fuori dalla finestra, anzi ho cercato di ignorare la sua finestra della sua stanza che si trova maledettamente di fronte alla mia, e mi concentro sulle canzoni.

Dopo poco un altro rumore, e poi ancora e mi rendo conto che qualcuno sta tirando sassolini contro il vetro. Sbuffo e apro la finestra per vedere chi è.

"Ehi!"

Abbasso il capo e mi ritrovo Mario sotto la mia finestra. Vado per chiuderla ma lui parla.

"Aspetta, aspetta, aspetta! Voglio solo chiederti scusa."

"Va tutto bene, Mario. Buonanotte."

"No, aspetta."

Sbuffo e mi affaccio. "Cosa vuoi?"

"Vieni con me." mi chiede con un sorriso.

"Non vengo da nessuna parte con te." Rispondo piccato.

Congiunge le mani davanti a se e il suo sorriso prima accennato si estende sul suo volto "Potresti fidarti per una volta?"

"Dovrei?"

"Sì, dovresti
Perché hai 24 anni, Claudio e vivi come un frate. Dovresti rischiare e fidarti di me, per una buona volta nella vita."

Alzo gli occhi verso l'orologio che segna le ventidue e poi riporto la mia attenzione su Mario. "Sto in pigiama. E non posso uscire dalla porta, mia mamma è sveglia."

"E beh? Cambiati, ti aspetto. E poi tua mamma capirà, non hai quindici anni!" ripete ancora e io lo so che ha ragione perché per tutta la mia vita non ho mai fatto un cazzo. Nessuna pazzia, nessuna cosa sopra le righe, non mi sono mai goduto l'età che ho. E mia mamma mi ha spronato più volte, anche se io ho preferito sempre i libri alle uscite.

Ma adesso, guardando Mario sotto la mia finestra che mi chiede di seguirlo, sapendo che è sbagliato e che me ne pentirò dopo due secondi, non riesco a pensare che questa non sia la cosa più giusta da fare.

"Dammi cinque minuti." gli dico, chiudendo la finestra e sbrigandomi a cambiare i vestiti.

Dammi cinque minuti e dimmi un'altra volta di venire con te che io non aspettavo altro da tutta la vita.



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solo grazie.

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