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Capitolo 36

Video del capitolo: Draco+Hermione - My Connection With You 

https://youtu.be/a8qqmAzUdzE


L'alba era sorta da già molti istanti, e il giardino di Malfoy Manor quel mattino non poteva essere più piacevole.

I cipressi verdi scuro, alti ed imponenti, erano visibili solo per metà e l'orizzonte, entro cui si disperdevano per miglia lunghe campagne dorate, era a stento ricollocabile alla realtà.

Nebbia.

Foschia bianca e leggera che invadeva tutto l'ambiente circostante, terribilmente presente sul paesaggio eppure impossibile da scacciare... o afferrare.

Lui aveva desiderato tante volte essere come quella nebbia. Oh, sì, ci aveva sperato, e forse lo era stato. Probabilmente lui, in fondo, era ben più terribile di un capriccio atmosferico in grado di trasportare chiunque in un'altra realtà.

Lui era inimitabile.

Perché la nebbia non permette di vedere, di pensare. Quando essa ti raggiunge... rimani solo. Solo nel buio di te stesso.

E lui era così, solo, i piedi bianchi e nudi fissi sulla ghiaia del giardino del maniero. La postura eretta, elegante... e lo sguardo perso verso il vuoto.

Forse era l'ora di finirla. Quello che stava facendo non stava davvero portando a niente, tutti i suoi piani si rivelavano inconcludenti.
Non si trattava di una decisione da prendere alla leggera, eppure... sembrava la soluzione a tutti i suoi problemi.

E lì, solo e imprigionato in quel silenzio assoluto, si rese conto di quanto piccolo fosse in realtà, di come apparisse insignificante in confronto a tutto il resto.
Cos'era lui, paragonato alla nebbia? Molti lo temevano, era vero, ma non sarebbe mai stato in grado di assoggettare così tanto territorio in un solo istante.

Invece, con un cambiamento di vedute... il mondo si sarebbe spalancato ai suoi piedi.
Uno scricchiolio di passi.
Si voltò, benché già sapesse chi fosse, ma rimase immobile ad aspettare di essere raggiunto, cosa che accadde in pochissimi istanti.

La sua faccia deformata, di un terrore ineguagliabile, sotto la luce bianca del cielo pareva ancora più inquietante e il suo lungo mantello rosso, con incise due ossa incrociate sul petto, era più appariscente che mai anche attraverso la sottile foschia.
Non appena gli fu vicino, Gawain Aldous Faken fece un abbozzo di inchino, che sorprendentemente, l'altro ricambiò.

Gawain ridacchiò a quel gesto, scoprendo una chiostra di denti ingialliti e cariati. I canini erano molto più affilati del normale.

« E' da tempo immemore che non abbiamo il piacere di vedere il Signore più Oscuro di tutti i tempi inchinarsi ».

A quell'affermazione, Lord Voldemort non sorrise. Il suo volto rimase una maschera di ghiaccio, impassibile, forse scortese.

« Ho pensato a lungo a ciò che è meglio per la nostra setta » disse con voce incolore, tornando con gli occhi a scrutare l'orizzonte.

E' vero, ci aveva pensato, e ancora quella appariva la soluzione più ovvia.
Gawain aspettò che continuasse, con lo stesso ghigno appena accennato, ma dal momento che il Signore Oscuro continuava a tacere, chiese:

« E... cosa avete deciso? »

Lord Voldemort attese qualche secondo prima di parlare.

« Le mie armi sono potenti. Io sono potente - aggiunse dopo un attimo - ma non abbastanza. Grazie a queste armi, ho il dono di non aver mai motivo di essere preoccupato per la mia vita. Ho la facoltà di considerarmi immortale, è vero... ma non invincibile. Benché io sia straordinario, e poche creature sulla faccia della Terra siano capaci anche solo sperare di farmi un graffio, avverto la necessità di affermare oltre il mio potere ».

Una pausa, in cui Gawain lo osservava rapito. Poi Voldemort continuò:

« Se fossi una creatura immortale per natura, le mie armi non avrebbero più validità. Se fossi forte oltre l'immaginabile, impossibile da ferire, da uccidere... allora potrei davvero sperare di condannare il mondo intero sotto il mio dominio. Se fossi un Vampiro, potrei essere il padrone dell'universo ».

Seguì un silenzio scioccato. Gawain aveva sgranato appena gli occhi rossi, solcati da miriadi di cicatrici che lo rendevano terribile alla sola vista; perfino lui sembrava essere rimasto senza parole. Una notizia del genere era l'ultima cosa che si sarebbe mai potuto aspettare.
Si schiarì appena la voce, per poi dire con voce gutturale:

« Noi siamo immortali, è vero, ma abbiamo sempre qualcosa in grado di finirci. I Licantropi, ad esempio... »

« Non saranno un problema - lo interruppe Lord Voldemort all'improvviso, ancora senza guardarlo - Una volta assunta quella forma, con i miei Mangiamorte epurerò il paese dalla loro insulsa presenza. Li annienteremo uno per uno, per impedire loro di farmi del male. Inoltre - continuò con voce dura, poiché Gawain dava segno di voler parlare - farò bandire ogni singolo paletto di frassino o biancospino esistente, onde a evitare che qualcuno tenti inutilmente di uccidermi. Sarò così potente che nessuno, mai, riuscirà a farmi crollare ».

Gawain tacque, distogliendo lo sguardo da quel volto marmoreo, per puntarlo anche lui sull'orizzonte.

« Tu puoi vedere al di là della nebbia - riprese il Signore Oscuro - io non posso. Ed è questo il mio obiettivo; allargare le mie vedute. Perché quello che sto per chiederti, mio caro amico... è di Vampirizzarmi ».

Gawain non si sorprese più di tanto, ma non poté negare, almeno a sé stesso, di essere rimasto lievemente sconcertato da quella proposta.

« Volete... diventare come me? »

« Sì, della vostra stessa specie, la più potente. Devo essere il migliore, invincibile » rispose, scrutando ancora l'orizzonte con i suoi occhi cremisi, come se... cercasse davvero di vedere attraverso la nebbia.

Ma non ci riusciva.

« E quando... quando intendete proseguire...? »

« Tra non molto - rispose Lord Voldemort con un sottile ghigno - terremo una cerimonia, a cui saranno presenti tutti i Vampiri della Confraternita delle Ombre e i miei Mangiamorte. Anche loro verranno convertiti. Ci alleeremo, formeremo un'unica linea combattiva. Insieme, saremo in grado di dominare sugli esseri indegni che ci circondano ».

« Un' alleanza? » riecheggiò Gawain, stavolta stupito.

A questo non aveva pensato. Un'alleanza con il Signore Oscuro, e il suo esercito? L'idea lo allettava, certo... e forse era proprio ciò che aspettava da tempo immemore.

« Sì, un'alleanza. Insieme conquisteremo il mondo. Voi potrete imporre il vostro dominio sui Vampiri che limitano il vostro potere, e io avrò ciò che più mi preme ».

« Harry Potter » disse Gawain assorto, e Voldemort sospirò a lungo, inalando l'aria fredda e tersa del mattino.

« Sì. Non avrà più scampo, se riusciremo nel nostro intento. Ed io potrò assaporare la mia vendetta ».

Vendetta.

Rancore.

Due parole rimaste immutate per più di dieci anni, che non sarebbero perite, finché giustiziate.

« Fisseremo la data per la cerimonia. Ti avvertirò appena possibile » disse Lord Voldemort, e Gawain capì il congedo.

Si inchinarono appena, e il Vampiro poi lo lasciò solo.
Gli occhi di Lord Voldemort lo seguirono finché non se ne fu andato, e solo poco dopo la nebbia riuscì a invaderlo di nuovo, rendendolo cieco a tutto il resto.
Ma non era ancora solo.
Strisciando sinuosamente sulla ghiaia, un lungo pitone verde brillante raggiunse il Signore Oscuro, sibilando un saluto carezzevole.

« Nagini - disse lui, nel vederla - vieni ».

Il serpente annuì appena, come se avesse davvero compreso quelle parole, e cominciò ad arrampicarsi lungo la sua veste circondandogli le spalle. Rimase poi fermo, fissandolo con i piccoli occhi lucidi.

"Sai che non mi fido. Non è una buona idea".

I suoi sibili riempirono appena quel punto del giardino, delicati e fragili come lo scricchiolio di una foglia autunnale. Il Signore Oscuro sorrise appena, nell'udirla.

« Ti sbagli, mia cara. Il nostro futuro è destinato ad essere racchiuso in un'altra forma vivente ».

"Ma è uno sbaglio. Lo sento. Non farlo, amore mio".

Lord Voldemort scosse appena il capo, accarezzando con dita sottili la pelle squamosa del serpente.

« Non sempre possiamo essere in grado di decifrare con attenzione le nostre sensazioni. Fidati, Nagini... il nostro tempo verrà. La morte non ci appartiene ».

Nagini rimase immobile, fissando il suo padrone negli occhi, e non reagì quando lui la appoggiò sul terreno, con delicatezza.

« Non ho traditori da darti, in questi giorni. Ma è solo questione di tempo. Presto avrai ciò che ti spetta » disse con voce glaciale, allontanandosi con la veste nera che gli danzava attorno.

Il serpente rimase fermo come una statua, guardandolo finché non fu andato via, e un unico, ultimo sibilo che accompagnò quell'aria densa di nebbia lo inghiottì prima che ebbe finito di essere pronunciato.

"Presto".

A Risen Manor il sole attraversava già le alte finestre vetrate.

Ma a nessuno dei suoi abitanti faceva piacere, naturalmente. I Vampiri, amanti per natura dell'oscurità e delle tenebre, trovavano la luce, il sole e in particolare l'alba, solo cose fastidiose, inutili e quanto mai irritanti.

C'era chi semplicemente lo ignorava, accettando passivamente la sua presenza come un qualcosa di pesante e di mortalmente resistente che non sarebbe mai svanito, e chi si ritrovava incazzato come una iena nel solo sfiorarlo con lo sguardo.

Tutti, in quell'edificio odiavano il sole, anche quando non lo vedevano.
E lei non lo aveva ancora visto. Seduta al solito tavolo, nella stessa sedia, nella medesima libreria che frequentava da secoli, Cheania Caitlyn Nysenia era intenta a leggere con attenzione l'ennesimo tomo antico che aveva faticosamente cercato per tutta la notte tra gli scaffali polverosi.

Leggeva per distrarsi, leggeva per noia. Studiava non perché avesse qualche importante traguardo da oltrepassare, ma solo per accrescere la propria cultura interiore e dimostrarsi intellettuale, preparata, saggia.

E per impedire ai pensieri di rivolgersi al passato.

Ma quel giorno non era così. Quel giorno, i libri non erano una semplice scusa per occupare il tempo. Stavolta la situazione era più complicata del previsto.
Cheania si schiarì la voce, gli occhi fissi su un calice di cristallo poggiato sul tavolo. Pareva scintillare, in contrasto al buio profondo della grande sala illuminata fiocamente da alcune torce bluastre, il cui riverbero si stagliava su di lei, concentrata come forse non lo era mai stata.
La sua mano destra si strinse attorno alla bacchetta magica, tremante.

Era il momento.

« Wingardium Leviosa ».


Cheania agitò la bacchetta in modo aggraziato, dando una leggera stoccata alla fine del movimento.

Non accadde niente.

Gli occhi neri di della Vampira indugiarono ancora sul calice, lievemente rattristati. Non si sarebbe data per vinta.

« Wingardium Leviosa » ripeté in tono leggermente più duro, con lo stesso movimento precedente... ma ancora, il calice rimase immobile.

Un momento di silenzio, in cui la Vampira cercò di raccogliere le forze dentro di sé.

« Wingardium Leviosa! » disse a voce alta, che riecheggiò sinistramente nella biblioteca deserta.
Ma tutto rimase immobile e immutato... come il calice.
Cheania gemette, voltandosi con espressione sofferente ed angosciosa.

Perché non ci riusciva? Cosa c'era che non andava? Cosa diavolo era accaduto, in tutti quegli anni?

Il pensiero di non essere più in grado di fare magie la uccideva, la faceva sentire inutile, debole, una nullità.

Strinse convulsamente la bacchetta tra le dita bianche, le cui nocche impallidirono ancora di più.
Lei ce la doveva fare. Cheania non era più quella di un tempo. Cheania... sarebbe tornata.

« Stupeficium! » gridò, puntando all'improvviso la bacchetta verso il calice, che stavolta tremò appena.

No, non era abbastanza. Basta. Lei non era più quella di prima... lei si era lasciata alle spalle il passato!

Lui non c'era più, non doveva più esserci. Basta pensare a lui, ai loro ricordi, alla delusione che aveva provato quando quel maledetto giorno era arrivato...

« Crucio! »

Aveva urlato, se ne era a malapena resa conto.
Si lasciò cadere di nuovo sulla sedia, lo sguardo assorto verso i vetri sparpagliati sul pavimento nero.

Era lei. Era stata davvero lei...

« Cheania... cosa stai facendo? »

La domanda le giunse remota e inconsistente da qualche posto lontano, ma fu capace di afferrarla.

« Io... non lo so » si sentì rispondere.

Passi leggeri, un'ombra che adesso le era vicina.

« Hai deciso di dimenticare ».

Era una domanda, o no? Il tono non lo lasciava presagire, e Cheania non rispose immediatamente.

« Sì. Sì, ma... io non... Harmon, io... »

Non riuscì a proseguire. Rimase immobile, gli occhi fissi sul pavimento, il solo sentore confortante di avere ancora qualcuno accanto.

« Ci riuscirai. Sai che credo in te ».

« Me lo dici da secoli! - proruppe Cheania all'improvviso, alzandosi di scatto. Era livida di rabbia - Come fai a credere in me, se non ho mai avuto la forza di andare avanti? Come fai a sapere che ci riuscirò? Io... io sono una delusione ».

Harmon Hydrus Creighton assunse un'espressione comprensiva, e i suoi occhi di un castano aranciato brillarono di affetto.

La raggiunse con un passo, poi la fece voltare sospingendola appena. Le indicò i frammenti di cristallo, terribilmente evidenti mentre giacevano sul marmo scuro.

« Li vedi? Non hai bisogno che io ti rassicuri. Ti basta guardarli ».

E dopo quelle parole la lasciò sola, con un piccolo sorriso incredulo che adesso le curvava le labbra.


Note:

spero che questo capitolo vi piaccia 😍❤


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