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Capitolo 19 "La CEMAR"



Con l'avvio procedurale dell'operazione, la CEMAR, era stata subito oggetto di una scrupolosa analisi da parte della DEA. Erano così seguiti controlli sulle modalità di pagamento, permessi, commesse, fornitori, furono seguiti le tracce di bonifici, e non ultimo, le abitudini, i conti e le proprietà del suo intestatario.
Ne era uscita l'immagine di un'azienda pulita, nonostante avesse chiuso il bilancio con un forte passivo l'anno prima a causa di un terribile fungo chiamato"Vassoura-de-bruxa", che aveva decimato l'intero raccolto.
Nonostante tutto, era risultava un'azienda in regola sotto ogni aspetto.
Se l'investigazione, avesse condotto alle aspettative in seno all'indagine, la missione avrebbe scoperchiato una pentola che, per il Cartello di Harmosillo sarebbe risultata meglio del cavallo di Troia.
Il reputazione del marchio era ormai noto agli ispettori doganali, avendo precedenti di esportazioni simili negli anni precedenti, non avrebbe suscitato sospetto in nessuna dogana. La merce avrebbe potuto subire un controllo a campione, ma niente di più.

Anche se la sorveglianza ufficiale era iniziata la sera di quel otto Agosto, il lavoro più grosso era stato già fatto dalla DEA nelle due settimane precedenti.
L'azienda era collocata al centro di altre due fabbriche in un piccolo agglomerato di strutture artigianali a ridosso di una strada di servizio che correva parallela per un kilometro alla statale Pan American di Ulloa.
Nell'ingresso dell'edificio sostava un locale portineria. Una volta uscito tutto il personale dalla fabbrica alle 06:00 di sera, il portiere alle ore 09:00 pm, avrebbe fatto il passaggio di consegne al vigilante della notte. Allo scadere di ogni ora, il guardiano era solito fare il giro, con la torcia e armato, dei novecento metri lungo il perimetro, impiegando,"macchinetta del caffè a parte", dai quindici ai venti minuti.
La mancanza di una cassaforte e di liquidità e la presenza solo di apparecchiature industriali difficilmente trasportabili, non richiedeva la presenza di una guardia, ma la cospicua assicurazione antincendio la rendeva necessaria.
Vestiti di nero che, lasciava intravedere a fatica solo il bianco della sclere degli occhi, il tenente  Michael loren dal tetto della fabbrica adiacente, con il binocolo, osservava la guardia, ormai da quando aveva preso servizio e l'agente Huge  accanto invece, il parcheggio e la strada.
Quando la vide uscire, chiudere la porta a chiavi del gabbiotto, in collegamento con l'auricolare, avvisò l'agente Edward Larson, che sbucato da dietro una macchina del parcheggio, correndo a ridosso del muro di cinta e arrivato alla porta, ci mise venti secondi per forzare la porta con due grimaldelli. Una volta entrato, chiese attraverso il microfono:
<< Quanto tempo ho? >>

Loren che continuava a seguire come un'ombra il guardiano:
<< Ha appena girato il secondo angolo, hai nove minuti >>.

Iniziò a fotografare tutti i dispositivi, indirizzi, numeri di telefono presenti sulla scrivania di servizio e poi i vari schermi di video sorveglianza.
Uscito e chiusa la porta, aveva impiegato quattro minuti e ventisei secondi.
L'allarme dell'azienda era un semplice impianto perimetrico wireless a infrazione, la sirena si sarebbe fatta sentire fino a distanza di tre kilometri, solo nel caso che qualcuno avesse forzato una delle cinque porte esistenti, tre che portavano allo stabilimento, l'ingresso che portava agli uffici nell'ala a due piani e una che fungeva da sicurezza collegata a una scala di servizio per il personale del secondo piano.
Studiate i punti delle telecamere e la loro angolazione visiva, e oscurata la frequenza radio per mezzo di una portante più forte che avrebbe impedito la ricezione da parte della centrale, Larson in continuo contatto con la squadra, si sarebbe introdotto nei locali interni per piazzare microspie e telecamere grandi come l'unghia di un mignolo nei settori cosiddetti "caldi".
Iniziò con l'ufficio spedizione, poi il magazzino, poi salito attraverso una scala interna sarebbe toccato il reparto amministrativo di fronte allo stabilimento, per giungere infine all'ufficio commerciale e il più importante di tutti, quello di Manuel jimenez. Il vigilante uscito dal gabbiotto per il suo penultimo giro di perlustrazione, in quella notte limpida e sterminata di stelle, avrebbe fatto uscire anche Larson dalla CEMAR.

La forza degli alisei, non aveva portato piogge da settimane a Ulloa, così come in tutto il cantone di Heredia. La temperatura era salita di cinque gradi sfiorando i trentuno, poi con il tramonto si era abbassata di qualche grado. Non c'era umidità nell'aria ma il caldo percepito era stremante, per il Maggiore Vincenzi e il Tenente Bravi che si trovavano all'interno del furgone verde. Con la scritta "CR- distribuzione" era stato parcheggiato accanto ad un palo dell'alta tensione, mentre l'agente Michael loren, esperto in telecomunicazioni, con scarponi inchiodati e imbragato alla cima del traliccio, faceva finta di riparare l'elettrodotto.
Lo spazio angusto, i vari apparecchi tecnologici e il caldo dei tropici, aveva reso l'abitacolo uno assoluto strazio, la presa d'aria del tettuccio sembrava del tutto inutile. Davanti a teleschermi gps, controllo delle video camere e registratori digitali, i due ufficiali della guardia di finanza stavano collaudando la possibilità di avere un  ventilatore, il rumore della statale avrebbe coperto il suo sibilo da orecchi esterni, comunque ben visibili dalle videocamere esterne.
Alla CEMAR era iniziata una consueta giornata lavorativa, videro l'approssimarsi di tutti gli operai del turno di mattina attraverso il tornello adiacente alla portineria e poi l'arrivo di alcuni camion di fornitori già  controllati in precedenza.
Era seguito un attento ascolto attraverso la microspia in magazzino.
A metà mattinata arrivarono le prime berline degli impiegati, poi alcune auto aziendali, agenti di commercio e infine la Mercedes di Manuel Jimenez.
Solo una macchina di queste o meglio il suo conducente, parve la necessità di essere seguita, fu contattato l'agente Larson che ricevute le coordinate, con la moto, iniziò a pedinarla.
Era passata un'intera giornata senza niente di rilevante, il caldo all'interno del furgone l'ho aveva reso simile a una sauna Finlandese, nelle loro camice intrise di sudore non vedevano l'ora che Loren sceso dal traliccio li portasse via.
Dopo qualche ora, anche l'agente Larson che aveva seguito il sospetto fino sotto casa e accertatosi che era pulito, fece ritorno.
Giunto il crepuscolo avvisarono il capitano Steward per il cambio di turno e partirono.







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