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Capitolo 14 "San José"


Aveva aperto la porta con delicatezza evitando di non fare rumore. Come ogni mattina si era fermato nell'uscio della porta della cameretta e nella penombra della stanza, osservava suo figlio Miguel che dormiva. Era appena passata l'alba e il cielo si stava schiarendo. Di solito si avvicinava e lo baciava sulla fronte, ma era troppo presto e decise di chiudere le tende per impedire al primo sole di svegliarlo, da li a qualche ora, ci avrebbe pensato sua madre a farlo e dopo una colazione abbondante sarebbe andato a scuola.
Maria, come di consuetudine, si era svegliata prima di lui.

L'appartamento distava quattrocento metri dal Parco Zoologico Simon Bolivar di San José, e lo schiamazzo delle scimmie Mono Congo e degli Ara Macao iniziava sempre con le prime luci del sole e quella mattina non fece eccezione.
A breve il governo, avrebbe liberato tutti gli animali dalle loro gabbie e fatto di quello zoo un parco naturale.

Entrò in cucina e si baciarono. Si sedette e gli versò una tazza di caffè.

Bruno non era solito portare il lavoro a casa, tanto più quando iniziava un'indagine nuova.
<< Perché non sei rimasta a dormire? >> mentre gli accarezzava la guancia.
<< Mi devo trovare con Carlos a casa sua e poi andiamo a Liberia.
Ci dobbiamo incontrare con delle persone >>.

<< Stasera torni? >> Disse lei passando il braccio sulle sue spalle.

<< Non so amore!, ti chiamo se ritardo. Adesso devo andare, a breve le strade saranno intasate per il mercato. Non ti preoccupare ti chiamo stasera >>.

Lei le mise le mani sul guance e guardandosi si baciarono.

Bruno guardò sua moglie gli sorrise, indossò la giacca di jeans, prese lo zaino e uscì.

Salì sulla sua Ford azzurra e imboccò l'Avenida 11A, che costeggiava parzialmente il parco zoologico. Scese per la calle 9, costeggiando Parque Espana, attraversò l'incrocio di Avenida 1, dove stavano già affluendo tutti i veicoli e carretti diretti al Mercado Central.
Scese e raggiunse alla sua sinistra Parque de Las Garantitas social, svoltò a destra su Avenida 6 e con un buon auspicio si era liberato dal traffico del mercato. Dopo alcune calli e sensi unici si trovò su Avenida 4.

La sera prima, si era messo d'accordo con Carlos che sarebbe arrivato puntuale sotto casa sua e almeno non fosse esplosa la strada con lui dentro, ci sarebbe riuscito anche quella volta. Era un uomo puntuale ed esigeva altrettanta virtù dai colleghi con cui lavorava.
Ora, a circa un isolato, fatta eccezione di alcuni studenti, la strada risultava sgombra. In lontananza vide Carlos sulla sua Triumph nera. Aveva lo sguardo rivolto verso destra in attesa di vedere la macchina; sopraggiunto, Bruno gli fece due segnali con gli abbaglianti e lo superò; Carlos tiro giù la visiera a specchio del casco e lo seguì spedito.
Attraversarono tutto il perimetro nord del Parque Metropolitano La Sabana, poi lo Estadio Nacional,
scesero giù per Calle 68 e presero La Autopista Prospero Fernandez, che li portò fuori dalla capitale.

Con l'inizio delle operazioni, L'Interpol in collaborazione con il G.I.C.O, aveva contattato in forma strettamente riservata il capitano della Guardia civil di San José, Sanchez Alvaro. Dopo averlo avvisato, attraverso una linea sicura, della natura particolare della missione, gli era stato chiesto di segnalare due agenti, di stimata reputazione e predisposizione al lavoro di squadra. Era un indagine considerata ad alto rischio e come tale ne erano a conoscenza solo quelli predisposti alle operazioni. Nessuno doveva sapere di questa missione a San José oltre lui e i suoi due uomini.
Se fosse stato richiesto l'intervento di apparati logistici o squadre esterne, sarebbero risultate per indagini già in corso.
Il comandante, aveva convocato Bruno e Carlos a casa sua, parlando con loro un intero pomeriggio all'ombra di un gazebo di casa sua. Consegnato a ciascuno il rapporto sull'indagine, una volta studiato e memorizzato, lo avrebbero dovuto bruciare. Ufficialmente l'operzione per i due poliziotti, iniziò quella mattina del 4 Luglio.
A cinque kilometri dal Cantone di Bagaces, uscirono dall'autostrada "Inter Americans hightway," e dopo alcuni kilometri, svoltarono attraverso un sentiero all'interno di una foresta di mangrovie.
La strada fangosa e impervia consentiva a stento l'accesso solo ad una autovettura. Si fermarono nei pressi di un capanno dall'aria particolarmente trascurata a tre kilometri nell'entroterra. In prossimita della baracca, lo spazio era giusto per fare due manovre e riprendere la strada di ritorno. Aprirono il grande lucchetto, che chiudeva una massiccia catena alla serratura dei battenti del garage. Entrò con la Ford, la coprì con un telo cerato, si cambiò e subito dopo, usci con una Subaru rossa ciliegia; un perfetto taxi con la digitura sul triangolo giallo della portiera "Taxilir Liberia" numero 16, perfettamente registrato alla motorizzazione e con regolare licenza.
Ripartirono per Liberia.

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