Capitolo 17 "Inizio operazione"
Arrivarono con 20 minuti di anticipo.
Bruno parcheggio' il taxi di fronte all'entrata dell'aeroporto e inserì il segnale "Fuori servizio", Carlos invece, fermo all'ombra di una felce gigante trenta metri più indietro, ma dall'altra parte della carreggiata.
Avevano avuto una video conferenza conoscitiva quattro giorni prima e si erano messi d'accordo sulle modalità del primo contatto.
Anche se, l'atrio dell'aeroporto internazionale Daniel Oduber era gremito di gente e macchine, non sarebbe dovuta essere difficile riconoscere una giovane coppia con lui indosso un cappello rosso Ferrari. Loro avrebbero dovuto cercare il taxi 16.
Li vide uscire abbracciati in vita e trascinare entrambi i loro rispettivi trolley, come da istruzioni. Accese la macchina e si avvicinò.
Quando Bruno incrociò lo sguardo di Dario, rimise il taxi in out, il Maggiore lasciò un attimo il trolley e abbassò gli occhiali come da istruzioni, alzò la mano facendo il gesto di chiamarlo.
Bruno accostò e si precipitò verso il bagagliaio riponendo le loro valige, poi aprendo la portiera, li fece accomodare. Il primo contatto era riuscito senza intoppi.
Carlos, che aveva seguito tutta la scena, accese la moto.
Montato in macchina si girò e gli sorrise.
<< Maggiore Valeri, tenente Bravi benvenuti ! >>
<< Piacere Bruno, >> replicarono, ricambiando il sorriso.
La macchina si avviò e Bruno, guardando i suoi colleghi dallo specchietto prese la parola:
<< Appena usciti da questa careggiata, vicino a un spartitraffico con delle piante rosse, alla nostra destra, vedrete tre uomini. Uno di loro ha una vistosa camicia a fiori, guardatelo, ma non fatevi notare >>.
Quando il taxi arrivò a fianco dei tre uomini, l'uomo a fiori si distolse dal parlare con gli altri due e si voltò verso la macchina guardando dentro; in una frazione di secondo incrociò lo sguardo di Sabrina, per poi tornare a parlare con i gli altri due.
Uscito dal parcheggio dell'aeroporto, Sabrina chiese:
<< Chi è quel tizio? >>
<< È un occhio del cartello,>> rispose Bruno.
<< Non è un pesce grande, è un ottavo anello, ma è del controspionaggio di Flores >>.
<< Ottavo anello? >> Esclamò Dario.
<< Quando saremo arrivati, le spiego tutto Maggiore >>.
A cinquanta metri Carlos li seguiva concentrato dietro la visiera a specchio.
Prese la "nacional 21" fino a Cantone di Liberia, da lì la statale "International American Hightway 1" verso nord, la statale gli avrebbe condotti fino a destinazione, nel bel mezzo della provincia di Guanacaste.
Dopo trenta minuti, uscì direzione "Cañas Dulces".
Sabrina dal finestrino era intenta a osservare meravigliata il paesaggio tropicale e più in alto il vulcano del parco "Rincon de la Vieja".
<< Mi sembra un sogno questo posto! >> Esclamò.
<< Finita questa indagine ci tornò di sicuro! >>
<< Hai proprio ragione, >> la seguì Dario.
<< Quello che vede non è niente, Tenente! Le meraviglie della mia terra sono da scoprire al suo interno, laghi, cascate, acque termali >>. Sorrise Bruno, guardandola dallo specchietto retrovisore.
<< Infatti! ho detto che ci torno! >> Strizzandoli l'occhio.
<< Non ci vorrà molto, siamo quasi arrivati da zia Rosa, >> ribadì Bruno sorridendo.
Dario si voltò dal guardare il panorama e lo guardò stranito.
Sabrina dal canto suo sorrise, anche se, la sua attenzione era completa verso quel luogo che la circondava, le sembrava surreale, rispetto alla Miami del giorno prima.
Bruno uscì dalla statale 1 in direzione Cañas Dulces per inoltrarsi subito su una strada sterrata e sconnessa, fra una vegetazione fitta di frutici e felci. Dopo un tratto impervio e scosceso, nel mezzo di una foresta tropicale, arrivò a una casa bianca e celeste di due piani in mattoni e legno.
Entrò nella parte posteriore, dove c'erano già parcheggiate un fouristrada, un furgone e due moto da cross.
Quando scesero, sopraggiunse anche Carlos che fermò la moto affianco alle altre.
Bruno fece le formali presentazioni, anche se, si erano già conosciuti via etere, così come con i colleghi che li stavano aspettando.
Sabrina alzando lo sguardo, vide un uomo che li osservava dalla finestra:
<< È meglio che andiamo, ci stanno aspettando! >>
Aperta la porta, entrarono dentro un loft di legno di quaranta metri quadri con un grande tavolo rettangolare, sopra dei portatili, una lavagna luminosa, uno schermo da proiezione, una console con qualcosa che sembrava un telefono satellitare, un frigorifero e quattro uomini che si alzarono.
John Steward capitano della DEA, Michael Loren esperto in ricezione e telecomunicazioni e i due agenti speciali, esperto in pedinamento Edward Larson e Tom Huge specialista in esplosivi e bonifica ordigni.
Otto agenti intorno ad un tavolo bianco lucido formavano la squadra messa in piedi in fretta e furia dall'Interpool, per stanare Flores e la sua commessa di bambole dirette in Europa nell'operazione che fu denominata " rat to dig out" (ratto da stanare).
All'interno di una delle tre case sicure, chiamata "Zia Rosa", all'appello mancava solo l'uomo dal pollice verde, il distinto commerciante di orchidee, Jack Bristol, che sarebbe stato disponibile solo in caso di urgenti e inevitabili potature; la presenza della CIA era stata espressamente voluta dal Presidente americano, dopo il brutale omicidio dell'agente speciale Daniel Lorens per opera del cartello.
Dario prese la parola rivolgendosi al capitano.
<< Cosa sappiamo di questo Flores? >>
John Steward si alzò, accese la lavagna luminosa e passo un foglio, sullo schermo. Comparve un organigramma a piramide contrassegnato da una serie di volti sia uomini che di donne, alcuni dei quali, pur conoscendone l'esistenza, erano oscurati, perché si ignora l'identità. Avvicinandosi allo schermo prese una bacchetta e iniziò a indicare la foto in cima alla piramide, il boss, Carmelo Flores.
A differenza di molte delle altre, la sua immagine era alquanto nitida, un uomo di trentacinque anni, carnagione olivastra, capelli nero lucido e baffi; le sembianze di almeno tre quarti della popolazione maschile messicana. L'uomo Carmelo Flores era ben conosciuto da tutti nella regione, di meno era il luogo dove risiedeva per la gran parte del tempo e da dove, indisturbato dirigeva tutto il suo fiorente apparato criminale. Nonostante fosse nel mirino di ogni agenzia governativa sparse in mezzo globo, risultava comunque avere la fedina ancora pulita, quella di un normale uomo d'affari di successo, nella produzione e commercio di caffè.
Il cartello che guidava, secondo le fonti in possesso, in soli tre anni di vita e dopo la vittoria nella guerra contro il cartello di Saloa, fatturava già, otto miliardi di dollari l'anno.
Il capitano continuò a descrivere i vari volti della prima linea di discendenza, c'era la moglie, i suoi due figli adolescenti, suo fratello, la madre anziana e alcuni luoghi tenenti, uno di quali, incuriosì Sabrina che alzò la mano.
Il capitano Steward la guardò annuendo, concedendogli la parola.
<< Quello con i capelli lunghi? >> disse, indicando con il dito una foto che appariva accanto al fratello di Flores.
Era un volto, con i capelli lunghi corvini, gli occhi neri e vuoti, carnagione scura e un tatuaggio a formare una ragnatela che gli copriva tutto il collo.
<< Cosa gli è successo? >> chiese Sabrina sorpresa da quella faccia scabrosa.
<< Questo è Marcelo Muñoz. Premetto che questo essere, perché chiamarlo uomo sarebbe un euforismo. La sua crudeltà è rara quanto la sua malattia che si porta dentro dalla nascita, la "Ittiosi lamellare", che come avete notato, lo ha completamente sfigurato e con tutta probabilità, lo stress psicologico che gli ha recato lo ha reso quello che è.
Presumiamo che dietro al pseudonimo "il dentista" affibbiato a Flores, in realtà ci sia proprio lui >>.
Sabrina alzò la mano nuovamente.
<< Ho letto il fascicolo sull'indagine e sulle torture. Perché dentista? >>
Lo sguardo del Capitano si fece tremendamente serio e guardando i presenti, colse la dolente occasione:
<< Vi anticipo che in diciotto anni che faccio questo lavoro, non ho mai incontrato un essere come questo, ce da augurarsi di morire, prima di cadere nelle sue mani, e non scherzo affatto!..
Il suo modo operantis è tanto semplice quanto lo strumento che Usa, "un martello da carpentiere", ti chiede una semplice risposta, se non gliela dici o non è quella che si aspetta, non te la chiederà due volte. Da quel momento inizia una sofferenza senza uguali. Un colpo secco e violento sugli incisivi frontali, come se volesse buttare giù un muro, il dolore è talmente forte che se non culmina con la morte, ti rimane dentro in bocca come un tatuaggio.
Se riesce ancora a parlare, la vittima gli dice anche quello che non sa.
Due mesi fa, la Polizia Federale Messicana ha trovato un uomo e una donna vicino a Ciudad Hidalgo, che presumiamo siano stati torturati e uccisi da lui. Queste sono le foto >>.
Pose le immagini sulla lavagna luminosa.
Solo Carlos e l'artificiere Tom Huge rimasero a guardare impressionati, gli altri inorriditi, non poterono che chiudere gli occhi per un'istante o guardare altrove. Bruno ebbe un cenno di conito di vomito.
<< Non ho mai visto nulla di simile! >> Esclamò Dario.
<< Signori, quest'uomo è completamente pazzo, senza il minimo sentore di emozioni o sentimenti di pietà >>. Continuando.
<< Se lo togliamo dalla faccia della terra, facciamo un favore all'umanità. >>.
Rimasero tutti ammutoliti con i volti tesi.
<< Bene signori e signore! >> Guardando Sabrina.
<< Siamo qui apposta. Per fermare tutto questo schifo, giusto? >> Concluse, smorzando quell'aria di apprensione che si era creata.
Dario poi rivolgendosi a Bruno:
<< Cosa ci volevi dire dell'uomo all'aereoporto? >>
Bruno iniziò ad abbozzare qualcosa su un foglio, si alzò e lo proiettò sullo schermo. Aveva disegnato una serie di cerchi concentrici, in totale otto, a tutti gli effetti, sembrava un bersaglio per freccette.
Mise la foto sul tavolo, che cominciò a passare di mano in mano; iniziò un monologo molto accurato su di lui, che si chiamava Alvaro Morales, che lui e Carlos, lo avevano pedinato per quattro mesi in un'indagine di frontiera e che, anche attraverso un loro contatto in Nicaragua erano giunti alla loro ipotesi divenendo di fatto una conferma; il cartello operava a distretti concentrici, che ogni affiliato aveva competenza solo da un anello a quello successivo, così, chiunque lavorasse per il cartello, conosceva solo il compito che gli era assegnato, ma, completamente all'oscuro riguardo a tutto il resto, e questo Alvaro era un ottavo anello, un informatore, un occhio del cartello, per così dire, l'ultima ruota del carro.
Torchiare un anello esterno, sarebbe valsa, come interrogare un panettiere, riguardo alle decisioni di gabinetto del ministero dell'agricoltura.
Avvicinarsi al centro rosso, che rappresentava Carmelo e la sua famiglia, significava essere sottoposti a richieste inrinunciabili, un sorta di dimostrazione di assoluta fedeltà al capo. Dal terzo anello in poi, se non avevi legami di sangue, dovevi uccidere, senza esitazione.
<< Temo che il vostro uomo fosse all'oscuro di questa cosa, abbia voluto osare, diciamo ondare oltre il terzo anello e davanti a una prova cosi, si sia inevitabilmente fatto scoprire >>.
Rivolgendosi al Capitano, il quale Impallidi, irrigidendo i presenti, semmai la vendetta aveva un volto, con tutta probabilità rappresentava il suo.
Con lo sguardo teso da un rancore che lo accompagnava da luogo lontano, il capitano Steward si alzò, prese dei ciclostilati da una cartella, e iniziò a distribuire a ciascuno le indicazioni su turni, ingaggi e appostamenti alla CEMAR, la fabbrica di cioccolato di Manuel Jiménez.
Dario si alzò e andò verso la finestra che dava sul patio e il cellulare iniziò a squillare, guardò i colleghi e poi rivolgendosi a Steward li fece un cenno che sarebbe uscito dalla stanza.
<< Comandante, buongiorno! >> mentre scendeva le scale di legno esterno. Raggiunto il cortile e lontano dall'essere udito:
<< Ciao Luca! >>
<< Ciao Dario! come procedono le cose? >>
<< Abbiamo iniziato...Anzi iniziamo questa notte >>.
<< Jasmine la mia piccola si è diplomata e ti saluta >>.
<< Sono contento Luca, porta i miei saluti a lei e a Sonia, appena ritornò dobbiamo stare tutti insieme ! >>
<< Il Tenente Bravi come sta?.. Si è ambientata? >>
<< Si si! sta seguendo le indicazioni di Steward in questo momento. Stiamo per partire per Ulloa.
Le bambole dovrebbero arrivare fra cinque giorni >>.
<< Ti ho chiamato anche per dirti un'altra cosa, mi sono passati sotto gli occhi alcuni documenti e qualcosa non mi torna. Riguarda la "International at affairs", per adesso è solo un dubbio; questa sera mi devo vedere con alcune persone e di certo avrò una smentita a questa mia sensazione, ma sai!, mi conosci!, devo sempre vederci chiaro su tutto. Appena ci vediamo te ne devo parlare >>
<< Mi devo preoccupare Luca? >>
<< No! Stai tranquillo! Sai come si dice? Deve essere la solita deformazione professionale. Ciao amico ti devo lasciare, mi faccio sentire io >>.
<< Ciao Luca, salutami le tue donne e fa i complimenti a Jasmine da parte mia, in quanto a te, prepara la canna da pesca e aggiusta la barca! >>
<< Sarà fatto... Già certo! La barca.
Ciao fratello, tenete gli occhi aperti. A presto >>.
Quando rientrò nella stanza, Sabrina lo guardò stranita a capire riguardo quella telefonata improvvisa.
Dario la guardò:
<< Il Generale mi ha chiesto di te e ti saluta >>.
Il capitano alzando il timbro della voce esortò i presenti sul da farsi.
<< Avete capito tutti? Voglio microspie ovunque, massima sorveglianza, 24 ore al giorno. Ogni mezzo sospetto che entra e esce da quella fabbrica deve essere seguito. Le bambole saranno qui a breve, non abbiamo tempo per rimediare a errori, di certo la sorpresa è in viaggio anche lei. Occhi aperti.
Ok possiamo andare >>.
Poi, mentre rimetteva i documenti dentro una cartella di cuoio, guardò Dario:
<< Maggiore le devo parlare. La prima notte di sei ore la faranno due miei uomini, voi due inizierete con il furgone domani mattina. Verremo a prendervi al posto stabilito, nel modalità che già sapete... Nel macchina troverete l'equipaggiamento necessario >>.
Dalla parte opposta della stanza Bruno alzò il braccio e richiamò la loro attenzione:
<< Maggiore Vincenzi, Tenebre Bravi ho una cosa per voi >>.
Dario e Sabrina si avvicinarono mentre Bruno tirava fuori da una sacca una valigetta di colore argento e la pose sul tavolo, fece scatare i due lucchetti ai lati e poi le due cerniere a combinazione frontali e l'apri.
All'interno, nei due rispettivi scomparti dell'imbottitura di poliuretano espanso, giacevano due semiautomatiche Jericho 941 di produzione Istraeliana.
<< Estos son para usted, cortesía del Departamento de la Guardia Civil, Ministero de la Seguridad Publica de Costa Rica...
Sperando che non dobbiate mai adoperarle >>. Disse Bruno, con un leggero sorriso assolto, mentre richiudeva la custodia.
<< Ce lo auguriamo anche noi, amico! >>. Rispose Dario.
Poi gli guardò:
<< Da queste parti, noi diciamo "Pura vida", ecco perché siamo il popolo più sereno al mondo, perché, anche il male stesso lo affrontiamo senza stress >>.
<< Allora "Pura vida" anche a te Bruno! >> Esclamò Sabrina.
O
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