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5 - UNA CHE NON MOLLA {Elizabeth}

Il messaggio di Philip arriva mentre sto finendo di documentarmi su Fritz Müller, senza peraltro trovare gossip degni di nota. Niente foto compromettenti, niente scandali privati, niente di niente; solo materiale ufficiale dei club sportivi e profili social impeccabili. Dieci e lode per l'agenzia internazionale che lo segue: avranno pagato qualcuno per rimuovere in tempo reale le cazzate che fa. Se la serata andrà come ho pianificato, il loro hacker farà presto richiesta di un aumento.

"7:45 PM da te?"

Fisso basita la notifica pop-up del telefono. Sarebbe questa la risposta di Philip al mio premuroso messaggio di rientro da Parigi? Lurido verme. Visti i recenti sviluppi, non pretendevo certo un "mi sei mancata", ma avrebbe potuto almeno sforzarsi di aggiungere un saluto; perfino gli avvisi di consegna dei corrieri sono più calorosi!

Eravamo d'accordo da settimane per il Gala. Intendevo far finta di niente, entrare a Manchester Hall a braccetto con lui e poi informarlo con nonchalance nel corso dell'evento che non era stato l'unico a esplorare nuovi orizzonti, ma il fastidio provocato dal suo comportamento ha la meglio sui miei buoni propositi. Lo stomaco si contrae, le guance bruciano, e le mie dita martellano sullo schermo al ritmo della rabbia che mi sta montando dentro.

"Vai a farti fottere, Phil" digito, senza prendermi il tempo di pensare.

"Che ti prende? Hai le tue cose?"

Una risata amara mi sfugge dalle labbra. Ecco la prima regola del perfetto fedifrago: far sentire inadeguata la tua donna per coprire le porcate che hai fatto a sua insaputa. Chissà se ieri era la prima volta che mi tradiva o solo l'unica in cui si è fatto beccare. Non credo di volerlo sapere davvero.

Gocce bollenti iniziano a schiantarsi sullo schermo; acqua salata che deforma il testo e si porta via un pezzo della mia anima. Asciugo il viso con il dorso della mano e gli invio le foto di Lauren. Visualizza, ma non risponde. Mi accascio sul letto, il telefono stretto al petto e il corpo squassato dai singhiozzi.

Quando riemergo dallo sfogo commiserativo ho la faccia di mamma dopo il primo trattamento filler, con l'aggiunta di chiazze rosse irregolari sul collo. Faccio un bendaggio con acqua fredda, seguito da una maschera rivitalizzante, e rifletto.

Non sono una che molla, non lo farò nemmeno stavolta.

Io sono Elizabeth Heart: andrò al maledetto Gala e gli sbatterò in faccia la differenza tra me e quella sciacquetta di Kate.

Lancio la maschera nel lavandino e infilo la porta.

Il grande orologio vintage appeso alla parete del corridoio segna già le cinque, devo sbrigarmi. Scendo al piano terra e mi dirigo da Gabriel; mi accoglie con un sorriso smagliante, le mani impegnate con asciugacapelli e bigodini.

«Elizabeth, tesoro, accomodati» cinguetta. «Sono da te in un attimo!»

Il vantaggio di vivere dentro all'Heart HQ è che ho accesso privilegiato a tutti i servizi senza dover lasciare l'edificio. Gabriel è il mio angelo, l'unico capace di addomesticare questa scopa di saggina infeltrita che mi ritrovo in testa.

«Allora, quanto splendente vuoi essere stasera?» domanda facendomi l'occhiolino.

«Abbagliante, grazie» gli sorrido.

«Lascia fare a me, pasticcino. Philip morirà appena avrà posato gli occhi su di te» ghigna.

Il sorriso mi muore sulle labbra.

«Me lo auguro» commento asciutta.

Gabriel intuisce al volo il mio stato d'animo. «Cos'ha combinato quello stupido pezzo di manzo?»

Gli racconto tutta la storia, corredata di parti scabrose, e lui mi rassicura. «Amore, quando avrò finito con te sarai la dea della vendetta più affascinante che il mondo abbia mai visto.»

Ci conto.

Dopo di lui, passo dalla make-up artist Valerie che mi dà un ulteriore boost di autostima con un trucco da notte degli Oscar. Ora sono pronta per la battaglia.

Torno alla suite, inserisco a sistema i tag "soiree", "divina", "sexy", ed entro nella cabina armadio. I led a soffitto e pavimento illuminano il capo e gli accessori consigliati. Mai come oggi sono felice di non dover pensare troppo. Afferro il vestito e lo osservo con piglio critico, poi mi concedo un silenzioso cenno d'approvazione per il risultato; il mio algoritmo è riuscito a trovare la soluzione perfetta: un Valentino blu notte a schiena scoperta con la gonna finemente plissettata, décolleté Manolo Blahnik con tacco a stiletto e clutch Mulberry. Mi cambio, faccio un respiro profondo ed esco.

Phil dovrà piangere sangue.

* * *

Alle sette e mezza precise, l'auto di rappresentanza del Gruppo Heart mi scarica davanti alla West Tower. Faccio cenno all'autista di andare. Non ho bisogno della scorta, ma non potevo certo permettere che il capolavoro creato per la serata si rovinasse salendo su un taxi qualunque.

Il concierge mi dà il benvenuto e si offre di annunciarmi; gli assicuro che non ce n'è bisogno. Mi ha già visto lasciare il palazzo qualche ora fa, perciò non ho dubbi che si sia fatto un'idea abbastanza chiara della situazione. Immagino abbia visto passare ogni genere di donne nell'ultimo mese. Spero solo che una di loro non sia già nell'attico; ora che i miei piani sono cambiati, complicherebbe un po' la situazione. Prendo l'ascensore fino al quarantaquattresimo piano e suono il campanello dell'appartamento. Se i miei calcoli sono esatti, Müller dovrebbe essere sul punto di prepararsi.

Apre la porta, la camicia fuori dai pantaloni e una cravatta tra le mani. Ottimo tempismo.

Mi osserva sbalordito. «Elizabeth?»

«Chi porti all'evento?» vado dritta al punto.

Continua a guardarmi come se fossi un'allucinazione. «Sei...»

«Bellissima, sì, lo so» taglio corto. Non mi interessano i convenevoli. «Rispondi alla domanda, per favore.»

Un sorriso sghembo gli attraversa il volto e gli occhi acquistano una sfumatura più calda. Giurerei di aver visto un lampo di ammirazione, ma probabilmente si tratta solo di lussuria. Che m'importa?

«Stavo per dire gnocca da paura» precisa. «Bellissima non è abbastanza.»

E ci mancherebbe altro, con tutto il tempo che ho perso a prepararmi!

«Fritz, concentrati.» Gli schiocco le dita davanti al viso. «Con. Chi. Vai. Stasera.»

Sbatte più volte le palpebre, prima di rispondere con piglio un po' incerto: «Vado sempre da solo agli eventi organizzati dalla società.»

Eccellente.

«Errore» puntualizzo, facendo un passo oltre la soglia. «Stasera porti me.»

Si sposta di lato per farmi entrare. «Speravo che lo dicessi.» 


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