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7 - SOLO GINNASTICA {Elizabeth}

«Chiodo scaccia chiodo» ghigna. «Se ti fa stare meglio, possiamo mollare tutto e tornare subito da me.»

«Prego?» Lo guardo negli occhi per capire se dice sul serio. Sembra di sì. Cioè, 'sto stronzo pensa che me lo voglia scopare di nuovo solo perché ho rotto con Philip?

Non ha capito un cazzo.

«La mossa del vassoio è stata molto eccitante, lo confesso» prosegue la faccia di bronzo. «Penso di poter chiudere un occhio sui tuoi trascorsi con Ward, visto che alla fine hai preferito me.»

Tutta la tensione che ho accumulato esce dal mio corpo in un'ondata di rabbia cieca. «Ma che problemi hai?!» gli urlo contro. «Pensi che una ragazza voglia fare sesso con te così, di punto in bianco, senza motivo?»

«Perché? Non è forse quello che hai fatto tu?» mi istiga con un sorrisetto sornione.

«Cazzo, Fritz! Ma allora sei proprio un cretino» sbuffo. «Volevo far ingelosire Philip, niente di più.»

I suoi occhi si fanno glaciali. «E quindi hai pensato di usarmi e poi sparire senza nemmeno una spiegazione.»

«Senti, non pensavo che la cosa ti avrebbe offeso fino a questo punto» provo a smorzare i toni. «Hai la fama di uno che si sbatte tutte quelle che capitano, senza farsi troppi problemi.»

«Ma davvero?» mi lancia una smorfia sarcastica. «Sono curioso di conoscere le tue fonti.»

Taccio, sentendomi d'un tratto stupida. Dovrei sapere fin troppo bene che non tutte le voci che girano sono vere.

«Ricapitoliamo» sibila lui. «Ward ti tradisce con la tua amica. Anzi, no: entrambi ti tradiscono» sottolinea rabbioso. «E tu, per vendicarti, mi tratti come un fazzoletto usa e getta perché tanto hai sentito da qualche parte che sono un bastardo e me lo merito.»

Faccio un passo indietro, spaventata dall'improvvisa ostilità nella sua voce, ma lui si riavvicina con una falcata e mi intrappola contro il muro dell'edificio. Le braccia, tese ai lati delle mie, hanno i muscoli contratti, in evidenza sotto al tessuto leggero della giacca, eppure non c'è brutalità nei suoi gesti; si limita a impedirmi di scappare, mantenendo una certa distanza tra i nostri corpi. Potrei tirargli una ginocchiata nelle palle e liberarmene in pochi secondi, ma il profumo di docciaschiuma aleggia nell'aria e il ricordo del suo tocco delicato mi si riaccende all'improvviso sulle gote.

«Voglio solo sapere dove hai sentito quella voce. Non mi sembra di chiedere troppo.» Abbassa la testa a incrociare il mio sguardo e i suoi occhi prendono un'ombra scura. Sembra... triste.

«Philip» mormoro.

«Quel lurido pezzo di merda» ringhia. Fa un mezzo giro su se stesso, come per andare a prenderlo a pugni, però poi si irrigidisce sul posto. Lascia andare un lungo sospiro e le spalle si incurvano. «Pensavi a lui in quel momento?»

Per un attimo resto senza parole; vorrei aver capito male, invece no, la domanda è chiarissima. Torna a fronteggiarmi, ma stavolta il mento è puntato a terra, l'aria imbarazzata. Le braccia restano stese lungo i fianchi. «È stato così brutto?»

«Il sesso con te?»

«Sì, quello.»

«Non...» tentenno.

«Cazzo, Elizabeth, almeno stavolta sii sincera!» Solleva lo sguardo e gli leggo in volto una profonda amarezza. Non sembra proprio il genere di persona che mi ha descritto Philip.

«Il sesso senza amore non è altro che ginnastica» bofonchio.

«Non è quello che ti ho chiesto.»

«Cosa vuoi che ti dica? Che non ho sentito niente? Bene!» sbotto. «Non ho sentito niente, non ha contato niente, mi sono comportata da troia. Sei contento, adesso?!»

«È un vero peccato» risponde, con un sorriso che non raggiunge gli occhi. «Per me è stato l'esatto contrario.» Si china e mi deposita un bacio sulla guancia. «A posto così, discorso chiuso.»

Un senso di vuoto mi prende lo stomaco. «Come sarebbe "a posto così"?»

«Sei solo una donna arrabbiata che ha fatto una cazzata» risponde iniziando ad allontanarsi. «Ti ho già perdonato.» Agita una volta la mano in segno di saluto e torna dentro.

Mi sento una merda a tutti gli effetti.

* * *

«Beth. A cosa devo l'onore?» La voce di mio fratello all'altro capo della linea è stanca, ma divertita. Non capita spesso che gli telefoni, dato che abitiamo a due porte di distanza.

«Ciao, David. Mi inviti a cena?» Tento di mascherare il tremolio delle corde vocali con un tono vivace, senza particolare successo.

Non ci casca. «Qualcosa non va?»

Deglutisco un grumo di saliva che pare un'intera noce e mi sforzo di mantenere una certa dignità. Sono ancora sul marciapiede fuori dall'entrata del palazzo, addossata al muro; Fritz e io abbiamo già dato spettacolo, non posso permettermi di crollare in pubblico. «Ho un outfit splendido che non si merita di tornare subito dentro l'armadio.» La voce mi si spezza sull'ultima parola.

«Non c'è Philip con te?» mi interroga.

«È dentro con Kate» singhiozzo. E tanti saluti alla dignità.

Dave capisce al volo. «Dove sei?»

«Manchester Hall» replico, tirando su col naso.

«Non muoverti. Arrivo.» 


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