Chào các bạn! Vì nhiều lý do từ nay Truyen2U chính thức đổi tên là Truyen247.Pro. Mong các bạn tiếp tục ủng hộ truy cập tên miền mới này nhé! Mãi yêu... ♥

Capitolo 61

Video del capitolo: Draco/Hermione/Tom| Mercy [For Lizzie]

[Dovrebbe esserci un GIF o un video qui. Aggiorna l'app ora per vederlo.]

Nella sede della Confraternita delle Anime Perdute, la situazione si prospettava piuttosto tesa.

Il Signore Oscuro entrò a Shador varcando la soglia della grande porta d'ingresso, che si richiuse magicamente dietro di sé senza provocare il minimo cigolio. Oltrepassò l'atrio con il morbido impatto che i piedi nudi facevano sulle pietre del pavimento, e superò le navate fino a giungere alle soglie della sua stanza privata, davanti alla quale un Vampiro dallo sguardo fermo vi stava di guardia.

« Come sta? » fu la brusca domanda di Voldemort, rivolta al seguace che teneva gli occhi fissi sul pavimento.

« Meglio, my Lord. Ci sono dei piccoli miglioramenti, ma la sua situazione rimane critica » rispose velocemente, e senza attendere oltre il Signore Oscuro entrò nella sua stanza.

Si abituò subito alla quasi completa penombra della stanza, impallidita appena da una flebile torcia appesa alla parete, ma il suo sguardo corse immediatamente verso il letto che non avrebbe mai più avuto bisogno di usare.

Lì, sopra le lenzuola spiegazzate e mosse, vi era poggiata una cesta di legno di grosse dimensioni, dentro la quale si intravedevano gli angoli di una coperta bianca. Voldemort si avvicinò lentamente, ogni traccia di crudeltà estinta sul suo volto che adesso appariva solo curioso e preoccupato. Quando ebbe raggiunto il fianco del letto, fu con apprensione che tenne lo sguardo fisso sulla sua povera Nagini. L'enorme serpente, raggomitolato su se stesso, non sembrava più quello di un tempo.

Le sue squame, una volta affilate e verde brillanti, si presentavano opache e spente, scorticate e graffiate in molti punti; l'intero corpo del rettile appariva debole come non mai, ed era scosso da violenti brividi che gli causavano la perdita del sangue che andava a macchiare la coperta sotto di sé. I suoi occhi si aprirono nel percepire l'arrivo del proprio padrone, che provò sulla sua pelle la stessa sofferenza del serpente.

« Nagini - sibilò - come stai? »

Gli occhi sofferenti di Nagini continuarono a fissare il Signore Oscuro ininterrottamente, ma a quanto pare non aveva le forze di formulare una risposta. Il Vampiro le si avvicinò con una strana sensazione di rabbia e abbandono dentro di sé, sensazione che non aveva mai provato prima di allora.

No, Nagini non poteva lasciarlo. Non lei, che gli era stata accanto per così lungo tempo, che era stata l'unica compagna e seguace degna di rappresentarlo a dovere.

Sapeva esattamente a cosa fosse dovuto il suo malessere, eppure non avrebbe potuto fare niente se non attendere che fosse guarita con il passare del tempo, e con le cure adatte. Si avvicinò alla cesta di un altro passo, fissando il rettile con intensità.

« Cerca di resistere, Nagini. - disse piano - Sei l'unica che abbia la mia completa fiducia, e la tua perdita sarebbe devastante. Se mai un giorno tutto il lavoro che ho fatto dovesse andare in fumo, tu saresti colei che dovrebbe ricostruirlo ».

Fissò di nuovo il corpo del pitone, e si immaginò di come sarebbe stata la sua esistenza se lei fosse davvero morta.

Sarebbero stati anni di buio, anni di solitudine. Nagini rappresentava la sua cattiveria e la sua crudeltà, ma nello stesso tempo era senza dubbio il lato più umano di lui. Un lato umano che si era affievolito con il passare degli anni, da quando le mura dell'orfanotrofio si erano chiuse su di lui assumendo le tremende fattezze di una prigione dalla quale sembrava impossibile evadere.

Voldemort si perse in quei ricordi, lo sguardo pensieroso fisso di fronte a sé. Non amava rievocare il passato, ma quasi gli venne da ridere in modo perverso nel constatare di come le persone potessero cambiare con il passare del tempo, fino a diventare l'opposto di ciò che erano state. Di come fosse diventato Lord Voldemort, dietro l'ombra del bambino spaventato con la mente affollata dagli incubi che lo perseguitavano.

Uno stupido bambino fuori dal mondo.

***

"Tutto bene, Tom?"

Lui non si era voltato. Non le aveva risposto. Non si era mosso.

Aveva aspettato che la signora Cole lo lasciasse solo, che se ne andasse smettendo di assillarlo con le sue preoccupazioni. Solo, in quella stanza spoglia e cupa che era ormai diventata, contro la sua volontà, una parte di lui.

Finalmente la porta si era richiusa. Tom aveva colto appena quel rumore, soffocato dal temporale che imperversava nel cielo al di là della finestra che si intravedeva attraverso le tende sottili. Le gocce battevano furiose contro il vetro bagnato, i lampi gettavano brevi sprazzi di luce sul volto del ragazzino che fissava il cielo denso di nuvole grigie come gli edifici e i palazzi tutt'intorno.

Nell'udire chiaramente il lontano rombo di un tuono particolarmente forte il piccolo aveva stretto di più la coperta tra le dita fragili e fredde, raggomitolandosi nell'oceano grigiastro della sua coperta, immagine della tristezza da cui si sentiva invadere.

Gli occhi neri si erano fatti improvvisamente lucidi, e la sua bocca si era piegata in una smorfia accigliata. Aveva continuato a serrare la mascella finché le lacrime non furono scomparse senza lasciare alcuna traccia dietro di loro.

Non doveva piangere.

Non era l'unico a essere solo. In quell'istante anche gli altri bambini dell'orfanotrofio erano chiusi nelle loro stanze, dal momento che l'orario dei giochi pomeridiani era appena finito. Lui ovviamente aveva trascorso il pomeriggio in camera sua, su quello stesso letto, osservando le lievi goccioline che cadevano dal cielo e si erano infrante sul vetro già appannato.

Un altro lampo aveva invaso il cielo, e il violento tuono che era susseguito fece strizzare gli occhi di Tom facendolo rabbrividire. I suoi piedi nudi stavano gelando, eppure sapeva che non avrebbe trovato la forza di riscaldarli.

Nuove lacrime avevano imperlato i suoi occhi terrorizzati, ma lui li aveva serrati con rabbia.

Non doveva piangere.

Lui non sarebbe stato per sempre solo. Sarebbe successa la stessa cosa che era accaduta a Daniel, quel suo compagno antipatico, quando i suoi genitori erano venuti a riprenderlo pochi giorni prima. Erano apparsi come per magia, e Daniel aveva pianto, aveva pianto mentre rideva.

Come si faceva a piangere dalla felicità?, Si chiedeva Tom osservando ancora lo scrosciare della pioggia. Se suo padre fosse arrivato, non avrebbe certo pianto. Forse gli avrebbe solo domandato perché fosse giunto da lui così in ritardo.

Ma stava davvero arrivando? Forse non sapeva esattamente dove fosse, e lo stava cercando in lungo e in largo, come facevano gli avventurieri di cui spesso leggeva?

L'orfanotrofio sarebbe stato un luogo difficile da trovare?

L'espressione di Tom si era fatta nostalgica, quasi sofferente.

E suo padre, era come lui? Forse anch'egli si sentiva speciale, diverso, oppure gli capitavano cose strane. Magari non sapeva di avere un figlio? In effetti era strano che ancora non fosse arrivato a portarlo via di lì sua madre poteva non avergli detto niente

Quella tetra considerazione lo aveva invaso di una tristezza ancora più profonda, e fu con rammarico che si era accorto di una lenta lacrima che gli scendeva furtiva lungo la guancia.

Tom l'aveva scansata con un brusco gesto della mano, gli occhi inespressivi.

Non doveva piangere.

Bạn đang đọc truyện trên: Truyen247.Pro