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Capitolo 90

Un pavimento liscio e freddo venne a duro contatto con le sue ginocchia.
Su di lei, la notte più scura che avesse mai visto.

Hermione si alzò di scatto; le gambe le facevano male per la caduta e le pulsavano, ma non le importava. Si guardò intorno ripetutamente, quasi convulsamente.

La Fonte, per lei, era sparita.
Cercò di fare mente locale su dove si trovasse esattamente, ma era impossibile capirlo senza alcun punto di riferimento; il desiderio di uscire di lì, però era troppo forte per affidarsi alla ragione.
Fu così che Hermione seguì l'istinto, riprendendo a correre.

Non le importava di nient'altro; né di fermarsi a pensare, né di gridare aiuto. Voleva soltanto lasciare quella prigione, le immagini che le balenavano ancora in mente e sprazzi di conversazione che la assillavano; desiderava solo dimenticare tutto quanto, far finta di non essere mai entrata in quella stanza, pensare soltanto più tardi al significato di ciò a cui aveva appena assistito.

Soltanto più tardi.

E con sollievo scorse, in lontananza, la linea dorata che tracciava l'entrata: aumentò il ritmo dei passi, sentendo il loro rimbombare tutt'intorno e i capelli che le impedivano la vista, e una volta afferrata saldamente la maniglia, la ruotò con forza.

Un fascio di luce azzurrina la avvolse completamente.
Fu come respirare. Sì, come inalare meravigliosa aria fresca.
E senza nemmeno darsi la pena di richiudere la porta, si sporse in avanti: e cadere tra le braccia di Draco, che l'aveva guardata per un attimo con sbigottimento, rimasto lì ad aspettarla, era tutto ciò che in quel momento Hermione parve desiderare.

Si aggrappò a lui così forte che perfino Draco rimase stupito di quella presa: e sentendola singhiozzare appena sulla sua camicia, avvertendo il suo sollievo scivolare sulla pelle, parve capire.
Parve capire, e accostò il viso ai suoi capelli bruni.

« Sei ancora sicura che io ti abbia rovinato la vita, Mezzosangue? »


Polvere d'oro splendeva sul vetro appannato ai bordi. Le minuscole goccioline di pioggia, sollecitate dall'arrivo di una notte serena e priva di nubi, prendevano a scendere rapidamente lungo la superficie levigata, una dietro l'altra, lasciando dietro di loro una percettibile scia umida.

Due occhi dalle ciglia folte seguirono per un attimo il loro cammino, soffermandosi talvolta sulle gocce ancora rimaste, ferme e tremolanti, come in attesa del momento più opportuno per scendere.
Per avere il coraggio di buttarsi giù.

Gli occhi si sollevarono, oltrepassando la finestra madida, oltre la quale il tramonto aranciato e iridescente veniva inghiottito dalla corona di alberi spogli; quello sguardo sembrava incanalare dentro di sé l'oro che gli ultimi raggi di sole sprigionavano con forza.

Le ginocchia bagnate strette al petto, le mani tremanti, il cuore che batteva forte.
Come se ancora stesse correndo sotto gli ultimi, lievi sprazzi di pioggia. Come se avesse appena lasciato la mano di Draco, fredda e salda e rassicurante, dopo aver avvistato le vette del castello, e avesse proseguito da sola, i passi rapidi che si susseguivano l'uno all'altro, le gambe sommerse dall'erba alta e il mantello che sfiorava le grandi pozzanghere d'acqua opaca, il candore della pelle in simbiosi con il cielo, le ciocche di capelli che si ribellavano voltandosi all'indietro, come a voler tornare da ciò che avevano appena abbandonato.

Come se avesse appena chiuso gli occhi al tocco del leggero scroscio d'acqua sul suo viso, lacrime che venivano lavate via nella purezza più totale, odore di erba bagnata che gravava su di lei e il canto della pioggia riecheggiante in lontananza.
Aveva avvertito l'oppressione spazzata via dal sollievo, la tristezza celata dalle forze naturali, labbra socchiuse e spaesate che ancora non sapevano bene a quale ipotesi aggrapparsi.

E seduta sul pavimento di pietra, le vesti non ancora asciutte e il silenzio più totale che la circondava, la opprimeva e la schiacciava, avvertiva nella mano la cocente sensazione di aver appena lasciato Draco su quella collina senza alcuna parola che gli fosse di conforto. Niente di rassicurante, niente per cui valeva la pena pensare che andasse tutto bene.

Che Hermione stesse bene.

Era come se il caos la stesse divorando; le immagini continuavano a sovrapporsi, le voci ad affollarsi, le sensazioni a confondersi l'una con l'altra.

La Fonte l'aveva inghiottita, le aveva mostrato le tappe essenziali della sua vita, a adesso, per Hermione, non si sarebbe mai più riaperta.
Hermione si strofinò la fronte, portandosi i capelli tormentati all'indietro. Li avvertì umidi e annodati, proprio come lei stessa si sentiva in quel momento.

Era sembrato facile, poche ore prima. Lei stessa aveva sottovalutato la veridicità di una magia del genere; non le era sembrato possibile, non le era parso normale, e nemmeno lontanamente plausibile, che il futuro perduto fosse realmente contenuto in quella piccola bacinella.

Ma adesso, dopo tutto ciò che aveva visto, cosa mai avrebbe potuto dire? Cosa avrebbe trovato da ribattere?
Le campane di Hogwarts risuonarono in lontananza. Una sottile striscia dorata era ancora visibile all'orizzonte, sormontata da sfumature di cielo cobalto.
Hermione diede un sospiro così basso che il silenzio totale della stanza non ne fu nemmeno lontanamente scalfito. La pelle ancora le vibrava dell'acqua che la inumidiva, del respiro dell'erba fresca che aveva oltrepassato e lambito.

E difatti, la sua schiena si irrigidì quando un debole bussare alla porta parve rompere la sfera di vetro nel quale si era ormai assorta.

L'odore di erba bagnata sembrò dissolversi nell'aria.
Hermione indugiò sul rispondere. Sapeva esattamente chi ci fosse al di là della porta, e anche se una piccola, prepotente parte di sé desiderava ancora ardentemente la solitudine, non poteva negare a sé stessa di aver bisogno di qualcuno che la capisse.

Qualcuno che la comprendesse senza aver bisogno di fare troppe domande. Qualcuno come lui.
E improvvisamente si pentì di essersene andata in quel modo, poco prima. Si rammaricò di non avergli dato spiegazioni e si ritrovò a ringraziarlo mentalmente per essere venuto.

« Entra » mormorò.

La sua voce aveva tremato, ma sperò che Draco non se ne fosse accorto.
I suoi capelli biondi si intravidero dalla fessura, che poi lasciò spazio a tutto il volto. Gli occhi di Draco sembrarono perforarla fin nell'anima che lui stesso le aveva portato via.

Hermione si sentì inchiodata al pavimento; intrappolata e senza via di scampo, come ogni qual volta lui la rendeva prigioniera del suo sguardo. Nonostante quella sensazione che, dopo tutto quel tempo, la rendeva più tranquilla che inquieta, tentò di sorridergli debolmente.

Lui non rispose: entrò nella stanza e chiuse la porta. Sul volto non recava tracce dell'alterigia e della fierezza che lo avevano sempre caratterizzato. La sua mascella era anzi serrata, e qualcosa della sua espressione suggeriva a Hermione che era andato da lei non per litigare, ma per starle accanto.
Solo per confortarla, o almeno cercare di farlo.

Senza una parola, Malfoy avanzò e le si sedette accanto. Le sue vesti, al contrario di quelle di Hermione, erano lisce e asciutte, indice che probabilmente aveva provveduto alla magia per rendersi presentabile. A quella considerazione, Hermione si vergognò vagamente dello stato dei suoi capelli e dei suoi vestiti.

Sentì il braccio di Draco circondarle le spalle, e anche se Hermione provò l'impulso di stringerlo a sua volta, qualcosa dentro di lei la fece trattenere.
Forse era la semplice considerazione che, soltanto qualche mese prima, tutta la consolazione di Malfoy sarebbe stata un
"Visto, Granger? Te l'avevo detto che saresti finita in questo modo, con la feccia che ti ostini a frequentare!" e ancora di più, il piccolo, rassicurante rendersi conto che, in qualche modo, le cose erano cambiate.

Adesso non era più così.

« Quindi... saresti diventata davvero una bibliotecaria? »

Più o meno.

Hermione gli scoccò un'occhiata truce; il suo sguardo parve risvegliarsi da un torpore malcelato.

« Malfoy, sul serio, ti sembra il momento di... »

« Granger, era solo per sdrammatizzare! » replicò Draco contrariato, e mentre Hermione decideva, con un po' di riluttanza, di appoggiarsi sulla sua spalla, lo sentì indistintamente inveire contro di lei usando termini particolarmente ricercati tra i quali "lagna" e "pallosa vecchietta irascibile".

« Grazie mille, Malfoy » disse Hermione piattamente, ma non si era realmente offesa.

Draco tacque improvvisamente la sua insensata sequela, la testa riversa all'indietro, poggiata al muro di pietra.

Una quiete tranquilla calò su di loro come le ombre del cielo che si vedevano all'esterno, e le loro sagome divenivano più scure ad ogni istante che passava.

« Sarei diventata un avvocato. - Disse Hermione inaspettatamente; la sua voce appariva lontana, e sembrava non essere capace di contenere le parole che fuoriuscivano dalle sue labbra. - Avrei... sposato Ron ».

Un muscolo si contrasse lievemente sull'avambraccio che Hermione sentiva su di sé.

« Lo sapevo. - Commentò Draco, caustico. - Ti saresti ritrovata uno di quei due sfigati perfino in casa tua ».

« Malfoy. - La voce di Hermione appariva seccata. - Gradirei che tu non... »

« Offendessi mai più i tuoi amici, certo. - La scimmiottò Draco, interrompendola nuovamente. - Suppongo che tu abbia detto a Potter la stessa cosa ».

Hermione esitò. Sentiva il calore del corpo di Draco accanto al suo e il gelo del suo cuore ancora inesorabilmente immobile.

« Sei forse un mio amico, Malfoy? »
Hermione si rese immediatamente conto di aver toccato un tasto pericoloso. Molto pericoloso.

Draco sembrava essersi immobilizzato al proprio posto. E quando parlò, lo fece con molta lentezza, come se soppesasse ogni singola parola.

« Tu cosa ne dici, Granger? »

Hermione chiuse gli occhi; quella era una delle pochissime circostanze in cui non osava rispondere a una domanda. Ed era evidente come non mai il fatto che nessuno dei due fosse preparato a un discorso del genere.

Poiché la verità, che balenò nella mente di entrambi in quello stesso istante, era che il loro rapporto non era definibile in nessuna delle categorie più comuni; non erano nemici, né amici, tantomeno fidanzati.

Erano... loro. Soltanto loro. Qualcosa che sia l'uno che l'altra erano in grado capire, ma che nessun altro avrebbe mai saputo comprendere.

« Rispondere ad una domanda con un'altra domanda è tipico di te, Malfoy » sussurrò Hermione, che nonostante i suoi pensieri, non aveva alcuna intenzione di facilitare la risposta di Draco.

Lui, infatti, ruotò gli occhi in direzione del soffitto.

« Lo so. Ma ormai dovresti conoscermi abbastanza da sapere di non potermi rivolgere domande del genere all'improvviso » disse lentamente, il volto ancora rivolto verso il soffitto.
Hermione ebbe un leggero tremito. Avrebbe voluto scostarsi e guardarlo, ma scoprì di non avere sufficiente forza di volontà.

« Come mai? - domandò, incolore. - Sei sempre stato bravo a tirarti fuori da conversazioni del genere. E' una delle tante specialità Serpeverde ».

« Penso che ti sia sfuggita una delle più importanti doti Grifondoro, Granger. - Commentò Draco, e dalla sua voce Hermione colse una vena di sarcasmo. - Ti fa pensare a niente, il leone che costringe il serpente in un angolo? »

Hermione spalancò gli occhi, nel buio quasi totale. Questo non andava a favore di Draco, eppure...

« Il serpente scivola tra le zampe del leone e se ne va. - Sussurrò Hermione. - Oppure trova un buco dietro di sé e ci si infila. E' lo stesso tuo comportamento di qualche mese fa. Ogni volta che tentavo di farti qualche domanda, te ne andavi ».
Se Hermione avesse alzato il viso, avrebbe avuto modo di vedere il ghigno di Draco increspare le sue labbra sottili.

« Tra le zampe... » mormorò lentamente.
Soltanto la debole luce della luna li illuminava. Hermione si irrigidì nella stretta di Draco, le guance imporporate.

« Le mie gambe » disse, la voce un po' soffocata.

« Sì, Granger. Sono passato tra le tue gambe. - Il ghigno di Draco si allargò ancora di più. - E cosa ne dici della scorciatoia che ho trovato dietro di me, stavolta? »

Bastarono soltanto pochi attimi perché Hermione realizzasse il significato di quelle parole.
Sollevò la testa di scatto, finalmente osservandolo nella penombra della stanza. La luce maliziosa degli occhi di Draco brillava come un faro nella notte.

« Mi hai distratta! » esclamò.

Draco scoppiò a ridere; l'indignazione della Granger era esilarante.

« Brava, vedo che ci sei arrivata ».

Hermione era rossa d'umiliazione. Non solo aveva tentato con scarso successo, ancora una volta, di costringere Draco a dare una definizione al loro rapporto, e di fare in modo che le dichiarasse più o meno apertamente i suoi sentimenti, ma si era anche lasciata manipolare dalle sue ciance a proposito di leoni e serpenti, cose probabilmente prive di senso compiuto.

Dannato Serpeverde.

Allontanò con uno scatto secco il braccio con cui Draco l'avvolgeva, incrociando le braccia e voltandosi dall'altra parte. Non riusciva davvero a credere di essersi fatta ingannare in quel modo!

« Andiamo, Granger. - La voce di Draco era leggera, soddisfatta. - Anziché tenermi il muso, prendi spunto da tutto questo per evitare che risucceda, no? »

« Non è successo perché sono una sciocca! » Hermione si voltò di scatto, e se prima non era realmente arrabbiata, adesso non vi era più nessuna traccia di giocosità sul suo volto.

Tuttavia, Draco non si lasciò impressionare, continuando a sogghignare a suo indirizzo.
Sapeva che non era una sciocca. Oh, la Granger era tutto fuorché una ragazza ingenua.

Ma ovviamente non le avrebbe mai dato la compiacenza di confessarle questo piccolo dettaglio.

« E allora perché è accaduto? » le chiese, pacato.

Hermione esitò ancora, lo sguardo che vagava sul suo volto, sui suoi occhi e sulla sua bocca, per poi tornare al punto di partenza.

Era lui che la distraeva. Tutto, di lui, che la mandava in confusione.

« Non ti aspetterai che ti dia davvero una risposta » sibilò.

Draco sorrise ancora di più; era tuttavia un sorriso controllato, che non si estendeva completamente allo sguardo. Sollevò ancora il braccio, circondando le spalle di Hermione.

« Bene. Stai imparando ».

La Grifondoro, benché avvertisse quella stretta come la morsa mortale di un serpente anziché un abbraccio amorevole, rimase comunque immobile vicina a lui.

Perché era strano a dirsi, ma le spire dei serpenti non erano un posto propriamente scomodo.
No, non lo erano affatto.

« Quindi... cos'altro hai visto nella Fonte? »

Un'ombra scura sovrastò per un attimo il volto di Hermione. Si era completamente dimenticata della Fonte; in qualche modo, la conversazione con Draco l'aveva distratta anche da quest'altra preoccupazione.

E doveva ammettere con sincerità che la cosa non le era dispiaciuta minimamente.

« Ho visto tanti ricordi. Alcuni ho faticato a comprenderli del tutto. Era come se mi trovassi in un alternativo settimo anno, ma non ero a scuola: io, Harry e Ron sembravamo coinvolti in una specie di missione, qualcosa che implicava anche Voldemort ».

Draco non rispose. Hermione si schiarì la voce, e andò avanti.

« Dopodiché io e Ron ci siamo sposati, e abbiamo avuto due figli. Si chiamavano Rose e Hugo. Mi assomigliavano molto ».

Gli occhi di Hermione si fecero improvvisamente lucidi. Era ormai ovvio, per lei, che fosse quello il ricordo che le faceva più male; il frammento di futuro che riguardava i suoi due figli, bambini che adesso esistevano soltanto nei suoi ricordi. Aveva avuto la possibilità di vederli, di udire le loro voci, ma non avrebbe mai potuto sfiorarli né sapere altro su di loro.

Dal suo silenzio inaspettato, Draco parve immaginare quali fossero i pensieri di Hermione. E la cosa lo infastidiva pesantemente; lo sguardo torvo, il corpo immobile come una statua, la consapevolezza che la Mezzosangue stesse in quel modo per i figli avuti con quel pezzente di Weasley gli faceva montare un'ira inspiegabile e inconcepibile.

Non avrebbe sopportato quel silenzio un istante di più.

« Continua ».

Una punta di ribellione toccò l'orgoglio di Hermione; fu quasi tentata di farlo pentire del suo totale disinteresse per quello specifico argomento, ma inaspettatamente un'ondata di comprensione sembrò avvolgerla.
Probabilmente gli dava fastidio immaginarla coinvolta in un legame così stretto con Ron.

Era qualcosa che minacciava i diritti di proprietà che Malfoy aveva imposto così premurosamente su Hermione.
La ragazza chiuse le palpebre, lasciandosi cullare dal silenzio per ancora un altro momento.

Forse, dopotutto, Draco aveva ragione. Perché anche se appariva spietato da fare, se non terribilmente inumano, avrebbe dovuto al più presto allontanare i ricordi di Rose e Hugo. Ne andava della sua stessa coscienza, del suo rapporto con Draco, ma anche e soprattutto della sua sanità mentale.

« Io e Ron non eravamo felici. - Continuò Hermione, la voce un po' atona. - Aveva perso molto denaro con i giochi babbani... sai, si era fatto prendere la mano. E dopo anni passati a litigare per problemi economici, mi sarei resa conto di non avere mai amato Ron ».

Hermione guardò nuovamente al di là della finestra. I boschi e le colline di Hogwarts si confondevano nel buio totale della notte.

« Suppongo che debba considerarlo come un sollievo, il fatto di essere scampata ad una vita del genere » disse poi, con il tono di chi sta cercando di auto-convincersi di qualcosa di assurdo.

Accanto a lei, Draco aveva lo sguardo nuovamente perso verso l'alto.

« E' buffo, sai. Il fatto che dopo mesi e mesi passati ad avercela con me per averti vampirizzata, alla fine dei conti tu, Granger... sia in debito con me ».

Hermione si voltò di scatto.

« Sapevo che l'avresti detto! - reagì, furiosa. - E la risposta è no, Malfoy; sei tu ad essere in debito con me per non avermi chiesto il permesso ».

« Il permesso! - Draco ridacchiò, incredulo. - Mai in vita mia ho chiesto il permesso per fare qualcosa. E Granger, devi ammetterlo: ti ho salvata da un destino orribile ».

« Orribile, come no. - Hermione assottigliò pericolosamente gli occhi, senza prenderlo sul serio. - Come se non godessi delle mie sofferenze ».

Draco si voltò a guardarla, i capelli chiari che sfioravano il suo sguardo scaltro e malizioso.

« Perché dovresti soffrire? Non ti sarai innamorata di me, Granger ».

Se mai fosse esistito, sulla faccia della Terra, un silenzio più opprimente e sciagurato di quello, Hermione non ne aveva idea, ma era certa che con questo aveva sicuramente battuto tutti gli altri eventuali.

Perché Draco non poteva averle davvero posto quella domanda.
Una domanda che...

« Non c'entra assolutamente niente, Malfoy! - si difese Hermione, sentendosi attaccata alla grande. - Il discorso era un altro... »

« Cosa fai, cominci ad evitare le domande? - Draco continuava a valutarla con marcato divertimento. - Diciamo allora che hai rovinato completamente l'effetto arrossendo così vistosamente, Granger ».

Hermione ne aveva abbastanza. Presa da un impulso che non seppe controllare - e di cui, sicuramente, si sarebbe pentita per il resto della sua vita -, scavalcò le gambe distese di Draco e si mise a cavalcioni su di lui.

La Grifondoro si rammaricò del gesto nello stesso istante in cui si trovò faccia a faccia con Malfoy, così vicino che le sarebbe bastato chinarsi soltanto un po' di più per sentire nuovamente il sapore delle sue labbra.

Era stato un gesto avventato, sì. E probabilmente, se soltanto ci avesse riflettuto sopra un singolo, misero momento, avrebbe desistito dal commetterlo; eppure adesso si trovava lì, sopra di lui, sulle gambe di un Draco sorpreso e dallo sguardo ardente, e qualcosa doveva pur fare.

Allontanando una strana voce nella sua testa che le imponeva caldamente di scendere di lì, Hermione sollevò la mano a sfiorare il torace di Draco. Era nervosa, ma nonostante Malfoy ostentasse la sua solita sicurezza, la padrona della situazione era divenuta lei.

E questa era una soddisfazione, si disse Hermione. Una vera soddisfazione.
La sua mano esile, che tuttavia spiccava candida nel buio della camera, percorse a rilento la scia di bottoni della sua camicia, soffermandosi su ognuno, ma senza slacciarlo, come a voler dare a Draco l'illusione della provocazione.

In realtà Hermione, ben lungi dal fare ciò che Malfoy evidentemente sperava, si soffermò sul lato sinistro del suo petto.
Proprio dove lui le aveva posato la mano tempo prima, quando le aveva svelato il segreto per renderlo totalmente suo.
La mano di Hermione accarezzò quella parte, le pieghe della camicia bianca che si increspavano tra le sue dita e le unghie che per un attimo strinsero la pelle attraverso il tessuto, liscia come si aspettava.

Draco non sembrava essere nella piena consapevolezza di sé stesso; l'ultima volta che Hermione si era trovata sopra di lui, era stato durante il consolidamento del Legame d'Anima. Quando erano diventati l'uno parte integrante dell'altra e il distacco da lei si era rivelato impossibile, irrealizzabile.
In quel momento era stato assalito da una sensazione strana, non avrebbe mai potuto negarlo. E se da una parte desiderava che ciò riaccadesse, dall'altra aveva timore ci ciò che la Granger avrebbe potuto fare così inaspettatamente.

Sì, aveva imparato a non fidarsi.
Gli occhi di Hermione si sollevarono dal punto che la sua mano stava toccando, fino a far combaciare i loro sguardi. Sentiva qualcosa agitarsi dentro di lei, quella beata sensazione di controllo che l'avrebbe indotta a conquistare ciò che voleva.

Perfino lui.

L'angolo delle sue labbra si levò in un piccolo sorriso.

« So che ti piace stuzzicarmi su questo argomento, Malfoy. Godi nel vedermi imbarazzata e senza parole di fronte alle provocazioni che mi lanci continuamente ».

Draco non rispose. Immobile, avvertendo ogni centimetro di Hermione su di sé, non riusciva a far altro se non a fissarla, cercando di capire dove volesse arrivare esattamente.

« Ma se io davvero ti dicessi ciò che vuoi sentirti dire... - continuò, lentamente, con voce lieve - Saresti sicuro di rimanerne del tutto indifferente, Malfoy? »

Le mani di Hermione si arrestarono sul primo bottone, e cominciarono a slacciarlo con studiata esitazione.

« Non ti toccherebbe minimamente il fatto che Hermione Granger ti dichiarasse tutto il suo amore? La Mezzosangue con cui ti scontri dall'inizio della scuola, la ragazza che hai odiato, che hai reso come te, che ancora trova la forza di combatterti? »
Sciolse il primo bottone, passando al secondo, e poi al terzo.

« Non ti colpirebbe, Malfoy? L'aver vinto contro qualcuno che ti ha odiato così tanto da desiderarti morto, che avrebbe sacrificato la sua stessa vita pur di allontanarsi da te? Non saresti felice di saldare il tuo debito? »

Poggiò il palmo freddo sul suo torace nudo, sfiorando ancora il suo cuore.

« E udire le sue parole dolci, quelle che troverà improvvisamente il coraggio di confessarti? Perché lei farebbe di tutto pur di renderti suo... »

La sua voce si abbassò a un sussurro indefinito.

« Anche dirti... »

« Basta così ».

Draco afferrò la mano di Hermione con uno scatto secco, allontanandola dal punto che stava toccando. Lei si era interrotta di botto, lo sguardo accigliato nonostante il sorriso che ancora vigeva sulle sue labbra.
Un sorriso che Draco sembrava detestare con tutto il cuore.

« Questo è il tuo debito, Malfoy. -

Hermione continuava a fissarlo, senza più osare toccare la sua pelle. - E prima o poi dovrai farci i conti. Proprio come farò io ».

La luna riemerse da una nube scura. La sua luce pallida ebbe il potere di rischiarare il volto liscio di Malfoy, reso marmoreo dalla freddezza che sembrava sprigionare fortemente.

« Attenta a come parli, Granger. - Sibilò. - Sono io che deciderò se dartene o no il permesso. Non dimenticartelo ».

« E tu non dimenticarti che adesso ho capito. So esattamente come fare per renderti mio. - La voce si era fatta minacciosa senza che lei se ne accorgesse. - Quindi bada tu a come parli, Malfoy, se non vuoi che agisca subito e senza fare in modo di essere interrotta di nuovo ».

Il silenzio piombò su di loro. Hermione ebbe appena il tempo di bearsi della vista di un Malfoy confuso e terribilmente disorientato, quando qualcosa li distrasse.

Un gufo stava picchiettando col becco sul vetro della finestra. Anche con l'oscurità, il rotolo di pergamena che portava legato a una zampa era chiaramente visibile.

« Ci penso io » soffiò Draco.

Hermione scese dalle sue gambe e restò a guardarlo, dal pavimento, aprire la finestra e togliere la lettera dalla zampa del volatile. Lo guardò con il cuore che batteva forte, reduce di ciò che aveva appena detto e di quello che aveva scoperto, ormai consapevole del fatto che far battere il cuore di Draco non fosse difficoltoso come aveva precedentemente pensato, e fiera di essere stata coraggiosa e insolente come si era sempre vietata di mostrarsi con lui.

Solo in quel momento, quando guardava Draco aprire e leggere la lettera, si sentiva pienamente felice di ciò che era riuscita a fare. Aveva scavalcato il suo distacco e la sua freddezza, ed era riuscita a riscaldarlo, a sorprenderlo.
E lui, dal canto suo, ne era rimasto così sconvolto che non aveva potuto far altro che fermarla.

« E' Cheania » la informò Draco, senza staccare gli occhi dalla pergamena.

« Cosa dice? » domandò Hermione. Era strano conversare normalmente, adesso che lei stessa aveva dettato un regime differente da quello di Malfoy.

« Dice che staserà non potrà venire, e mi incarica di dare lezioni private di combattimento a te e a... Potter ».

Hermione si alzò, lisciandosi poi le pieghe della gonna. L'argomento la colpiva, ma al momento la sua testa era presa da altro.

« Bene. Harry ne sarà felice ».

Draco non rispose, ed Hermione nemmeno si era aspettata che lo facesse.
Lo sguardo grigio ancora perso sulla lettera, Malfoy la piegò accuratamente e la ripose nella tasca dei pantaloni.

Solo allora si volse in direzione di Hermione, che era lì accanto, in piedi, studiando il modo in cui il Serpeverde reagiva al rinnovato potere che lei aveva su di lui.

E poi Draco sollevò la mano, sfiorando la guancia di Hermione. Lei quasi sussultò al contatto, sorpresa, senza ben sapere come reagire. Il suo imbarazzo non sfuggì a Draco, che sorrise sottilmente, tranquillamente.

« Sei brava a disorientarmi, te lo concedo. Eppure mi basta toccarti per farti arrossire come voglio io ».
Fu una carezza lenta, che non recava in sé l'amorevolezza che la ragazza avrebbe voluto.

Ma Draco era turbato, e Hermione lo vedeva. Lo sentiva.
Per questo non si sarebbe trattenuto da lei, quella notte. No, probabilmente sarebbe andato in camera sua a pensare, a riflettere, a meditare sulle parole di Hermione e ciò che avrebbero comportato.

Forse maledicendosi di essersi ficcato in una situazione del genere.
Sì, se ne sarebbe andato.

« A domani, dolcezza ».

Il suo fu un eroico tentativo di suonare sarcastico e freddo come suo solito. Peccato che, dopo aver lasciato la guancia di Hermione, il suo sorriso si fosse inspiegabilmente disteso e alla ragazza bastò un battito di ciglia, per non essere più in grado di vederlo di fronte a sé.

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