Capitolo 93
Decreto didattico numero 32:
Gli studenti del sesto e del settimo anno sono tenuti a presentarsi ad un colloquio con la professoressa Umbridge dalle ore 09:00 fino alle ore 12:00 del mattino, ragion per cui saranno, solo momentaneamente, sospesi dalle loro abituali attività scolastiche.Chi non si presenterà riceverà una punizione.
L'Inquisitore Supremo
Dolores Umbridge
Un sorriso impertinente affiorò al di sotto di quel decreto dagli angoli sbeccati. Le chiare e feroci lettere vermiglie sembrarono impresse, in netto contrasto, in uno sguardo color cremisi leggero che recavano in sé tutto tranne il timore che esse avevano avuto la chiara intenzione di suscitare.
« Un bel tipo, devo riconoscerlo » commentò Geordie, poco più in là.
Claudius continuava a sorridere imperturbabile. Appariva tranquillo come se quel decreto fosse la cosa più innocua che avesse mai avuto occasione di vedere.
« Si tratta sicuramente di interrogatori. Lo aveva già fatto qualche anno prima. - Disse, calmo. - Sai com'è, quando gli umani invecchiano perdono colpi. Si dimenticano di cose già fatte. Per questa ragione sono soliti chiamarsi tra di loro in termini quali "rimbambito" o "stordito" ».
Geordie ghignò, anche se riserbava la sua compostezza. Per quanto la cosa stuzzicasse il suo divertimento, infatti, non ne sembrava nemmeno lontanamente interessato come Claudius.
« Suppongo che questo decreto sarà il tuo programma della mattinata ».
« Ovviamente. Hogwarts sta covando una vera e propria serpe in seno mentre noi ci sprechiamo a perlustrare l'esterno. - Enunciò Claudius, guardando Geordie con aria saputa. - Me lo ha detto Sanguini stamattina ».
« Bene. - Geordie ridacchiò, alzando le mani in segno di resa e inviandosi verso la torre di Astronomia. - Allora ti lascio ai tuoi divertimenti. Buon appetito ».
« Oh, no, non sia mai che il suo sangue insipido riempi il mio stomaco! - Replicò Claudius, scandalizzato. - Credo, più che altro, che gli umani lo chiamino giocare con il cibo ».
La risata di Geordie rimbombò lungo il corridoio, e Claudius decise di procedere una volta per tutte. Aveva sondato il terreno con la sua ultima conversazione con la Umbridge; adesso era arrivata l'ora di scombinare i suoi machiavellici piani.
Si incamminò così in direzione del suo ufficio, che sapeva essere nell'ala est del primo piano del castello, accanto alla porta che conduceva alle serre di Erbologia.
L'idea di affrontare di nuovo quella strana umana, al contrario di come avrebbe dovuto essere, non gli scatenava minimamente alcun senso di serietà; anzi, si sentiva divertito e colpito da piacevoli novità quali una vecchia pazza che tentava di conquistare una scuola instaurando un vero e proprio regime dittatoriale.
Tutto ciò era molto diverso da quel che aveva vissuto precedentemente, e più distante che mai dalla vita di Risen Manor; a confronto, il tempo passato nella Confraternita si era rivelato monotono come non mai. Uscire da lì e trovarsi in mezzo ad altri umani lo aveva rinvigorito, come un anziano che riscopre le forze perdute in gioventù; una piacevole sensazione che, sul serio, non aveva nulla a che vedere con il sangue ed il suo essere un Vampiro.
E quando Claudius fu in grado di vedere la porta della Umbridge, una scarica di eccitazione gli oltrepassò la schiena; nel medesimo istante, si accorse della fila enorme di studenti che si snodava da un corridoio all'altro in attesa di varcare la soglia dell'ufficio. Dalle loro espressioni si capiva che lo scopo di quel colloquio era ignoto pure a loro. Il brusio delle loro voci svogliate doveva essere udibile fin dall'esterno.
Claudius li superò appena in tempo per intravedere la porta dell'ufficio chiudersi, segno che il primo studente era appena entrato.
« Tornate alle vostre lezioni! - declamò Claudius alla folla, il cui chiacchiericcio si acquietò di botto. - Non fatevi trovare qui davanti! Potete andarvene! »
Gli studenti non ebbero certo bisogno di farselo ripetere due volte; in men che non si dica, rivolgendo occhiate grate in direzione di Claudius, e senza azzardarsi a ribattere alcunché, si dileguarono in massa nei corridoi circostanti.
Era stata una mossa azzardata, si disse Claudius, perso ad esaminare il pianerottolo ormai vuoto.
Al diavolo.
E un istante dopo, era già entrato nell'ufficio della Umbridge.
Rimase dritto sulla soglia, tanto per esser certo di dare imponenza alla sua figura; e nel frattempo, indagò l'ambiente con circospezione.
La Umbridge era seduta come al solito alla sua scrivania; non appena lo riconobbe, i suoi occhi si allargarono come quelli di un rospo particolarmente scioccato. Vaporosa nella sua sciarpa lillà, accompagnata dal suo consueto taccuino, aveva dinnanzi a sé una studentessa alla quale, particolare tutto nuovo per Claudius, aveva appena offerto una tazza di thé.
Il Vampiro riconobbe l'odore del Veritaserum in pochi attimi, pozione apparentemente del tutto ignara alla ragazzina che stava interrogando, che fissava Claudius con i suoi grandi occhi neri, ammaliata e incantata.
« Buongiorno, Dolores ».
Si chiuse la porta dietro le spalle, sorridendo affabile. La Umbridge invece si era già alzata; perfino Claudius impiegò qualche istante per accorgersi della differenza.
« E lei cosa ci fa qui? - Strepitò la vecchia, la voce che tremava di collera. - Non le è permesso presentars... »
« Lo sospettavo. - Claudius si aggiustò il cappello goliardico. - Ma ho appena visto il tuo nuovo decreto, Dolores, ed ero curioso di saperne di più. Spero che ciò non sia un problema ».
E agguantò una sedia lì vicino, sedendosi lontano dalla Umbridge, ma facendo ben attenzione ad appoggiare per bene i piedi sulla scrivania. Poi tornò a guardarla con sincera curiosità, come un bimbo in attesa di udire una lezione fondamentale di vita.
La Umbridge era livida. Il suo sguardo furente vagava dagli occhi di Claudius a quei piedi sulla sua scrivania, alla ragazzina che appariva più che mai interessata a quella conversazione, fino alla tazza di Veritaserum ancora intatta.
« In realtà non le è permesso stare qui. - Sibilò, tentando con scarsa convinzione di apparire civile. - E' in atto un incontro con uno studente, e lei non ha l'autorità né le competenze per parteciparvi. Adesso lasci la stanza, se non vuole che io perda la pazienza ».
Claudius aveva annuito durante tutta la sua risposta, quasi canzonandola, con aria assurdamente solenne.
« Bè, certo. Hai ragione. Ma la verità è che noi Vampiri premiamo dalla voglia di attingere da insegnanti competenti i nuovi metodi di trattare con gli studenti. Sono stupito del fatto che gli interrogatori con thé e Veritaserum siano i primi della lista; hai forse nascosto degli strumenti di tortura, in quei cassetti? »
Claudius accennò alla scrivania della Umbridge. Cadde un silenzio sgradevole; evidentemente Dolores non aveva la più pallida idea di come ribattere, e intanto la ragazzina, spaventata, continuava a guardare sospettosamente la sua tazza.
« Parkinson, puoi andare ».
Al ringhio della Umbridge, la studentessa si alzò incerta per poi uscire silenziosamente dalla stanza. Claudius non staccò, nemmeno per un istante, lo sguardo dalla sua preda.
« Saggia mossa, Dolores ».
« Lei crede di essere furbo, non è così, Vampiro? - Reagì la Umbridge scattosamente, non appena la porta si fu richiusa. - Ma se continuerà ad ostacolarmi così deliberatamente, sarò costretta a prendere dei provvedimenti ».
Era una minaccia vera e propria, non vi era alcun dubbio in proposito. Ma Claudius non era mai stato il tipo da lasciarsi suggestionare, perciò continuò a sorridere.
« Con tutto il rispetto, Dolores, non ti trovi nelle condizioni più idonee per minacciarmi. Io intervengo laddove trovo che ci sia qualcosa di strano; e tu non sei assolutamente in regola, da questo punto di vista. Ti sei presa molte libertà fin dal primo giorno in cui hai messo piede qui dentro e stai continuando a farlo. E ti dirò - continuò, togliendo i piedi dalla scrivania e alzandosi, - ho una certa idea sul perché tu abbia organizzato questi colloqui oggi. Spero soltanto di sbagliarmi. Non voglio credere che tu sia così sciocca da fare lo stesso errore due volte ».
Sorprendentemente, la Umbridge non rispose. Scrutava Claudius come se stesse elucubrando un astuto piano al fine di scacciarlo dalla scuola, e lui era certo che prima o poi lo avrebbe trovato. Ma fintantoché le cose non si complicavano, perché mai non giocherellare con esse?
« Buona giornata, Dolores ».
Le rivolse un'occhiata intrisa di sarcasmo, dopodiché uscì dall'ufficio. Si sentiva soddisfatto, si disse chiudendosi la porta alle spalle. Soddisfatto di essersi sfogato, ricaricato, di essersi svegliato da quel torpore che lo aveva dominato per lungo tempo.
Ebbe appena il tempo di sbadigliare vistosamente, però, che si accorse della presenza della ragazza che aveva appena lasciato l'ufficio della Umbridge. Stava appoggiata alla finestra con il gomito, il ginocchio semipiegato, i capelli bruni che catturavano ogni sfumatura della luce esterna.
L'impressione che stesse aspettando proprio lui sfiorò Claudius nell'immediato; e ne ebbe subitaneamente la conferma quando la ragazza, una volta accortasi della sua presenza, si fece avanti con un grande sorriso.
« Ciao. - Lo salutò, ricomponendosi la veste. - Non mi sono presentata. Mi chiamo Pansy ».
Claudius rimase per un attimo interdetto di fronte alla mano tesa, ricordando improvvisamente lo strano gesto che facevano gli umani al momento della presentazione. La strinse velocemente.
« Io sono Claudius ».
« Lo so. - Rispose la ragazza, il volto illuminato da una strana luce. - Ti ho visto spesso a giro per il castello. Cos'è che fate, esattamente? »
Non ci volle molto perché Claudius fosse certo che le sue mansioni a Hogwarts fossero l'ultima cosa di cui quella ragazza intendesse interessarsi. Lo capì dalle sua dita che avevano preso a giocare con i capelli neri, e quell'aria un po' maliziosa che la rendevano, probabilmente, complice di tanti altri umani ogni giorno.
Era capace di leggerla semplicemente guardandola. Era un bel tipo, valutò Claudius; una che si divertiva a sedurre e a giocare, che le piaceva sentirsi amata, adorata, la primadonna di qualsiasi situazione.
A quelle considerazioni, Claudius si sentì oltremodo impacciato; cosa assurda in realtà, perché non era mai stato un tipo timido. Erano anni però, doveva ammetterlo, che un'umana non aveva il coraggio di fare il primo passo con lui.
« Ecco, controlliamo che qui sia tutto a posto ».
« Ah... »
La ragazza continuava a fissarlo con una certa intensità, come se fosse lei a volerselo mangiare e non il contrario. Claudius ritirò subitaneamente il pensiero.
Non fare lo stupido.
« Quanti anni hai? » chiese la ragazza, approfittando del conflitto interiore del Vampiro.
Se avesse potuto, Claudius avrebbe sospirato pesantemente.
« Troppi, per te ».
« Ma dai, non possono essere così tanti ».
« Ti assicuro di sì ».
« Quindi sarebbe un problema se domani uscissimo insieme? ».
Era stata così diretta che a Claudius improvvisamente, i suoi tentativi di scoprire cosa stesse architettando la Umbridge, parvero vergognosamente deboli.
« Non credo proprio che sia il caso » disse in tono distaccato, già in procinto di allontanarsi, ma quella ragazza - di cui, peraltro, si era già scordato il nome - sembrava non volersi arrendere.
« Come puoi saperlo, se non mi dai una possibilità? - Chiese lei, ancora scherzosa, giocherellona e infantile come una bambina. - Ci vediamo domani sera al portone del castello ».
Gli fece l'occhiolino - Claudius sgranò gli occhi ad una così umana smorfia - e si allontanò correndo nella sua gonna troppo corta, mentre lui la guardava andare via senza parole.
« Ma non possiamo! Sono troppo vecchio per te! » gridò disperato al corridoio vuoto, ma lei era già sparita.
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