Chào các bạn! Vì nhiều lý do từ nay Truyen2U chính thức đổi tên là Truyen247.Pro. Mong các bạn tiếp tục ủng hộ truy cập tên miền mới này nhé! Mãi yêu... ♥

22 - COLAZIONE DA FRITZ {Elizabeth}

Analizzo l'interno del frigo con un misto di orrore e fascinazione. Sei bottiglie di birra bavarese, venti uova, un litro di latte, un pacchetto di burro accartocciato e unticcio, salsicce e wurstel in quantità industriale, una confezione da gastronomia di patate condite con la maionese, dadini di pancetta dolce, fette di pancetta affumicata e una vaschetta con altro burro, stavolta salato. La sagra del colesterolo.

Alle mie spalle Fritz borbotta: «Non capisco perché mi hai fatto rivestire; avrei potuto prepararti la colazione anche in mutande. O senza. Ho sempre sognato di farlo.»

«Continua a sognare.» Alzo gli occhi al cielo e passo a esaminare il congelatore. Bastoncini di pesce, panatine di pollo, patate fritte e pane surgelato. «C'è niente in questa cucina che appartenga alla categoria frutta e verdura?»

«Le patate» sottolinea come fosse un'ovvietà.

«Qualcosa di verde?» lo stuzzico.

Si avvicina a un pensile, apre lo sportello e ne estrae un barattolo di vetro con l'etichetta gialla pieno di cilindri bitorzoluti. «Ta-dah!» sorride vittorioso.

Metto a fuoco il contenuto e sospiro. «Fritz, i cetrioli sott'aceto non si possono considerare verdura.»

«Perché no? Sono verdi» puntualizza. «E buonissimi. Mettiti comoda, dolcezza, ti preparo una colazione da urlo.»

Sospetto che le uniche urla saranno quelle del mio stomaco, ma, per una volta, lo assecondo. Mi siedo su uno sgabello dell'isola e lo guardo trafficare con pentole e fornelli. È un'immagine carina, mi ricorda la volta che Dave ha preparato i muffin* per tirarmi su di morale. Era la prima domenica senza mamma. Papà era all'estero per questioni di lavoro e non sarebbe tornato prima del martedì successivo, Cory era sommersa dalle nuove responsabilità di direzione del Queen of Hearts e la cuoca era ricoverata in ospedale per un'appendicite. Un finesettimana di merda.

David aveva visto la mia faccia brufolosa e depressa aggirarsi per i corridoi e mi aveva convinto a seguirlo in cucina. Si era messo un ridicolo grembiule a quadri con l'orlo a balze e aveva tirato fuori dalla credenza tutti gli ingredienti, esagerando le sue doti da chef con la sfrontatezza tipica dei maschi ventitreenni. Dopo aver sparso farina ovunque e sbagliato tipo di lievito – "così facciamo prima" – aveva steso l'impasto, ricavato dei cerchi e li aveva cotti sulla padella bollente. Non erano venuti male. Al momento di farcirli, però, il prosciutto non era bastato e, guardando il muffin orfano, ero scoppiata a piangere come una bambina.

«Che cosa c'è, Beth?» aveva chiesto, perplesso dalla mia crisi emotiva.

«Niente» avevo singhiozzato, indicando il muffin sguarnito. «In ogni famiglia c'è un pezzo che esce male.»

Lui aveva scosso la testa e mi aveva asciugato le lacrime con il grembiule infarinato, segnandomi il viso come un capo indiano. «Non è uscito male.» Lo aveva tagliato a metà per mostrarmi la cottura perfetta e poi l'aveva riempito con la confettura di mirtilli.

«È diverso» avevo mugugnato.

«È speciale» mi aveva corretto. «E, se superi i pregiudizi e lo assaggi, scoprirai che magari è il più buono di tutti.»

Sono passati già sei anni, eppure la me attuale e quella sedicenne impacciata che ho sepolto in fondo all'armadio continuano a trovare conforto in stupide manifestazioni di affetto culinario. Scommetto che, se Fritz mettesse un grembiule, sarebbe uno di quelli con il corpo muscoloso di una statua greca stampato sopra. La cosa, non so perché, mi fa sorridere.

Il profumo di pancetta affumicata invade la zona giorno e il mio stomaco inizia a gorgogliare. «Quasi pronto, dolcezza» ammicca Fritz, recuperando le stoviglie dalla credenza. Non so se sia colpa del ricordo o della cura con cui dispone le uova strapazzate, mettendoci sopra le fette di bacon a formare un sorriso sul piatto, ma sento gli occhi farsi lucidi e devo deglutire un paio di volte per recuperare contegno. La testa continua a pesare e il nodo alla gola non scende più di tanto, però, per la prima volta da tanto tempo, sento quello strano calore sottopelle che raggiunge ogni fibra del mio essere e mi fa sentire al posto giusto.

La colazione, una classica inglese, se non fosse per il mix di ingredienti di provenienza tedesca, riesce a stupirmi; non è male. Ipercalorica, ma più che commestibile. Oserei dire buona. Mastico lentamente, osservando Fritz spazzolare la sua porzione e riempirsi di nuovo il piatto. Un po' lo invidio: se mangiassi così tutti i giorni, sarei un bidone pieno di brufoli. Ci sono già passata, non è il caso di replicare.

«Non ti piace?» Fritz mi scruta, una traccia di delusione sul volto.

«È buona, ma non ho più fame.» Mi sforzo di fare un mezzo sorriso; esce solo una smorfia. Allungo il piatto verso di lui. «Finisci anche la mia, se vuoi.»

«Mangi troppo poco» bofonchia, affondando la forchetta nella mia porzione e facendo sparire il cibo in pochi secondi.

«Non voglio diventare una balena.»

«Liza, per farti diventare una balena servirebbero almeno venti tonnellate di toast e salsicce» ghigna. «E comunque saresti una balena sexy.»

Non sa quello che dice, ma è bello sentirglielo dire.

Philip ha sempre criticato quello che mangiavo: la sua ragazza ideale avrebbe dovuto vivere di insalata scondita e superalcolici. Non l'ho mai assecondato sull'alcol – sono calorie vuote, sarebbe stato stupido – ma sugli alimenti ho preso l'abitudine. Mangiare sano, in fondo, era un favore che facevo anche a me stessa. Ho iniziato pilates, per quanto la mia attività preferita restasse programmare distesa sul divano, e mi sono trasformata per inseguire l'identità di Principessa. Volevo, ma soprattutto dovevo, farlo per consolidare la relazione. Per lui.

E, alla fine, lui ha scelto Kate.

Kate, con i suoi rotoli di ciccia che sbordano dagli abiti troppo aderenti. Kate, con la cellulite sul sedere. Kate, che diventa tua amica solo per entrare nei giri giusti, prendere in prestito le tue borse più belle e rubarti il ragazzo.

Kate.

Ma Kate ha una 38D*, si ubriaca ogni sera e non ha problemi a farsi trattare come una bambola. Finché le regali vestiti, fa tutto quello che vuoi. Certo, può capitare che ti pugnali alle spalle, ma è parte del gioco. E questa partita l'ha vinta lei.

Philip mi ha mollato.

Sconfitta. Ecco come mi sento, mentre tutto lo stress delle ultime settimane mi frana addosso in una valanga di stanchezza e rimpianti.

«Sto poco bene» dico, scendendo a fatica dallo sgabello. Il fruscio dell'abito da sera, decisamente inadatto a una colazione informale, accompagna i miei movimenti come l'infinito eco degli errori che ho commesso.

Elizabeth Heart vince sempre. Ma chi è Elizabeth Heart?

Saluto Fritz con un cenno della mano, ignorando lo sguardo da cucciolo ferito che mi rivolge, e me ne torno a casa.

* * *

101.3°F* e sto da cani. Il termometro non mente, realizzo, collassata sul divano con il mio migliore look da malata terminale: pigiama, occhiali da riposo, calzettoni di peluche con i coniglietti rosa e capelli più annodati del solito. Per fortuna non ho uno specchio davanti, perché potrei avere un infarto, vedendomi in queste condizioni.

La cosa peggiore è che sto sprecando un sacco di tempo. Non riesco a programmare, non riesco a leggere per più di qualche minuto e la vibrazione del cellulare è come un martello pneumatico dritto sui timpani. Combatto i brividi per allungare una mano fuori dalla coperta e sbloccare lo schermo.

Fritz.der.Beste: "Come va?"

E.: "Uno schifo."

Come se non bastasse, digito con una lentezza imbarazzante.

Fritz.der.Beste: "Ti serve un abbraccio?"

E.: "Un antipiretico, piuttosto."

Ho chiesto alla cameriera di andare a comprarlo mezz'ora fa e non è ancora tornata. Quanto ci vuole per fare nove piani in ascensore?

Fritz.der.Beste: "Sei fortunata, li ho entrambi. Aprimi."

Cosa?! Sta scherzando?

E.: "Che cazzo dici?"

Fritz.der.Beste: "Non ho suonato perché mi hanno detto che hai mal di testa e sei un tantino irritabile."

E.: "Va' a casa! Sono un disastro."

Fritz.der.Beste: "Se non apri, inizio a suonare."

Un secondo dopo, il campanello trilla perforandomi il cervello.

Mi alzo di scatto, combattendo con un capogiro, e spalanco la porta. «Vaffanculo, Fritz!»

«È sempre un piacere vederti, dolcezza» ribatte con un ghigno.

Afferro il farmaco che tiene tra le mani, ne inghiottisco una compressa e torno ad appallottolarmi tra i cuscini. «Che ci fai qui?»

«Immaginavo sentissi la mia mancanza.» Si siede nello spazio libero tra il bracciolo e i miei piedi, e osserva i coniglietti con aria divertita. «Ma non pensavo di trovarti così distrutta, dopo solo una notte con me.»

Mi sfugge una mezza risata che si trasforma in una fitta lancinante alla tempia. «Sarà stata la tua colazione a darmi il colpo di grazia» ironizzo, portando la mano gelida sulla fronte per schermare la luce ambientale, troppo intensa per i miei gusti.

«Scommetterei più sul mio fascino.»

«Se fosse per quello, sarei già morta» sospiro, togliendo gli occhiali. Li appoggio sul tavolino con uno sforzo immane e mi lascio scivolare più giù sotto la coperta, raggomitolata in un bozzolo.

Le labbra di Fritz si piegano all'insù, facendo risaltare la morbidezza delle guance; il colore delle iridi si fa più caldo e i lineamenti si addolciscono. Lo guardo e non riesco a fare a meno di trovarlo carino; tutt'altro che bello nel senso puro del termine, e certo non attraente come Philip, ma affascinante a modo suo. Come se ci fosse qualcosa di davvero prezioso nascosto dietro la maschera di strafottenza. Un reverse trojan, il genere di sorpresa che potrebbe piacermi.

«Sei incredibile» mormora.

Ha tutta l'aria di un complimento, anche se non ho idea di cosa ci trovi in una nerd febbricitante, acciambellata sul divano con i capelli scarmigliati e il disperato bisogno di una skin care professionale.

«E tu sei scemo a essere venuto qui» replico senza troppa convinzione. «Potrei essere contagiosa.»

Philip non sarebbe mai venuto a trovarmi, con il rischio di ammalarsi; avrebbe mandato un mazzo di fiori e sarebbe scomparso fino al mio completo recupero. Non gliene faccio una colpa: mica tutti nasciamo con l'istinto da crocerossine.

Fritz scrolla le spalle. «Io non mi ammalo mai.»

«C'è sempre una prima volta» bofonchio.

«Se significa passare più tempo a letto con te...» ghigna.

«Possibile che non pensi ad altro?» Adocchio il cuscino di velluto con le nappe; vorrei lanciarglielo addosso, ma mi sento troppo fiacca anche per un'azione così banale. La testa pesa un quintale e faccio fatica a mettere a fuoco la stanza.

La sagoma di Fritz si avvicina; protesto debolmente mentre mi solleva dal divano, un braccio sotto le ginocchia e l'altro dietro la schiena, e mi stringe a sé. Appoggio la guancia sulla sua spalla, contro i muscoli tesi sotto la t-shirt di cotone, e mi lascio cullare dal movimento dei suoi passi.

«Domani parto per Praga» bisbiglia. «Inizia la Champions League.»

Registro appena il momento in cui mi adagia sul materasso e il familiare profumo delle mie lenzuola si sostituisce al suo docciaschiuma. Non sono sicura che sia un cambio vantaggioso, ma il mio corpo decide di sì e si rilassa all'istante. La testa sprofonda nel guanciale, i muscoli si distendono a contatto con le lenzuola di raso e l'oblio si avvicina, rapido e invitante.

Sento solo l'eco lontano di una voce e un tocco tiepido e umidiccio sulla fronte, prima che tutto si faccia buio.

«Ci rivediamo tra qualche giorno, splendore.» 


Bạn đang đọc truyện trên: Truyen247.Pro