27 - VEDO SOLO TE {Fritz}
Profumo di malto caramellato nell'aria.
Malto caramellato che abbraccia un mix di fragola e cannella.
Inspiro a pieni polmoni la commovente fusione di aromi, che mi scalda il cuore e scatena un certo formicolio alle parti basse, e seguo Liza oltre la porta del locale.
Veniamo accolti dal classico chiacchiericcio da pub inglese: amici riuniti attorno a tavoli di legno su cui troneggiano pinte di Stout, salsicce e purè, arrosto, tortini ripieni, anelli di cipolla e patate fritte. Quasi nessuno bada a noi, mentre facciamo slalom tra le tavolate; solo un paio di uomini si danno di gomito e iniziano a parlottare, forse chiedendosi se sono davvero quel Müller o uno che ci assomiglia. Dei vecchi giocano a freccette in un angolo e un gruppo di donne festeggia un addio al nubilato; per un attimo mi balena in testa l'idea di una carriera alternativa come uomo torta ai party, ma Elizabeth mi fulmina, quasi potesse leggermi nel pensiero, e accelera verso il bancone. Dietro il piano in rovere scuro, un tizio che armeggia con un paio di boccali di Ale spumosa alza lo sguardo: con i lunghi capelli biondo cenere legati in una coda bassa e la camicia a quadri, pare uscito da un film western... o dalla galera, visto che le maniche arrotolate sugli avambracci mettono in mostra muscoli allenati e un intrico di tatuaggi degno dei peggiori bar di Caracas. A occhio, avrà una decina d'anni più di me.
«Lizzie Heart» esclama. «Che mi venga un colpo!»
Supera il bancone e il colpo viene a me, quando lei lo abbraccia – un vero abbraccio, cazzo! – e, ridendo, si lascia sollevare da terra in una mezza giravolta. Già lo odio.
«Ti trovo bene, Will» commenta Liza, i piedi di nuovo saldi sul pavimento e la mia autostima decisamente più in basso.
«Cerco di tenermi in forma» ammicca l'altro, dopo avermi lanciato uno sguardo curioso. Sì, ci sono anch'io, grazie di averlo notato. «Cosa ti porta nei bassifondi?»
«Il mio amico soffre di nostalgia.» Elizabeth fa un cenno nella mia direzione. «Perciò ho pensato di scortarlo dal miglior spacciatore di birre del Regno Unito.»
«Tu sì che sai come toccare il cuore di un uomo, tesoro» ride lui. «Dove c'è birra c'è casa.»
Ha ragione, ma non basterà a farmi dimenticare l'abbraccio di prima e il modo in cui la sta toccando anche ora: la mano appoggiata sulla spalla di lei, una carezza non respinta. Mi faccio avanti e mi presento, costringendolo a mollare la presa per ricambiare il saluto.
«Sei quel Fritz che immagino?» Se parli di quello che intende farti il culo a strisce, ci puoi scommettere.
«Dipende» ghigno.
«Da queste parti di solito non serviamo Citizens» mi provoca. «Ma, visto che Lizzie garantisce per te, fingerò di non averti riconosciuto. Prendete il tavolo in angolo, nessuno fa mai caso a chi si siede lì.»
«Grazie, Will» cinguetta Elizabeth, facendomi venire la nausea. «Sei il migliore.»
«Lo so, piccola» le dà un buffetto sul naso. «Cosa bevi, straniero?» continua rivolto a me.
Bella domanda. «Hai qualcosa che non sappia di terra affumicata o cola irrancidita?»
Il tizio ride. «Ti faccio provare una Golden Ale speciale. Dovrebbe ricordarti la classica Lager, ma le vostre bionde se lo sognano un sapore così!»
Decido di non rispondere alla provocazione. Se davvero ha una buona birra, sono disposto a perdonargli – quasi – tutto.
Mi siedo di fronte a Liza e la guardo giochicchiare con il tovagliolo, l'aria tranquilla di chi si sente davvero a casa. Chissà quante volte è già stata in questo posto...
«Eccoci» Will mi sbuca alle spalle e deposita due bicchieri sul tavolo. «Acqua naturale con uno spicchio di limone per te, Principessina, e Golden Ale della casa per il nostro amico, qui. Vi lascio i menù, chiamate pure Theo quando siete pronti.» Indica con un cenno del mento un ragazzo allampanato che si aggira per la sala distribuendo piatti fumanti.
«Grazie» sorride Elizabeth, e lo stronzo le accarezza la guancia prima di eclissarsi. Gliele taglio quelle mani, cazzo.
Afferro il listino plastificato e lo scorro rapido. «Allora, cosa prendi, Principessina?» faccio il verso al bastardo.
Lei mi rivolge uno sguardo blando. «Non cominciare.»
«Non ho cominciato io!» protesto. «Com'è che Will può toccarti senza prendersi una gomitata sulle palle? È da quando siamo entrati che ci prova con te.»
Liza scoppia a ridere. «Non dire sciocchezze, Fritz. Will è solo un amico.»
«Lui lo sa?» ribatto con una smorfia sarcastica. «Perché secondo me spera in un upgrade.»
«Sei geloso» ridacchia.
«Non dovrei?» mi lagno.
«No» scuote divertita la testa. «È il migliore amico di mio fratello, ci conosciamo da quando ero una nerd senza speranza.»
Vorrei puntualizzare che, se mai è stata senza speranza – cosa di cui dubito fortemente –, adesso non lo è di certo e lo stronzo ci vede benissimo, ma preferisco non dargli altro vantaggio.
«Sei una ragazza strana, Elizabeth Heart» sospiro invece, vedendola riporre il menù, e richiamo l'attenzione del cameriere per ordinare.
Il tizio magrolino trotterella verso di noi, segna le comande su un palmare e si allontana senza degnarci di una seconda occhiata. Non so se la cosa mi disturba o diverte di più. Sono in un covo di tifosi dello United con la ragazza più figa del pianeta e l'unico che mi ha riconosciuto è il barista che vorrebbe portarmela via.
Ignara di tutto, lei riprende la conversazione, i gomiti appoggiati sul tavolo e lo sguardo affilato. «Perché strana?»
Sorseggio la birra – una bionda come si deve! – godendomene il sapore leggero e frizzante, e osservo i capelli fiammeggianti di Liza stagliarsi contro lo schienale alto della panca in legno scuro. Mi sento come un funambolo in equilibrio su quei fili ramati, mentre soppeso la risposta per evitare di farla incazzare. Come può una donna essere così bella e allo stesso tempo micidiale? È un biglietto Inferno-Paradiso andata e ritorno. La mia tratta preferita. «Nessuno s'immaginerebbe mai che tu frequenti posti come questo.»
«Ci venivo spesso qualche anno fa.» L'espressione si ammorbidisce. «Quando mamma se n'è andata, non ho passato un bel periodo; ero il bersaglio preferito delle malelingue. Will aveva appena aperto il locale e mio fratello mi trascinava qui con la scusa di supportarlo, ma in realtà erano loro ad aiutare me. Sono stati i primi a farmi capire che, con i giusti mezzi, avrei potuto riprendere il controllo della situazione.»
Oh. «Mi dispiace per tua madre. Com'è...?»
Liza mi guarda perplessa, poi spalanca gli occhi. «No, no» esclama. «Hai capito male, non è mica morta!» Tiro un sospiro di sollievo, ma lei prosegue, facendomi quasi rovesciare la birra. «Si è solo trasferita in Francia dopo che Cory l'ha beccata con zio Alex, il fratello di papà.»
Ah. «Cory, tua sorella? Quella di prima?»
Annuisce. «Vorrei poterti dire che la cosa l'ha scioccata al punto da trasformarla nella caricatura della signorina Rottenmeier, ma la verità è che è sempre stata una rompipalle ingessata.» Ci pensa su un attimo e aggiunge: «Però è molto più incazzosa da quando ha dovuto sostituirli.»
«Aspetta, devo essermi perso» la fermo. Sembra il trailer di una serie drama. «Li ha sostituiti dove?»
«Al Queen of Hearts.» Elizabeth si accorge del mio sguardo smarrito e comincia dal principio. «Il Gruppo Heart, fondato da mio nonno, era gestito da papà per la parte informatica e da suo fratello minore per quella di distribuzione moda. Quando papà ha sposato mamma, lei è entrata in azienda ed è andata ad affiancare zio Alex nella gestione del Queen of Hearts. Anni dopo, Corinne li ha raggiunti, mentre David ha iniziato a lavorare per l'Heart IT, come papà.»
«Okay, fin qui ci sono.»
«Un giorno Cory è arrivata in anticipo, tipico suo, e ha visto mamma e zio Alex che si baciavano in magazzino. Ha dato di matto. L'hanno sentita urlare fino al piano terra e la storia è diventata di dominio pubblico» si stringe nelle spalle. «Ti risparmio i dettagli, comunque è venuto fuori che la loro relazione clandestina durava da anni.»
«Merda» deglutisco, domandandomi come faccia a raccontarlo senza fare una piega.
«Papà ha liquidato le quote a zio Alex, assumendo il controllo totale del gruppo, e mia madre ha deciso di andarsene con "l'amore della sua vita" a più di cinquecento miglia da qui. "Tanto siete grandi, Beth, non avete più bisogno di me"» mima sarcastica. E il premio Madre dell'Anno va a...
«Non riesco neanche a immaginare cos'hai provato» ammetto, a disagio. «Quanti anni avevi?»
«Sedici» mormora. «Ero grande, in effetti.»
Penso a com'ero tre anni fa e scuoto la testa. «Io a sedici anni stavo già lontano da casa, tra gli impegni di squadra e le Nazionali Giovanili, ma i miei venivano a ogni partita e chiamavano ogni sera.» Le lacrime di nostalgia me le ricordo benissimo. «Sentivo spesso la loro mancanza; "grande" è un concetto relativo.»
«Figlio unico?»
«Unico e inimitabile» sorrido, cercando di sdrammatizzare.
«Di sicuro hanno esaurito tutta la modestia con te» ghigna di rimando. «Io invece sono stata ripescata dal bidone degli scarti.»
«Liza, ho conosciuto i tuoi fratelli» le ricordo. Pazzi psicopatici con tendenze xenofobe. «E credimi se ti dico che sono serviti solo ad affinare lo stampo.»
«Forse sono arrivata da un'altra linea di produzione.» Le sue splendide labbra si piegano in una smorfia triste. «Secondo tutti i pettegolezzi che giravano in città, potrei non essere figlia di mio padre.»
«Porca puttana» esalo.
«Già. La storia andava avanti da troppo tempo per poterlo escludere.»
«Hai fatto il test del DNA?»
«Papà non ha voluto.» Gli occhi le diventano lucidi. «Quando gliel'ho chiesto ha sbraitato che, anche fossi nata sotto un cavolo, non avrebbe fatto alcuna differenza. Dave e Cory erano d'accordo con lui, e non è che ci sia altro materiale genetico disponibile per le analisi. L'aspetto non mi aiuta: a parte gli occhi, identici a quelli di mio padre e di zio Alex, assomiglio in tutto e per tutto a mamma. Anche nel comportamento. La gente non fa che ricordarmelo.»
Fortuna che non ho fratelli. «La gente dovrebbe farsi i cazzi suoi.»
«Ho provato a ritagliarmi un posto come Heart ufficiale, ma l'unico spazio dove potevo esprimermi era fuori dall'azienda, perciò me lo sono andata a prendere. Anni di accurata pianificazione distrutti dalle ripicche di Philip: disponibile era troppo poco per lui, mi voleva stupida» emette una risata spenta. «Per quanto mi sforzi di essere un passo avanti a tutti e di dimostrare che merito il ruolo che ho conquistato, c'è sempre qualcuno per cui non sono abbastanza, che mi costringe a ricominciare da capo. Costruire l'identità perfetta non è una passeggiata, sai?» sospira. «A volte fa male.»
Non riesco a credere che mi stia raccontando queste cose. La ragazza che ho conosciuto nelle scorse settimane si è trasformata per l'ennesima volta davanti ai miei occhi e la cosa la rende, se possibile, ancora più attraente. Penso alla prima volta che l'ho vista, alle serate in tiro, agli accessi di rabbia e alle crisi di pianto, ai calzini con i coniglietti rosa e alla cabina armadio. Penso alla sua famiglia e al modo in cui Liza sembra trovare conforto nelle persone al di fuori della cerchia sociale che frequenta come Principessa. Penso al fatto che ha scelto di portarmi in campo avversario per farmi sentire a casa. Il trionfo dei controsensi. Forse non ho ancora capito un cazzo di lei, ma ho intenzione di restare in zona tutto il tempo che serve per scoprirlo.
«Allora chi è davvero Elizabeth Heart?» chiedo. «L'anima della festa o la nerd in pigiama?»
Solleva un sopracciglio. «È loungewear, Fritz, non te lo ripeterò ancora.»
«La meraviglia insicura che ho davanti» continuo imperterrito. «O la diva che non deve chiedere mai?»
Pianta gli occhi nei miei e, oltre la coltre grigia di distacco, mi pare di scorgere un fremito di esitazione. «Tu quale preferisci?»
«Quella vera.» Le restituisco lo sguardo e allungo una mano sul tavolo, il palmo all'insù.
Elizabeth fa scivolare le sue dita sulle mie e lentamente sorride. La bocca si schiude in un sorriso vero, così ampio che fatica a trattenerlo; le labbra si piegano fino a lasciare visibili i denti superiori e permettermi di notare che l'incisivo laterale destro è un po' storto. Un piccolo difetto che la rende unica e ancora più bella.
Mi trovo a sorriderle di rimando, ma, da come sento tirare la mascella, sono pronto a scommettere che la mia sembra più una smorfia ebete. Quando scoppia a ridere ne ho la conferma.
«Perché sei così felice?» le chiedo.
«E chi dice che sono felice?» replica, cercando di tornare seria. Il ghigno però le resta incollato addosso come il fango agli scarpini; vorrebbe liberarsene solo per dimostrarmi che ho torto, ma non ci riesce.
La cosa mi esalta tantissimo. «Non fraintendermi, è quasi un miracolo: voglio capire se si può replicare» rido.
L'aria divertita si spegne e mi domando cos'ho sbagliato. Non sembra arrabbiata. Mi guarda con... affetto? Può essere? Ha negli occhi la stessa dolcezza di mamma quando torno a casa e le porto i suoi cioccolatini preferiti.
Oh, cazzo, davvero l'ho appena paragonata a mia madre? Dovrò andare in terapia per questo!
«Non le hai guardate» dice semplicemente.
«Cosa?»
«Le ragazze.»
«Quali ragazze?» Dev'essermi sfuggito qualcosa.
«Da quando siamo seduti qui, sono entrate una decina di quelle che tu definiresti "gnocche da paura"» spiega. «Non le hai viste?»
Merda, no. Sto perdendo lo smalto.
Ripenso agli ultimi minuti e realizzo di aver memorizzato ogni singolo movimento di Elizabeth, ma di non ricordare nemmeno cos'ho ordinato. Cazzo. «Vedo solo te» mi trovo a dirle, scioccato.
Il sorriso ricompare. «Già.»
«E la cosa ti rende felice» insisto.
«Non esagerare, Müller» fa la sostenuta. «Sono contenta che tu abbia imparato le buone maniere, tutto qui.»
«In questo caso, potresti indicarmi da che parte sono andate?»
Mi guarda malissimo.
«Solo per controllare che siano effettivamente belle.»
Alza le sopracciglia.
«È puro interesse scientifico.»
«Fritz!»
«Scusa.»
* * *
L'orario di chiusura del pub arriva in un attimo: più che quattro ore, mi pare di aver trascorso con Liza solo pochi minuti. Prima di uscire, ripassiamo per il bancone a salutare Will; ne avrei fatto volentieri a meno, ma devo concedergli che la sua birra merita.
Lo stronzo mi dà un'energica pacca sulla spalla. «È stato bello conoscerti, amico. Tienila d'occhio per me.» Elizabeth fa uno sbuffo divertito, come se l'idea fosse ridicola, e si allontana per recuperare la giacca. Nascondendosi dietro al saluto, invece, lui mi bisbiglia all'orecchio: «Se vengo a sapere che ti comporti come il coglione del tuo capitano, farai meglio a emigrare.»
«Il fratello di Elizabeth ha lasciato intendere più o meno la stessa cosa» ribatto noncurante.
Will ride, fin troppo rilassato. «Ci scommetto.» Sposta un fusto di birra senza sforzo apparente, i bicipiti ben in evidenza. «Ma, vedi, David è solo un simpatico brontolone. Con me, un'eventuale chiacchierata non sarebbe altrettanto piacevole.» Appoggia il carico facendo tremare le assi del pavimento.
«Non ho dubbi.» Nemmeno sul fatto che sarebbe prontissimo a consolarla, dopo avermi spaccato la faccia. Flash news, amico: te lo sogni.
«Allora, andiamo?» Liza ricompare al mio fianco. «Ciao, Will, grazie di tutto.»
«È sempre bello rivederti, piccola» le strizza l'occhio lui.
Usciamo dal locale e, mentre camminiamo fianco a fianco verso l'auto parcheggiata, Elizabeth mi chiede con un sorrisetto: «Passata la nostalgia di casa?»
«Sì.» Le prendo la mano e mi godo il contatto con la sua pelle morbida. «Stasera mi hai aperto nuovi orizzonti.»
«Lo sapevo» esulta compiaciuta, facendo scorrere le sue dita tra le mie, come prima al tavolo.
Mi chino e le sfioro la guancia con le labbra. «Grazie, Liza.»
«Mmm-hm» mugugna, strofinandosi con il palmo libero il punto dove un secondo fa c'era la mia bocca. «Se è per risparmiarmi la tua aria da cane bastonato, possiamo tornarci ogni settimana.»
Il ricordo recente delle avances di Will mi arriva dritto in faccia come una pallonata.
Tornarci? Col cazzo.
Piuttosto divento astemio.
- - -
[Spazio autrice] Ciao a tutti! Eccoci al punto di svolta con il capitolo più lungo di sempre. L'avrò sistemato una ventina di volte, ma ancora c'è qualcosa che non mi convince. Critiche? Suggerimenti? Sono tutt'orecchie (occhi)... 😁😘
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