Capitolo 86
La Stamberga Strillante, quel giorno, appariva intimidatoria come non mai.
Il forte vento invernale, che durante la giornata si era intensificato vertiginosamente, si infrangeva con violenza sulle assi cigolanti dell'edificio provocando un baccano inimmaginabile; le persiane malandate delle finestre sbattevano forte contro le mura che a malapena si reggevano in piedi, e gli spifferi d'aria fredda si insinuavano impetuosi attraverso i vetri infranti che ricoprivano alla meglio la facciata.
La leggenda che quel luogo fosse infestato dai fantasmi si tramandava da intere generazioni; e ancora oggi, nelle vecchie locande, in giornate burrascose come quella, gli anziani abitanti di Hogsmeade amavano parlarne.
In realtà chiunque, in quel momento, se mai avesse osservato l'edificio in lontananza, non avrebbe avuto alcun dubbio sulla veridicità di tali leggende: solitamente, infatti, una dimora vuota non provocava tutto quel fracasso senza il contributo della Magia Nera o di qualche terribile spettro antico, che sicuramente era stato mandato lì per maledire tutti gli abitanti del paese.
Questo era il principale motivo per cui nessun abitante dotato di un minimo di ragionevolezza si sarebbe mai arrischiato a varcare la soglia della Stamberga; si mormorava addirittura che l'entrata fosse nascosta, o perfino inesistente, ed era esattamente a causa di ciò che la dimora non poteva essere abitata da nessun altro che da spiriti e fantasmi.
Tali dicerie non avevano mai avuto altro scopo se non quello di spaventare i creduloni e di far sì che la gente si tenesse alla larga dalla Stamberga; qualcuno in particolare, però, aveva deciso di cogliere le vecchie superstizioni a suo vantaggio.
E fu con un flebile sorriso amaro, seduto su un letto coperto di polvere, che quel qualcuno si sistemò meglio sul suo giaciglio, la tempesta che infuriava al di là della finestra aperta e scricchiolante.
Ad un occhio poco attento, egli sarebbe parso null'altro se non un vecchio dall'aria poco vitale; una considerazione errata che, in certi casi, avrebbe potuto costare la vita.
Fuggito dalla Confraternita di cui era capo, Harmon il Vampiro non aveva potuto fare a meno di contattare una persona di assoluta fiducia per venire a parte di ciò che stava accadendo nel Paese.
Secondo uno strano accordo, lui sarebbe dovuto essere morto; non poteva rischiare assolutamente che qualcuno venisse a conoscenza del suo piano, e viaggiare in incognito era ormai divenuta la sua specialità.
Ma la verità era che ne aveva abbastanza di continuare a nascondersi; all'inizio aveva pensato di potercela fare, ma solo adesso si era reso conto di non essere poi così determinato a stare nell'ombra.
Aveva sempre odiato la guerra; se ne era sempre allontanato nell'averne la possibilità, non apprezzava il movimento burrascoso delle battaglie e le vite che scivolavano via dai corpi senza essere vendicate a dovere. Lui era un amante della pace e della solitudine, di un mondo tranquillo come quello in cui aveva vissuto solo per poco tempo.
Cosa gli rimaneva da fare, ancora? Poteva solo sperare che, qualunque cosa fosse, finisse in fretta.
L'ansia dell'avere nuovamente la sua vecchia vita lo portò, bizzarramente, a desiderare la guerra, un confronto, per poter porre fine una volta per tutte alla tirannia di quello stupido Vampiro che, se tutto andava per il verso giusto, non sarebbe sopravvissuto ancora a lungo.
E i suoi pensieri vagarono su Cheania, la sua pupilla, a cui aveva lasciato per breve tempo le redini della sua Confraternita.
Di lei si fidava; forse era perfino più adatta di lui per una situazione del genere.
Quella Alp era sempre stata un amante della guerra; amava farsi valere sul campo di battaglia, per poi raggiungere la pace e la tranquillità a cui anche Harmon aveva sempre ambito. Si chiese cosa stesse facendo in quel momento, quali piani stesse architettando, se si stesse già muovendo contro i nemici, e per un attimo desiderò essere con lei e dirle quanto fosse orgoglioso.
Dal basso, provenne un acuto cigolio di assi calpestate. Nemmeno le forti frustate del vento erano bastate a soffocare il rumore, e Harmon sorrise istintivamente.
Era arrivato.
Rimase tuttavia seduto, in attesa che i passi si scontrassero con il fango che impregnava le scale decadenti, e fu con piacere che, un attimo dopo, si ritrovò di fronte l'amico di un tempo.
« Sanguini » salutò, con un sorriso cortese che, tuttavia, l'altro non ricambiò.
Era praticamente zuppo: la sua veste color cremisi si presentava grigio scuro, l'orlo bagnato da innumerevoli spruzzi di fango, e si appiccicava insistentemente al suo corpo gracile.
Sanguini parve fare un evidente sforzo per non lamentarsi del suo stato; e fu con uno sbuffo a metà che afferrò una sedia malridotta e traballante lì accanto, mettendosi seduto con la sua solita grazia. I suoi occhi erano vigili e vispi come loro solito.
« Ti trovo bene, nonostante ti sia dato alla macchia da più di una settimana » commentò in tono incolore, guardandosi intorno e soffermandosi sul tavolo spaccato, le candele consumate, le tende ridotte a brandelli e l'acqua che pioveva dalle tegole mancate del tetto.
Harmon si strinse appena nelle spalle.
« Non è difficile adattarsi. Non volevo scomodarti, ma non potevo chiamare Cheania; avrebbero potuto seguirla più facilmente ».
« Sì, ovviamente sarebbe potuto accadere. - Replicò piattamente Sanguini - Ma non mi stai affatto scomodando; quel castello è così noioso che questa visita giunge come una manna dal cielo ».
« Vediamo di renderla più interessante, allora. - Disse Harmon, ignorando il vento che sbatacchiava le porte. - Parlami di quello che sta accadendo. Non ho avuto la possibilità di procurarmi dei giornali... »
Sanguini prese un breve sospiro, e la sua aria acida lasciò spazio per un attimo a un'espressione solenne.
« Non sta accadendo alcunché, ed è questo il problema. I giornali parlano ancora dei Licantropi e dei Babbani uccisi... ma fino ad ora nessun segno di un attacco alla scuola, il che è una vera sorpresa, vista l'improvvisa morte di Silente ».
« L'improvvisa presunta morte di Silente. - Commentò Harmon, deciso e assorto nello stesso tempo. - Sai come la penso in realtà. Lo conosco da tanto tempo. Mi fido di lui ».
Sanguini, irresistibilmente, ruotò gli occhi verso l'alto come se avesse già udito quelle parole troppe volte.
« Con tutto il rispetto, Harmon, Silente era soltanto un umano. - Il suo tono era decisivo e non dava adito a false speranze. - Dotato, intelligente ed esperto quanto più ti aggrada... ma rimane pur sempre un umano. Sono pari a zero i casi in cui qualcuno della sua razza sia sopravvissuto all'attacco mortale di un Vampiro ».
« Concedigli il beneficio del dubbio, allora. - Harmon stava sorridendo; il suo volto fu illuminato per un istante da un lampo esterno. - Altrimenti, come spiegheresti il fatto che Voldemort e i suoi non abbiano ancora preso possesso della scuola? »
Sanguini si finse meditabondo per un attimo, i capelli castani che ancora grondavano acqua.
« Perché hanno paura di me, ovviamente. Come dar loro torto » aggiunse, quasi sovrappensiero, e Harmon sorrise in risposta.
« Sei sempre più strano ad ogni volta che ti incontro ».
« Può essere. Intanto, però, sono l'unico che riesce a farti ridere ».
Harmon picchiettò distrattamente il tavolino con la punta delle dita.
Già.
« Parlami di Harry Potter. - Disse improvvisamente. - La sua trasformazione dovrebbe essersi ultimata ».
Sanguini alzò di nuovo il capo, con l'aria di chi si ricorda improvvisamente qualcosa.
« Oh, già. Lui. - Prese a strizzarsi le maniche della veste, dalle quali piovve una piccola cascata d'acqua. - Un soggetto piuttosto melodrammatico, se lo vuoi sapere ».
Le labbra di Harmon si incresparono di nuovo.
« Si è svegliato proprio stamattina. - Continuò Sanguini. - Non sono andato a trovarlo, ma immagino che sia a letto a riflettere sulla recondita e abissale inutilità del rimanere chiuso in infermeria con una bella giornata come questa. Non mi chiederai di parlargli, vero? - Sanguini si accigliò. - Prima voglio assicurarmi che sia uscito dalla depres... »
« No, non te lo chiederò. - Lo interruppe Harmon leggero, sventolando una mano. - Ero solo curioso dei suoi progetti. Penso che ne abbia parlato con gli amici più stretti... ma credo abbia intenzione di toglierci Voldemort di mezzo una volta per tutte ».
« Oh bè, in questo caso gli lasceremo libera la strada, suppongo. Per interesse di Voldemort, soprattutto. - Sanguini ghignò affabile. - Essere sconfitto da un ragazzino del genere è un'onta di disonore che non verrà lavata via facilmente ».
Harmon annuì meccanicamente.
« E il momento di Harry Potter sarà anche il nostro. - Mormorò. - La guerra quando arriva, arriva per tutti ».
Il vento continuava ad abbattersi sulla Stamberga; l'intera costruzione oscillò per un momento.
« Noi siamo qui. - Disse Sanguini. - E come sempre, accogliamo la guerra a braccia aperte ».
Già, si disse Harmon. Sempre a braccia aperte.
E adesso il suo prossimo pensiero, a parte quello di fare in modo di trovarsi sempre nelle vicinanze per poter aiutare i suoi amici, era di cercare un altro luogo in cui nascondersi.
Una casa come quella andava bene. Soltanto un po' più asciutta, magari.
Sì. Asciutta e senza alcunché che fosse in grado di spazzarla via.
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