28 - INNAMORATO {Fritz}
«Domani ho tutta la giornata libera» scandisco, rivolto al telefono appoggiato sul piano di lavoro. Il vivavoce è una scelta da boomer, ma non mi fido più a usare gli auricolari in cucina da quando me n'è caduto uno in mezzo ai crauti. Afferro una confezione di pesce impanato e metto a scaldare l'olio in padella; ho una fame assurda e nessuna voglia di aspettare il take away. Magari mi faccio pure un aperitivo finché cuoce, penso, tirando fuori dal frigo gli stick di salsiccia e la confezione aperta di cetrioli. «Vieni da me?»
«È previsto bel tempo.» La voce di Elizabeth è sbrigativa, ma meno dura del solito. Da quando siamo stati al pub, ha iniziato a rilassarsi e stare meno sulla difensiva. «Non ho intenzione di sprecare il sole chiusa in casa a demolire i tuoi patetici tentativi di infilarti nelle mie mutande.»
Come non detto.
«Per favore» la supplico. «Non costringermi a fare l'ennesima comparsata tra la gente che conta. Ne ho le palle piene, mi annoio a morte.»
«Guarda che, a farti vedere in giro con me, le tue quotazioni salgono» rimarca divertita.
«Liza, a me interessi tu, non le quotazioni» puntualizzo.
«Va bene» la sento sorridere. «Allora andiamo al mare, noi due soli.»
«Al mare? Con dieci gradi?» Farei di tutto per vederla in costume, ma non avevo considerato la morte per assideramento.
«E allora?» Mi sembra quasi di vederla roteare gli occhi. «Poca gente e un bel panorama.»
Scommetto che stiamo pensando a due panorami diversi. «Mi avevi già convinto al "noi due soli".»
Emette un sospiro rassegnato. «Ti aspetto alle dieci.»
«Non vedo l'ora, bellezza.»
* * *
«Sei seria?»
Guardo allibito i valletti caricare nel bagagliaio dell'Audi quelli che sembrano rifornimenti destinati a un'intera carovana. Non doveva essere una gita in giornata?
Elizabeth scrolla le spalle, per niente turbata. «Mi hai supplicato tu di evitare i soliti giri. Non puoi aspettarti che vada all'avventura senza un'adeguata preparazione.»
«Programmi di attraversare il deserto?» replico, occhieggiando il trolley frigo che si va ad aggiungere alla borsa in vimini di forma cilindrica e a una scorta di teli che potrebbe permetterci di riprodurre in modo fedele una tenda beduina.
«No, ma se continui a rompere potrei decidere di cambiare itinerario solo per il gusto di abbandonarti nel mezzo delle campagne gallesi» sbuffa, infilandosi dei giganteschi occhiali da sole con lenti scure.
Messaggio recepito, dolcezza.
Mi cucio la bocca e le apro la portiera dell'auto, prendendomi un secondo per apprezzare il suo culo stratosferico avvolto in un paio di pantaloni elasticizzati rosa shocking. Lei si gira di scatto, mi solleva il mento con due dita – cazzo, ma ha gli occhi dietro la testa?! – e poi sale a bordo.
Peccato che sia troppo freddo per il costume.
Non faccio a tempo ad avviare il motore che Elizabeth ha già preso possesso delle casse e inserito la sua musica. La progressione delle canzoni a schermo è una sfilza di: Taylor Swift, Taylor Swift, Taylor Swift, Taylor Swift, Taylor Swift, Taylor Swift, Taylor Swift.
Merda, no.
La tizia mi piace parecchio, me la farei anche, ma quel sound non fa proprio per me. Imbocco la A56 e mi volto verso Liza per chiederle di avere pietà dei miei timpani, ma la becco a canticchiare a fior di labbra, muovendo la testa a ritmo, e rinuncio. Ha l'aria felice.
Dopo un'ora abbondante di viaggio condita con la playlist più fracassapalle mai partorita da una mente umana, vedo finalmente il cartello di St Annes Beach. Elizabeth stacca la musica – Dio, grazie! – e mi fa segno con la mano: «Gira a sinistra. Sì, ecco, lo vedi? Parcheggia lì.»
Lo spiazzo, posto davanti a un gruppo di attività commerciali molto pittoresche, è quasi deserto. Non scherzava, quando ha detto di andare all'avventura.
«Hai intenzione di approfittare di me in questa landa desolata?» la provoco.
Con un gesto rapido, mi ficca sulla testa il cappello con frontino. «Non gasarti troppo» fa un cenno verso l'alto. «C'è una telecamera proprio lì, vedi?»
«Allora spostiamoci» ghigno.
«Prima prendi le valigie» mi liquida.
«Tutte?» gemo, ripensando al bagagliaio stracolmo.
Ci pensa un attimo, con quel delizioso nasino che si arriccia mentre riflette, e poi concede: «I teli posso portarli io.»
Quasi scoppio in una risata isterica, ma imbraccio comunque borse e frigo, e mi trascino lungo la passerella come il più sfigato dei turisti stagionali. Per fortuna la sabbia è stata compattata dalla pioggia di ieri e riesco a trascinare il trolley senza affondare troppo. Intorno a noi c'è solo un'enorme distesa di granelli marroncini; dell'acqua nessuna traccia.
«Dov'è finito il mare?» le chiedo stupito.
«Là in fondo» sogghigna. «Mai vista una spiaggia?»
Non così. «A luglio sono stato in Italia per un addio al celibato» tengo a precisare. «Ma sono sicuro che non ci fossero chilometri di sabbia prima della riva.»
Mi fissa dubbiosa. «Tra un anno verrà fuori che hai qualche figlio illegittimo da quelle parti?»
«Dubito» sghignazzo. «Lo stronzo del mio amico ha voluto fare un viaggio in incognito: è stata più una settimana tra uomini.»
Lo sguardo insospettito rimane. Devo ricordarmi di cancellare le foto di Sofia dal telefono.
Camminiamo per una buona mezz'ora, raggiungendo finalmente il mare, e troviamo un posto per posare i bagagli. Liza stende un paio di teli e io li fermo con le borse. Quando apre quella in vimini, rivelando un set completo di stoviglie da cucina, capisco.
«Picnic sulla spiaggia?» sorrido ebete.
«Era da un po' che volevo provare» conferma. «Non ho idea di cosa abbia preparato Mildred, la cuoca, ma di sicuro c'è scelta.»
È la cosa più romantica che potessi immaginare, ma non posso dirglielo o finirei per sembrare una femminuccia sdolcinata. Mi limito ad aprire il frigo, che scopro essere stato impostato in funzione thermos, e tiro fuori una miriade di vaschette con cibo di ogni genere.
«Mi è già venuta fame» borbotto, senza sforzarmi di mascherare il gorgoglio del mio stomaco.
«Allora mangiamo.»
A pancia piena, cullati dal rumore delle onde, sembra di stare in paradiso. Un paradiso per pinguini, ma comunque bello. Facciamo altri due passi, incrociando giusto una coppia di mezza età e un tizio con un cane, e poi ci risistemiamo sui teli.
L'aria fresca e salmastra le scompiglia i capelli, fiamme indomabili che bruciano nel vento e mi tolgono il respiro solo a guardarle. Cazzo, quant'è bella. Il mio riflesso nelle enormi lenti scure di quegli occhiali da diva è quello di un moscerino spiaccicato sul parabrezza, fregato dalla velocità con cui l'auto è comparsa sulla sua traiettoria.
Allungo le dita e le sfioro la guancia con il dorso della mano. Lentamente, sperando che non mi respinga. Non è da me. Non sono mai stato un tipo che si ferma a pensare; agisco d'istinto, sempre, e prego che mi vada liscia. Ma con lei le cose sono diverse. Ho...
Merda. Ho paura.
Questa orrenda sensazione di non essere abbastanza e il pensiero che potrebbe scomparire da un momento all'altro, portandosi via un pezzo di me che nemmeno sapevo esistere, fanno male. Un fottuto dolore al petto ogni volta che la guardo. E se non vivessi monitorato tra elettrocardiogrammi ed esami quotidiani come un fenomeno da baraccone, avrei il dubbio di essere malato.
Sorride. Il genere di sorriso che non mostra spesso e che mi toglie il fiato come un pugno nello stomaco. Ironico, rilassato, senza traccia di pensieri inutili.
«Sarà il caso che facciamo un po' di esercizio» dice. E io la fisso inebetito, senza capire. Scrolla le spalle, l'impazienza che torna a galla come i cormorani dopo la pesca. «Fritz, abbiamo un'immagine pubblica da mantenere: non posso ritrarmi ogni volta che mi baci effetto lumaca. E sappiamo che lo farai.»
«Cioè, intendi...?» Se è quello che penso, oggi potrebbe essere il giorno più bello della mia vita.
«Qui non ci vede nessuno e almeno non ti verrà voglia di spogliarti.»
«Su questo non ci giurerei, Liza» rido. «Mi fai un certo effetto.»
«Fa' come credi. Se vuoi congelarti le palle, non sarò io a fermarti.»
«Lo prendo come un invito.»
«Concentrati.» Mi schiocca le dita davanti al volto. «Prima impara a smettere di sbavare e poi ne riparliamo.»
«Tutto quello che vuoi, splendore.»
«Ok, iniziamo.»
Lascio andare un sospiro di pura estasi e avvicino le mie labbra alle sue.
È ufficiale, sono innamorato.
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