18. Deimos (prima parte)
«Per cosa lottate voi stupidi umani?
Per la gloria? La fama? O la fame?»
"da Le memorie dell'Imperatore. Io, l'Impero e mia moglie"
-Fa... me...
-F... me...
Un uomo con un cappotto a scacchi marrone era al centro di un lungo e angusto corridoio.
Osservava delle strane e indistinte creature avvolte dall'oscurità.
Ogni tanto emettevano dei lamenti, altre volte si buttavano nella sua direzione, venendo però respinte da un invisibile muro di energia che si illuminava di azzurro al loro contatto.
-Non piangete, figli miei... - aggiunse con malcelata tristezza dopo qualche minuto. Era quasi un sussurro pronunciato con poca voce. Un sospiro, avrebbe potuto dire un ascoltatore poco attento. - Prometto che vi darò da mangiare, ma non piangete...
***
Un giorno Miki venne prelevato dalla Sole Nero e condotto alla Corte Costituzionale Galattica.
Dieci giudici dalle lugrubi tonache nere erano seduti dietro a un enorme tavolo in noce.
Come messaggeri di morte e sventura guardavano il povero Miki dall'alto in basso, con un severo cipiglio stampato sui loro volti.
L'impavido pirata, pressato da quell'atmosfera così tesa da toglierli quasi il fiato, si era fatto piccolo piccolo, a voler scomparire nell'enormità della sala, a essere inglobato dai marmi del pavimento e non dovere affrontare quegli uomini e donne sul cui palmo della mano danzava il suo destino.
Ai suoi occhi, quelle divinità della morte non possedevano un vero aspetto, risultando come un indistinto grumo di terrore, dai lineamenti deformi e corrotti.
Sui loro scranni di vero legno erano quasi giganti divoratori rispetto a quel piccolo uomo, quell'ombra di essere vivente, che comparato sembrava minuscolo.
Dopo cinque, interminabili minuti di ansiosa attesa, l'imputato alzò timidamente la testa: - Signori...
-Silenzio! - lo zittì immediatamente l'uomo al centro del collegio. - Lei, Signor Michele, sa di cosa è accusato?
-Beh, ecco... - farfugliò Miki, cercando con grande fatica di mettere ordine nei suoi pensieri.
Preso dal nervoso, si strinse al collo con estrema forza la cravatta rossa.
Non contento, si arrotolò fino al gomito le maniche della camicia per poi sfasciarle e ripetere nuovamente il gesto.
Ondulò anche sul posto, prima con una poi con l'altra gamba, quasi ballando una danza che conosceva solo lui.
Intanto nella sua mente si ammassavano varie visioni di ciò che poteva avere fatto: dai tempi del Lux aveva iniziato a stalkerare Alexa sui social, ucciso Kasumi e preso il suo posto grazie all'intervento di un genio spaziale, si era anche rifiutato di recuperare l'equipaggio in visita sul pianeta che stava per essere distrutto... insomma, niente di così terribile!
-Glielo dico io: di offesa all'intelligenza dei lettori! - il giudice lo riportò alla realtà, stanco di aspettare che Miki finisse le sue elucubrazioni.
-Ma in verità, io non capisco...
-Le rinfresco la memoria, - iniziò la donna alla sua sinistra.
Con un veloce gesto della mano si sistemò meglio gli occhiali dalla spessa montatura nera che la rendevano agli occhi del ragazzo ancora più spaventosa, mentre con l'altra libera riordinava alcuni fogli sul tavolo.
-Si è dato un nome falso, si è finto di un'altra nazione, ha falsificato i documenti di assunzione nell'organizzazione Oort, ha ingannato Kasumi e i lettori e inoltre nei precedenti capitoli, dal titolo letterale "Desideri pericoli", ha usato impropriamente simboli di altre culture.
-Ma è perché io sono un appassionato e... - ma non finì la frase che un martelletto lo colpì in testa.
-E non mi interrompa! - gridò esasperata.
L'uomo al centro si schiarì la gola: - Credo che io e i miei colleghi abbiamo sentito abbastanza, giudice Tassoni, non c'è bisogno di infierire... - Poi si rivolse a Miki, - Con effetto immediato, signor Michele Rossi, la sua tessera al Circolo delle Sufragette le è rimossa, nonché la sua appartenenza al Caffè dei filosofi.
E sbatté due volte il suo martello, ordinando così la chiusura dell'udienza senza che l'altro potesse fare alcunché.
***
Miki era in piedi su un cornicione che dava su una piccola piazzetta al ventesimo piano della Sole Nero.
La sua vita era completamente distrutta! Non poteva più filosofeggiare fingendo di lavorare, come era solito fare i pomeriggi in cui Kasumi gli affidava compiti gravosi a cui lui non aveva voglia di pensare.
Piangeva fissando il pavimento sottostante: varie persone e alieni passavano, troppo intente a guardare il cellulare per accorgersi della sua presenza.
-Ora mi butto! - esclamò con un leggero tremolio nella voce.
Era quasi un urlo per attirare l'attenzione di quella folla indistinta, come una supplica pronunciata a voce un po' più alta.
Un desiderio sopito di ricevere una parola di conforto o qualcuno che riuscisse a capirlo.
Un abitante della Nave, memore per un istante dell'esistenza di vita attorno a lui, alzò la testa, notando finalmente il povero Miki.
-Guardate, si sta buttando! - gridò agli altri indicandolo col dito.
Decine di passanti spostarono all'unisono la loro attenzione verso di lui e qualche telefonino iniziò a registrare.
-Oh, finalmente succede qualcosa di interessante... - si sentì mormorare.
-Allora, ti butti? - chiese un altro.
E così, pian piano, altra gente si unì al coro, incitandolo a lanciarsi per il proprio divertimento.
Poi, finalmente arrivò il tonfo tanto desiderato: Miki era a terra, in una pozza di sangue.
La sua partner Eleonor, allertata dal sistema interno della Nave, arrivò troppo tardi e si trovò davanti quella scena orribile.
-Nooooo! - urlò disperata mettendosi le mani in testa e spettinando ancora di più la sua zazzera bionda.
-Cazzo hai fatto?! Ti dovevo ammazzare io! Presto un dottore! - e si gettò al suo fianco afferrandogli la testa fra le mani, - Ti prego, resta con me! Un dottore, per favore... - poi, alzando lo sguardo, notò un vestiario molto familiare che comprendeva un elegante tailleur verde fatto su misura. Era la dottoressa Ross che, poggiata a una parete non troppo distante dalla scena, fumava una sigaretta: - Dottoressa, la prego, faccia qualcosa!!
Quest'ultima la guardò, poi spostò lo sguardo su Miki, e infine di nuovo su di lei. Inspirò ed espirò con infinita lentezza, lasciando i presenti col fiato sospeso e facendo piombare la sala in un silenzio assordante.
-Scusa, - esordì infine - ma sono in pausa. - E se ne andò.
Tornata al suo ufficio, si era appena seduta alla scrivania quando irruppe un tipo urlando in una strana lingua aliena, probabilmente il barese.
Dopo qualche istante la dottoressa alzò il palmo della mano, come a fermare quel fiume di parole di cui non ne comprendeva bene il significato: - Scusa, non ti posso aiutare, sono in pausa.
Qualche giorno dopo entrò di corsa una persona anziana: - La prego dottoressa, mi aiuti! Mia moglie ha ingoiato per sbaglio una penna anziché le sue medicine...
-Non ti posso aiutare, sono in pausa.
E così anche il giorno seguente: - Dottoressa, dottoressa! Ho un mal di schiena assurdo e...
-Cancro sicuramente. E ora va via, sono in pausa.
Al bar: un ragazzo era a terra esanime e stava affogando.
-Scusa, - disse la Ross passandogli accanto e fumando una sigaretta - sono in pausa. - E se ne andò via.
Su un campo di battaglia.
-Dottoressa, - un soldato entrò di corsa nella tenda portando in spalla un ferito ricoperto di sangue, - ci hanno teso un'imboscata e...
L'altra alzò il palmo della mano per bloccarlo in anticipo: - Scusa, sono in pausa.
E così al mercato: - Pausa.
Alle terme: - Sono in pausa.
Allo stadio: - Lo sport non mi piace. E poi sono in pausa.
Al cinema: - Voglio guardare il film senza che qualcuno mi gridi accanto. Va a morire da qualche altra parte.
-Ma mia moglie sta partorendo...
Al centro commerciale: - Sono. In. Pausa. Me lo devo forse tatuare sulla fronte?
-Insomma, questo è quanto... - disse Jilian buttando con poco garbo il dossier che stava leggendo sulla scrivania di Kasumi. - Hai intenzione di fare qualcosa? - e incrociò le braccia al petto aspettando un qualche segno di vita dall'altra.
Era un gesto che gli dava fastidio per le pieghe che assumeva la camicia, modellandosi sui pettorali scolpiti e tirando la pelle sulla schiena, ma che lui spesso faceva per darsi un tono più autoritario.
"Più elegante e autoritario!" come gli ripeteva spesso Ada, "Lei, signor Jii, mi ricorda proprio un attore di Hollywood del millennio scorso che molestava le attrici".
Affermazione a cui il pirata non sapeva mai cosa dire: né se prendersela con un computer né se considerarlo il massimo complimento che potrebbe mai ricevere da un essere artificiale.
Scosse la testa e tornò al presente, ad Ada e ai suoi problemi comunicativi avrebbe pensato in un secondo momento.
Approfittò quindi di quel breve buco d'interazione fra loro due per voltarsi alla sua destra e dare una veloce un'occhiata d'insieme alla stanza, controllando che tutto fosse in perfetto ordine: era infatti da un paio di giorni che non entrava, circa da quando la sua ex lo aveva malmenato dopo essere tornato dall'avventura all'Inferno, e dopo che Ada aveva infierito a sua volta accusandolo di averla trascurata.
Nella sala comando della Nave erano rimasti solo lui e il suo capo mentre i restanti membri dell'equipaggio avevano abbandonato le postazioni per prepararsi al turno notturno; nell'aria aleggiava appena il ronzio sommesso delle apparecchiature elettriche e gli schiamazzi del giochino dell'Ammiraglio.
Non un filo di polvere s'intravedeva sui macchinari ai lati dell'ambiente, sulle rispettive console di comando e sul megaschermo che ne dominava la parte anteriore, davanti alla poltrona dell'Ammiraglio che come un trono dominava tutto attorno.
Il pirata a quella vista si lasciò sfuggire un veloce cenno del capo accompagnato da uno sbuffo, soddisfatto per il risultato.
Senza di lui si aspettava la distruzione della Sole Nero, ma le cose erano andate meglio di quanto immaginasse.
Si voltò di nuovo, tornando a guardare l'angolo a sinistra, dove era collocata la scrivania in vera noce che come un pugno in un occhio stonava al pari di una cacofonia con quella preminente tecnologia.
-Allora? - aggiunse dopo qualche minuto di paziente attesa.
-Ah, sì, certo... - mormorò l'Ammiraglio, senza però distogliere l'attenzione dal tablet che teneva in mano.
-Kasumi, che stai facendo? - chiese Jilian aggrottando le sopracciglia.
-Solo un attimo e... EVVAI!! - Urlò alzandosi in piedi, - Livello trecento di Candy Crush! E adesso chi è il più forte, stupide caramelle? Eh! EH?!
Questi si schiarì la gola per attirare la sua attenzione.
-Oh, giusto... - Kasumi bloccò i suoi festeggiamenti, - Che stavi dicendo?
-Niente, lascia stare... - le rispose a denti stretti mentre se ne andava.
[Dal database di ADHA-s] Il suo nome è "Sole Nero", potente galeone spagnolo che fa da Nave Ammiraglia alla Nona flotta dei Pirati Spaziali al comando di Kasumi. Temibile nave da guerra, con i suoi ventotto piani e lunga più di milleduecento metri, è una delle imbarcazioni più imponenti dell'organizzazione: con la sua mole spaventosa, da sola più volte è riuscita a resistere ad attacchi di interi eserciti. Ad intimidire i nemici contribuiscono la macabra polena, raffigurante lo scheletro d'una donna vestita di cenci, e le sinistre vele nere solari, usate ogni tanto durante gli spostamenti di media distanza.
Tre alberi svettano sul ponte, pieni all'interno di fili e sensori, che li rendono sensibili a ogni variazione dell'ambiente circostante, conferendo l'invulnerabilità a ogni attacco o imboscata; l'intero galeone è costruito con un legno pregiato, proveniente dagli alberi d'una foresta millenaria di un lontano pianeta dimenticato, abbellito con cesellature in oro mischiato a una lega metallica oramai non più lavorata e sconosciuta.
La sua storia si perde nella leggenda e risale ai primi umani che si dedicarono ai viaggi galattici.
Nel 2055 l'esploratore Velazquez de Rosa decise di non lavorare più per la Spagna - a quel tempo segnata da una delle innumerevoli guerre civili che imperversavano per tutto il globo a seguito dell'esaurimento delle riserve fossili, e quindi non più in grado di finanziare i suoi viaggi - e di darsi all'esplorazione spaziale. Modificò un vecchio galeone trovato per caso durante una delle sue spedizioni, lo trasformò in un'astronave e iniziò a vagare per lo spazio siderale, spacciandosi per morto sulla Terra.
Il tutto termina quando morì davvero pochi giorni dopo l'inizio della sua avventura: un meteorite aprì un buco su una fiancata e lui e il suo intero equipaggio vennero risucchiati fuori.
La nave fu ritrovata duecento anni dopo, nel pieno delle conquiste galattiche, da un generale condannato a morte per aver congiurato contro i suoi capi che la vide per puro caso su di un asteroide durante la ricerca di un posto tranquillo per far riposare la sua flotta.
Questa gli piacque talmente tanto che decise di ristrutturarla e farla diventare la sua nuova ammiraglia.
Da allora le tracce della nave si persero, finché non finì nelle mani di un gruppo di soldati di ventura allo sbando, i "Sole Nero", che la ribattezzarono col loro nome, iniziando una proficua carriera da mercenari e contrabbandieri; infine Kasumi, cercando un'astronave per iniziare la sua nuova attività da pirata, vide per caso il galeone e decise di appropriarsene con un inganno, strappandolo ai proprietari.
Quindi si dedicò ad apportare ulteriori modifiche a quelle già presenti, fra le quali l'installazione di ADHA-s, l'intelligenza artificiale che controlla l'intera Nona Flotta.
Tuttavia, nonostante i secoli e i tanti equipaggi che si sono avvicendati, ancora oggi tutti i segreti della nave non sono stati svelati e, da qualche parte all'interno, si annida qualcosa di oscuro, proprio dinanzi agli occhi di tutti, che aspetta solo il momento opportuno per potersi rivelare... [Fine informazioni]
Jilian entrò nello studio medico della dottoressa Ross.
Era uno spazio angusto, creato ad arte per terrorizzare i pazienti e farli desistere dall'andare da lei a disturbarla.
Al centro della stanza vi era la sua scrivania, rischiarata da una minuscola lampadina a incandescenza che serviva - a dire di Jilian inutilmente - a rischiarare l'intero ambiente; sulla parete alle sue spalle vi era, con molta probabilità perché la luce non aiutava a distinguere bene, una libreria piena di fascicoli, libri e documenti, così ricca che quasi straripavano e la rendevano instabile. Inoltre, come a completare questo sconsolato quadro di uno studio medico che doveva essere all'avanguardia, su entrambe le pareti laterali vi erano le tipiche fila di celle frigorifere che si possono trovare negli obitori.
Insomma, c'era un perché se pochi andavano dalla dottoressa e si preferivano rimedi fatti in casa, come bamboline voodoo, le televendite di Wandah Visionmarchi, sale, erbe e il buon vecchio Google.
Mentre il pirata spaziale avanzava, non riusciva a non guardarsi attorno impaurito, aspettandosi l'arrivo di una qualche presenza alle sue spalle.
Improvvisamente un brivido gli corse lungo la schiena e si girò per guardare cosa fosse, ma solo l'oscurità lo avvolgeva.
-Jii, non credevo fossi così fifone... - mormorò la donna con una nota d'ironia nella voce.
Senza scomodarsi di alzare lo sguardo dal suo libro, si lasciò andare a un sorriso soddisfatto, quasi che il suo intento primario quando arredò lo studio fosse stato raggiunto.
L'altro non le rispose ma si limitò a sbuffare, un po' infastidito dal commento saccente della dottoressa.
Infine scosse la testa e si voltò, completando lo spazio che lo separava dalla Ross.
Puntò i suoi profondi occhi scuri sulla testa della donna, fissando attentamente la sua capigliatura nera a striature verdi, a voler capire ciò che ella pensava, a decifrare i suoi contorti pensieri. Se avesse potuto, le avrebbe srotolato il cervello per leggere, in quella materia grigia, ciò che davvero provava.
Si soffermò sulle unghie curate, lunghe e laccate di un forte e vistoso verde scuro; sulle mani bianche e sui lineamenti del viso, affusolati e incorniciati dal caschetto che morbidamente le oscillava da un lato della testa, ove poggiava la tempia sinistra su un dito.
-Jii, non è così che si conquista una donna, - disse la diretta interessata alzando il capo e puntando le sue iridi color smeraldo in quelle scure di lui.
Questi, d'altro canto, non colse la provocazione.
Incrociate le braccia al petto, schioccò la lingua: - La grande e potente dottoressa Ross che, esiliatasi nel suo studio, preferisce leggere romanzetti rosa da quattro soldi anziché fare il suo lavoro.
-Jii... - la sua interlocutrice si alzò in piedi a fronteggiarlo, per niente intimorita dalla sua statura, visto che fra gli Ufficiali erano gli unici due a superare abbondantemente il metro e ottanta e a contendersi il ruolo di "bel/bella tenebroso/a" della Flotta, - Se pensi di farmi paura col tuo cipiglio da bambino imbronciato, cadi male.
-Io non sto facendo paura a nessuno, piuttosto sei te, in mezzo a questo ambiente tossico, che fai allontanare tutti.
-Mai pensato che magari a me piace?
-Mai pensato che magari tu vieni pagata per curare la gente?
-Mai pensato a farti gli affaracci tuoi?
-Mai pensato che magari era meglio se ti davi all'ippica?
E così continuarono a oltranza per altre due ore, a rinfacciarsi errori e vecchi sbagli del passato, finché la luce della lampadina non si spense, gettando l'intera stanza nella completa oscurità.
-Ross, che hai fatto?
-Ah, ora è colpa mia?
-La lampadina è tua, lo studio pure, se non sei te chi altri?
-Oh, sempre esagerato! E smettila di sbavarmi sulla spalle, la tua saliva è acida e me la sento bruciare...
-Ma io non sto facendo nulla.
-Tutti gli uomini della mia vita mi hanno sempre detto che non stavano facendo nulla mentre si scopavano mia sorella...
-Io non ho mai scopato tua sorella! Chi è? Dammi il suo numero, così la contatto e le mando qualche foto...
-Oddio, ora non ti ci mettere anche tu... e smettila di sbavare, ti sto dicendo! - quasi gli ringhiò la dottoressa.
-Guarda, ora ti dimostro che non sono io! - il pirata attivò la torcia del cellulare, rischiarando il volto mostruoso di una creatura che le alitava sulla spalla.
-Vedi, è quella... cosa... - ma si bloccò, non riuscendo ad aggiungere altro.
Quella cosa era un grumo di carne amaranto che si attorcigliava su sé stessa dando vita a contorte protuberanze che si estendevano in varie direzioni. L'epidermide presentava numerosi buchi dai quali fuoriusciva un liquido rosso, forse sangue, e da quelle che probabilmente erano quattro braccia vi erano numerosi spuntoni, come lame che lacerando la pelle ne uscivano fuori.
Il muso appiattito della bestia, che riportava alla mente una di quelle strane creature estinte della Terra dal nome di "coccodrillo", era vicino alla testa della dottoressa, alitandole addosso e bruciandole la spalla con la sua bava.
-B... buonasera... - mormorò Jilian, pietrificato.
-Cielo che schifo, - aggiunse la Ross voltandosi verso quell'essere - mi ricorda il mio ex.
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Finalmente torno con un nuovo capitolo! Troppo tempo è passato dall'ultimo, ma purtroppo il pc mi ha dato un po' di problemi...
Bene, e con questo capitolo ci si avvicina alla metà del libro, da qua in poi solo trama (prometto che cercherò di concentrarmi sulla trama xd) che ci porterà a un faccia a faccia con Dark! Paura, eh? xd
Alla prossima con Deimos (parte 2) : ormai le creature sono libere per la nave! L'unico che può salvare la situazione è Walt, mentre Kasumi è alle prese con un sicario mandato per... beh, dirle di "fare attenzione"...
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