Capitolo 67
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La breve melodia di Fanny si disperse nel silenzio compatto della stanza. Essa colpì le pietre delle mura circolari, raggiunse gli scaffali coperti da un sottile strato di polvere e scavalcò i tavoli e le scrivanie, impregnando della sua dolcezza le deboli e vecchie pergamene che li affollavano. Scivolò veloce nell'aria fino a sfiorare con leggerezza un mantello color carbone e una pregiata barba bianca che dava le spalle a tutto quanto, anche agli abissi di quei neri occhi lucidi in cui il vento gelido imperversava come quello al di là dei vetri costellati di stelle di brina.
La Fenice si riscosse arruffando per un momento le soffici piume rosso fuoco, impotente su quel misero trespolo di legno, avvertendo però sul suo stesso corpo l'atmosfera pesante che invadeva la stanza quasi come se stesse scandendo il ritmo di una bomba ad orologeria. Si limitò a continuare a fissare la schiena del suo padrone, immobile già da molti minuti, le fiamme dorate che danzavano impetuose nel camino e il loro crepitio crocchiante che si dilungava sulle pareti; il calore che sprigionavano doveva essere piacevole e rilassante, eppure Albus Silente non sembrava avvertirlo sulla sua pelle pallida.
Nei suoi vividi occhi azzurri era presente un'ombra così cupa da apparire disarmante, le braccia abbandonate sui braccioli della sedia e il corpo in bilico sulla sua estremità. Dietro di lui, al di là della scrivania affollata, una bocca sottile era socchiusa in un espressione di estrema incredulità e sorpresa.
« Non è da te reagire così. Ci deve pur essere un altro modo per risolvere la situazione, dobbiamo soltanto ragionarci su ».
La voce di Severus Piton era stata incoraggiante, ma nella persona di Silente non sortì nemmeno minimamente l'effetto desiderato. Il Preside si limitò a socchiudere le palpebre, lo scoraggiamento che traspariva da ogni suo movimento, un breve sospiro che sfuggì dalle sue labbra incorniciate dai fili d'argento. Sembrava aver voglia di alzarsi di lì e guardare fuori dalla finestra, osservare le fresche colline innevate e le nuvole indistinguibili nel cielo, ma sembrava incapace di farlo. Era come se il peso del suo fallimento lo costringesse lì su quel pezzo di legno, lo inchiodasse al pavimento come imprigionandolo.
« Lo avevo già trovato, Severus. Ma Harry è solo un ragazzo, ed io io gli sto stravolgendo la vita ».
Ci fu silenzio, un silenzio spezzato dai passi nervosi di Piton che giravano sul pavimento. Il suo mantello nero ondeggiava ad ogni suo movimento, muovendosi nell'aria calda dell'ufficio immerso dalla luce ambrata delle torce appese ai muri.
« E' vero, ma hai detto che non c'è altra soluzione. Se capisse che è l'unico modo, che nelle vesti in cui si trova adesso il Signore Oscuro si ritrova con infinite possibilità di ucciderlo »
Silente scosse appena la testa, come se perfino quel minimo movimento gli recasse dolore « Harry lo sa già, Severus. Gli ho spiegato tutto ciò di cui necessitasse la conoscenza e adesso sta solo a lui compiere la sua scelta una scelta che sono stato obbligato a imporgli, ma di fronte alla quale non avrei mai voluto costringerlo ».
Quella vecchia, stentorea voce si era affievolita sull'ultima parola, mentre i passi pensosi di Piton si arrestavano e l'insegnante di Pozioni puntava il suo sguardo costernato sulla nuca del Preside.
« Ha soltanto bisogno di tempo. Sa la verità soltanto da ieri sera ».
« Severus - proferì Silente, il suo tono di voce era stanco ma fermamente deciso - io non ho alcuna intenzione di gravare ancora sulle spalle del ragazzo, né di forzarlo a prendere una decisione; è proprio per questo motivo per cui non lo biasimerei minimamente qualora decidesse di non accettare, poiché sono consapevole di avergli chiesto di morire ».
La luce che rispecchiava sul vetro umido scintillò improvvisamente. Un dorato fascio di luce mattutina investì una parte del pavimento della stanza, fermandosi sulla punta delle scarpe nere di Piton.
La luce che illuminava la parte più oscura del castello di Hogwarts.
« Morire per poi rinascere sotto forma di una creatura immortale! - esordì Severus, l'espressione accigliata rivolta in direzione delle parole di Silente - Ti sembra questo un grande sacrificio, di fronte a ciò che si scatenerebbe se la riluttanza di Potter gli impedisse di adempiere ai suoi »
La frase fu smorzata dall'improvviso movimento di Silente, che si era voltato per guardare negli occhi l'insegnante di Pozioni. Il suo sguardo era così freddo, paragonato alla luce calda delle fiamme al di là della sua testa, e alla finestra che brillava di solarità, che perfino Piton rimase interdetto per qualche momento.
« Harry non è costretto a fare niente ».
« Ma Potter è il Prescelto! ».
« Lo era, Severus, ma questo non vuol dire che ciò sia necessariamente il suo destino. Vedi, dal trentun Ottobre di diciassette anni fa Harry è stato designato come colui che ci avrebbe liberato per sempre dalla presenza di Voldemort; tutto ciò è stato frutto di un caso, di una profezia e di piani mal congeniati, ma tutto questo non lo ha mai riguardato direttamente. Harry ha guardato ruotare la vita attorno a sé senza mai sentirla veramente propria ».
Piton tacque per un momento. I suoi occhi calcolatori, piatti soltanto all'apparenza, cupi e misteriosi come un'ellissi di sole, stavano lentamente giungendo là dove Albus stava cercando di guidarlo.
« Tutto ciò per dire che »
« Per dire che si tratta della differenza, Severus. - calcò Silente pazientemente - La sostanziale differenza che sta nell'essere il Prescelto, e lo scegliere di esserlo ».
I raggi di luce si incupirono un poco, facendo sprofondare la stanza nell'intima ombra cosparsa dalle fiammelle affievolite delle candele di cera consumata.
Quelle parole sembrarono accendere l'espressione di Severus; il sapore della rivelazione si fece spazio, poco a poco, sui suoi occhi adesso comprensivi fino alle sue labbra socchiuse di consapevolezza. Silente si stava aggiustando gli occhiali a mezzaluna con le sue dita nodose quando la cauta voce di Piton esordì di nuovo nel silenzio.
« Se è così, nel caso in cui la codardia di Potter dovesse manifestarsi appieno, dovresti almeno difendere la scuola con elementi un po' più efficaci di incantesimi che lasciano i Vampiri quasi del tutto indifferenti. I membri dell'Ordine, per esempio ».
« Ci avevo già pensato, Severus, ma temo che in casi come questi i membri dell'Ordine della Fenice siano di ben poca utilità. Ho già chiesto ad un mio caro amico Vampiro di organizzare per noi una accettabile linea di difesa, che sia utile a tenere d'occhio i confini di Hogwarts e anche l'interno del castello. Ben presto i volontari della sua Confraternita saranno qui » rispose Silente con la massima naturalezza, mentre Piton lo osservava colpito, evidentemente rimasto all'oscuro fino a quel momento dei piani del Preside.
« E' una buona notizia. - disse infine - Chi sono? »
Silente rispose lasciando vagare lo sguardo sul legno lucido della sua scrivania « Alcuni di loro sono già stati qui in occasione della Festa di Capodanno, sono certo che li ricorderai. Devo però confidare sul fatto che non ti lascerai sfuggire in presenza di Voldemort la provenienza dei Vampiri che sono disposti ad aiutarci ».
Si portò alle labbra un bicchiere d'acqua mentre il suo sguardo azzurro tornava su Piton, i cui tratti si erano come congelati.
« Credi davvero che darei al Signore Oscuro informazioni così importanti? » replicò in un sibilo, l'indignazione che traspariva da ogni sua parola, ma in risposta Silente sorrise.
« Oh, non ho alcun dubbio sulla tua fedeltà, Severus. Devo solo assicurarmi che rivelerai a Voldemort le informazioni giuste, come il fatto che ho intenzione di porre a difesa della scuola alcuni Vampiri suoi nemici e che sono molto preoccupato per la mia salvezza ».
Se possibile, Severus si fece ancora più stupito « E perché mai dovrei dargli informazioni simili? »
« Perché prima o poi verrebbe comunque a sapere di loro, e non voglio metterti in difficoltà in futuro. In quanto all'ultima informazione, ad un certo punto tornerà utile. Nel punto in cui io, diciamo potrei non essere in grado di adempiere ai miei doveri come una volta. Desidero che Voldemort mi creda preoccupato e spaventato dalla sua presa di potere, così sconvolto da perdere quasi il senno ».
Seguì un silenzio di piombo che Severus infranse con ira.
« Albus, cosa stai dicendo? Perché mai dovrebbe accaderti qualcosa, con le protezioni e le difese che »
« Devi soltanto fidarti di me, Severus. Fidati di me, questo basterà. Sei sempre stato un uomo arguto, non ho dubbi sulle tue capacità ».
Piton rimase interdetto, quelle parole misteriose che lo colpivano e lo affondavano senza possibilità di salvezza. Si sentiva affogare, soffocare dalle frasi che non riusciva a cogliere come se gli scivolassero tra le dita sottili ogni volta che tentava di afferrarle per scacciarle via.
« Stai di nuovo parlando per enigmi. Perché non puoi dirmi le cose come stanno? »
« Perché sarebbe stupido farlo » disse semplicemente il Preside, con un tono di voce così determinante e definitivo che Severus si morse la lingua per non replicare.
« Piuttosto - continuò Albus cambiando discorso in modo disarmante - quali sono le mosse di Voldemort in questi giorni? »
Severus non si scompose, seppur irritato da quel lato del carattere di Silente che aveva imparato a conoscere così bene; era la sua abilità di parlare ma non di dire, di disarmare ma non di confondere, di scoraggiare ma non di abbattere, che aveva sempre detestato e che odiava tutt'ora, in quel momento più che mai. Era la sensazione di sentirsi un inetto, troppo al di sotto della fiducia che Silente riponeva in lui, era quella che aveva sempre desiderato lasciarsi alle spalle.
« Ho ho fatto vista presso di lui all'alba. Continua a dare agli altri Vampiri l'ordine di sequestrare altre famiglie babbane, di torturarle e portarle alla fortezza ».
« Poveri Babbani » mormorò Silente malinconicamente.
« Inoltre - continuò Piton asciutto - abbiamo notato che ultimamente passa molto tempo chiuso nelle sue stanze. Bellatrix sostiene che si stia dedicando alle cure del serpente, Nagini».
D'un tratto, Silente si raddrizzò sulla sedia, gli occhi improvvisamente vivi di una strana luce. La sua preoccupazione percorse il volto lugubre di Piton che si era accigliato appena di fronte a quella reazione.
« Il serpente è ferito? » domandò lentamente, la sua voce apparve quasi remota.
« Non lo sappiamo con esattezza. - rispose Severus, valutando ancora con occhi assottigliati le prossime mosse del Preside - Lui non ne parla, a quanto pare permette solo a Bellatrix e a pochi altri di entrare nella stanza in cui tiene Nagini. Ho sentito dire che presenta molte ferite cicatrizzate sulla pelle ma che spesso, durante la notte, Bellatrix esce di lì con lenzuola sporche di sangue ».
Silente continuò a fissarlo, immerso tanto profondamente nei suoi pensieri che Piton non accennò a dire nient'altro. Non riusciva a capire l'interessamento che Albus sembrava provare per quella faccenda, dopotutto, si disse Severus, si trattava solo di un serpente.
« Da quanto tempo Nagini si trova in questo stato? »
Piton ci rifletté, colto alla sprovvista « Poco più di due settimane ».
Sembrava proprio tutto ciò che Silente avesse bisogno di sentire. Per un momento rimasero a fissarsi, tanto che Severus ebbe la certezza di aver aggravato i problemi che Albus in quel momento doveva affrontare; o magari, pensò accorgendosi della impercettibile vena di trionfo che scuriva le sue iridi azzurre, li aveva risolti?
« Due settimane. - ripeté lentamente, fissando un punto imprecisato della stanza, oltre la testa di Piton - Un elemento interessante ».
« Potrei, di grazia, sapere cosa c'è di così strabiliante? » intervenne Piton caustico, ma Albus non parve sentirlo.
« Questo non fa che confermare le mie teorie voglio dire, è ovvio che Nagini abbia sofferto durante la trasformazione ma perché riportare ferite simili a distanza di così tanto tempo? Perché star male, proprio come »
Si interruppe di nuovo. Severus ebbe l'impressione di star violando l'intimità del Preside, eppure non aveva intenzione di andarsene. Possibile che Albus avesse appena capito qualcosa, qualcosa di importante?
Prima che avesse avuto la possibilità di dire qualcosa, però, Silente si alzò. Aggirò la scrivania quasi con i passi stabili che tradivano agitazione e si fermò di fronte ad uno scaffale carico di tomi impolverati a voluminosi, del tutto simile ai molti altri che affollavano le pareti. Si limitò a fissare i loro titoli senza allungare il braccio per poterli prendere, come se fosse immerso in un ragionamento così profondo da essersi del tutto scordato che in quella stanza vi era anche un'altra presenza. Piton si limitava a fissarlo senza capire, senza osare proferir parola per paura di far trasalire il Preside, temendo di avvicinarsi.
« Harry avrà un compito importante da svolgere. Sono certo che al momento giusto saprai indirizzarlo verso di esso ».
Severus spalancò gli occhi, disorientato. Era come essere finiti in un sogno, dove tutto non aveva il minimo senso, e si ritrovò a sperare intensamente che Albus la smettesse di parlare e che finalmente lo guardasse negli occhi, trasmettendogli la verità.
« Cosa? - disse, roco - Un altro compito? »
« Severus. - parlò con dolcezza, con la sua voce confortante - Sai bene che questa guerra non lascia spazio per me ».
Esitò, come se stesse dicendo qualcosa di doloroso e difficile. Esitò come per farsi forza.
« Arriverà anche per me il momento di entrare in scena. Ma non adesso, non quando non ho ruoli da interpretare ».
Voltato di spalle, Piton non fu in grado di carpire la sua espressione, ma i brividi che gli solcavano le braccia e le spalle gli impedivano di raggiungere Albus e scoprirlo. Tutto ciò che poté vedere fu il Preside che portava un braccio in avanti posando la mano sulla veste, forse sulla tasca. Ben presto però la mano ritornò rigida a suo fianco e Silente finalmente lo guardò, un sorriso triste che solcava le sue labbra tremanti.
« Spero che potrai perdonarmi, Severus ».
Aveva la bacchetta stretta nella mano. Piton fece istintivamente per estrarre la propria, ma Silente scosse dolcemente il capo e tese la sua con precisione e determinazione.
« Dormio ».
Prima che Severus Piton toccasse terra, fu adagiato con un incantesimo su una vecchia poltrona in fondo allufficio. Albus dedicò soltanto uno sguardo tristemente consapevole al suo volto addormentato, prima di lasciare la stanza.
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