8. Tattoo
Quante probabilità avevo di trovare la cameriera che lavorava qua prima dell'omicidio? Poteva essere ancora a Glewiston? Poteva essere morta?
Decisamente poche possibilità. Mi stavo cacciando in qualcosa di più grande di me. Provai a cercare in rete "Holder", sperando che magari avesse qualche figlio, ma nulla sembrava fare al caso mio. Non sapevo davvero come fare. Su C.S.I sembrava così semplice.
Non sapevo a chi chiedere aiuto, ed ero consapevole che da sola non avrei raggiunto il mio obiettivo.
Forse il nonno sapeva dove viveva ora, ma di certo non me lo avrebbe mai detto.
Dovevo trovare Carly Holder. Sarei andata a suonare in tutte le case di Glewiston se fosse stato necessario.
Sbuffai e spensi il computer. Avevo ancora un mucchio di compiti da fare, ma la mia mente non riusciva a concentrarsi su nulla fuorché Carly Holder.
Risposi negativamente all'ennesimo messaggio di Kir che mi chiedeva di uscire.
Il giorno seguente avevo un compito importante, di matematica pergiunta, e l'ultima cosa a cui pensavo erano le feste.
L'ultima cosa che ricordai, furono una serie di numeri e lettere sparse, perché mi addormentai con la testa fra i libri.
***
Non ero pronta per quel dannato compito. Era il primo che facevo, e non ero pronta.
Fortunatamente, Roscoe si sedette vicino a me e riuscì a suggerirmi qualcosa, ma il professore ci notò e mi spostò vicino alla cattedra.
Provai davvero a impegnarmi, a capire qualcosa. Ma non ci riuscì, la vista si Stava offuscando a causa di tutti quei numeri.
Mi alzai e consegnai il compito maggiormente in bianco. Lui mi guardò con occhio torvo chiedendomi il motivo di quella scelta. E dissi semplicemente la verità. Non capivo nulla. Sospirò e mi disse di tornare a sedermi.
Come iniziare l'anno con una bella F. L'ora passo lenta in quell' aula silenziosa, dove sembrava che solo i numeri parlassero.
Tirai un sospiro di sollievo quando la campanella suonò, ed insieme a Roscoe raggiungemmo la palestra per l'ora di educazione fisica.
Mi diressi nello spogliatoio femminile per cambiarmi. Brooke era già la, come tutti gli altri.
-Un giorno mi dovrai spiegare perché sei sempre in ritardo a tutte le lezioni. -
Sbuffai mentre indossavo quegli orribili pantaloncini blu e la t-shirt giallo canarino.
-Perché odio le lezioni. E perdo la cognizione del tempo quando sono qui. -
-Oggi facciamo lezione con la squadra di basket. - Disse lei.
-Cosa?! -
-Ok, non è che facciamo lezione con loro. Devono solo fare stretching perché la partita e stata spostata fra mezz'ora. -
Brooke uscì insieme alle altre lasciandomi sola a finire di prepararmi.
Dovevo muovermi, altrimenti Mr. Canughay mi avrebbe fatto fare più giri di corsa.
Mentre correvo intorno alla palestra, notai che mezza area era occupata dai giocatori della squadra di basket.
Travis era lì, correva insieme ai suoi compagni mezzi pelati.
Riuscì a distogliere lo sguardo dalla sua figura che si muoveva slanciata in quei calzoncini che lasciavano intravedere l'elastico delle mutande solo quando il professore fischiò e ci riunì in cerchio per spiegarci l'esercizio.
Potevo dire di odiare anche ginnastica.
Dovevamo arrampicarci in delle cavolo di corde e arrampicarci su quello che sembrava chiamarsi "quadro svedese"e che mi faceva davvero rabbrividire.
-Non so fare questa cosa. -
Sussurrai a Brooke.
Lei ridacchiò e mi spiegò più o meno chiaramente cosa dovevo fare.
Guardai i miei compagni arrampicarsi come scimmie che strusciavano sulle pareti.
Ero l'unica rimasta li impalata, ad osservare terorrizata la scena.
-Non dirmi che non lo sai fare? -ci misi un po a capire che la voce che aveva parlato era reale e non solo frutto della mia immaginazione.
Mi voltai e fui costretta ad alzare lo sguardo per guardarlo negli occhi.
Non disse nulla, continuò a sfoggiare il suo solito sorrisetto irritante.
-Non dovresti allenarti tu? -sputai acida.
-Abbiamo finito con il riscaldamento. -
Mi guardai in giro per cercare il prof, ma come al solito ci aveva lasciato li per fare i suoi misteriosi comodi.
-Vuoi una mano? -
-Come scusa? -
Indicò
Le corde.
-Dai, ti faccio vedere come si fa. -
No, no, no! Avevo già visto come si faceva e non entrava nella lista di cose che sapevo o volevo fare.
Però lo seguì comunque, come se il corpo avesse vita propria.
Strinse le mani intorno alla corda e in una velocità inumana stava già salendo verso l'alto.
Non so come facesse quella corda a reggere il suo fisico robusto, ma arrivò in alto e mi salutò sorridendomi.
Non ricordavo quando eravamo passati da "torna dai i tuoi simili, sfigata " a "Ti faccio vedere come si fa. "
Scese con la stessa velocità con cui era salito, e poi fece un cenno con la testa alla corda.
-Tocca a te. -
-No. -
Lui si era mosso come Tarzan sulla sua liana, e io che avrei dovuto fare, che inciampo anche da ferma?
-Forza, fallo. -
-Perché devo farlo? -
-Perché devi farlo. -
Lo fulminai con lo sguardo e strinsi le mani intorno alla corda come aveva fatto lui.
Non riuscivo a fare forza sulle braccia, e quando attorcigliavo anche le gambe sulla corda, scivolavo giù.
-Vedi non ce la faccio. - dissi come se mi dispiacesse veramente.
Lui alzò gli occhi al cielo e abbassò le mani sulla mia vita.
Non capì cosa voleva fare finché mi strinse forte e mi alzò sopra la sua testa.
-Allaccia le gambe alla corda. -
Alacciare le gambe? Non stavo capendo più nulla, perché le sue mani grandi scesero con nonchalance sul mio sedere per impedirmi di cadere.
Mi Stava letteralmente prendendo per il culo.
Mi lasciò andare subito, come se si fosse accorto dei miei pensieri poco casti.
Provai a salire da sola, ma subito scivolai bruciandomi le mani con la corda.
Ero psicologicamente pronta per fratturarmi il sedere, quando due braccia forti attutirono la caduta. Era riuscito a prendermi in braccio prima di ritrovarmi schiantata a terra, e con questa era già la seconda volta che mi salvava la vita.
Ok, sto esagerando. Ma ogni volta che ci incontriamo io rischio di farmi male.
Quando sentì delle risatine alle mie spalle, mi resi conto che ero ancora tra le sue braccia e lo stavo fissando.
Il mio sguardo scese verso la sua mascella squadrata e quell'accenno di barba. Anche lui Mi Stava fissando. Quando puntai gli occhi sulla sua vena pulsante del suo collo, non fu l'odore del suo sangue a frastornarmi.
Dalla sua maglia a V leggermente spostata per la mia presenza , riuscivo a scorgere quello che sembrava un tatuaggio.
Posai una mano sul suo petto e scostai piano la t-shirt, come se fosse la cosa più normale del mondo.
Quello che vidi mi paralizzò.
Sbiancai e lui mi lasciò andare.
Aveva il marchio.
Il tatuaggio dei cacciatori di vampiri.
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