Capitolo 59
Lo sguardo di Cheania, a dispetto di quello di tutti gli altri, indugiava sul corridoio in cui i membri della Confraternita delle Anime Perdute si erano appena infiltrati.
Era assalita da una strana sensazione che non le piaceva per niente, e non solo a causa di Voldemort. Una sensazione così soffocante che non poté fare a meno di alzarsi in piedi sotto lo sguardo interrogativo della compagna a fianco, che sembrava percepire la preoccupazione nel suo volto.
« Non mi fido di coloro che saranno miei nemici ».
Scese dal soppalco senza aggiungere altro, oltrepassando la sala passando però inosservata; erano tutti presi da ciò che avevano appena visto, per badare a lei.
Sì, pensò Cheania con fermezza. In effetti era stupido fidarsi delle parole di colui che aveva fatto precipitare il loro mondo nel caos più completo. Forse si trattava di un piano, e quei seguaci avevano ricevuto l'ordine di raggiungere lo studio di Harmon attraverso un'altra entrata, al fine di attaccarlo di sorpresa.
A quella considerazione, il suo passo aumentò senza provocare però il minimo rumore lungo quel corridoio tanto scuro.
Non ne conosceva il motivo, ma si sentiva in un certo senso spiata.
Si era sempre trovata al sicuro nella sua fortezza, che era la sua casa da moltissimi anni, ma adesso quella confortante consapevolezza era svanita. C'erano solo quegli strani seguaci, che stavano vagando a piede libero nella loro - nella sua - Confraternita con chissà quale scopo, e lei doveva assolutamente fermarli.
Non passò molto tempo prima che la Vampira riuscisse a percepire le loro presenze, situate nel corridoio più avanti. Il battito dei loro stivali risultava lieve e udibile a malapena, e sembrava proprio perdersi in direzione dell'atrio.
Sì, sembrava che stessero uscendo. Ma poteva essere benissimo un inganno, e lei era troppo scettica per dar loro fiducia.
Continuò a proseguire, ancora più velocemente, finché Cheania non si bloccò in modo brusco.
Non erano ancora usciti, eppure non li percepiva più come prima; tuttavia, le bastò un attimo di concentrazione per capire cosa fosse realmente successo.
Si erano divisi.
Prese a correre - ormai certa del fatto che i suoi nemici stessero macchinando qualcosa - e solo dopo aver raggiunto ciò che cercava si arrestò ancora una volta.
In fondo, che si intravedeva appena dall'angolo murato, stava una figura avvolta in un mantello rosso sangue.
Cheania assottigliò le palpebre per un attimo, con un grande peso nel cuore che non batteva da tempo, finché l'ombra non sparì confondendosi nel buio.
Non ci fu tempo per pensare. La Vampira prese a correre, essendo certa che quella strana aurea fosse vicina, ma alcune volte era come se si allontanasse, e che poi ritornasse alla consueta distanza allo scopo di non farle perdere le proprie tracce.
Come se stesse giocando con lei.
Ad un certo punto intravide ancora una volta l'ombra immobile, lontana, che sembrava aspettarla; ma quando Cheania provò ad avvicinarsi nuovamente, essa le sfuggì emettendo una remota e flebile risata maschile che la ragazza, al primo acchito, non riuscì ad identificare.
Contrariata dalla sua stessa inettitudine, decise di camminare. Si era stancata di fare il suo gioco, anche perché quella avrebbe potuto essere solo una tattica al fine di distrarla!
Prima di svoltare l'ennesimo angolo, però, ebbe uno strano presentimento, tanto forte che il tempo parve fermarsi. Voltandosi lentamente, fu un grado di vedere la figura ferma a pochi passi da lei.
Non riusciva a carpire la sua identità a causa del cappuccio, che gli copriva il volto quasi interamente, ma aveva già capito che si trattava di un uomo. Credeva forse che, grazie al suo sesso, sarebbe stato più facile batterla?
La mano della ragazza corse velocemente alla tasca della divisa, ma in risposta al brusco movimento l'ombra si mosse con una rapidità sorprendente in direzione delle stanze che si trovavano a qualche metro da loro. Irritata e sgomenta, la Vampira lo seguì ancora una volta, finché non individuò il lembo del suo mantello sparire dietro a una porta lasciata aperta.
E lì non fu più capace di muoversi.
Si era nascosto in quella stanza, e adesso Cheania era certa che la stesse aspettando. Voleva tenderle un'inboscata, e coglierla di sorpresa?
La cosa più saggia da fare sarebbe stata indubbiamente cercare di usare la bacchetta e imprigionarlo là dentro, tornando poi con alcuni rinforzi, ma d'altro canto quella si sarebbe rivelata anche la decisione più codarda. Lei era indubbiamente più capace del suo nemico, aveva abbastanza armi per uscire vincente da uno scontro. Doveva solo sperare, però, che lì dentro non ci fossero altri alleati del suo nemico da combattere...
Ignorò quel pensiero, e facendosi forza prese ad avanzare cercando di guardare, nel frattempo, al di là dello spiraglio. Dapprima fu in grado solamente di carpire la presenza di una fioca candela poggiata sul comò di quella stanza da letto, e di fronte alla tenda bianca, immobile e statica, vi era la figura col mantello.
La stava fissando, come sfidandola a entrare, ma Cheania ancora indugiava sulla soglia.
Quello era sicuramente il momento più lungo che avesse mai vissuto.
Provò un sottile brivido lungo la colonna vertebrale, e senza più pensare, evitando che il timore si impadronisse di lei, entrò.
Quasi si aspettava che fosse stata attaccata all'istante - il suo instinto glielo aveva suggerito ininterrottamente - eppure ciò non accadde. Lui continuò a rimanere fermo, così innaturalmente immobile che la ragazza lo fissò per lunghissimi istanti con circospezione, prima di avvicinarsi di un altro passo con la mano serrata attorno alla sua arma, sotto le sue vesti.
Ma il nemico la colse di sopresa.
Si volatilizzò di fronte a lei, e proprio quando gli occhi neri di Cheania si spalancarono il forte tonfo di una porta sbattuta riecheggiò alle sue spalle.
Terrorizzata, con il sangue nelle vene più gelido che mai, si voltò a fronteggiarlo.
« Chi sei? » domandò imponendo alla sua voce di rimanere ferma.
Avrebbe voluto attaccarlo, ma il buon senso le impediva di farlo; dopotutto, se l'altro avesse avuto intenzione di ucciderla, avrebbe sicuramente già cercato di farlo.
In risposta Cheania non ottenne altro se non una risata cristallina, più vicina, concreta.
Una risata di fronte alla quale si sentì tremare tanto violentemente che per un momento non riuscì a dire niente.
Avrebbe voluto piangere, ma le sue lacrime erano finite fin troppo tempo prima; avrebbe voluto urlargli di andarsene, ma non sapeva se ce l'avrebbe mai fatta.
Sentì un alito freddo soffiarle accanto all'orecchio come una dolce bufera di neve, e nello stesso tempo un sorriso furbo le balenò di fronte agli occhi, appartenente ad una vita fa.
Cassian.
Le sue labbra possessive la sfiorarono, e nello stesso istante in cui cominciò a baciarlo venne spinta verso il muro da un corpo agile e forte che aveva imparato ad amare, adorare e venerare fino allo stremo delle sue forze. Aveva timore ad alzare la mani e toccargli il viso, aveva paura di scoprire che tutto ciò non era reale, perché averlo ancora lì con lei, dopo tutto quel tempo, dopo tutto ciò che c'era stato, era inverosimile e meraviglioso oltre l'immaginabile.
Giocò con le sue labbra come avevano fatto in passato, e si commosse nello scoprire come gli sembrò familiare quel bacio, come se niente, da quei giorni felici e spensierati, fosse cambiato tra di loro. Come se fossero stati ancora fidanzati, come se l'atmosfera fosse rimasta immutata e allegra come allora, come se lui, in realtà, non le avesse mai detto tutte quelle cose orribili.
Quel terribile giorno.
Ricordi che Cheania aveva toccato ogni singola ora da quel momento, ogni minuto, ogni istante, perché lui per lei aveva rappresentato il tutto, e continuava ad essere così.
Sentì le mani di Cassian avvinghiarle la vita, lottare contro la sua bocca con passione, e si disse che se quello davvero era un sogno allora avrebbe goduto di esso fino in fondo, finché non fosse tornata in sé e la realtà, la dura e triste realtà non le fosse crollata di nuovo addosso costringendola a vivere di effimeri e semplici sogni.
Decise di tentare, sfiorando con le mani le sue guance fredde, e si sentì morire nel constatare che la sua pelle era liscia esattamente come ricordava.
Lo strinse a sé, troppo avvinghiata al passato per tentare di mandarlo via, troppo innamorata per decidere di fuggire, e si lasciò baciare come lui come sempre era accaduto. Cassian le lambì il collo, le guance, poi di nuovo le labbra, e la Vampira si sciolse sotto la sua presa, così dolce e forte, così protettiva e rassicurante.
Le mani di Cassian scesero sui suoi fianchi, sempre più in basso, e Cheania non pensò di resistergli neanche per un istante. Abbandonò il suo viso per passare alla cerniera dei pantaloni, che fece scendere con gesti lenti, mentre il suo vestito veniva sollevato con delicatezza.
Il Paradiso era alle porte. Chi avrebbe potuto negarle l'accesso?
Si accasciarono entrambi sul lucido pavimento, ma Cheania si limitò a farsi guidare: aveva tenuto gli occhi serrati fino a quel momento, e ancora non si azzardava ad aprirli, - troppa era la paura che tutto ciò non fosse reale - ma dischiuse le gambe che cedettero sotto la forza di Cassian.
E la baciò di nuovo, mentre entrava in lei senza smettere di fissarla.
Fu allora che gli si abbandonò completamente.
Era quello, il potere che l'amore poteva avere sulle vite di ciascun essere vivente.
L'amore che ossessionava, che turbava, che aveva bramato e da cui non riusciva a liberarsi. Ciò che la rendeva schiava, ma anche la donna più felice del mondo, ciò che respingeva e cercava al tempo stesso.
Cassian era tutto ciò, la sua prigione da cui non intendeva liberarsi. Il desiderio che le impediva di vivere con serenità.
Avrebbe voluto che lui le parlasse, che le confermasse davvero che fosse lì.
Che il passato fosse tornato di nuovo a renderla felice.
« Dimmi che mi ami ».
Un'altro movimento, un'altra sensazione che le lasciò un vuoto bruciante all'altezza del petto, che la mandò fuori di testa e la riempì di terrore al tempo stesso.
« Ti amo ».
Cheania strinse di più la presa sulle sue spalle, sentendosi riscaldare dentro.
Consapevole del fatto che tutto fosse giusto.
E quando lo capì, decise di decise di aprire gli occhi.
Lasciò che tutto l'universo attorno a loro si fermasse.
E fu nell'accorgersi di quento le fosse mancato, e di come diavolo fosse riuscita a vivere per più di trent'anni senza di lui, l'unica forza in grado di sostenerla, che scoppiò in lacrime.
Si coprì il volto con le mani, allontanandosi da lui con un gesto e stringendo le ginocchia al petto. Cassian la guardò basito, attirandola a sé prendendola per le spalle.
« Cheania... »
« Resta con me » mormorò lei, senza poter fare a meno di abbracciarlo a sua volta, di affondare il suo viso nel suo petto, mentre lui le accarezzava i capelli trovandola più fragile di come l'avesse mai vista.
« Sono tornato. - mormorò - Sono tornato per restare ».
La Vampira sorrise, mentre le lacrime le invadevano le guance. Cassian passò il dito sulla sua pelle bagnata continuando ad accoglierla tra le sue braccia, e lei rimase immobile contro il suo corpo, sentendosi finalmente in pace dopo tanto tempo.
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