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Capitolo 87

Al castello di Hogwarts, in quell'esatto momento, qualcuno varcava pigramente l'umido portone d'ingresso.
Quella giornata di perlustrazione era stata perfettamente inutile, come del resto si era già immaginato prima di uscire; in più, quel vento fastidioso aveva rischiato più volte di far saltare via il suo cappello goliardico.

Claudius, l'aria decisamente torva, si incamminò in direzione della Sala Grande lasciando dietro di sé una scia d'acqua fangosa, rendendosi conto si essere giunto al limite della sua infinita pazienza.

Perché non succedeva niente?, si domandò. Come mai nessuno li attaccava, li minacciava, li studiava per carpire le loro mosse? Per quale motivo era tutto così dannatamente tranquillo?

Claudius non era mai stato uno abituato alla guerra. Eppure, almeno a sé stesso, doveva ammettere che l'avrebbe preferita all'immobilità degli eventi che si spaziavano attorno a lui; perché quella tenue ansia che lo stuzzicava ogni qual volta, sulla torre, scrutava attentamente le foreste, e lo strano malessere che si faceva forza dentro di lui con il procedere inesorabile del tempo erano quanto di più sgradevole avesse mai avuto occasione di provare.

Scocciato, e privo, come al solito, di qualsiasi risposta, si affacciò alla porta, scorrendo lo sguardo sulla Sala; ai tavoli erano disseminati alcuni studenti intenti a giocare a scacchi, mentre non vi era nessuna traccia degli altri Vampiri. Si ritirò e riprese a camminare pensando di controllare su una delle torri più alte: forse lì avrebbe trovato compagnia...
Poi un rumore lo distrasse.

Claudius, quasi senza accorgersene, si era fermato con gli occhi rosso chiaro ridotto a due fessure, la testa inclinata.
Era un lieve rumore ripetuto. Sembrava un piccolo martello.
Prese ad avanzare, stavolta più speditamente, ma proprio mentre si aspettava di cogliere qualche individuo a giro per il castello, si trovò si fronte ad una delle scene più assurde che avesse mai visto da quando aveva messo piede a Hogwarts.

Gazza, quel patetico umano dalla faccia smorfiosa, stava in bilico su una scala piuttosto malridotta e sembrava fare del suo meglio per picchiare a dovere i chiodi contro il muro, ai quali erano appese cornici dall'aria ufficiale.

La professoressa Umbridge, uno scuro moscone ai piedi della scala, vigilava l'operazione con le dita tozze poggiate sul suo nuovo cardigan color petrolio.
Claudius non aveva mai avuto occasione di parlarci, e soltanto vedendola sentiva scivolare via tutta la buona volontà nel farlo; nonostante ciò, si avvicinò con lo sguardo che vagava sulle cornici nuove di zecca chiedendosi di cosa mai si trattasse.

Il primo decreto che lesse recitava a chiare lettere "Gli studenti sono tenuti a portare sempre la divisa in modo rispettoso, pena una settimana di punizione".

« Su, Gazza, mettici più impegno! - Trillava la Umbridge nel frattempo, a qualche metro da lui. - Per stasera dovremo aver riempito l'intera facciata! »
Claudius scoprì di non avere la forza di guardarla. Arretrando di un passo, il viso piegato in un lazzo incredulo, approfittò del fatto di non essere ancora stato visto per leggerne altri.

I ragazzi e le ragazze non possono stare a più di venti centimetri l'uno dall'altra.
Le squadre di Quidditch sono sciolte a partire da questo momento. Per ricostituirle, contattare la vicepreside Dolores Umbridge.
Gli studenti che si troveranno fuori dalle loro stanze oltre le nove di sera saranno espulsi.
Qualunque critica mossa verso i nuovi provvedimenti disciplinari verrà duramente punita.

Erano tantissimi, pensò Claudius, la testa riversa all'indietro nell'osservarli.
Erano davvero parecchi e sembravano aumentare con il passare dei minuti.
Portò lo sguardo sulla Umbridge, che valutava con soddisfazione il lavoro incessante di Gazza.

Quindi non era uno scherzo. Quella donna era davvero tremenda, proprio come gli avevano raccontato.
Claudius si grattò distrattamente la tempia; era assurdo, e nello stesso tempo se ne pentiva come un ladro, ma non poté fare a meno di ridacchiare sotto i baffi di fronte ad un avvenimento del genere.

Il suo era più un ghigno incredulo, dettato dalla reale pena che quella umana, al solo guardarla, era in grado di suscitargli. Perché mai una donna di età avanzata, come lei, avrebbe dovuto sprecare tempo in questioni simili? Non aveva forse una vita da vivere, una famiglia di cui occuparsi?

Claudius si ricompose in un cipiglio accorto. Di qualunque cosa si trattasse in realtà, lui ne avrebbe tirate le somme molto presto.

« E' lei l'autrice di questi decreti? » domandò Claudius, avvicinandosi, tutto sommato gentilmente.

Fu incredibile a dirsi, ma la Umbridge sobbalzò appena nel vederselo davanti. Probabilmente era già a conoscenza del fatto che i Vampiri si trovassero nel castello; ma allora come si poteva spiegare quella evidente ritrosia, che l'aveva portata addirittura ad arretrare di qualche passo?

Claudius si limitò ad attendere una risposta, osservandola pacatamente, con un sorriso angelico stampato sul volto. Le mani erano incrociate dietro la schiena in un gesto che sperò potesse rassicurare la vecchia.

Peccato che la sua falsa aria gentile non avesse del tutto sortito l'effetto desiderato.

« Esatto. - Rispose la Umbridge; si era inaspettatamente erta in tutta la sua misera statura e, nonostante il tintinnio iniziale, sembrava aver recuperato alla grande la padronanza di sé. - In questa scuola serve un po' di disciplina ».
Rimasero a fissarsi. Claudius esercitò un enorme sforzo per non sorridere ancora.

« Capisco. Se non sbaglio, aveva già istituito i decreti due anni fa ».
Gli occhi della Umbridge si assottigliarono pericolosamente. Era evidente che quella conversazione non le piacesse per niente. Solitamente, infatti, era lei quella che si prendeva la briga di interrogare su tutto e tutti.

« Come ho già detto - ripeté lentamente, come se si stesse riferendo a un bambino un po' capriccioso. - in questa scuola serve disciplina. Ordine. Il suo nome, prego? »

Aveva sfoderato un sorriso che sarebbe parso amichevole solo a uno stolto; infatti Claudius, ben lungi dal fidarsene, si rabbuiò ancora di più.

« Non sono uno studente » replicò, e ghignò furbescamente di rimando.
La Umbridge, tuttavia, non batté ciglio. Incurante di Gazza che, dall'alto, la guardava in attesa di approvazione per la precisione con cui aveva affisso l'ultima cornice, adesso non aveva occhi che per Claudius.

« Questo lo vedo. - Disse apparendo, curiosamente, leziosa e acida al tempo stesso. - Ed è un motivo in più per conoscere i suoi dati personali. Il suo nome? »

Lo ripeté con una forza a dir poco impressionante, come se fare domande fosse qualcosa a cui lei era ormai avvezza da tanto tempo. Claudius, tuttavia, decise ancora di non lasciarsi impressionare.

Sorridendo ancora più di prima, lasciò che lo sguardo vermiglio si posasse sulla lucente targhetta che la Umbridge aveva appuntato sul cardigan, e si voltò nuovamente in direzione dei decreti.

« Dolores. - proferì, forse per il semplice gusto di irritarla. - Sono qui con il compito di assicurarmi che sia tutto a posto. E qui non lo è affatto ».
Sembrò esattamente che la Umbridge avesse appena inghiottito qualcosa di indigesto.

« Questi decreti - calcò con forza, sillabando ogni singola parola. - servono ad apportare migliorie al movimento disciplinare di questa scuola. Va-tutto-bene ».

Gazza, dall'alto, aveva mestamente ripreso a picchiettare sul muro. Claudius, invece, appariva letteralmente scandalizzato; e se da una parte i modi della Umbridge lo facevano a tratti sorridere, dall'altra quel comportamento dava in modo di far scatenare la parte più oscura di lui.

Ed era divertente.
Sì, era divertente.

« Migliorie alla scuola? - Claudius indicò un decreto a caso. - E cosa c'entra che "Alle ragazze è vietato portare gonne più corte di cinquanta centimetri"? La trovo una cosa perfettamente inutile, come tutte le altre stupide regole che si sta impegnando così tanto a far rispettare ».

« Lei non è tenuto a esprimere pareri! - Sbottò la Umbridge immediatamente; dai suoi occhietti pericolosamente allargati, Claudius capì con soddisfazione che era vicina a perdere il controllo. - Lei è soltanto... »

« Un Vampiro, signora. - La interruppe Claudius, così quieto da urtare pesantemente i nervi della Umbridge. - Sono solito nutrirmi di sangue umano; è la mia natura. Nessuno viene graziato. - Fece una pausa, osservandola con intensità. - Nessuno ».

La Umbridge arretrò ancora di altri due passi. Il suo sbigottimento era talmente palese che perfino Gazza, dopo aver finito di appendere l'ultima cornice, si era chinato per assistere alla scena.

« Questo... lei sta minacciando un rappresentante di questa scuola! - Esclamò con voce acuta, puntando su Claudius un dito tozzo. - Lei ha... »

« Fatto una semplice constatazione. - Claudius sembrò svogliato; e nello stesso tempo, capì che era l'ora di levare le tende. - Le consiglio di rifletterci sopra. Ci rivedremo, Dolores».

Si voltò senza attendere una risposta, il mantello ancora bagnato che ondeggiò nell'aria pesante.

Si voltò e lasciò che fossero gli zampillii delle suole fradice degli stivali a parlare per lui.
Perché nonostante tutta la situazione, ad un occhio cinico, sarebbe apparsa oltremodo buffa, lui era ben cosciente di non potersi permettere di fermarsi solo all'apparenza.

Lo sapeva e aveva realmente timore di ciò che quella strana umana avrebbe potuto combinare.
Avrebbe dovuto soltanto avvertire gli altri Vampiri, e assicurarsi di tenere gli occhi ben aperti.

E fu così che, con un brevissimo sospiro, tenendosi fermo il capello con una mano, si infilò nuovamente nella tempesta di gelo.

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