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6. Trouble-Part two

Emma

Non ho fatto che pensare ad altro tutta la notte. Ho dormito forse due ore in totale e ogni volta che chiudevo gli occhi quel bacio mi tornava in mente.
Normalmente sarei stata al settimo cielo di aver baciato Luca, o ne sarei comunque sollevata; arrivare ad un punto nella nostra relazione era ciò che desideravo.
Invece adesso mi sembra l'azione più sbagliata nel momento più sbagliato.

Se non fosse successo nulla, avrei già preso la mia decisione.
Che sia causa di Lorenzo? Di ciò che abbiamo fatto? Può una passione scoppiata in pochi giorni sostitursi al lento e lungo amore silenzioso che è rimasto sepolto tra me e il mio migliore amico tutti questi anni?
Devo scoprirlo al più presto.

La sveglia del mio telefono suona inutilmente e io la spengo velocemente; sono le otto, orario al quale programmavo di svegliarmi.
Mi metto in piedi sotto il baldacchino del mio letto caldo e stiro le braccia in aria nel morbido pigiama di flanella.
Dopo il temporale ha fatto più freddo negli ultimi giorni; per fortuna mia madre aveva previsto ogni evenienza e la mia valigia offre possibilità per ogni periodo dell'anno...anche per una primavera mascherata da inverno.

Vado in bagno per sciacquarmi il viso e le occhiaie somigliano più a due occhi neri. Chiunque incontrandomi potrebbe benissimo pensare che io sia stata picchiata; forse sarebbe stato meglio....

Riesco a sistemare con il trucco i segni della mia notte in bianco, ma non a mascherarli del tutto.
Mi vesto e scendo le scale fino alla sal da pranzo dove tutti stanno già facendo colazione.
Vedo Luca seduto tra due ragazzi sorridere e splamare Nutella su una fetta di pane.
Non ha idea...
Appena il nostro sguardo di incrocia lui scatta in piedi e mi viene incontro.
Devo parlargli.

Prima che possa dire qualcosa lui mi è già difronte e si china su di me.
Stavolta mi sposto e le sue labbra si posano sulla mia guancia.
Mi guarda quasi deluso.

"Luca...dobbiamo parlare..." dico e lui mi prende il viso tra le mani.
"Non c'è bisogno...lo so, sono un idiota. Avrei dovuto capirlo prima che noi due siamo destinati a stare insieme...anzi forse l'ho sempre capito ma l'ho accettato solo adesso." dice e i suoi occhi brillano nei miei.
Vedo riflesso nelle sue pupille il mio viso stravolto.

"Non voglio più aspettare...voglio recuperare tutto il tempo che abbiamo perso..." conclude baciandomi un'altra volta e io non riesco a tirarmi indietro.
Conosco Luca come le mie tasche, so quanto è fragile, quanto peso dà alle parole e l'ultima cosa che voglio e spezzargli il cuore così.

Come sarebbe più comodo che io mi innamorassi del mio migliore amico, del ragazzo che è sempre stato al mio fianco, di chi, agli occhi degli altri, è perfetto per me!
E invece anche adesso che lui mi stringe a sé io rivedo gli occhi di un perfetto sconosciuto, di un ragazzo che conosco da neanche una settimana ma che è riuscito a fare ciò che Luca non ha fatto in diciotto anni: farmi toccare il cielo con un dito tenendo i piedi piantati a terra.

"Emma?"

Mi stacco da lui e mi volto verso la porta.
Cavolo...

Lorenzo mi guarda e nei suoi occhi c'è rabbia e delusione.
Ha in mano una busta di carta bianca dal quale proviene un dolce odore di zucchero.

"Si può sapere che succede qui?" chiede ancora avvicinandosi.
Io faccio per rispondere ma Luca mi precede stringendomi i fianchi.
"C'è qualche problema?" chiede "Non posso nemmeno baciare la mia ragazza in pace?"
"La tua ragazza!?" sbotta Lorenzo.
"Aspetta Lorenzo, non è così...noi...fammi spiegare per favore!" mi affretto a dire poggiandogli una mano sul petto.
"Spiegami allora! Sono tutto orecchi!"

Lo guardo e vorrei grdiargli la verità, che Luca ha fatto tutto da solo e che non voglio fare del male a nessuno e...e che ancora sento le sue mani che bruciano sul mio corpo ogni volta che chiudo gli occhi.
Ma non riesco a dire niente di tutto ciò.

"Infatti...Tieni questo è tuo..." Lorenzo tira fuori il mio quaderno degli appunti dalla tasca del giubotto e me lo mette in mano.
"E io che pensavo..." mormora poi indietreggiando.

Non termina la sua frase ed esce dalla porta girevole dell'albergo.
Cosa? Cosa pensavi?

Non esito più di un secondo e lo seguo chiamando il suo nome.
Luca dietro di me.

Esco in strada e lo vedo camminare lontano da me; getta la busta che aveva in mano in un cassonetto.

"Lorenzo!" esclamo correndo e con mia gradita sorpresa al sentire il suo nome si volta e si ferma.

Lo raggiungo e prima che possa parlare, è lui a farlo.
"Io ci avevo creduto davvero..." dice "A quello che ci eravamo detti a...a quello che è successo...Tu mi avevi promesso che non saresti corsa via!"

I suoi occhi si fanno più lucidi e mi rendo conto di avere tra le mani un'arma a doppio taglio; mi sono preoccupata della fragilità di Luca senza badare a Lorenzo che dentro di sé è già in frantumi.

Mi sfiora il viso con le dita e sento il nodo alla mia gola stringersi fino a non far passare più aria.

"Lui era solo il tuo migliore amico, vero?" chiede e il sorriso storto in cui si piegano le sue labbra fa a pugni con le lacrime che gli rigano una guancia "Avevo torto Emma...tu non sei dolce, non sei speciale...non sei tanto diversa dalle altre."

Voglio stringerlo a me, voglio restare qui per sempre e scordarmi di tutto.
Oh, potessi ritagliare un solo scorcio di Venezia e mettervi noi due insieme, noi due e basta.

"Ehi!"

Mi volto di scatto e Luca ci viene incontro con i pugni chiusi e le labbra strette.

"Lasciala in pace una volta per tutte!" esclama rivolto a Lorenzo che lo guarda quasi in cagnesco.
Mi sposta di lato e fa per rispondere quando Luca lo zittisce colpendolo in viso.

"Oh mio..." sospiro portandomi le mani alla bocca.
Perché lo ha fatto?

Lorenzo si accascia sulle ginocchia tenendosi la guancia e poco dopo si rimette dritto; il viso rosso e l'angolo della bocca sporco di sangue.

Sussurro il suo nome così piano che neanche io sento il suono della mia stessa voce.

Luca lo osserva con un sorriso quasi vittorioso in volto.
Uno sguardo che non avevo mai visto prima.

Non passa un secondo che si catapultano di nuovo l'uno sull'altro, sferrandosi colpi e cercando di gettarsi a terra a vicenda.

Provo a fermarli ma appena mi avvicino mi sento tirare indietro per le spalle.
Il professor Trevisani mi tiene lontana e appena appoggio le spalle al muro, è lui stesso a gettarsi tra di loro e finalmente a dividerli.

Ogni parte del mio corpo trema di paura.

"Si può sapere che diavolo succede qui?" sbotta il professore scandendo ogni parola con tono severo.

Guardo Lorenzo che con la lingua asciuga il sangue che si forma sul suo labbro inferiore e Luca che adesso ha dei graffi rossi accanto all'occhio destro. Si guardano come due animali inferociti, come un leone guarda un lupo.

"Qualcuno ha intenzione di rispondere?" esclama ancora Trevisani e Luca sembra risvegliarsi da un sonno profondo.

"Stavo solo difendendo Emma Giordani, professore!" risponde indicandomi "Non voleva lasciarla in pace!"
"Stronzate..." sibila Lorenzo facendo per avvicinarsi ma la mano forte di Trevisani lo ferma.
Poi si rivolge a me come a chiedere una conferma e ancora una volta io mi sento impotente.

"È tutto un equivoco professore...non è colpa di nessuno..." dico "La prego lasci stare, non accadrà più, glielo garantisco!"

Lui mi guarda a lungo e alla fine annuisce.

"Andate, abbiamo già dato troppo spettacolo..." dice alla fine e guarda Lorenzo che abbassa il capo mortificato.

"Dentro!" grida poi a Luca che si volta per tornare in Albergo.

"Ems..." mi chiama porgendomi la mano.

Esito e guardo Lorenzo che scuote la testa.

"Ho fallito con te, Emma." dice semplicemente prima di allontanarsi.
Lo guardo camminare lontano da me, a testa bassa e con le mani in tasca.

Ha fallito la sua missione con me, non è riuscito a farmi fare ciò che amo...e non per quanto riguarda l'università...
E io ho fallito la mia.

Il mio sguardo si sposta su Luca che ancora mi tende la sua mano.

Non posso perderli entrambi...

La prendo e lo seguo di ritorno all'hotel.
Mi passa un braccio intorno alle spalle ed è come se su di esse si fosse appena posto un macigno, un peso insostenibile che mi fa male alle ginocchia.
Il peso della mia coscienza.

-

La luce bianca di fuori che entra dalle finestre dell'aula magna dell'università illumina il mio foglio immacolato.
Attorno a me tutti rielaborano i loro lavori, aiutati dai rispettivi tutors, mettono insieme discorsi, fotografie, progetti multimediali.
Io fisso un foglio bianco.

Gli appunti sul mio quaderno sono così scarsi che riuscirei a scrivere non più di cinque righe e, nonostante tutto, non riesco a scrivere neanche quelle.
Eros...proprio io dovrei parlare di eros in un momento del genere...

Ho sfogliato tutte le foto sul mio cellulare e mi fanno tutte sentire peggio; ho deciso di non guardarle più quando tra gli scatti di luoghi e coppie, ho trovato una foto sfocata in primo piano di Lorenzo che ride mentre camminiamo.

Luca difronte a me lavora con la sua Tutor bionda e, per quanto paradossale, se prima potevo essere anche gelosa di lei, adesso non mi fa né caldo né freddo.

"Ragazzi avete solo un'ora, poi dobbiamo iniziare la presentazione!" esclama una ragazza con al collo un badge dell'università.

Un'ora?
Anche il tempo si prende gioco di me...
Qui non riesco a concentrarmi.

Scatto in piedi, prendo il mio quaderno e corro fuori dall'aula.
Vedo Luca alzarsi ma gli faccio cenno di non seguirmi e per fortuna lui capisce.

Percorro il corridoio deserto finché non trovo una panca di legno più isolata dalle altre e mi siedo.
Non sento più rumori eppure la mia mente ancora non partorisce idee.
Il livello di nervosismo dentro di me mi porta all'unico modo che conosco per sfogarlo; un silenzioso pianto di disperazione.

Sento i miei occhi riempirsi di lacrime e mi sforzo di non singhiozzare.

"Giordani? Va tutto bene?"

Alzo lo sguardo e vedo la professoressa Tommasi che mi guarda incuriosita e, oserei dire, preoccupata.
Mi rimetto dritta asciugando velocemente le lacrime.

"Sí...sì è tutto a posto, non si preoccupi..." mento e lei si siede al mio fianco.
"Non credo lo sia..." risponde e la guardo negli occhi.
Non riesco a mentirle.
"Già...in realtà fa tutto schifo..." dico "Per la prima volta nella mia vita mi ero veramente innamorata di una persona e sono riuscita a rovinare tutto per essere sempre...sono così stupida! In più manca un'ora e non ho buttato giù nulla!"

Mi accorgo di star quasi gridando e mi scuso.
Lei sorride.
"Fa bene sfogarsi ogni tanto...E tranquilla dirò al relatore ti metterti per ultima, così avrai tempo per finire il tuo lavoro." aggiunge.
Restiamo in silezio pochi secondi.

"Come si fa...ad amare una persona  che non potremmo avere mentre si potrebbe amare qualcuno che è al nostro fianco..." chiedo e il suo sguardo cambia improvvisamente.
Il suo sorriso si spegne e stringe le labbra.

"Non lo so neanch'io, Emma...eppure..." inizia ma poi si blocca.
"Se posso darti un consiglio, tu che sei ancora una ragazza giovane e non hai nessun vincolo, fai quello che ti fa stare bene, divertiti e decidi per te stessa, non per gli altri. Non preoccuparti di perdere qualcun'altro, preoccupati di non perdere te stessa."

Mi prende le mani nelle sue e sorride.
Un sorriso mesto, appena accennato, il sorriso di chi sa di cosa parla.

"Grazie." dico semplicemente e lei si alza in piedi per tornare all'aula magna.

"Professoressa!" la richiamo e lei si volta "Anche lei dovrebbe...sa, seguire il suo cuore, come dovrei io."
"Io non sono più una ragazzina..." risponde malinconica facendo per andare via "Non posso permettermelo..."
"Lo ama?" chiedo e lei si blocca "Lo ama davvero?"
Si volta con sguardo confuso.
I nostri occhi si incrociano e lei schiude la bocca.
Ho capito da subito che tra di loro ci fosse qualcosa.
"Come a diciotto anni..." risponde alla fine.
"Allora le assicuro che noi saremmo tutti dalla sua parte..." un sorriso si apre sul mio volto e lei lo ricambia.

L'atmosfera di questa città non è stata galeotta solo per me dopo tutto...

"Finisci il tuo lavoro Emma, stiamo per iniziare..." conclude e sparisce in una delle aule.

Guardo il mio foglio.
So cosa fare, so cosa scrivere.

-

"Ringrazio tutti i presenti per essere qui!" dice il rettore dell'università al microfono "Abbiamo assistito a ottime presentazioni da parte di tutti i licei che hanno partecipato alla nostra iniziativa. La cultura classica è un tesoro del nostro paese! Adesso è arrivato il momento di ascoltare cosa hanno da dire i ragazzi del Liceo Classico di Monza, ognuno di loro ha sviluppato un tema diverso muovendosi tra classico e moderno!"

Un forte applauso segue le sue parole e riecheggia nell'aula Baratto piena di professori, studenti, fotografi e giornalisti locali.

Il primo di noi prende il posto del rettore e inizia la sua presentazione.

Mi guardo intorno cercando lo sguardo di Lorenzo tra la folla ma non lo trovo.
Manca solo lui.

Prendo il telefono e gli scrivo un messaggio:
"Mi dispiace per tutto, ma non mi pento di nulla di ciò che è stato. Non voglio pensare di averti perso così. Vieni alla presentazione dei lavori, ho bisogno di parlarti.
Emma."

Devo pensare a me stessa eppure finisco per pensare a lui.
È il modo in cui ci comportiamo con gli altri che definisce chi siamo e io non potrò mai amarmi veramente se sarò sempre consapevole di non poter amare prima lui.

Mi perdo nei miei pensieri e nei miei dubbi e senza accorgermene é quasi il mio turno.
Luca, prima di me raggiunge il microfono e inizia a parlare, fiero, disinvolto, com'è sempre.
Tiene la sua amata fotocamera in mano e mi accorgo che alle sue spalle pendono decine di Polaroid con foto di Venezia.
Il suo tema era la bellezza.

Non ascolto davvero le sue parole che sono offuscate dal rumore dei miei pensieri che vengono interrotti da un lungo applauso.

Luca fa un breve inchino e torna tra di noi.

È il mio turno.

Cammino fino al centro della stanza ed è come se il rumore dei miei passi echeggiasse nella mia testa.

Accanto al microfono, sul leggio, vedo il telecomando del proiettore al quale collego il telefono.

Faccio un respiro profondo e inizio la presentazione.

"Eros nella mitologia greca era il dio dell'amore per eccellenza. Il termine ha poi preso anche il significato comune di amore passionale...amore fisico." inizio a leggere i miei appunti mentre sullo schermo bianco vengono proiettate in sequenza tutte le foto scattate da Lorenzo.

Continuo a leggere dal mio quaderno e più leggo più le mie parole non sembrano appartenermi, finché lo vedo.
Entra dal fondo dell'aula nel suo giubotto di jeans, i capelli scompigliati, lo sguardo penetrante che scruta la folla finché non arriva al centro e si fissa su di me.
La mia voce è sempre più flebile fino a che non dico più nulla.
I suoi occhi sono come uno schiaffo in pieno viso o una coltellata al cuore.

Mi sforzo di concentrarmi sulla mia presentazione ma le frasi che ho scritto sembrano non avere più senso; mi sposto alle fotografie ma, proprio come prima, scorrendo le immagini di Venezia finisco sulla sua foto sfocata.

Mi blocco e lo guardo, sullo schermo e  nella realtà e improvvisamente è tutto chiaro.
Chiudo il quaderno e prendo il microfono.

"In questi giorni, ho avuto modo di conoscere l'Eros, in tutte le sue sfumature. L'eros violento della gelosia, l'eros pieno di fuoco dell'intimità, l'eros innocente di due mani che si sfiorano passeggiando. Ho ascoltato gente diversa parlare di amore; mi è stato raccontato di come amore e morte siano agli antipodi, rappresentino due mondi opposti e pronti a scontrarsi, eppure...tutti credo sappiamo di cosa si parla con petite mort..." una lieve risatina si alza tra il pubblico e il mio cuore fa un balzo "Ho capito che amore e morte non sono così lontani, che come Romeo e Giulietta si può amare fino alla morte, morire per aver amato troppo e...amare troppo fino anche a morire..." guardo Lorenzo che stringe le labbra e chiude gli occhi "Come una donna ama suo marito, un fratello suo fratello e...un padre suo figlio. Amore non è solo passione, amore è protezione, è difesa...è amicizia." i miei occhi si spostano su Luca che schiude le labbra consapevole di aver capito "Amicizia così profonda da sembrare amore agli occhi di tutti, ma che, se lo diventasse, non sarebbe più la stessa. Mi è stato anche raccontato di un eros travolgente, che ha gridato dal fondo di un baratro nel quale era stato confinato per molti anni finché è riuscito a saltare fuori; un amore proibito, condannato dalla società che è scoppiato un'altra volta nel cuore di due esseri umani inermi." la professoressa Tommasi mi sorride malinconica dalla sua sedia di legno in prima fila "Eros era un dio, un dio oggi più forte di quanto lo fosse allora Zeus o chi prese il suo posto...perché tutti ci aggrappiamo a Dio quando chiediamo e riceviamo amore, quando proviamo a sfuggirgli o quando ne abbiamo il cuore pieno da scoppiare.
Oh Dio, perché mi hai fatto innamorare di quegli occhi... lo abbiamo detto tutti almeno una volta nella nostra vita..."

Lorenzo mi guarda con lo stesso sguardo del primo giorno che ci siamo visti, lungo, attento e affamato.

"Ma Eros è un dio insaziabile...
Per anni, secoli ormai, Venezia è stata indicata come la città dell'amore, meta di weekend romantici, tappa di lune di miele, patria di seduttori...e io in questa città ho percepito tutto questo. Ho visto l'ingenuità di un primo amore mescolarsi all'esperienza di un amore che dura nel tempo; l'aria intrisa di passione e fuoco di Venezia non colpisce solo giovani cuori innamorati, ma riaccende vecchie scintille.
Dove ho trovato tutto questo? La risposta è la stessa che io ho cercato negli ultimi tre giorni e che adesso vedete tutti; in due occhi scuri che ridono più di un sorriso in una fotografia sfocata di un ragazzo che cerca disperatamente un gelato in Piazza San Marco."

Alla mia ultima parola le mie labbra si piegano in un piccolo sorriso e mentre tutti si alzano in piedi in un applauso io non distolgo i miei occhi e le mie orecchie da Lorenzo Livieri che ricambiando il mio sorriso, riempie un'altra volta il mio cuore di quell'eros di cui sono pieni i nostri occhi.
E niente e nessuno adesso ha più importanza.

"Noi non ci facciamo compagnia
Bruci vita e fai volare il tempo
io ti vengo dietro ma in affanno
Stanco di doverti e di spiegarti
Che un amore vero sa' tacere."
-Noi non ci facciamo compagnia

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