Capitolo 75
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Si dava il caso che quello fosse il giorno a cui nessun single ammette di dare importanza.
Il giorno in cui un sole più dorato del solito si affacciava oltre le alte e sottili guglie del castello, disperdendo i suoi luminosi, benché tiepidi raggi sulle distese di erba sormontate di brina, e in cui, in un certo senso, gli uccellini sembravano cantare un po' più allegramente mentre schivavano una torretta dietro l'altra.
Era il giorno in cui le persone si lanciavano più occhiate del solito, piccoli e innocenti sorrisi maliziosi scambiati da un tavolo all'altro della Sala Grande, sguardi languidi che vagavano dappertutto alla ricerca di un pacchettino nascosto chissà dove, o di una pergamena arrotolata che celava frasi ardenti di passione mai svelata.
Era la data in cui ogni single cercava di comportarsi come al solito, esponendo con cura le sue opinioni su quanto quella festività fosse sciocca e frivola, così lontana dal suo mondo che non si sarebbe sognato mai di aspettarsi qualcosa da qualcun altro, figurarsi. Nessuno poteva cadere così in basso, ripeteva con sdegno a tutti quanti, mentre furtivamente, con la coda dell'occhio, seguiva la scia di una coppia che si teneva per mano o dedicava uno sguardo invidioso alla ragazza, laggiù, che riceveva un regalino nel palmo della mano.
Precisamente, era il giorno in cui ogni coppia normale aveva la possibilità di dimostrare appieno l'amore che provavano l'uno per l'altra, condito di frasi sdolcinate e paroline zuccherose, promesse di unione eterna che forse, da lì a pochi giorni, o settimane, un soffio di vento un po' più forte sarebbe stato capace di spazzare via.
Una coppia normale, appunto; appellativo del tutto inadeguato da affibbiare ai due studenti che, negli ultimi mesi, avevano fatto discutere Hogwarts più di chiunque altro.
Si dava il caso che Hermione Granger, una dei due diretti interessati, quella mattina di San Valentino stesse scendendo le scale del castello con un diavolo per capello. La borsa straripante di libri che le penzolava al fianco, le sopracciglia aggrottate, si sentiva irritata, aveva pensato inizialmente, senza una motivazione precisa; la spiegazione però le fu offerta su un piatto d'argento non appena aveva poggiato il primo piede sullo scalino del suo dormitorio, e allora via con ragazze strillanti strapiene di lettere e pacchettini, via con rivoltanti decorazioni a forma di cuore che cadevano incessantemente dal soffitto, e infine, via con coppie melense che si contorcevano sui divani come gatti in amore.
Hermione aveva fatto il possibile per uscire il più presto da lì, e una volta copertasi le orecchie per il fracasso - sfortunatamente lei subiva il rumore più di chiunque altro - aveva scavalcato le montagne di cuoricini di carta che inondavano il pavimento e si era letteralmente gettata fuori da quel manicomio, a cui aveva infine lanciato un'occhiata di profonda disapprovazione.
Non era che San Valentino non le piacesse. Era soltanto che non le si addiceva.
Sì, poteva anche ammettere di essere stata contenta, nel suo passato da umana, di ricevere a San Valentino la dichiarazione di Viktor; il ricordo, sebbene ormai un po' lontano, era ancora capace di farla sorridere di tenerezza. Lui non era stato quello giusto per lei, ovviamente, ma sentiva che quello sarebbe stato il ricordo più bello a cui avrebbe associato San Valentino; con le premesse che c'erano di quei tempi, cos'altro avrebbe potuto aspettarsi?
Hermione si trovò a fantasticare tristemente per un breve momento; si immaginò Malfoy che le regalava un mazzo di rose, sorridendole con dolcezza, davanti a tutti quanti che li fissavano allibiti. Lei scacciò subito il pensiero, a cui impedì di approfondirsi e di riempirsi di dettagli. Quello non era certo il modo di fare di Malfoy, che sicuramente valutava quel giorno come uno qualunque.
Mestamente, Hermione fece di tutto per schivare e non guardare le coppie che affollavano i corridoi - soltanto alla loro vista, scoprì di provare un improvviso e violento fiotto di gelosia - e raggiunse la Sala Grande un po' trafelata, rendendosi conto che lì dentro, probabilmente, la passione per il San Valentino si sarebbe scatenata con la furia di un tornado.
Infatti, prima di entrare, Hermione si accostò cautamente all'arcata per osservare la situazione, e subito si ritrasse di qualche centimetro con aria crucciata.
Gli studenti, che sciamavano verso le tavolate cariche di pacchettini incartati, sembravano più agitati ed estroversi del solito; infatti Hermione non tardò ad individuare qualche coppia intenta a baciarsi appassionatamente tra fragorosi applausi e risate sparsi qua e là. Inoltre, in qualche modo sembrava risorta la tradizione portata anni fa da Allock; qualcuno lo aveva imitato e dal soffitto della Sala, di un bianco lattiginoso, cadevano centinaia di letterine e di coriandoli a forma di cuore del tutto simili a quelli che affollavano la sala comune dei Grifondoro. Hermione si guardò freneticamente intorno per accertarsi che, almeno per quell'anno, le fossero stati risparmiati i piccoli nani-Cupido, ma ciò che catturò la sua attenzione fu soltanto Pix, che si divertiva a riempire di coriandoli ogni fessura della veste di un'incurante professor Piton.
Non appena Hermione fu entrata, una mano si levò dalla sua tavolata e lei la raggiunse velocemente, accomodandosi di fronte a Claudius e accanto a Neville; quest'ultimo aveva un'aria così depressa che nemmeno la notò, il viso sepolto nella Gazzetta del Profeta e i capelli pieni di coriandoli.
« Ehilà » salutò Claudius con un sorriso, la mano candida che stringeva elegantemente un calice colmo di - Hermione ne avvertì subitaneamente l'odore - sangue color rosso acceso. Lei ricambiò il suo sorriso, fingendo di sistemare la borsa sulla panca mentre si voltava furtivamente in direzione del tavolo dei Serpeverde. A primo acchito individuò la Parkinson e la Greengrass, chine e ridacchianti su una lunga pergamena, ma non vi era nessuna traccia dell'inconfondibile testa bionda che cercava.
« Come sta Harry? » domandò allora Hermione con apprensione, attirando a sé la bottiglia verde scuro che sicuramente aveva fatto apparire Claudius.
« Sta bene. Ho vegliato su di lui per gran parte della notte. Ormai dovrebbero mancare poche ore al suo risveglio ».
« Oh » rispose lei. Se possibile, adesso si sentiva ancora più ansiosa, e prese tempo bevendo un sorso di sangue dal suo bicchiere.
Non aveva dimenticato il dissapore avuto con Claudius proprio il giorno prima, e a dir la verità non lo aveva affatto perdonato per ciò che aveva fatto al suo migliore amico. Nonostante tutto, però, sforzò di mostrarsi amichevole; quella giornata sarebbe stata già tremenda, senza il bisogno del contributo di un'altra litigata. Hermione aveva deciso di evitare di guardarlo direttamente, ma alla vista delle coppie immerse nel loro amore felice, cambiò subito idea.
« Più tardi andrò a trovarlo » disse.
« E' una buona idea. - rispose lui, senza sentimento. - Forse riuscirai a cogliere il momento del suo risveglio ».
Hermione annuì, osservando depressa i cuoricini sfolgoranti che affogavano nel suo bicchiere ancora pieno. Aveva appena deciso di tirare fuori il libro di Aritmanzia, tanto per fare qualcosa, quando un'inconfondibile entrata in Sala Grande catturò la sua attenzione.
Eccolo.
Provò uno strano risentimento nell'osservare quella sagoma, così alta e slanciata, che raggiungeva il proprio tavolo seguita da un'infinità di desiderosi sguardi. Draco Malfoy però non sembrava accorgersi minimamente dell'effetto che produceva sugli esseri umani; il volto fiero, gli occhi distanti da tutte quelle persone, appariva come un Re che oltrepassa con alterezza la sua corte.
Non appena si fu seduto, Daphne Greengrass gli mandò un grosso bacio con la mano, al quale lui rispose con un debole sorriso mentre si dedicava alle ragazzine che cominciavano a presentarsi di fronte a lui con doni e pacchetti. L'umore di Hermione Granger, stavolta, andò definitivamente a farsi benedire.
Cretino.
Libertino cretino.
« Dì un po', - esordì Claudius proprio in quel momento, avendo assistito alla scena con un impercettibile sorriso sarcastico - tu non hai regalato niente a nessuno? »
Hermione si voltò con aria omicida. Parve fare uno sforzo incredibile per mantenere un tono di voce appropriato.
« Non ho bisogno di manifestare in questo modo i miei sentimenti. - rispose, con una vena caustica. - Soprattutto con le persone sbagliate ».
Odiava il San Valentino. Adesso ne era davvero convinta.
« Allora cosa aspetti a cercare quella giusta? »
Hermione alzò lo sguardo su Claudius. Il suo sorriso impertinente, se possibile, la fece innervosire ancora di più.
Maledetto Malfoy.
« Hai ricevuto delle lettere, guarda » disse Hermione, cogliendo l'occasione di cambiare discorso non appena dei piccoli rotoli di pergamena caddero sofficemente accanto ai gomiti del Vampiro. Claudius le dedicò un'occhiata guardinga, mentre li raccoglieva velocemente.
« E tu guardati le spalle ».
Hermione non rispose immediatamente. Capendo l'avvertimento, si voltò cautamente in direzione del tavolo dei Serpeverde rovesciando accidentalmente il bicchiere che inondò del suo contenuto la Gazzetta di Neville.
« Oh! »
« Scusa, Nev... »
Poi si bloccò. Phyllis, la Damphyra bionda che aveva incontrato alla Confraternita, doveva essere entrata senza che Hermione se ne accorgesse e adesso stava seduta accanto a Draco; sporta inevitabilmente verso di lui, ridacchiando come un'insopportabile civetta, lo aiutava a leggere le pergamene che le ragazzine gli avevano appena portato. Malfoy non sembrava darle eccessiva corda, ma certamente non si era allontanato di un centimetro.
Hermione rimase imbambolata per un attimo, le risatine di Phyllis che la ossessionavano col loro ronzio.
Adesso vado lì e le spacco la faccia.
Inutile, - rispose un'altra vocetta nella sua testa, - dovresti combattere con almeno metà scuola. E dopo, con il resto delle corteggiatrici che si sarà trovato fuori.
Hermione si costrinse a distogliere lo sguardo, le unghie piantate nei palmi.
Allora faccio fuori lui, così avrò risolto tutti i miei problemi.
L'altra vocetta non replicò, così Hermione pensò finalmente di aver indovinato; riportò riluttante lo sguardo su Claudius, che aveva aperto la prima lettera e ne fissava il contenuto con aria allibita.
« Che c'è? »
Il Vampiro alzò lentamente gli occhi su di lei, stralunato. « Non immaginavo che delle bambine avessero simili... bollori ».
Hermione sorrise, suo malgrado, prendendogli la lettera di mano. Bastarono le prime righe per farla sbiancare più di quanto già non fosse, e per provocarle una risata divertita che sembrò umiliare Claudius più del dovuto.
« Basta così. - fece Claudius piccato, riprendendosi la lettera e accatastandola sulle altre. - Sono proprio curioso di sapere cosa scrivono a te, invece ».
« A me?... » disse Hermione in tono confuso, e l'altro le indicò un mucchietto di pergamene proprio vicino a lei. Dedicò loro uno sguardo sbilenco, prima di prenderne una e di scoprire, come era scritto a lato, che il destinatario era proprio lei.
Ne prese un'altra, con velocità. Anche quella recava il suo nome, come le altre tre, e poi sette, e poi nove. Fu alla fine, quando Hermione si ritrovò le braccia strapiene di lettere ancora sigillate, che si rese conto del vantaggio che aveva appena acquisito.
Anche lei aveva degli ammiratori.
Ancora piuttosto disorientata, si accorse a malapena che la campanella suonò proprio in quell'istante. Claudius si alzò, dopo averla osservata a lungo con uno strano sorrisetto.
« Intendi farci quello che penso? »
« Soltanto se hai notato quanto se la spassa il tuo compare » frecciò lei acidamente, e con foga, mentre tutti gli studenti si alzavano per dirigersi alla prima lezione, Hermione ficcò la maggior parte delle pergamene nella sua borsa già stracolma di libri; riuscendo infine a chiuderla per miracolo, si alzò accorgendosi di essere in ritardo.
« Meglio che vada » disse precipitosamente, e sotto lo sguardo un po' allibito di Claudius, che aveva assistito alla scena impotente, la guardò fuggire dalla Sala Grande con quell'enorme borsa che le sbatacchiava al fianco.
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