16 - SBRONZA FELICE {Elizabeth}
È stata una serata produttiva.
Con l'aiuto di Lauren, sono riuscita ad arginare la marea di puttanate che Phil e Kate avevano svenduto alla folla, e ho iniziato a far girare la mia versione. Gli amici comuni hanno scelto di mantenere un profilo neutro, ma conto sulla naturale tendenza dei pettegolezzi a ingigantirsi. Il cameriere frequentato da Kate, almeno finché non ha deciso di fottersi il mio uomo, si trasformerà in cinque inservienti diversi al primo passaparola. Il gossip è sempre un'arma a doppio taglio, la troietta lo scoprirà presto. Pregusto già il momento in cui l'ego di Philip crollerà e il bastardo deciderà di tornare da me strisciando; la sua faccia, quando ho lasciato che Fritz mi toccasse, era un concentrato di gelosa frustrazione.
A proposito di Fritz. Dove si è cacciato? Scandaglio il locale alla ricerca di un cranio rasato biondo polare, impresa non facilissima viste le luci fluo che rimbalzano sui muri a intervalli regolari, e lo identifico al bancone. La tuta sportiva si tende sulle spalle e ne delinea la struttura solida, anche se non strutturata quanto quella di Phil, e gli avvolge glutei e quadricipiti in un modo decisamente peccaminoso. Non sono interessata alla merce, ma, se lo fossi, potrei anche apprezzarne le caratteristiche. Quello che non apprezzo è la tizia bionda che ha appena puntato; gli ho detto di divertirsi, è vero, ma non intendevo in modo così esplicito. Lo raggiungo a passo rapido, appena in tempo per origliare la conversazione e stroncare sul nascere ogni possibile fonte d'imbarazzo; non posso farmi cornificare davanti a tutti anche da lui.
«Per me un Frittz» cinguetta la biondina. Merda! Ordina pure un cocktail a base di birra: potrebbe essere la sua anima gemella.
Lo stronzo infatti si allarga e sorride malizioso. «Eccolo qui.»
La cosa mi infastidisce un po', ma sembra che turbi di più la tizia. Ridacchia imbarazzata, a occhio pure un po' schifata, e, appena il barman le serve il drink, si allontana in fretta. Prendo il suo posto.
«Era terribile» commento, dandogli una spintarella derisoria. «La battuta, intendo.»
«Mai quanto questa birra analcolica» replica triste, agitando la bottiglia.
Gliene rubo un sorso. «Non mi pare così male. Vuoi provare la mia vodka?»
«No.» Scuote la testa con disapprovazione. «Non ti fa bene quella roba.»
Non lo facevo così ingessato; forse dipende dal fatto che prima gli ho quasi frantumato i gioielli di famiglia. Ridacchio al solo pensiero. Così impara a toccarmi i capelli! Philip si lamentava sempre del fatto che bevessi solo mocktails e non mi lasciassi andare; evidentemente per lasciarsi andare intendeva spogliarsi e strusciarsi in pubblico come Kate al secondo Gin Lemon. Be', stasera ha visto cosa succede quando "mi lascio andare" e scommetto che non gli è piaciuto.
«Oh, dai, solo un sorso» ribatto mettendogli il bicchiere sotto il naso.
Ci appoggia le labbra controvoglia, solo per assecondarmi, e mi lancia un'occhiata perplessa. «Sa di acqua.»
Mi limito a sorridere candidamente.
Un lampo di riconoscimento gli attraversa il volto. «Hai fatto finta!»
«Le ragazze ubriache si divertono di più» ghigno. «Dai, adesso accompagnami a casa: ho bevuto troppo per guidare.»
Le iridi azzurro ghiaccio si scaldano di riflessi nella penombra del locale illuminato a led stroboscopici. «Peccato siano solo cento metri» sospira. «Stasera ti porterei anche in capo al mondo, Elizabeth Heart.»
Forse sono davvero ubriaca perché, per un attimo, mi trovo a pensare che potrebbe essere un viaggio interessante.
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