Capitolo 5 "Il centro sociale"
Entrando in appartamento si tolse la giacca, mise due fette di pane nel toaster, si versò un bicchiere di vino e si diresse verso il balcone .
Il sole non aveva smesso un attimo di infliggere la sua presenza.
Doveva capire come procedere, si distese sulla branda cercando di mettere a fuoco le mosse da fare e riflettere.
Voleva trovare quei due balordi e sopra ogni cosa doveva recuperare la fede.
Due anni prima aveva conosciuto in palestra Matteo, un ragazzo che frequentava i centri sociali, si ricordò che parlava spesso di quello che era a Castiglione dei Genovesi.
Poteva essere nulla o forse qualcosa, ma pensava che da qualche parte doveva pure iniziare.
Sarebbe andato lì la sera stessa e lo avrebbe cercato.
In ogni caso doveva agire e farlo subito se voleva riuscire in quello che aveva in mente. Con la giusta cautela, le risposte sarebbero arrivate.
Nessuno doveva accorgersi di lui, tanto meno facendo domande ovunque riguardo un uomo zoppo con un tatuaggio.
Aprì la tv sul canale di news della regione. Dopo il palinsesto delle notizie principali, il conduttore aprì il telegiornale parlando della rapina.
Quel giovane lavoratore, padre di famiglia, aveva lasciato una moglie e due figli piccoli.
Un nodo di mestizia gli strinse la gola.
In quella città si sentiva parlare spesso di omicidi, infondo c'era una guerra in atto, ma quando a farne le spese era un innocente, da ogni angolo la gente a modo suo si mobilitava con manifestazioni, si sollevava e mostrava a tutto il paese il suo dolore e la sua indignazione.
I media davano molto spazio a queste morti, contrariamente agli agguati dei clan, che da tempo erano passati in secondo piano.
Ormai i morti in quella guerra di mafia erano cosi frequenti da non fare più scalpore.
Una pagina di necrologi a parte, come facente parte di un altro mondo, una realtà parallela, incomprensibile, come in effetti era.
Dall'inizio dell'anno erano state assassinate quarantacinque persone.
La paura aveva dato spazio all'assefuazione e un alone di rassegnazione aveva pervaso l'intera città, come un lenzuolo nero che scendendo, aveva avvolto tutto e tutti.
Il sole era tramontato, a breve la luce di quel giorno torrido, avrebbe dato spazio a una notte che si prospettava molto calda.
Il cielo ciano era limpido , non si vedeva una nuvola neppure all'orizzonte, ma solo il luccichio delle prime stelle.
Si alzò dalla branda, si fece una doccia fredda, indossò dei jeans, una maglietta, prese le chiavi della macchina sopra la credenza e uscì.
Alla guida i pensieri iniziarono ad affollare la mente, si poneva continue domande, dandosi plausibili risposte.
Come avrebbe rintracciato quei due uomini? Come si sarebbe avvicinato a loro?
Un fante di quadri come tatuaggio non era molto; ma era l'unico indizio che aveva e su quello doveva iniziare.
Attraversò la città su strade provinciali quasi deserte.
Quando arrivò nei pressi del centro sociale, trovò un parcheggio che permetteva di osservare con discrezione tutti quelli che sarebbero entrati.
Il comune in via straordinaria, aveva concesso a una associazione culturale l'uso del palazzetto dello sport, in procinto di essere restaurato.
Iniziati i lavori sarebbero dovuti traslocare.
L'atrio era illuminato e della musica soffocata proveniva dall'interno, a dimostrazione che qualcuno nonostante tutto c'era in quella notte afosa. Guardò l'orologio, era presto e decise di aspettare per vedere chi arrivava.
Se avesse intravisto Matteo, allora sarebbe entrato e avrebbe cercato di avvicinarlo.
Era un uomo di quarantacinque anni, da solo, forse inusuale in un centro sociale di ragazzi molto giovani, poco più di adolescenti, a degli occhi attenti, non sarebbe passato inosservato. Aveva addosso, come il sudore sulla pelle, l'aria di chi stava cercando qualcuno o qualcosa.
Quando arrivarono tre macchine e scese un gruppo di ragazzi, forse dodici in tutto, decise di scendere ed entrare dietro di loro. La musica sedata dall'insonorizzazione del palazzetto, si faceva sempre più nitida all'avvicinarsi all'edificio, ma quando aprirono la porta, il fragore esplose come se avessero appena festeggiato l'ultimo dell'anno.
Il palazzetto si era riempito già dal primo pomeriggio.
Una folla enorme di ragazzini eccitati, riempiva quel posto, che sembrava stesse per implodere, la musica assordante rintronava dentro le orecchie come un martello pneumatico.
Robert non aveva mai fumato in vita sua, ma quel odore intenso di marijuana che si alzava come un incenso sul soffitto, se lo ricordava bene fin dai tempi del servizio militare.
Cercava di trovare un posto per dileguarsi da quel ingorgo di anime. Lo trovò vicino ad un banco dove versavano birra a fiumi, accanto ad un gruppo di ragazzi con i capelli crespi e lunghe trecce rasta.
Si guardò intorno, ma non vide nessuno che conoscesse e decise di uscire.
Il frastuono aveva ormai raggiunto livelli intollerabili per la sue orecchie, e quell'aria di sudore e marijuana gli stava avvizzendo la gola.
Uscito fuori dal locale, riprese ad assaporare l'aria appoggiandosi ad una colonna, mentre un folla pressata su se stessa continuava a entrare.
Notò poco distante, una ragazza che stava fumando. Avrebbe potuto avere si e no diciott'anni, era appoggiata di schiena alla parete vicino ad un bidone trasformato in portacenere. La cosa che lo colpì furono i suoi capelli color fucsia, raccolti da una coda che lasciava intravedere i lati del capo completamente rasati.
Robert alla sua età aveva vissuto l'infanzia a cavallo degli anni ottanta, di conseguenza non era immune alle tendenze e le mode del momento, ma quel colore lo trovò al quanto inadeguato in un viso cosi etereo.
Era intenzionato a non tornare a casa senza niente o almeno voleva provarci, comunque dentro quella ressa, che continuava a inghiottire corpi come un tritacarne, non ci sarebbe più tornato.
<< Ciao, >> le disse con un approccio disinteressato.
<< Ciao, >> rispose lei con aria schiva e sguardo perso nel vuoto.
<< Sto cercando una persona, mi chiedevo, che forse, avresti potuta conoscerla. Si chiama Matteo, ha i capelli chiari e gli occhi verdi. So che viene spesso qua >>.
<< Si si!..Non è dentro? >> Rispose lei senza guardarlo mentre masticava una gomma.
<< Ho provato a cercarlo, ma non l'ho visto.
C'è talmente tanta gente! >> Esclamò lui con sguardo attonito.
Lei si sporse in avanti, si alzò in punta di piedi e iniziò a scrutare alla sua destra, in direzione di una siepe che limitava il contiguo del palazzetto.
<< Ha ragione non c'è, non vedo la moto, di certo sarà qui a breve, ciao ciao! >>
lo salutò spegnendo la sigaretta è voltandosi, senza incrociare nemmeno il suo sguardo.
Robert rimase un po' allibito, poi si ricordò dei suoi commilitoni, di quanto divenivano apatici, quando fumavano tutto il giorno e così non biasimo l'indolenza di quella ragazzina sconosciuta. Continuò a guardarla finché scomparve alla sua vista nella fiumana che accalcava l'ingresso.
Sentiva che era il posto giusto.
In quale altro luogo migliore di questo, avrebbe mai potuto trovare una qualsiasi informazione utile al suo obiettivo.
Non conosceva i centri sociali, ma sembrava che in quella notte, una qualche misteriosa forza di gravità, avesse deciso di riversare tutte le persone rimaste in città proprio all'interno di quell'ombelico.
Non dovette aspettare molto, quando vide i fari di tre motociclette giungere in direzione di quella siepe e riconobbe subito Matteo.
Quando si avvicinarono dall'ingresso esterno vestiti di pelle e i caschi infilati nel braccio, i loro sguardi si incrociarono.
Robert accennò un timido ciao con la mano, e Matteo lasciando i suoi amici dietro di se, si affrettò tendendo la mano verso di lui.
<< Sig.Spada! che piacere rivederla, cosa ci fa qui? >>
<< Ciao Matteo, mi fa piacere anche a me incontrarti. Non riesci proprio a darmi del tu! >>.
<< Non ci riesco sig.Spada, lo sa!sono sempre stato così verso le persone più grandi di me. Vuole che le presento i miei amici? >>
<< Con piacere Matteo! >>
<< Lui è Dario e quello con il casco blu è Giovanni >>.
<< Piacere ragazzi! >> Salutandoli con un cenno della mano.
<< Siamo sempre insieme, sono i miei migliori amici, >> fece Matteo.
<< Frequentiamo l'università di ingegneria alla Parthenope
di Napoli >>.
<< Mi fa piacere di vederti in forma Matteo. Speravo di incontrarti >>.
<< Noi entriamo Matteo, ci vediamo dopo Sig Spada, per una birra se desidera! >> Dissero i due amici.
<< Temo che sarà per la prossima volta ragazzi. Con piacere! >>
<< Sig Spada, ha bisogno di
qualcosa? >>
Per due anni interi, si erano ritrovati ogni martedì e venerdì sera in palestra alla stessa ora. Avevano instaurato un rapporto d'amicizia, anche se Robert lo vedeva più come un figlio. Il legame si era rafforzato, quando Matteo iniziò a confidarsi con lui riguardo alla relazione che aveva con la sua fidanzata.
Si sentivano spesso al telefono, e Robert in varie occasioni lo aveva aiutato anche finanziariamente. Poi da alcuni mesi si erano persi di vista.
<< In effetti si Matteo! Ma è una questione un po' delicata >>.
<< Mi dica Sig. Robert, se posso aiutarla, lo sa che può contare
su di me, >> accennando un sorriso d'affetto.
<< Sto cercando delle persone, non so niente su di loro. L'unica cosa che ho è un tatuaggio! >>
<< Che tatuaggio? >>.
<< Una carta!..Un fante di quadri sul polso della mano sinistra >>.
Matteo iniziò a guardare in basso, concentrato, con un'aria assorta, come se stesse rovistando nella memoria per raccogliere ricordi lontani.
<< Ah! Si!..Umm! >>
Esclamò scuotendo il capo
<< Una volta vidi un tizio con un tatuaggio così! >>, alzando gli occhi e guardandolo.
<< Il ricordo è vago, ma sono certo che il tatuaggio fosse quello >>.
<< Si ? .. Dove? >> chiese Robert con tremito.
<< Si parla di tanto tempo fa. Ero con mia sorella in un ristorante, me lo ricordo perché fu protagonista di una rissa. Andammo via subito, ma il tatuaggio me lo ricordo bene! >>
<< Ti ricordi il posto? >>.
<< Certo Sig.Spada, è il "Breda" un ristorante sulla spiaggia a Conca dei Marini.... Ma come fa a conoscerlo Sig Spada? >> Con sguardo sorpreso.
<< Mi era sembrato un uomo pericoloso!.. Quella è una compagnia di motociclisti che si ritrova lì, quasi sempre. Fanno baldoria fino a notte tarda alla baia dei pescatori >>.
<< Ti ricordi qualcos'altro Matteo? >>
<< Mi faccia pensare, è passato quasi un secolo!, a pensarci bene, sembrava fosse goffo nei movimenti, il viso molto magro, emaciato con le guance affossate >>.
<< Ti ringrazio, Matteo! È stato un piacere rivederti. Ti lascio ai tuoi amici. Ti chiamo uno di questi giorni e ti offro la cena >>.
<< Mi farebbe tanto
piacere Sig. Spada!>> Esclamò .
Si abbracciarono e Robert si avviò verso la macchina.
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