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Capitolo 89

Hermione cadde con un tonfo.
Le sue dita si artigliarono su uno strano tessuto. Un forte odore di gatto le penetrò nelle narici.

« Ricapitoliamo ».

I suoi occhi si aprirono di scatto; nello stesso momento, il cuore parve saltarle in gola. Si trovava in una tenda verde scuro: dalla posizione in cui era, poteva intravedere una piccola cucina che appariva dall'angolo, e due letti a castello che sporgevano disfatti dalla stanza accanto.

A giudicare dalla luce soffusa che riflettevano le lanterne disseminate alla meglio nel salottino, fuori doveva essere notte.
E fu con una stranissima sensazione che Hermione, ancora seduta precisamente nel punto in cui era atterrata, udì la voce di Ron provenire da pochi centimetri di distanza da lei.

Era seduto a gambe incrociate assieme a Harry, che sostava semi sdraiato con una tazza di thè fumante tra le mani. Hermione non poté fare a meno di notare l'aria trascurata che entrambi indossavano vistosamente; non ricordò che i loro visi fossero stati tanto pallidi, e la loro pelle appariva raggrinzita in molti punti, come se sostenessero sulle loro spalle il peso di qualcosa che non erano più in grado di portare.
Come se fossero stanchi di qualcosa, ma entrambi facessero fatica ad ammetterlo.

« Hogwarts è da escludere, e anche l'orfanotrofio. - Continuò Ron, contando sulla punta delle dita. - La stessa cosa vale per Magie Sinister, e tutti gli altri posti con cui Tu-Sai-Chi ha avuto a che fare. Miseriaccia, ci serve un'altra idea ».

Ron aveva le spalle cadenti e adesso osservava deluso il thè che Harry aveva tra le mani. Il Bambino Sopravvissuto invece, la testa appoggiata ad uno zaino piuttosto malconcio, lasciava vagare lo sguardo perso di fronte a sé, proprio a pochi centimetri dove sostava l'invisibile Hermione.

« Godric's Hollow » disse; il suo tono era così atono che sembrava avesse ripetuto quel nome innumerevoli volte.

Nell'udirlo, Ron si fece atterrito e lanciò un'occhiata nella stanza accanto, in direzione della camera.

« Harry, non dirlo così ad alta voce. - Bisbigliò, a voce bassissima. - Se lei lo sente di nuovo... »

« Ma è l'unica traccia che abbiamo, Ron! - Harry sgranò gli occhi, tenendo la voce bassa almeno quanto Ron; il thè nella sua tazza oscillò pericolosamente. - E dal momento che non abbiamo nessun altro posto da visitare... »

Harry si interruppe; dall'altra stanza, si udì provenire un piccolo tonfo. Ron scosse debolmente la testa.

« Probabilmente sta riordinando i suoi libri per l'ennesima volta. - Disse piattamente. - Fa sempre così quando è nervosa ».

« Sì, bè - rincarò Harry, che sembrava spazientito. - Si renderà conto che Godric's Hollow è una delle poche alternative che abbiamo, a meno di non restare qui a vita. Forse dovrei parlargliene ».

A quelle parole, gli occhi di Ron si spalancarono.

« Merlino, no! Non hai visto quanto è stressata ultimamente? Mia madre è identica: in quei momenti non le puoi dire niente, che subito ti scaglia addosso qualcosa... »

« Identica a chi? »

Hermione era entrata nel salottino con aria minacciosa. Fu quasi uno shock, per la vera Hermione, trovarsi faccia a faccia con sé stessa: e lo era ancora di più, forse, il vedere la sua sosia dire e fare cose che lei non avrebbe mai ripetuto.

Era una cosa che la metteva in una fortissima soggezione.
E nello stesso tempo non poteva fare a meno di notare che, se Harry e Ron apparivano trascurati, Hermione era a dir poco devastata: sul suo viso pallido risaltavano scure occhiaie violacee, probabilmente sintomo di notti passate insonni, e sembrava che i suoi occhi faticassero a rimanere aperti.
Ron, nel vedersela comparire davanti, esibì un sorriso colpevole e spaventato.

« Ehm, a nessuno, io e Harry stavamo parlando di stupidag... »

« Vi ho sentiti. - Sbottò Hermione, incrociando le braccia al seno e osservando torva i due ragazzi. - E ho sentito te, Harry, menzionare ancora Godric's Hollow »

Ron lanciò ad Harry un'occhiata in stile "te l'avevo detto"; Harry cercò di darsi un contegno soffiando sulla propria tazza ancora fumante.

« Sai bene che non mi fido di quel posto, per il momento. - Hermione appariva categorica, mentre prendeva posto accanto a loro e cominciava a sfogliare la moltitudine di appunti che invadevano il pavimento. - Le tombe dei tuoi genitori saranno una delle nostre tappe finali. Adesso dobbiamo concentrarci sugli Horcrux ».

La vera Hermione aveva cominciato ad accigliarsi proprio mentre tutto, attorno a lei, prese a vibrare, e mentre lei si alzava stupita, vide l'immagine sfumare di fronte a sé; in breve tempo, Harry, Ron e Hermione si erano dissolti nell'alone bianco in cui la vera Hermione si trovò imprigionata per un istante. Dopo di esso, piombò in una nuova scena.
Si trovava in un luogo che non aveva mai visto prima. C'era una grande umidità e il pavimento bagnato, grigio ferro, si estendeva in una vasta piattaforma che terminava con una grande statua di pietra rappresentante un volto arcigno. Luci verdastre, provenienti dall'alto, la illuminavano fiocamente.

« Vieni, Hermione! »

La voce allegra e esaltata di Ron rimbombò pesantemente lungo quella strana navata; i suoi passi veloci si infrangevano nelle pozzanghere e schizzavano acqua tutt'intorno. Attraverso una fila di statue serpentesche, la vera Hermione fu in grado di vederlo. Il rosso fuoco dei suoi capelli sembrava avere luce propria in quell'ambiente scuro.
Ron arrestò la sua corsa proprio alla base del grande volto scolpito: sotto di essa, Hermione non lo aveva ancora notato, si snodava un enorme scheletro dalle ossa ingrigite dal tempo.

« Oh cielo! - la Hermione del futuro era sbucata da una tubatura vicina, e si era fermata accanto a Ron con aria impressionata. - Il Basilisco era così grande? Come diavolo ha fatto Harry ad ucciderlo? »

La sua voce era acuta. Ron si strinse nelle spalle, ansimante.

« Non ne ho idea, ma deve aver avuto non pochi problemi. - Commentò, abbracciando con gli occhi l'enorme stazza del Basilisco, provando evidente gioia nel fatto che fosse morto. - Avanti, prendiamone un bel po' ».

Ed entrambi si fiondarono alle sue fauci, da dove, con l'aiuto della magia, estrassero le zanne del Basilisco. Esse venivano fuori una dietro l'altra e Ron e Hermione le accoglievano tra le braccia con larghi sorrisi.

La vera Hermione seguì i loro gesti uno per uno, le braccia rigide lungo i fianchi, immobile sul pavimento bagnato, senza avere intenzione di avvicinarsi a loro. Li guardava, Ron e sé stessa, chiedendosi cosa stessero facendo, di cosa avessero parlato nella tenda poco prima, cosa stesse succedendo in realtà.

E proprio quando ebbe cominciato ad avanzare verso di loro, entrambi si ritirarono dalle fauci sorridendo, all'indirizzo delle zanne di Basilisco, come se si sentissero più leggeri.

« Hai avuto un'idea davvero formidabile, Ron. - Disse Hermione improvvisamente: i suoi occhi brillavano di una tenerezza che fece aggrottare la fronte della vera Hermione. - Senza contare che hai ricordato la parola in serpentese dopo averla udita soltanto due volte! »

Perfino da quella distanza, Hermione poté notare le orecchie di Ron imporporarsi.

« Non è stato nulla di speciale. - Minimizzò, tuttavia era molto compiaciuto delle attenzioni di Hermione. - Però credo che dovremmo farlo qui. Distruggere la coppa, intendo - aggiunse, in risposta allo sguardo disorientato della ragazza. - stavolta tocca a te. Non sai ancora... cosa si prova ».

Ron estrasse dalla tasca, in un gesto un po' impedito, la coppa di cui parlava; era molto piccola, dorata, inciso sul dorso lo stemma della Casa di Tassorosso. Si volse, poggiandola delicatamente sulla punta del muso del Basilisco, dopodiché guardò Hermione.

« Te la senti? » chiese accortamente.
La verità era che Hermione non aveva ancora detto niente. Apparentemente sorpresa dalla decisione di Ron, continuava a stringere le zanne tra le braccia con gli occhi ancora fissi sulla lucente coppa.

Dopo un momento, Hermione scosse il capo con un sorriso molto debole e stirato. La vera Hermione si conosceva abbastanza da capire quanto la sua sosia fosse in realtà spaventata.

« Certo » la sentì rispondere.

Lasciò le zanne sul pavimento, prendendo una di quelle che le stava porgendo Ron. Fece qualche passo avanti, trovandosi a debita distanza dalla coppa, osservandola come se la stesse studiando nei minimi particolari. Bastò quell'istante di esitazione perché Ron si facesse avanti di un passo, poggiandole la mano sulla spalla in un gesto rassicurante.

« Devi solo chiudere gli occhi, e colpire forte. Qualcosa... - Ron esitò, improvvisamente roco. - una voce potrebbe dirti alcune cose al fine di deconcentrarti, di farti star male. Potresti vedere delle brutte immagini. Tu però non devi dargli ascolto, devi fare finta di niente ».

Hermione si voltò, la zanna ancora stretta nel pugno. La sua ansia era palpabile.

« Tu cosa hai visto? »

Nell'intera Camera dei Segreti piombò il silenzio, e Ron fece scivolare la mano dalla spalla di Hermione. Il suo sguardo era più intenso di quanto, entrambe le Hermione, lo avessero mai visto.
Si schiarì la voce più volte prima di poter davvero parlare.

« Ho... ho visto te che amavi un altro ».
Il cuore della vera Hermione si contorse in una fitta dolorosa; qualcosa che veniva da dentro sembrò comprimerla, come se l'aria attorno a lei fosse svanita, e proprio mentre avrebbe voluto, almeno per metà, continuare a vedere la scena, la parte di lei che desiderava andarsene via di lì sembrò avere la meglio e, nell'arco di un brevissimo momento, si trovò in un altro luogo.

Un forte vento le scompigliava i capelli.
Era comparsa sulla Torre di Astronomia, quella più alta di Hogwarts; era notte, ma il cielo era trapunto delle stelle più luminose. Non ci volle molto perché notasse Ron e sé stessa seduti in bilico sui bastioni, dolcemente abbracciati, le spille da Caposcuola che brillavano appuntate sulle divise.

Sembravano sereni e felici come Hermione non aveva mai visto una coppia prima d'ora.
Come forse lei e Draco non sarebbero mai stati.

« Domani avremo i M.A.G.O. - Disse Hermione in quel momento, ma il suo tono severo fu indebolito dal sorriso che aveva impresso sul volto. - E tu mi hai portata qui mentre sono sicura che hai bisogno di ripassare Pozioni più di chiunque altro in questa scuola ».

In riposta, Ron la strinse a sé.

« Dovevo dirti una cosa. Però devi ascoltarmi senza interrompermi » le disse teneramente, ma insolitamente serio, e Hermione non fece storie rimanendo immobile ad ascoltarlo.

« Allora... stiamo insieme da un anno. Domani avremo gli esami, come hai detto te, e se mai riuscissi a non bocciare - ridacchiò assieme a lei. - potremo, ehm... cominciare a vivere sul serio la nostra vita. E io voglio farlo con te, Hermione. - Perfino al buio della sera, Ron era visibilmente arrossito. - Sarebbe bello se ti trasferissi alla Tana per un po', insomma, finché... non troveremo casa insieme. Voglio sposarti ».

La vera Hermione ebbe appena il tempo di vedere la felicità rispecchiarsi sul suo stesso volto, prima di sentirsi scagliata via dalla scena con la potenza del vento che imperversava a quell'altitudine; forse era stato uno sbaglio, pensò mentre chiudeva gli occhi e si lasciava trasportare dalla corrente dei ricordi, forse vedere le immagini della Fonte avrebbe soltanto peggiorato le cose...

Ma prima che potesse giungere a una qualche conclusione, sentì i piedi atterrare saldamente in una stanza da letto a lei del tutto sconosciuta. Lì l'aria profumava di fiori; la finestra si apriva su un cortile piuttosto ampio, e le rose facevano capolino dal basso.

Hermione passò in rassegna l'ambiente: era una bella camera dai toni chiari, un'intera parete foderata di libri, un grande tappeto che occupava almeno metà stanza. Era la camera che le sarebbe piaciuto avere in una casa tutta sua.

Proprio accanto alla finestra, vide sé stessa seduta ad una scrivania. Dovevano essere passati alcuni anni dall'ultimo sprazzo di futuro: la Hermione che guardava sembrava molto più matura e seriosa, ancora più di quanto non fosse stata ai tempi della scuola.
Aveva di fronte a sé un malloppo enorme di documenti e adesso ne teneva in mano uno, che leggeva con attenzione.
Improvvisamente, la porta si aprì di scatto: due bambini irruppero di corsa, un maschio e una femmina, con la dinamicità di due piccoli tornado. Si litigavano un rospo che stringevano entrambi nelle manine paffute; non dovevano avere più di cinque anni.

« E' mio, mamma, è mio! » strillò la bambina; continuava a stritolare il rospo che suo fratello sembrava non aver intenzione di lasciarle, e i suoi occhioni erano invasi di lacrime. Gli stessi occhi di Hermione.

« Adesso basta. - Intervenne Hermione, senza staccare gli occhi concentrati dal foglio. - Hugo, lascialo a tua sorella ».

« Ma l'ho visto prima io! » urlò di rimando Hugo, che sembrava Ron in miniatura; aveva le sue stesse espressioni e i suoi capelli ricci erano dello stesso colore delle fiamme.

« Lascialo, lascialo! » vociò la bimba con tutto il fiato che aveva, acutissima: il suo grido spacca timpani indusse Hugo a mollare il rospo di botto, con aria spaventata e contrariata.
La porta si aprì di nuovo. Stavolta era Ron; sembrava appena cambiato per andare a lavoro e piccole rughe solcavano il suo sguardo confuso.

« Rosie, perché piangi? » le chiese dolcemente, accucciandosi di fronte alla bimba, che accarezzava distrattamente il povero rospo.

« Hugo fa il prepotente » biascicò, lanciando un'occhiataccia al fratello. Hugo osservava il rospo con occhi avidi.
Ron sorrise appena, dopodiché alzò lo sguardo. La sua espressione gelò in modo quasi impercettibile.

« Hermione, cosa stai facendo? »

Lei non rispose subito. Dal punto in cui la vera Hermione la stava osservando, poteva intravedere la sua aria nervosa e irritabile.

« Sto leggendo il caso per domani, Ron. - Rispose irrequieta. - Tra poche ore avrò finito ».

Ron si alzò lentamente, lo sguardo ancora fisso sulla schiena della moglie. Rose e Hugo uscirono rincorrendosi dalla stanza.

« Ma Hermione, sono giorni che sei ancora su quelle relazioni... »

« Lo so, Ron, ma conosci anche tu la situazione. Non è più come una volta » aggiunse, a voce così bassa che Ron non avrebbe sicuramente udito.
Eppure c'era stata una strana traccia di astio nel tono di Hermione, cosa che la vera Hermione notò con preoccupazione. Cosa c'era che non andava?

Ron intanto le si era avvicinato, e rimaneva in piedi dietro di lei.

« Se ti riferisci all'altra sera... »

« Avresti dovuto controllarti » la voce di Hermione era pungente e fredda, mentre sottolineava con distacco una frase del suo documento.

Alle sue spalle, la fronte di Ron si aggrottò in un cipiglio dispiaciuto.

« Ti ho già detto che mi sono pentito. Vedrai che troveremo il modo di risolvere ».

« Come? - Hermione si voltò di scatto, guardandolo finalmente negli occhi. - In un casinò, Ronald. Hai bruciato tutti i nostri risparmi in un casinò! »

Ron si fece avanti, chiudendo con uno scatto le ante della finestra; non voleva che i bambini, dall'esterno, li sentissero. La sua espressione però era più crucciata che mai.

« Ero con Harry, ci stavamo divertendo... »

« E così hai pensato bene di ubriacarti e di sperperare i soldi che avevamo accumulato in tutti questi anni. - La delusione di Hermione parve affossare Ron sul pavimento. - A quanto pare il denaro ti gioca brutti scherzi ».

I tratti di Ron si indurirono. Adesso non c'era più niente di remotamente dolce sul suo viso.

« Cosa intendi dire? » sibilò.

« Che da quando Harry ti ha dato quel posto di rilievo al Ministero sei diventato imprudente. - Rispose Hermione; la presa su quei documenti era diventata ferrea. - Scommesse, lotterie, casinò. Come se non avessi più niente da perdere. I galeoni ti hanno dato alla testa ».

Il disprezzo acuto di quelle parole sembrarono privare Ron delle sue ultime briciole di dignità. E la vera Hermione fu certa di non averlo mai visto più furente: per un momento ebbe addirittura timore che Ron reagisse alzando le mani. Invece, con suo immenso sollievo, lo guardò girare sui tacchi e andarsene a grandi passi, sbattendo la porta.

Fu proprio quel suono a frantumare tutto ciò che vedeva; e velocemente, in un alone bianco e ventoso, Hermione si trovò ancora in un'altra scena.
Stavolta si trovava in un'altra casa: era ariosa e ben arredata, con un grande camino di pietra e un divano di pelle sul quale erano sedute due donne.

Hermione si riconobbe con un sussulto; la sua sosia doveva avere almeno quarant'anni. Ma al contrario di come talvolta succede, il passare degli anni non aveva giovato alla sua bellezza: il suo volto era stanco come mai l'aveva visto, una stanchezza che non derivava dal sonno, ma dal vivere la propria vita. Una vita che non soddisfaceva e che, anzi, recava tristezza.

Quella al suo fianco, invece, doveva essere certamente Ginny: atletica per la sua età, il volto raddolcito, i suoi capelli apparivano appena un po' più spenti.
Era ben visibile, al solo guardarle, la differenza che le loro vite dovevano avere; infatti, mentre Hermione teneva tra le mani una tazza di thè con aria pensierosa e meditabonda, il percettibile velo di tristezza che la sovrastava, Ginny appariva a proprio agio, gli occhi svegli che spesso indugiavano su di lei, come se si stesse chiedendo in che modo potesse aiutarla.

E fu versando ancora thè nella sua tazza, con una brocca ricamata di papaveri rossi, che Ginny sembrò dar voce ai suoi pensieri.

« Ho sempre pensato che tu avessi fatto uno sbaglio. - Le disse schiettamente, come era sempre stata solita fare. - Non l'ho mai detto per non scoraggiarti, e per rispetto verso di voi... ma mi sono sempre chiesta cosa ci trovassi esattamente in mio fratello ».

Hermione parve non avere il coraggio di alzare gli occhi sull'amica. Forse stava trattenendo le lacrime.

« A lungo sono stata convinta di averlo sempre amato » disse, la voce leggermente tremula.
Ginny inarcò un sopracciglio.

« Ma hai appena detto di non esserne più sicura. E se posso essere franca, Hermione... da come la vedo io, lo amavi soltanto per riflesso incondizionato ».
Lo sguardo stupito di Hermione la sfiorò con delicatezza. Era ovviamente contrariata da quelle parole, ma sembrava non avere la forza per contrastarle.

« Ginny... » mormorò soltanto.

« Invece sai anche te che è così. - Continuò l'altra, il tono fermo, decisa ad averla vinta. - Sei mia amica da anni ormai, e ti dirò le cose come stanno. A Hogwarts non ti importava niente dei ragazzi, lo vedevo; quante volte ho cercato di convincerti a uscire con qualcuno? »

Hermione aveva riportato lo sguardo sulla tazza, ma l'angolo della sua bocca si era miracolosamente sollevato.

« Parecchie » ammise.

« Ma tu hai sempre fatto finta che non te ne importasse niente. Forse avevi paura di impegnarti con qualcuno, o avevi altre cose a cui pensare; comunque sia, sei arrivata al settimo anno che non avevi nessun altro pretendente a parte Ron, e allora hai deciso che, visto che eravate migliori amici, il rapporto avrebbe funzionato anche da fidanzati. Se lui non si fosse innamorato di te, Hermione, credi che l'avresti notato? »
La vera Hermione provò un moto di pena per quella donna sconfitta che giaceva immobile su quel divano. Sapeva che era lei stessa, e le faceva male.

Dannatamente male.

Come aveva fatto a finire in quel modo?

« Bè... - riprese l'altra Hermione, lentamente, come se fosse poco lucida. - Era mio amico... »

« Già. - Ginny la osservò severamente. - Ti sei lasciata abbindolare perché vedevi in lui l'unica possibilità di fidanzarti ».

Era evidente che Hermione avrebbe voluto farla tacere, magari interromperla con un'occhiataccia: ma quelle parole, che trasudavano verità da ogni poro, erano troppo da combattere perfino per lei.

E Ginny, confortata da quel silenzio, continuò imperterrita.

« In più, la tua scelta è stata pessima. -
Disse con convinzione. - Ron ha sempre avuto un brutto carattere, tu sei stata sempre l'unica in grado di sopportarlo. Vi ha fatti cadere in miseria a causa di quei giochi babbani... »

« La crisi è passata da un pezzo. - Mormorò Hermione; aveva lasciato la tazza intatta sul tavolino e adesso si era presa il volto tra le mani, sfinita. - Adesso stiamo bene ».

« Lui sta bene. - Ribatté Ginny di scatto, indignata. - Tu no. Lo vedo, e se ne è accorto perfino Harry. Sei un avvocato da più di vent'anni e passi le giornate seduta alla tua scrivania cercando di risolvere i problemi della gente. Rose e Hugo stanno finendo Hogwarts, dopodiché li vedrai ancora meno di adesso. Ron... bè, mi hai detto che ultimamente non siete più d'accordo su niente, e Harry mi ha confidato che più di una volta, ultimamente, è andato a lavoro ubriaco. Questo non è ciò che volevi, Hermione... »

Ginny si interruppe: le lacrime adesso scorrevano attraverso le dita di Hermione. Un istante dopo si stavano abbracciando, lei scossa dai singhiozzi.

« Oh, Ginny! - Proruppe Hermione, la voce soffocata. - Sento di non aver combinato nulla di buono nella mia vita ».

Fu come precipitare nel baratro più profondo. La vera Hermione si sentì mancare il terreno sotto i piedi e fu quella strana sensazione di malessere e di vergogna, nel vedersi ridotta in quello stato, che la indusse a volgere lo sguardo altrove, come se ciò fosse indecente perfino per lei.

E Draco aveva avuto ragione.
Sì, aveva ragione.

« Hai due figli stupendi. - La stava consolando Ginny; la sua voce proveniva lontana. - Che fortunatamente non hanno preso granché da loro padre... forse solo un po' di lentiggini».

Sentiva che Ginny stava sorridendo. Ma non aveva importanza.
Hermione voleva soltanto andarsene via di lì, tornare alla sua vera vita e cancellare tutto ciò che aveva appena visto. Voleva rimuovere tutto quanto.

« Cosa devo fare, Ginny? » domandò l'altra Hermione in un nuovo singhiozzo.

« Ricominciare da capo. - Sentì la risposta di Ginny, senza ancora aver intenzione di guardarla. - Senza più fossilizzarti nel passato. Ma se vorrai ancora Ron, non te lo impedirò ».

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