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Capitolo 97

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Hermione si stava giusto chiedendo con quale coraggio, nel corso degli anni, aveva potuto definirsi una ragazza intrepida e temeraria.

Perché se il varcare una semplice porta era in grado di costituire un'impresa valorosa, allora Basilischi, Mangiamorte e Schiopodi Sparacoda sarebbero stati in futuro, sicuramente, la sua rovina.

E ciò che quella porta celava, inevitabilmente, rappresentava ai suoi occhi qualcosa di peggiore da affrontare di tutti i nemici appena elencati; un soggetto la cui lingua a doppio taglio non lasciava possibilità di scampo, i cui occhi indagatori si presentavano capaci di cogliere le minime debolezze dell'avversario e la cui imprevedibilità disorientava chiunque fosse stato così azzardato da porsi sul suo cammino.

Trattare con Draco Malfoy non era mai stato facile, e anche intrattenere una semplice conversazione con lui poteva costare sforzi fisici e diplomatici non indifferenti; Hermione si era sempre destreggiata abbastanza bene in simile abilità, ma talvolta, proprio quando la sua sfacciataggine, come di consueto, le dava la sensazione di permettersi di avere sempre l'ultima parola, era sufficiente un avvenimento un po' più significativo per far crollare tutte le sue certezze.

E mentre si era sempre mostrata così accorta da modellare il proprio umore in vista ai comportamenti che Draco avrebbe assunto in sua presenza, in modo da evitare i soliti scontri, questa era una delle rare volte in cui Hermione non aveva la minima idea di cosa aspettarsi dal Draco che avrebbe avuto modo di incontrare tra qualche istante.

E se ne stava lì, di fronte alla Stanza delle Necessità, senza ancora avere il fegato di bussare.
Il battito che aveva udito la sera prima, poggiata sul petto di Draco, rimbombava incessante nella sua mente come a scandire il tempo che ancora lei spendeva lì impalata; e ancora ricordava il suo pianto, le lacrime che aveva speso tra le sue braccia, la felicità che le aveva soffocato la voce e l'immobilità del corpo di Draco, ancora troppo sorpreso, troppo assorto, forse, per accorgersi di quella reazione.

Doveva decidersi a entrare, ma anche se da una parte era curiosa di trovarsi di fronte a un Draco lucido e consapevole dell'effetto che lei gli aveva fatto la sera prima, dall'altra aveva quasi timore che lui si mostrasse risentito dalla debolezza di essersi fatto conquistare così facilmente.
Scacciando quel pensiero, Hermione continuò a torturarsi una ciocca di capelli.
Sono davvero ridicola, pensò, ma non ebbe sufficiente tempo di commiserarsi, dal momento che lievi passi si udirono al di là della porta.

Hermione sobbalzò; per un istante ebbe la folle, stupida idea di scappare. Poi però si decise a darsi un contegno, e mollando i suoi capelli ormai arruffati, attese che la porta di aprisse.

E Draco Malfoy, in quel momento, ebbe la premura di farsi vedere. Per quell'unico istante che Hermione si azzardò a rivolgergli uno sguardo, scorse i suoi bei lineamenti e i suoi occhi chiari che sorridevano divertiti. Si soffermò poi sulla camicia, ma decise che non era una buona idea e spostò gli occhi verso la parete.

« Granger. - Fu il suo saluto. E quando Hermione si aspettava che dicesse qualcosa di carino, magari che commentasse il fatto di rivederla per la prima volta nella giornata o che si mostrasse contento della sua presenza, continuò - Saresti potuta entrare prima, sai. Sono lieto di ispirarti così tanta soggezione ».

Tutto ciò che Hermione avrebbe voluto fare era tirargli un potente calcio negli stinchi. Per il momento, tuttavia, decise di mostrarsi del tutto indifferente alle sue provocazioni dissimulando la delusione e entrando nella Stanza delle Necessità senza degnarlo di altra considerazione.

La stanza era identica a quella che Geordie aveva preparato per lei. Le librerie color castagno foderavano le lunghe e alte pareti, e sul fondo gli scompartimenti delle armi rilucevano con le loro serrature. La sagoma a grandezza umana, su cui Hermione si era allenata, era stata appoggiata a un angolo del muro.

La Grifondoro rimase ad ammirarla con discreta curiosità mentre udiva Draco chiudere la porta della stanza. Non si volse verso di lui, ostentando un'affettata indifferenza.

« Come stai? »

Lei sussultò alla domanda. Lo guardò; Draco stava aspettando con sincera curiosità, nessuna traccia di derisione nei suoi lineamenti aristocratici.
Come se fosse stato gentile.

« Bene. - disse. - Tu? »

Gli angoli della bocca di Draco si sollevarono; il suo consueto ghigno affiorò istantaneamente.
Hermione si sentì subito amareggiata. Sapeva che quell'aria da perfetto gentiluomo non poteva avere lunga vita su un simile soggetto.

« Frastornato » fu tutto ciò che rispose, muovendo qualche passo sotto le luci dei candelabri.
Hermione assottigliò le palpebre.

« Prego? »

« Frastornato, Granger. Hai capito, no? »
I suoi occhi color ghiaccio erano svagati e penetranti. Hermione li sostenne per breve tempo, prima di perdere la pazienza.

« No, non ho capito. Per una volta potresti sprecarti a spiegare le cose come si deve ».

« Sai bene che io non mi spreco mai ».

« Ma per me potresti farlo ».

La tentazione che Hermione ebbe nel mordersi la lingua fu subito soffocata dall'aria impressionata che Malfoy aveva assunto, una visione che le donò l'immensa soddisfazione di avere, come desiderava, l'ultima parola.

Infatti lui non sembrò trovare parole abbastanza taglienti o sarcastiche da controbatterle, e nemmeno una risposta dignitosamente sincera; per questo preferì lasciar cadere un attimo di silenzio, come ad approvare l'astuta replica della ragazza.

« Frastornato. Confuso, se vuoi. - Riprese. - Sono certo che, da brava secchiona quale sei, sarai in grado di trovare altri sinonimi ».

« Pazzesco, mi stai parlando di te stesso » frecciò Hermione.

« Prima o poi doveva pur succedere, Granger. Alla lunga, parlare dei tuoi conflitti interiori sui sentimenti che provi per me era diventato noioso ».

Hermione accusò il colpo con garbo, senza mostrarsi nemmeno lontanamente indispettita, e sorrise affabilmente.

« E cosa ne dici dei tuoi conflitti, invece? - Domandò. - Per essere tanto frastornato, devi aver subìto un duro colpo. E' forse successo qualcosa di rilevante, ultimamente? »

Sogghignò allo smarrimento di Malfoy, subito rimpiazzato da un sorriso compiaciuto. Era incredibile la sua abilità nel controllare i sentimenti, dell'accortezza che metteva nel non far trasparire la benché minima emozione.

« Te lo concedo, Granger. Stare in mia compagnia ti ha resa più sveglia ».

« Peccato che stare nella mia non ti abbia favorito il coraggio. - Commentò Hermione aspramente. - Smettila di svicolare e rispondi seriamente ».

Draco ridacchiò; da serpente, agli occhi di Hermione, era divenuto una iena intrappolata da un grosso leone. La iena che ride istericamente nell'accorgersi di essere spacciata.

« Granger, stai correndo troppo. Probabilmente ieri sera ti sarà parso di aver compiuto il miracolo, ma ti assicuro che non è stato niente di così eclatante. Niente che giustifichi la tua improvvisa onnipotenza ».

Hermione era allibita. Fu con determinazione che avanzò di alcuni passi, facendo in modo di trovarselo ben davanti.

« Non sarà stato un miracolo, ma non puoi certo negare di essere rimasto sconvolto da ciò che è accaduto » affermò, col solo risultato di far scatenare maggiormente il suo umorismo.

« Sconvolto, Granger? Addirittura? - Draco la guardava in modo strano, con quella scintilla di curiosità e di rassegnazione che manifestava ogni qual volta si trovava invischiato in un argomento piuttosto disgraziato. - Sei davvero sicura di avermi fatto un simile effetto? »

Hermione chiuse i pugni in due dure morse. Sapeva come giocava Malfoy; affondava senza esitazione gli avversari più deboli, ma nel caso in cui ne trovava uno di valore, cercava di confonderlo o di scoraggiarlo.

Ed era così che stava facendo con lei, attaccava per non sentirsi attaccato, e anche se ovviamente non lo avrebbe mai mostrato, Hermione era sicura che dentro di sé Malfoy si stesse sentendo grandemente inquieto e agitato. Probabilmente non vedeva l'ora di porre una fine a quella conversazione, ma lei non aveva la minima intenzione di favorirgli, stavolta.

« Certo che lo sono. - Hermione parlò con decisione. - Sai bene cosa comporta ciò che è successo ieri. Fuggire da me e dalla verità non ti servirà, Draco ».

Scoprì che era bello, pronunciare il suo nome. Hermione si era già domandata, in precedenza, con quale faccia continuasse a chiamare per cognome il ragazzo che amava; e visto che la cosa aveva preso una piega definitiva, non ci trovò nulla di male nell'inaugurare questa nuova, dolce abitudine.

Tuttavia, se nel corso della conversazione Malfoy si era stupito altre volte, niente era paragonabile alla faccia stralunata che aveva assunto nell'udirla.

« E da quando tu mi chiami per nome? »

« Scusa tanto, sai. - Ribatté Hermione irritata, - Ovviamente, dopo mesi e mesi che ci frequentiamo, non siamo ancora nella giusta intimità perché io possa farlo ».

« Non si tratta di questo. - Disse Draco seriamente. - Lo trovo soltanto strano... pronunciato da te ».

Hermione sostenne il suo sguardo. Era una di quelle rare volte in cui non capiva se Draco diceva sul serio oppure no; era come se spesso si trovasse a che fare con molteplici persone diverse, tanto che a volte le sembrava di impazzire. Bastava una semplice parola per fargli cambiare espressione, un'altra per renderlo insopportabile, un'altra ancora per renderlo apprezzabile.

E questo Draco che era affiorato nell'arco di un paio di secondi, Hermione aveva l'urgente intenzione di tenerselo stretto.

« Non mi aiuti comportandoti così. - Gli disse senza giri di parole, con esasperazione, schietta come era sempre stata. - E non fare l'errore di considerarmi scontata, Draco. Potrebbe accadere da un momento all'altro che io mi stufi di te, e sai benissimo che il Legame d'Anima può essere aggirato. Se davvero lo volessi, ti dimenticherei. Ciò che ho detto ieri lo sentivo, e quel che è accaduto lo desideravo. Ma tu, ancora, non sei capace di darmi sicurezze. - Esitò, senza osare domandarsi ciò che Draco avrebbe risposto. - Mi fai sentire così confusa, in bilico tra la certezza e il pericolo, tanto che a volte mi chiedo se io non sia una stupida a... »

« Granger » la interruppe Draco, risoluto.

Hermione alzò lo sguardo, incontrando il suo. Era forse la prima volta, da quando lo conosceva, che, a parte gli insulti a lui rivolti - quelli li aveva sentiti davvero intensamente -, gli parlava senza riserve e con il cuore in mano. E lui doveva essersene accorto, tanto che sembrò titubante su cosa dire. Hermione lo trovò inaspettatamente vicino.

« Granger. - Ripeté, l'espressione appassionata. - Stupida, sciocca Granger ».

E adesso cosa gli prende?, si domandò Hermione, cercando di decifrare il suo comportamento. Tuttavia, nonostante il suo stupore, si scoprì fastidiosamente irritata dal quel continuo divagare, tanto che lo guardò in attesa che aggiungesse altro. E inaspettatamente, Draco lo fece; alzò gli occhi color nebbia su di lei, quello strano sorriso che troneggiava sul suo volto nell'esprimere l'abbandono delle parole che stava per pronunciare.

« Hai vinto, no? - La sua voce appariva flebile, ma decisa, quasi remota. - Adesso hai il mio cuore. La mia dignità. Il mio orgoglio. E li hai sempre avuti. - Il suo sguardo non cessò di abbracciarla neppure per un attimo. - Sai che li hai sempre avuti ».

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