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06/11/2014

Oggi siamo stati graziati:
Pioggia scarsa e delicata,
Viaggio in vaporetto (alleluia!).
Il Calatrava ci appare innanzi con orgoglio,
Sotto il cielo fumoso della città sull'acqua.
Davanti agli occhi sfilano palazzi in pietra con un trionfo di archi trilobati;
La pietra bianca è annerita dall'umidità,
Ogni fregio è completato da chiaroscuri forzati.
Immense chiese troneggiano sul filo dell'acqua,
Sfidando le leggi della fisica fondamentale.
C'è traffico di gondole a San Marco
E la laguna sembra mare aperto.
Siamo andati all'Arsenale,
Accolti dalle nuvole e da un porticato sfavillante di luci.
Monditalia si racconta,
Si dipana in un infinito corridoio,
Interrotto da pannelli enigmatici sull'antichità e su un possibile futuro.
Film evocativi,
Video collage sulle abitudini e sul costume,
Modellini proiettati su altri modellini.
Finita l'Italia, il Mondo si mostra,
Nelle corderie, nell'armeria,
Fino alla fine della riva.
Ghiaia bagnata,
I piedi doloranti,
Le caviglie peggio ancora.
Pranzo silenzioso in un bar gremito,
Dove non può mancare un fraintendimento con un tedesco per via di una sedia,
Ma dal quale mi salva un compagno di quinta.
"L'inglese è importante."
Lo so, ma il tedesco non si è spiegato nel modo corretto.
Ci abbandoniamo alle sedie dell'Argentina,
Ma la mia voglia di conoscere mi spinge a continuare il viaggio,
A non accomodarmi troppo a lungo su queste sedie di design in un padiglione allestito a legno e foto.
E così, vado avanti,
Turchia, Albania, Messico
E giro il mondo.
Torno indietro, riprendo fiato
E di nuovo in piedi,
Diretta ai Padiglioni Italia e Cina,
Gli ultimi degli ultimi,
Lontani, nascosti.
Mannaggia a voi.
Andiamo nella piazza vanto della città,
Per una spiegazione breve sulla Basilica e sul suo santo
E poi, liberi di girare ancora un po',
Per gli ultimi acquisti,
Per le maschere mancanti.
Ritorno in vaporetto (doppio alleluia!),
Le mie gambe non avrebbero più retto il ritorno.
Il buio cala,
Il viaggio è lento, lentissimo,
I miei piedi ringraziano, ma non le gambe,
Perché il sangue non fluisce come dovrebbe a causa degli stivali.
Tornati alla base,
Finisco gli acquisti:
Cena da portar via,
Maschere a chi manca.
Di corsa ritorno
E via gli stivali,
Via l'eccesso,
Tutto in valigia.
Caldo, Dio che caldo,
La felpa mi soffoca,
Aria, aria!
Carica!!
Alla stazione!!
Finalmente sul treno,
Ci avventiamo sulle nostre cene di fast food,
Più tentati che affamati.
Iniziano le partite a carte,
La musica in cuffia,
Le risate e il vociare stranamente vitale,
Ma sono certa (tutti lo siamo)
Che presto il vociare si placherà.
Ci fermiamo improvvisamente su un tratto di binari inclinato,
Non sappiamo perché.
Scherziamo immaginando scenari da panico,
Ma il viaggio riprende e il vociare caotico pure.
Maledetta aria condizionata,
Fa freddo.
La felpa che un'ora fa mi soffocava
Adesso mi salva.
La mia sciarpa diventa una mascherina per gli occhi di qualcun altro.
Il prof di storia dell'arte gioca a carte con gli studenti
Mentre siamo fermi a Verona e oltre.
Beh ...
Direi che come resoconto può bastare.
Il resto del viaggio sarà fatto di voci e silenzi,
Risate e respiri pesanti,
Sorrisi e occhi chiusi.
Ed io, con le cuffie inserite,
Mi lascio cullare dalle rotaie,
In attesa di dormire,
Pensando al domani:
Andrò a scuola
O resterò nel mio letto?
"Prof, si merita un Ringo!"
Esordisce una mia amica dopo aver perso una partita a carte.
Ridiamo, la partita ricomincia,
Le cerimonie pian piano scompaiono
E il prof diventa uno di noi
(Anche se già lo era).
Scusate se prima ho detto che il resoconto era finito,
Ma questa non poteva mancare.

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