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11. Un fiore che sboccia fa rumore



Giunsi al luogo. Non vi era anima viva né morta.

L'Imperatrice se n'era andata? Che mi avesse preso in giro? No, non sarebbe stato da lei.
Che fosse sulla Nave? No, i miei sensori non avevano rivelato nulla.

Mi guardai in giro, rapita da quella distesa bianca, così lucente da far male agli occhi.

E decisi di ritornare a valle.

Il momento per la guerra non era ancora giunto.

Ma prima di andarmene decisi di strappare senza alcuna pietà dei fiori e scendere in paese con un bianco mazzolino in mano; mi diressi verso gli schiamazzi della festa appena agli inizi, come una falena attratta dalla luce si getta nel bagliore, mentre il tramonto impunemente buttava una secchiata di sangue su quel piccolo asteroide e distorceva il colore dei petali, rendendoli più simili ai miei sentimenti, più rossi ma opachi.

Se mi fossi presentata sapevo che sarebbe stata la mia seconda morte per quella giornata. Non volevo darle la soddisfazione della vittoria ma al contempo la soddisfazione per non esser andata.

Feci qualche passo e lo trovai ancora là, fermo su quella piccola sedia in tela pieghevole, ancora intento a pescare.

Gli passai alle spalle, silenziosa ma non troppo, senza nemmeno salutarlo.

-Non lo sa, signorina? In un matrimonio è indispensabile non lasciare impronte digitali in giro.

A quelle parole mi voltai. Cosa intendi?

-Ma sì, prendiamo ad esempio una giovane coppia sposata: si vogliono bene, fanno i piccioncini, per i primi tempi tutto normale, ma poi kaput! All'improvviso un calzino sporco là, un piatto non lavato, il pavimento non va bene, un litigio tira l'altro ed ecco che lui viene smembrato, rinchiuso in dei sacchetti e mandato all'inceneritore. Perciò è indispensabile per lei non aver lasciato impronte digitali in giro, non le sembra giusto?

Alzai un sopracciglio, dubbiosa. Molto dubbiosa.

-Ma è ovvio. Ma così vanno le cose! Mi segue?

No. Non ti seguo. Non è possibile seguirti!

-Beh, ci pensi. Perché le sto raccontando tutto ciò?

Non saprei... perché sei un folle, forse?

-Folle è solo un'etichetta usata dalle persone per indicare coloro i quali arrivano all'irraggiungibile. E io non sono decisamente così presuntuoso. Ripeto, perché le sto raccontando ciò?

Me lo dica lei.

-Ma è ovvio il perché. Perché tutto sarà bollato come un incidente.

Ma non è vero!

Non riuscì a continuare la frase che alcuni uomini si avvicinarono alle mie spalle.

-Ehi tu!

Uno di loro urlò rivolto al pescatore puntandogli una pistola contro.

Erano vestiti di nero, delle grosse corazze gli coprivano i corpi ed erano armati con fucili d'assalto e pistole, più altre cose che la mia analisi non riusciva ad identificare.

-Oh ma salve, vi stavo aspettando...

Il pescatore sembrava quasi estasiato dal loro arrivo, e per la prima volta vidi il suo volto completo. Un largo sorriso gli si dipinse sulle labbra e finalmente capì chi fosse: l'Ammiraglio della Marina Militare Galattica.

-Pensavi forse che saresti passato inosservato?

Uno degli uomini, probabilmente il capo, si fece avanti continuando a puntargli l'arma contro.

-Ti abbiamo visto oggi in città, che facevi domande e te ne andavi tutto tranquillo... ma qua non sei più nell'Impero, qua sei da Elena, e nessuno oggi si preoccuperà di un cadavere in più quando l'asteroide verrà ripulito per la notte. Che il tuo corpo o quello di un altro venga mandato all'inceneritore non farà alcuna differenza.

-Esatto!

Il mio nuovo amico disse quella parola con un po' di emozione nella voce.

-Esatto! Esatto! Era questo quello che intendevo!

E lo esclamò rivolgendosi a me.

-Lo vede, signorina Ada? Ora lo capisce, vero?

Quelli lo guardavano con un misto di sgomento e dubbio sul volto, non riuscendo a capire perché questi li stava ignorando; si rivolsero perciò al capo e chiesero cosa dovevano fare.

-Fanculo, io ti ammazzo! - Esclamò.

L'uomo al centro quindi sparò un colpo dritto alla testa dell'Ammiraglio. Lui non si mosse, non abbandonando nemmeno in quel momento il suo sgradevole sorriso che lo accompagnava da quando l'avevo conosciuto.

Io non feci nulla per impedire ciò, e non feci nulla per salvare il mio amico, continuando a guardare impassibile il proiettile che, per la mia capacità di calcolo, si avvicinava molto lentamente alla sua testa. Per me era come se il tempo si fosse fermato, per gli altri non era nemmeno un battito di ciglia. Guardai e guardai, aspettando... il dardo però non colpì mai il bersaglio, andando ad infrangersi su una barriera invisibile: dal punto di contatto si vennero a creare piccole increspature azzurrine che leggermente attraversarono tutta la struttura, propagandosi dal centro dell'impatto e seguendo la sua forma ovoidale, come se un sasso fosse stato lanciato in un lago e si stesse formando attorno al punto centrale un turbolento movimento di onde.

Quando il capo vide che il suo colpo non era andato a buon fine, iniziò a sparare a ripetizione, imitato anche dai suoi uomini, dando fondo a tutti i loro caricatori. Come se ne finiva uno veniva immediatamente sostituito con un altro, e ancora e ancora, finché finirono tutte le munizioni e mucchi di bozzoli non si accumularono ai loro piedi.

Ma lui era ancora là. Impassibile. Fermo. Immobile.

Che li guardava divertito, non riuscendo a levarsi dal volto quel suo ghigno fastidioso.

-Va bene, direi che ora è abbastanza. - Disse.

-Per i poteri da me conferitimi da Impero Galattico e Alleanza dei Pianeti degli Oort, in qualità di legislatore, giudice, giuria e boia, vi condanno a morte per i crimini da voi commessi.

Quindi, prima di qualsiasi altra affermazione, l'Ammiraglio schioccò le dita.

-Miss, sono tutti suoi.

Una luce azzurrina si propagò da un punto alle loro spalle. Lo spazio si contorse su sé stesso, ma prima di riuscire a ondularsi ulteriormente, una figura bianca si venne a materializzare.

In pochi istanti prese colore e forma umana, assumendo le sembianze di una giovane donna vestita d'una lunga uniforme militare bianca.

-Come lei desidera, Ammiraglio.

Si limitò a dire.

Poi si fiondò come un rapace sui mercenari.

Estrasse la lunga lama che teneva al fianco e con un singolo fendente decapitò il primo uomo. Prima che gli altri potessero avvicinarsi, prese con la destra la pistola nella fondina e colpì alla testa un altro mercenario. Il cervello andò a spiaccicarsi sul casco di quello dietro di lui; per un istante questi non riuscì a vedere nulla e la donna ne approfittò per trapassarlo da parte a parte con la lama.

E così quella carneficina continuò ad andare avanti finché, dei venti uomini là presenti, non ne rimase nemmeno uno in vita.

Ai piedi della donna vi erano solo budella e teste rotolanti che si accalcavano le une sulle altre, mischiandosi nel fango e nel sangue. Non un cadavere era ancora integro e composto da tutti i suoi pezzi.

Ma ella era là, in mezzo a loro. Non una singola goccia di rosso sporcava il suo vestito, ancora immacolato. Bianco. Splendente, adornato con quella spilla di concentriche stelle argentate appuntate al petto. Si ergeva e ci guardava come una sposa altezzosa guarda gli invitati al suo matrimonio. Di sangue in quel caso, ma era comunque stato uno splendido matrimonio.

Si accarezzò le spalline dorate per togliere un po' di polvere e fece una faccia seccata per averci dinanzi, che notammo quel suo gesto, quasi come a dispiacersi di aver visto qualcosa che potesse macchiare l'immagine perfetta che avevamo di lei.

Quegli occhi neri, profondi come l'eternità, impenetrabili come l'Universo, ci scrutavano e sembravano scavare nelle nostre anime.

Era come una Regina.

Pensai che per quel giorno era già la seconda volta che incontravo una Regina.

Ma non era una Regina come la prima, lei era più... più... malinconica, oserei dire.

-Te l'ho detto di lei?

Mi chiese l'Ammiraglio.

-Ti ho parlato di quella volta che ha massacrato cento uomini su Alpha? O di quella volta che...

E mi parla della sua vita, e mi parla della laurea, e mi parla di come l'abbia adottata.

Ormai il capo della Marina era come un fiume in piena che non accennava a fermarsi. Era orgoglioso.

Ma ella non disse nulla, continuando a guardarci.

-Samu, se ho finito me ne andrei...

Ma questi non le rispose. Forse non aveva sentito. Forse era troppo preso dal suo discorso. Forse aveva solo fatto finta di non aver sentito.

La donna non aggiunse altro e si voltò infastidita, osservando un punto indefinito alla sua destra.

Potei così osservare meglio la curata acconciatura che le raccoglieva i lunghi capelli corvini: due trecce intersecate a fili dorati partivano dai lati della testa raccogliendosi in uno chignon fissato sulla nuca da un kanzashi e sormontato da una rosa bianca. Nonostante la furiosa battaglia di pochi istanti prima, non un capello risultava fuori posto e l'acconciatura era ancora perfetta, come quando era giunta.

Pensai che forse dovessi iniziare a curarmi un po' di più, dopotutto alle donne piace farsi vedere perfette. Lei l'aveva capito, per questo era fonte di così tanto orgoglio per l'Ammiraglio.

Dopo qualche istante una luce bianca l'avvolse nuovamente per farmela scomparire dalla vista in pochi secondi.

Sospirai e me ne andai anch'io.

-Ma come, nemmeno mi saluta? - Mi chiede l'Ammiraglio con un briciolo di rammarico nella voce.

No.

E continuai per la mia strada, inoltrandomi alla festa.

Camminai per le amene viuzze lastricate di sanpietrini ricche di locali folkloristici; visitai qualche antica chiesetta medievale portata da chissà quale località terrestre; girai per gli angusti vicoli del centro pregni di aromi che si riversavano dai ristoranti, ricchi di un vociare confuso proveniente da antiche e nascoste piazzette.

Dopo un po' a vagabondare in quel modo, decisi che niente di tutto quello aveva senso senza Jilian al mio fianco, ed essendo un ex schiavo al servizio di Elena l'asteroide gli era precluso.

Buttai i fiori in un cestino e mi incamminai verso la Nave.

Ai piedi dello scafo, alzando lo sguardo al cielo, potevo ancora vederlo là, ad osservare il Paese.

Lo raggiunsi e mi misi al suo fianco. Eravamo gli unici ancora a bordo, gli altri erano già tutti alla festa.

Sul ponte della Nave rimanemmo solo noi due a guardare, al finir del festival, i fuochi d'artificio che si infrangevano al cielo.

Ma non facevano rumore.

L'unico rumore che esisteva rimase solo quello fra noi due.

E quel rumore fra noi due era più forte di tutti quei rumori.

E quel rumore fra noi due ci teneva lontani.

Ma io amavo quel rumore.

E li guardammo.

E ci guardammo negli occhi.

E ridemmo.

E ridemmo in quella notte in cui qualcuno guardò dalla festa, come Kasumi e l'equipaggio, quei fuochi d'artificio. Chi nemmeno li notò, ancora troppo intento a pescare. Chi li guardò dallo spazio aspettando il padre che non aveva mai avuto. Chi vi era invece ignaro della loro esistenza, aspettando invano l'arrivo di un figlio non voluto. Chi non li vide mai poiché uomini compiacenti bruciavano in un inceneritore ciò che restava di altri uomini come loro morti in un incidente.

E poi c'eravamo noi due. Che ridevamo e scherzavamo e ridevamo, ignari o, più semplicemente, solo finti ignari di tutto.

Che li guardammo. E ci guardammo.


(continua...)

*************

Povera Ada, riuscirà mai a confessarsi a Jil? Chissà...
Ma perché l'Ammiraglio si considera suo amico? Cosa vuole dalla Nona Flotta? Qual è il misterioso passato che lega Jil all'Imperatrice?

Il finale mi è venuto in mente pensando a "Fai rumore", il brano di Diodato... volevo creare giusto qualcosa ispirato a un brano musicale e diciamo che questo è un piccolo esperimento per il futuro.

Nel prossimo capitolo "Epitaffio" !
Jack si incontra con un uomo misterioso dinanzi a una lapide su un pianeta distrutto e qua si spartiranno la Galassia.
Parleranno degli Illuminati, del passato e del futuro. Del cadavere sepolto nella tomba, di quel mondo e di loro stessi.
Tempi bui caleranno sulla Galassia e sull'umanità...

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