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4 - ASPETTATIVE {Elizabeth}

Chiamo un taxi e mi faccio portare all'Heart HQ. Sono solo pochi minuti, ma approfitto del traffico lungo il tragitto per cercare in rete qualche notizia sullo sfigato che ho appena lasciato moribondo nell'appartamento. Mi aspettavo di meglio da uno che si sbatte qualsiasi cosa respiri; è durato pochissimo. Chissà cosa ci trovano le altre. Probabilmente solo i soldi, come quella stronza di Kate. Be', meglio così, me la sono cavata in fretta. La prima parte del mio piano è andata.

Cerco Franz Müller ed escono i recapiti di un ingegnere di mezza età, quindi ritento con la chiave "Müller Manchester City" e Google mi bombarda di risultati e foto del tedesco. Ah, ecco perché: Fritz, non Franz. Fritz Müller.

Il primo dato che mi salta all'occhio è l'età. Diciannove anni?! Oh. Mio. Dio. Non posso crederci, mi sono fatta un ragazzino. Gliene davo qualcuno in più di me, almeno venticinque; forse è per quello che è stato tutto così facile: ha ancora gli ormoni di un adolescente.

Sto rimuginando sull'effettiva utilità di comparire in pubblico con un toy boy, quando il tassista accosta.

I valletti all'ingresso, vestiti di tutto punto con le divise dell'azienda, mi aprono le grandi porte di cristallo con un inchino e il portiere all'ingresso mi raggiunge ossequioso.

«Signorina Elizabeth, bentornata. Il signor Heart la attende nel suo ufficio.»

«Grazie, Eddie, vado subito.»

«Posso suggerire un cambio d'abito più formale, per l'occasione?»

Ah, giusto. Ho ancora il mini-dress da rimorchio. «Buona idea. Passo prima per la suite, sarò da lui in una decina di minuti.»

«Eccellente, signorina. Lo informo subito.»

Oggi mi manca solo di subire il terzo grado da mio padre sul perché giro conciata come una puttana in pieno giorno. Come se non mi sentissi già abbastanza così. Cornuta e troia in meno di dodici ore: sono traguardi.

Raggiungo la mia suite all'ultimo piano del palazzo sentendomi d'un tratto – non saprei dire se per quello che ora pare un modesto nono livello o se per l'attività cui mi sono prestata nella camera dell'attico – sulla via della retrocessione nella scala sociale. Mi spoglio e getto nel cesto della biancheria l'abito verde; avrei bisogno di fare una doccia, ma non è saggio far attendere il boss supremo Andrew Heart. È raro che mi convochi in via ufficiale, quindi deve essere qualcosa di serio.

Inserisco nell'app i tag "lavoro" "pomeriggio" "cocca di papà" e mi ritrovo a indossare un vestitino floreale con le maniche corte a sbuffo e la gonna al ginocchio che grida "verginella nerd" a miglia di distanza. Pensavo di essermene liberata insieme alla mia vecchia identità, ma deve essermi sfuggito in fase di catalogazione. Se non altro, per stavolta torna utile.

* * *

«Ciao, papà. Volevi vedermi?»

Solleva lo sguardo dal mucchio di carte e indica la sedia di fronte a lui. «Beth, sì. Siediti.»

Non ha l'aria di voler iniziare una piacevole chiacchierata padre-figlia. Mi accomodo sulla seduta imbottita in ecopelle nera e aspetto la fregatura. Qualcosa del tipo "ti taglio le carte di credito" o "perché diamine hai chiesto all'ufficio acquisti di mandare qualcuno a Cipro a prenderti una ventina di confezioni di olio da bagno?"

«Lo scorso mese hai completato il tuo percorso universitario.» Occhi identici ai miei, ma contornati di rughe sottili, mi osservano seri. «Ora sei pronta per entrare a tutti gli effetti in azienda.»

«In teoria» rispondo, cercando di non far trasparire che fino a un secondo fa la questione era lontana anni luce dai miei pensieri. Sì, è stata una bella cerimonia, ho conseguito il diploma post-laurea e ho un intero servizio fotografico che ne manterrà vivo il ricordo, ma siamo ancora in agosto: estate, ferie, bastardi traditori da rimettere al loro posto; ho di meglio da fare che pensare al lavoro. Non che possa dirlo a mio padre senza rischiare di essere diseredata.

Fortunatamente il boss supremo la interpreta come una risposta scaramantica. «Non ho dubbi» sentenzia.

E io non ho alternative, a quanto pare.

«Mi sembra di capire che la tua preferenza sia diretta a contribuire allo sviluppo del Queen of Hearts più che al settore informatico.»

«Non saprei» tentenno. La questione è un po' complicata. «Vorrei trovare uno spazio dove essere utile.» E dove poter essere davvero me stessa, invece che l'ultima ruota del carro.

«Ambedue i tuoi fratelli sarebbero felici di integrarti nell'organico.»

Mi sfugge una smorfia sarcastica. Certo, come no. Costretti a sorbirsi la sorellina imbranata perché lo dice papà. David lo ha già fatto prendendomi in stage alle superiori, quando studiavo programmazione, ma non ha mai considerato che potessi essere in grado di fare qualcosa. Ho passato tre mesi a riordinare archivi e imparato meno che frequentando Travis, il mio primo ragazzo che ora lavora in qualche sezione top secret del Ministero della Difesa. Certo, potrei aver ammazzato il tempo craccando un paio di sistemi e lavorando all'app, ma ovviamente Dave non se n'è accorto.

«Corinne potrebbe beneficiare di un supporto» continua papà. «Gestisce una mole di lavoro non indifferente.»

L'unico problema di mia sorella è che coordina uno dei più grandi magazzini di moda del Regno Unito e non sa distinguere una Collezione Cruise da una Primavera-Estate. «Abbiamo visioni opposte dello stile» controbatto. «Non credo sia una buona idea lavorare insieme.» A meno di non voler scatenare una guerra nucleare.

Il grande capo Heart mi rivolge uno sguardo piatto e allo stesso tempo minaccioso. In questo, è un maestro. Dave ha preso tutto da lui, sono due fotocopie con solo qualche decina d'anni di differenza. Peccato che con me non funzioni: so benissimo che anche lui si rende conto che la sua primogenita veste da cani e, per una che fa quel lavoro, è un pessimo biglietto da visita; chiude un occhio solo perché mantiene il bilancio in attivo.

«Potresti occuparti del reparto giovane» replica. «Per quanto non apprezzi le tue ripetute apparizioni su certe riviste, è indubbio che tutti ti riconoscano una certa influenza in termini di stile.»

Questo è vero. Ho faticato parecchio per arrivare dove sono, ma adesso tutte vogliono essere me e tutti vogliono stare con me. Tutti tranne uno. Lo stronzo che, guarda caso, è anche la mia priorità. Non intendo sprecare i miei sforzi in azienda finché non avrò sistemato Philip. Devo guadagnare tempo.

«Penso che un anno sabbatico potrebbe essermi di grande aiuto per trovare la mia strada» tento.

«Non essere ridicola, Beth» tronca lui. «Sappiamo entrambi che negli ultimi quattro anni hai a malapena aperto un libro.»

«Solo perché la mia presenza in società si è fatta notare, non significa che io abbia trascurato gli studi» tengo il punto. «Ti ricordo che ho ottenuto il massimo dei voti.»

«A riprova del fatto che possiedi un'intelligenza notevole e un'ottima memoria, e sei in grado di sfruttarle a tuo vantaggio.» Lo sguardo di mio padre non ammette repliche; sa di aver ragione e non vuole essere trattato da stupido. Provo a cambiare tattica.

«Potrei approfittare del tempo libero per capire come contribuire in modo efficace allo sviluppo aziendale.» Sbatto le ciglia e sorrido, nel miglior tentativo di corruzione genitoriale mai attuato. «Per favore?»

Papà mi guarda e so cosa vede. La piccola Beth, carogna manipolatrice, copia spudorata della sua ex moglie. Il suo punto debole.

Fa' che le colpe dei genitori non ricadano sui figli.

«Hai fino a Capodanno» sospira.

«Grazie, papino!» tubo.

«Ma mi aspetto un progetto valido, altrimenti sarò io a decidere per te» continua, il tono grave e definitivo. «È il momento di crescere, Beth.»

Aggiro la scrivania e lo abbraccio per siglare l'accordo, poi mi dileguo più in fretta possibile. Si sa mai che cambi idea.

Questo incontro mi ha messo un po' in crisi. Da un lato sono elettrizzata all'idea di avere una possibilità per dimostrare quello che valgo, dall'altra so che, qualsiasi strada io decida di percorrere, ogni passo falso mi sarà contestato il doppio solo perché sono la figlia del capo. No, mi correggo: la figlia minore e potenzialmente illegittima, quella nullafacente che ha preferito il Fashion Institute al corso di laurea in Business and Administration.

Archivio momentaneamente i dubbi, ci penserò più avanti. Adesso ho un traditore da sistemare. 


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