Capitolo 6 "il ritorno e i ricordi"
Lasciata alle spalle Castiglione dei Genovesi, si diresse verso la statale 105 che, dopo uno snodo a San Mango Piemonte lo avrebbe riportato a casa.
Erano passate poco più di quindici ore dalla rapina, l'adrenalina era ancora alta e le birre l'avevano accentuata ancora di più.
Non avvisava il benché minimo sentore di sonno e realizzò di possedere la determinazione e una lucidità che aveva avuto solo quando era stato paracadutista.
Mentre guidava la sua Audi A4 con lo sguardo fisso sull'asfalto, macinando kilometri, raccoglieva i pensieri come pedine di una scacchiera, posizionandoli ognuno in una sequenza ben precisa.
Scartò l'idea di andare in quel luogo da subito, lui non gli aveva visti in faccia; ma loro la sua si.
Il tempo era fondamentale se voleva raggiungere il suo scopo.
Avanzò l'ipotesi, come spesso succede, che dopo una sbornia e in preda alla droga com'erano, gli avesse procurato una qualche amnesia del giorno dopo, ma era un rischio che non poteva correre.
Nel buio della notte, che avvolgeva ogni cosa, la macchina sfrecciava implacabile attraverso una città deserta.
Quella città che dormiva cullata dal mare fin dalla notte dei tempi, ora appariva come una vecchia signora ubriaca, abbandonata a se stessa; le prime luci nelle case rivelavano che da lì a poco si sarebbe svegliata.
Ogni tanto distoglieva lo sguardo, concentrato sulla corsia, per guardare la foto di sua moglie, affrancata sul cruscotto in rovere.
Ogni volta quell'immagine lo conduceva in luoghi e istanti lontani, seppelliti nella memoria che solo quella foto riusciva a rievocare.
Uno spasmo lo colse in un fremito e non comprese, come proprio in quel preciso istante, la mano nuda della sua fede stretta al volante lo facesse sentire cosi profondamente vulnerabile.
Si conobbero a Livorno vent'anni prima, quando lui prestava servizio nell'esercito e lei segretaria in uno studio medico.
Lei aveva lasciato Salerno per lavoro e lui viveva con la prospettiva di una carriera da sotto ufficiale nei paracadutisti della Folgore.
Si sposarono subito ed ebbero una figlia.
Quando il padre di Edit si ammalò, lei ritornò a Salerno per accudirlo, lui scelse di lasciare l'arma e seguirla. Gli anni passarono e la loro figlia Samantha divenuta avvocato si sposò e si trasferì a Bolzano.
Rimasti soli, la loro unione divenne un vincolo indissolubile, che nel tempo si rafforzò tanto da rendere inconcepibile che anche una breve distanza potesse separarli. Avevano iniziato a fare il giro del mondo per la seconda volta, quando le fu diagnosticato un tumore al pancreas, che in sei mesi la portò via. Da quel momento scese il buio, una profonda depressione si impadroni di lui, che lo divorò nel profondo.
Si allontanò da tutti, dagli amici, dalla figlia e infine da se stesso.
Il tempo riuscì, solo in parte a ricucire i pezzi, lasciando solo il ricordò dell'uomo che era.
Camminava posseduto da un dolore atro che lo seguiva ovunque come la sua ombra.
Erano apparsi i primi segnali stradali che indicavano Ogliara, a breve sarebbe arrivato a casa.
L'alba estiva a Salerno, era sempre stato uno spettacolo che non aveva mai visto altrove; i colori arancio e giallo erano sempre accompagnati da una brezza fresca e leggera proveniente dal golfo del Tirreno.
Tutto sapeva di mare in quella città, l'aria salmastra trasportata dal vento di ponente invadeva ogni anfratto come un pettine fra capelli di seta.
Era ostico pensare come quel luogo, che sussurrava di vita e bellezza, il male stesso avesse deciso un giorno di costruirsi casa.
Quando entrò nell'appartamento, l'adrenalina non lo aveva abbandonato un solo istante, avrebbe potuto guidare sveglio come una lampada alogena per un altro giorno intero.
Però doveva dormire, presto o tardi la stanchezza si sarebbe fatta sentire e per quello che si apprestava a fare, avrebbe avuto bisogno di una mente lucida e un corpo in cui fare affidamento in ogni situazione.
Mise sul fuoco dell'acqua a scaldare, nel frattempo si scolò un bicchiere di whisky che teneva nella credenza per momenti come questo.
Andò verso la camera e iniziò a correre sul tapis roulant con impetuosa foga. Dopo mezz'ora, si fece una camomilla calda, una doccia bollente e si distese.
Sul letto con l'accappatoio e le prime luci del mattino che filtravano attraverso un spiraglio della tenda si assopì.
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