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Capitolo I

New Orleans, Mardi Gras 1923

Fabrice era giunto in questo mondo con poche prospettive. Nato dalla stramba unione di un criminale di professione con un'ex cantante lirica, aveva trascorso buona parte della sua giovinezza vivendo di espedienti. Ma una notte, quando aveva preso posizione contro la banda di cui faceva parte, il destino aveva cambiato la sua vita e gli aveva mandato un angelo custode nelle vesti di un signore di una certa età che gestiva uno dei locali 'nascosti' di New Orleans.
Lee Bailey, grato per essere stato salvato dall'intervento di Fabrice, aveva preso un ragazzo sboccato, lo aveva ripulito e gli aveva dato un futuro più dignitoso.

Ora, cinque anni più tardi, lui suonava in una band nel locale di Lee, Il Louisiana, invece di entrare e uscire di galera come suo padre. Era diventato quasi un cittadino rispettabile. 'Quasi' era la parola fondamentale.
Tutto ciò grazie a Bailey. Non c'era niente che non avrebbe fatto per lui, ed era questo il motivo per cui era seduto nell'automobile del suo benefattore, una A-68 Roadster V8, parcheggiata in un campo vuoto appena dopo il tramonto, invece di essere in giro con la ragazza che frequentava in quel periodo e farle spuntare in volto un sorriso bello grosso. Stava aspettando un fornitore con delle casse di alcolici; dal momento che non si poteva più fabbricare, vendere, importare o trasportare alcool, erano costretti a ricorrere al contrabbando. Al Louisiana, dove lavorava come pianista, non poteva mai mancare da bere. Di solito di queste operazioni si occupava uno dei baristi, Jim, ma il Mardi Gras lo aveva tenuto particolarmente impegnato fin dal pomeriggio, per cui era toccato a lui il ruolo di contrabbandiere.

Una Packard V12 rossa in quel momento imboccò la stradina che portava allo spiazzo dove aveva parcheggiato. Imprecò contro il tizio che si presentava a un incontro segreto con una automobile tanto appariscente. Anche se la sera del Mardi Gras la polizia era tutta concentrata in città, la prudenza non era mai troppa quando si trattava di andare contro le norme del The Noble Experiment. La Packard si fermò poco distante da lui con una frenata piuttosto brusca. Il bastardo alla guida ci teneva proprio a farsi notare, pensò. Lo maledì per la seconda volta in pochi minuti.

Si decise a uscire dall'auto per cantargliene quattro; sgranchendosi il corpo, si erse in tutto il suo metro e novanta. La notevole altezza non gli impediva di avere una certa agilità, acquisita durante le innumerevoli scazzottate e le fughe precipitose, quando veniva inseguito dalla polizia o da una banda avversaria. La vita di strada lo aveva plasmato. Il corpo tonico e l'altezza mettevano quasi sempre a disagio chi si trovava di fronte e, soprattutto, chi lo aveva irritato, come il tizio che stava scendendo dalla Packard.

Strizzò gli occhi verdi, affetti da una lieve miopia. Si rifiutava di portare gli occhiali, un po' per vanità, un po' perché il difetto della vista era talmente lieve da non causargli alcun effettivo disagio. Il vento gelido gli sferzò il viso e smosse i capelli biondo cenere; lo sportello dell'altra automobile si aprì e un paio di gambe femminili attirarono la sua attenzione. Fabrice fu talmente stupito che restò immobile - gli occhi fissi sulle gambe - e non si accorse che la donna era completamente uscita dall'auto e si trovava ora di fianco a lui.

«Mi aspettavo Jim» disse lei con voce roca e sensuale.

Lui, terminato il momento di sbigottimento, la guardò. Un sorriso divertito aleggiava sulle labbra piene e pitturate di un rosso cupo. A lei non era passato inosservato lo sguardo di apprezzamento che le aveva lanciato. La donna incarnava tutte le sue più ardite fantasie. Fabrice riteneva di essere dotato di due soli canali emotivi e comunicativi: la musica e il sesso. Non conosceva altro modo per esprimere se stesso e i sentimenti che provava. Era inoltre un esteta, amava il bello in ogni sua forma e la donna che si trovava davanti a lui, minuta ma armoniosa, dal viso d'angelo e dallo sguardo che prometteva mille e più peccati, lo attirava in modo irresistibile.

«Bel ragazzone, credo sia il caso di sbrigarsi. Mio marito non sarebbe contento di rovinarsi il Mardi Gras per tirarmi fuori da una cella.»

Il tono era leggero, quasi strafottente. Lui bofonchiò un 'sì' e si avvicinò all'auto della donna; si sporse sopra di lei - la differenza d'altezza era notevole - ma capì di aver fatto un grosso errore quando il suo odore gli invase le narici. Quando la vide chinarsi per rivelare lo scomparto segreto dentro cui erano nascosti gli alcolici, si passò frustrato una mano tra i capelli. La corta pelliccia nera copriva appena il fondoschiena, inguainato dentro un vestito bianco e lucido che disegnava le sue forme lasciando poco all'immaginazione. Pensò che era uno dei più bei fondoschiena su cui avesse posato gli occhi nei suoi ventotto anni di vita.
Dopo aver scoperto le due casse, lei si rialzò e gli fece cenno di prenderle. Si spostò per fargli spazio, ma restò abbastanza vicina da non permettergli di disintossicarsi da quel suo profumo acuto e delicato allo stesso tempo.

Lei lo osservò per tutto il tempo con un sorrisetto malizioso. Conosceva l'effetto che suscitava negli uomini e il più delle volte ne era infastidita, anche se non lo dava a vedere. Ma il bel ragazzo chino sull'auto era una delle poche eccezioni. Alto e magro, era dotato di una energia felina quando si muoveva. Il viso dai lineamenti ben fatti sembrava algido, eppure gli occhi emanavano un calore ustionante. Aveva delle mani grandi ed eleganti al tempo stesso. Quando ebbe finito le operazioni di trasbordo, le sembrò un po' spaesato.

Decise di toglierlo dall'impaccio e, sempre sorridendo, gli disse: «Addio, bel ragazzone. Pensami stanotte...»
Gli fece l'occhiolino e poi risalì in auto, mise in moto e partì senza aggiungere altro. Lo lasciò lì, a guardarla andare via.

***

Mentre tornava a casa guidando, Louise fissava le ville che le sfilavano davanti con le enormi querce e i pini orlati di una grande quantità di tillandsia.
Giunse davanti a un pesante cancello in ferro battuto alto tre metri e mezzo e si fermò. Un alto muro di mattoni rossi circondava la tenuta e sembrava estendersi all'infinito. Il luogo somigliava a una fortezza. Dava l'impressione di voler rinchiudere chiunque si trovasse al suo interno. Non lei! Non lo avrebbe mai permesso.
Scese dall'auto e aprì il cancello. Condusse l'automobile su per un lungo viale sinuoso, e infine la villa apparve. Era una casa enorme. L'architettura neoclassica era tra le più belle di New Orleans. Alte colonne percorrevano tutto il perimetro della villa e i balconi del piano superiore avevano volute decorate con fregi in ferro.
Fece il giro fino al retro della casa e si infilò in un garage. Non c'era nessun'altra auto, segno che suo marito non era ancora tornato. Scese e rinchiuse lo sportello. Entrò in casa; uno stretto corridoio la condusse in una cucina dove una donna ispanica era ai fornelli.

«Signora Louise, pensavo cenaste fuori stasera. Avrei preparato qualcosa di più elaborato se avessi saputo.»
«No, Rosa, non ho tempo per una cena delle tue. Paul e io usciremo sul tardi. Mangerò qualcosa al volo di pronto.»

La piccola donna le servì qualcosa appena tirato fuori da un tegame. Louise non indagò su cosa fosse, prese il piatto e lo portò a un piccolo tavolino da colazione messo vicino a un'ampia finestra panoramica. Quest'ultima dava sull'esterno, su un bellissimo cortile vecchio stile dietro alla villa, in cui si trovavano un roseto, statue greche e cespugli modellati. La zona era illuminata da antiche lampade a olio che gettavano un alone quasi sovrannaturale sulle modanature alle pareti. Si chiese come fosse arrivata lì, quasi libera e mai completamente felice.

Sposare Paul Bosco le aveva dato la libertà che non aveva mai avuto sotto le grinfie di un padre-padrone e l'indifferenza di una madre depressa cronica. Li aveva odiati visceralmente entrambi: lui perché le impediva quasi di respirare con tutti i divieti che le imponeva a suon di sganassoni e lei perché non aveva mai mosso un dito per difendere la sua unica figlia, troppo occupata a piangersi addosso. Aveva cercato in ogni modo di uscire da quella casa angusta e tetra. E quando Paul aveva chiesto la sua mano, dopo averla incontrata una sola volta durante una delle sue brevi fughe, aveva pregato quel Dio a cui neanche credeva affinché suo padre accettasse.
Paul Bosco era un partito troppo appetitoso perché il padre potesse rifiutarlo e così aveva acconsentito al matrimonio senza troppe storie. Neanche il fatto che la ricchezza dei Bosco non fosse tutta merito di attività lecite lo aveva dissuaso dall'affidargli l'unica figlia.

Mentre camminava lungo la navata della chiesa il giorno del matrimonio, Louise si era chiesta se per caso non stesse fuggendo da una prigione per rinchiudersi in un'altra. Ma non era stato così. Paul le aveva dato tutte le libertà possibili in cambio di un matrimonio di facciata. A lui serviva una bella moglie per coprire il fatto che le donne non gli interessavano. La maggior parte della gente avrebbe potuto pensare, se fosse venuta a conoscenza della cosa, che la sua fosse una condizione ben misera, ma si sbagliava. Dopo essere diventata la moglie di Paul Bosco, Louise aveva potuto fare tutto quello che aveva sognato fin da piccola e che suo padre non le aveva permesso finché era stata sotto il suo tetto. Studiare in primis. Prima di sposarsi sapeva a malapena leggere e scrivere, ma dopo il matrimonio il marito aveva assunto un insegnante privato e lei aveva assorbito come una spugna ogni lezione. Il senso di libertà che provava, mentre la testa le si riempiva di nozioni sempre nuove, era indescrivibile.

Poi, un giorno, aveva chiesto a Paul di poter imparare a guidare l' automobile e lui gliene aveva comprata una. Non le negava nulla per farsi perdonare il matrimonio in bianco e la poca presenza, se non per qualche avvenimento mondano in cui era necessario presentarsi come coppia.

Il loro rapporto non si poteva definire di amicizia, non c'era nessuna confidenza. Lei non si lamentava, lui non le impediva niente. Un giorno, per caso, era venuta a conoscenza del contrabbando di alcolici, in cui Paul era implicato e, sfacciatamente, gli aveva chiesto se poteva rendersi utile. Lui l'aveva guardata un po' sorpreso, poi le aveva concesso anche il brivido di fare cose poco lecite. Si occupava di rifornire alcuni locali 'nascosti' di New Orleans. Trasportava sempre piccole quantità per non destare sospetti. D'altronde chi avrebbe mai potuto pensare che la bella e scandalosa moglie di Paul Bosco, quella che guidava, fumava e passava da un amante all'altro, fosse dedita al contrabbando?

Neanche gli amanti che negli anni si erano succeduti nel suo letto Paul le aveva negato, non che gli avesse chiesto il permesso, ma lui sapeva e faceva finta di non accorgersene, come faceva lei con quelli di lui. Un'unione infelice avrebbe potuto pensare qualcuno, ma lei si rispondeva che importa se ho la libertà? E se un giorno ti dovessi innamorare? Chiedeva la vocina dentro di lei. Non so cosa sia l'amore, si rispondeva.

Aveva vissuto quasi trenta anni conoscendo corpi maschili e femminili. Non aveva provato le pene d'amore e forse le aveva inflitte ad altri. La perseguitavano gli occhi dei benpensanti e un vortice di lingue velenose; due sole amiche che per alludere a lei avevano coniato un loro gesto di complicità che diceva tutto e niente (l'alzata di spalle, gli occhi rivolti al cielo, come per invocare l'intervento divino, e il sospiro a cui seguiva la frase così tante volte ripetuta: «Lo sai, Louise è fatta così»); e un battaglione di sconosciuti annoiati che credevano di poter esprimere giudizi sul suo conto solo perché lei era una persona nota, o quasi.

Quando camminava per strada, scrutava i volti di tutti gli uomini e le donne, di tutti i ragazzi e ragazze che sembravano felici. Li fissava cercando uno sguardo o un cenno in cui riconoscersi, che colmasse in qualche modo il vuoto che sentiva dentro.
Forse, si diceva, la gente normale, la gente felice, gli altri non aspirano a una vita intensa. Forse si accontentano di quello che trovano. Non chiedono all'amante di saper parlare di quadri e libri e di composizioni di Debussy, e di essere perfetto a letto, attento, perverso, fantasioso e sofisticato. Gli basta vivere alla giornata e soprattutto non sperano di poter trovare fuori da sé stessi quello che non hanno dentro.

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