32 - Scappare dalla realtà
Rifugio. Può essere un luogo lontano o vicino, basta che offri protezione, conforto, sicurezza; uno spazio in cui stare in tranquillità ed essere sé stessi oppure un ambiente in cui pensare e meditare su ciò che accade, o ancora in cui rifugiarsi dinnanzi a difficoltà e minacce. Può essere non per forza un luogo vero e proprio ma anche uno spazio mentale, un'azione che permette di trovare un equilibrio in sé stessi.
Talvolta, però, il continuare ad isolarsi e a fuggire costantemente da ciò che circonda potrebbe portare ad una trappola di apparente sicurezza come a voler rimandare in eterno qualsiasi cambiamento, difficoltà a cui non si è abituati. E Sheera stava esattamente scappando, pronta a trovare un qualunque punto di oscurità che l'avvolgesse.
Erano forse giorni e giorni che nessuno l'aveva vista negli Abissi Infernali nonostante percepissero la sua presenza costante, Damon e Lilith avevano provato a cercarla ma era stato inutile poiché la Dea era piuttosto brava a scegliere e nascondere con la magia ogni luogo che si era ritagliata per sé nel suo stesso Mondo per stare alla larga da chiunque.
Il rumore di qualcosa che cade le rimbombò in testa infastidendola, però questo la portò ad aprire gli occhi, seppur a fatica; non era nella solita stanza sotto il lago bensì in una grotta lontana parecchi chilometri tra montagne rocciose e fredde, dove solitamente nessuno metteva piede per il forte vento che spirava. Oltretutto non vi era alcuna anima in quelle zone, tanto meno qualcosa di allettante da fare.
In ogni caso l'interno non era nulla di così diverso dagli altri rifugi: pareti grigie graffiate o con lievi crepe appena percettibili, oggetti buttati a terra, libri lasciati tra gli scaffali con noncuranza, ammucchiati, pagine strappate, stropicciate, stracciate, schegge di vetro sotto i piedi. Sembrava che ogni cosa fosse immobile. In tutto quello, il buio fungeva da coperta a nascondere la ragazza stesa su una sorta di letto.
Aveva preso ispirazione dai Salir e Yarix che avevano ideato giacigli più o meno confortevoli per il sonno in maniera abbastanza interessante, con tessuti, lane, materiali morbidi. Non era poi così male, talvolta riusciva a dormire qualche ora per davvero senza essere sommersa da incubi altrui incessanti.
Riuscì con molta fatica a mettersi a sedere, le lenzuola sotto di sé completamente sfatte, stropicciate, testimoni del suo sonno tormentato o pressoché inesistente. Non stava bene, per niente. La testa le girava a tratti, le forze parevano inesistenti e addosso una sensazione di stanchezza profonda come se il corpo fosse troppo pesante per alzarsi dal letto. Il motivo? Semplicemente non si sfamava da chissà quanto, dovevano esser passati come minimo una decina di giorni dall'ultima volta che aveva bevuto del sangue o si era sfamata di negatività come doveva.
Una volta entrata nella grotta, isolandosi da qualsiasi cosa per evitare di impazzire e ferire chiunque al di fuori di sé stessa, non era più uscita, nemmeno per prendere una boccata d'aria fresca. Si era chiusa nel buio più profondo in cui poteva vedere chiaramente come se ci fosse stato pieno sole, si era lasciata dietro le spalle un grande masso a chiudere l'apertura. Non voleva essere trovata.
Non aveva fatto molto chiusa lì dentro, aveva passato ore ed ore a pensare, poi ad agitarsi, a cercare di placare la propria energia dal voler prendere il controllo, infine crollare in un'apparente sonno in cui odiosi incubi non facevano altro che martellarle la testa incessantemente, procurandole solo dolore e indebolendola, stancandola. Solo a quel punto trovava qualche attimo di pace perdendo i sensi. Non aveva nemmeno fatto caso ai crampi della fame per tutto il tempo.
Barcollò per un istante quando si alzò in piedi, impiegò qualche secondo a stare in equilibrio decentemente, dopodiché si guardò attorno alla ricerca dell'ingresso della grotta; non aveva molte forze per spostare la pietra ma furono abbastanza da poter usare la magia per far sgretolare la roccia davanti ai suoi occhi.
L'aria fredda le arrivò addosso in una ventata avvolgente, non era aria ferma come quella che si era creata là dentro nei giorni. Sentì odore di umido come segno che aveva piovuto nel suo Mondo e la temperatura si era fatta ancora più bassa del solito, pozze d'acqua si presentavano qua e là sparse sulla superficie rocciosa.
Si specchiò in una di essa per puro caso mentre passava: persino per sé stessa pareva irriconoscibile, la sua figura appariva opaca, meno reale, e poi gli occhi privi di emozioni, privi di anche solo il più piccolo tratto di malizia. Semplicemente svuotati. Era peggio di un'anima smarrita.
Sbuffò scompigliandosi i capelli ridotti quasi a dei rovi, si sentiva scombussolata, non sé stessa, strana, persa. Doveva mangiare, qualsiasi cosa le capitasse di fronte sarebbe bastata. Sperava solo che i pensieri che l'avevano tartassata in quei giorni non si ripresentassero, pensieri che erano stati per lei spaventosi, la portavano a dubitare delle sue certezze.
Aveva bisogno di proteggersi come aveva sempre fatto, non doveva farsi influenzare dalle emozioni, il suo istinto l'aveva sempre tenuta lontana da ciò in quanto essere che non sapeva gestire sensazioni troppo forti o complesse. Eppure, dentro di sé si era accesa la consapevolezza di ciò che iniziava a provare e che doveva assolutamente ignorare, reprimere con ogni mezzo possibile senza implicare caos e distruzione fuori posto. Più ci provava, però, più questi affioravano persistenti come un rumore di fondo che non smetteva mai di essere presente.
Lo stare da sola le era sembrato un modo per stare più distante da ciò che la spaventava, che era in grado di renderla vulnerabile, un luogo senza nessuno a cui dare spiegazioni per il suo comportamento anomalo, una sorta di ancora. Poteva scappare da tutto ciò? Non ne era sicura, ma poteva tentare. Era davvero in grado di cambiare ciò che era accaduto? Ignorare il tutto?
– Devo smetterla.– si disse mordendosi il labbro inferiore chiudendo gli occhi per un secondo fare un respiro profondo e concentrarsi su altro quali l'odore sudicio di Demoni e orchi, poi quello dell'aria fresca frizzantina, l'erba umida, il dolce della lussuria e tanti altri peccati. Il suo Mondo, quella volta, non aveva nulla di quello che cercava per potersi riprendere.
Aprì gli occhi e schioccò le dita già infastidita teletrasportandosi nel Regno Assoluto, più specificamente nel luogo in cui poteva sempre trovare energia negativa di cui sfamarsi abbondantemente: le periferie più malfamate dell'intero Mondo. Le bastava raggiungere qualche grande paese importante come Nadev, Stavira, Vienvily e molte altre, lì si annidavano ovunque i malintenzionati. Difatti fu semplice da trovare la sua prima preda.
Un uomo, nascosto in un vicolo stretto, buio e nascosto da occhi indiscreti, stava tenendo una ragazzina con le spalle al muro. La Dea poteva chiaramente sentire il terrore di lei, come il suo cuore non smettesse di battere all'impazzata, di come il suo respiro fosse irregolare di fronte ad una persona più grande di statura e per nulla rassicurante.
Non era mai sicuro andare in giro di notte tra i Salir, per chiunque. I criminali erano ovunque, quelle persone erano un favoloso bottino per Sheera per quanti peccati avessero accumulato negli anni. E lui non era da meno, le sue intenzioni erano piuttosto chiare e la Distruttrice strinse i denti dal nervoso nel momento in cui lo vide allungare una mano sulla gamba della ragazza e l'altra a tapparle la bocca mentre lei tentava di muoversi, scappare, difendersi in tutti i modi mentre le lacrime prendevano a scendere. Il suo sguardo era come quello di una preda conscia dell'essere braccata e che da lì a poco sarebbe stata la sua fine.
– Cosa vuoi? Non vedi che-ah!– sentì la corvina sentirsi dire dal sudicio uomo quando gli poggiò una mano ghiacciata sulla spalla. Si era mossa così silenziosamente che nessuno dei due si era accorto di lei, eppure quando fu notata da entrambi percepì un senso di sollievo e speranza nella povera vittima. Dall'uomo invece non ci fu altro che rabbia, fu un peccato che si tramutò presto in terrore molto simile a quello che aveva provato la ragazzina. Sheera l'aveva preso per il collo con una stretta salda spostandolo come se nulla fosse, con estrema facilità e facendogli colpire la testa contro il muro alle loro spalle.
Forse usò più forza del previsto: si sentì un crack netto, doveva avergli appena rotto il cranio in un colpo solo. Non che le fosse importato, anzi, in sé ci fu la sensazione di euforia, quasi benessere e soddisfazione, ancora di più quando il sangue cominciò a colare e macchiareil terreno. Dopodiché lo buttò a terra come un rifiuto ormai inerme, sentì la sua vita scivolare via in un attimo. Da lì a poco avrebbe potuto prendere la sua anima putrida, però attese e spostò l'attenzione sulla ragazza ancora ferma immobile con uno sguardo più che sconcertato.
Era piuttosto giovane, forse sui tredici anni o giù di lì. No, non era per niente l'ora perfetta per uscire per qualcuno del genere, nemmeno per chi indossava vesti usate e sporche, un pezzo di stoffa stracciata a tenerle legati i capelli. Doveva essere dei quartieri poveri, lo dedusse anche dalle mani impolverate e i piedi scalzi.
– Non pensi sia pericoloso stare qui fuori?– le chiese, non riuscì a non essere fredda e distante neppure in quel momento, questo non dovette essere proprio rincuorante per la giovane che rimase in silenzio ancora più impaurita.
– Hai una casa?– continuò, annuì appena. Era agitata, spaventata, la sua mente non era in grado di processare quanto accaduto nell'arco di qualche minuto, o forse non era così tanto rincuorante essere salvati da un essere dalle ali nere e gli occhi viola dallo strano abbigliamento da cacciatrice.
Sheera allungò una mano verso di lei e subito notò come fu veloce a chiudere gli occhi e le sue mani e tremare. Questo le fece ipotizzare che potesse essere un riflesso innato, che fosse già successo in passato a quell'anima bianca di essere braccata? Picchiata forse? Del male si era riversato su di lei già così giovane?
Poi però il suo corpo si rilassò un po' grazie al tocco della Dea, alle sue dita a sfiorare la nuca. Era in grado di assorbire le negatività anche in quella maniera, per tranquillizzare le persone anche se era solo una parvenza. Non era di certo ciò che accadeva con la presenza della Dea Bianca in cui gli animi si calmavano e trovavano serenità immediata, semplicemente rubava i tormenti interiori per potersene sfamare ma essi potevano tornare nella persona.
– Dove abiti?– riprese a chiederle. Stavolta la ragazzina, riaperti gli occhi, le rispose e le indicò qualche palazzo poco più distante. La corvina le fece segno di andare e di sbrigarsi ed eseguì ma prima di voltarsi la squadrò un attimo.
– Cosa sei?– le domandò incerta.
– La Morte.– fu la risposta. La vide sorridere appena, pensava che non fosse seria e che stesse scherzando, lo immaginava.
– Grazie.–
Non si dissero altro e Sheera non le tolse lo sguardo di dosso per accertarsi che entrasse in casa senza altri intoppi. Aspettò svariati minuti dopo che varcò la porta per maggiore sicurezza, dopodiché prestò attenzione all'uomo ormai morto ai suoi piedi, accucciandosi e raccattando la sia anima intrisa di peccati. Non avrebbe bevuto il suo sangue nonostante fosse abbastanza invitante, il suo gesto l'aveva schifata talmente tanto da toglierle l'appetito.
Si alzò in piedi e prese a camminare senza meta come tante altre volte, in testa pensieri presero a farle visita mentre il cielo cupo regnava sopra di lei a darle forze, l'ombra e l'oscurità ad avvolgerla.
La disgustava, l'energia negativa che il suo potere sprigionava costantemente spargendosi nei Mondi portava le persone a fare tutto quello così semplicemente? Perché la Distruzione doveva agire in quel modo? Ferire innocenti tramite esseri deboli che si lasciavano influenzare, ingannare così facilmente? Si guardò le mani pallide, non vide altro che sangue; non erano macchiate per davvero, tuttavia sentiva il peso delle morti ingiuste da lei scaturite fuori dal proprio controllo.
– Questa sei tu Sheera, ti piace sentire la sofferenza altrui anche quando non dovresti.– si disse come a volersi prendere in giro, dopodiché scosse la testa e si stiracchiò un po', l'umidità della grotta iniziava a farsi sentire, e di certo andare in una foresta come aveva appena fatto non era il massimo.
Stette per spiegare le ali e dirigersi verso altri luoghi malfamati quando si bloccò di colpo: un'energia familiare si stava avvicinando portandola a dirigere lo sguardo verso la sua sinistra. Le fu quasi istintivo, non se ne rese conto fin quando non vide la Dea Bianca davanti a sé; era come sempre, luminosa, leggiadra, elegante, spensierata. Tra le mani teneva un paio di uccellini e cercava con lo sguardo qualcosa tra gli alberi che avevano intorno e si illuminò quando parve trovarlo.
Si avvicinò ad un tronco vecchio e si alzò sulle punte dei piedi allungando le braccia per avvicinare i piccoli animaletti verso un'apertura. Dovevano esser caduti dalla loro tana e lei li avevi ricondotti a casa. Sorrise felice, questo provocò un brivido lungo il corpo alla corvina ancora rimasta lì ferma ad osservarla. Per quale motivo non se ne era andata?
Kyra incrociò il suo sguardo un istante dopo, dovette aver percepito la sua aura. La vide farsi preoccupata e sollevata al tempo stesso, iniziò persino ad avvicinarsi a lei ma Sheera fece un paio di passi indietro come a voler dire che non voleva aver niente a che fare con lei. Dovette capire il messaggio per davvero dato che la chiara si fermò.
– Stai bene?– le chiese. Non avrebbe voluto risponderle, per qualche motivo però lo fece seppur con tono brusco e tagliente.
– Perché non dovrei?–
Kyra fece spallucce e scosse appena la testa.
– Non ti ho né vista né percepito la tua aura per giorni. Sembravi sparita nel nulla...–
– Affari miei.– chiuse lì la conversazione stavolta per andarsene davvero. E invece fu bloccata da rampicanti che le si avvolsero intorno alle gambe. Cosa vuoi ora quella!? Si stava già innervosendo.
– Perché l'hai fatto?– fu la nuova domanda. Impiegò un paio di secondi a capire a cosa si stesse riferendo: l'inaspettato bacio.
– Non avevi cattive intenzioni, te l'ho letto negli occhi quindi non inventare scuse.–
Sembrava abbastanza determinata, peccato che Sheera non era in vena di parlare, affrontare l'argomento. Semplicemente non sapeva perché, o meglio, l'aveva intuito, ma non voleva crederci. Ridacchiò invece, era nervosa.
– Non so di cosa tu stia parlando. Ho da fare.– la liquidò.
– Stai mentendo.– puntualizzò la chiara, certo che non voleva proprio mollare.
– Mento quanto voglio. Non devo spiegazioni a nessuno.–
– Perché non vuoi parlare? È successo qualcosa.–
– E perché tu vuoi parlare? Non hai niente di meglio da fare che soffermarti su qualcosa che non vale niente?–
Il silenzio le separò, le loro visioni erano così diverse? Beh, non c'era da stupirsi, erano opposti per un motivo. Kyra sospirò e si massaggiò le meningi.
– Vorrei solo capire, tu no?–
Sheera incrociò le braccia al seno spazientita, sentiva il bisogno di andarsene da lì, ma non l'avrebbe mai lasciata con l'ultima parola, l'orgoglio di Creatura Oscura si stava facendo presente.
– No, perché non mi interessa. Non è stato niente.–
– Quindi vuoi fare finta che non ti importi? Di essere priva di sentimenti?–
– Non sto fingendo.–
E invece lo stava facendo, si era tormentata fino allo sfinimento per poter rimuovere ogni immagine della Dea Bianca dalla testa, e sentiva ancora dentro di sé il fuoco fastidioso, per non parlare del fatto che la chiara le stava dando del filo da torcere portandola a non sopportarla, ma anche ad ammirarla. Si dovette mordere la lingua.
– Certo che sei testarda!– esclamò a quel punto l'altra facendo un passo verso di lei ancora bloccata dai rampicanti. Liberarsi da quella presa era uno scherzo eppure ancora non se ne era andata.
– Sai fregartene delle persone, di ciò che pensano e provano.– fece un altro passo.
– Sai essere così incomprensibile, lunatica, detestabile, questo sì te lo concedo.– un ultimo passo, ne mancavano ancora un paio per poterla raggiungere ma si fermò lì.
– Ma ti ho vista. Ti sei rifiutata di uccidere persone innocenti quando erano più vicini alla morte che alla vita pensando che non lo meritassero. Hai fatto sentire a casa l'anima di un bambino terrorizzato. Ti sei preoccupata di quando andavo in giro da sola per strade malfamate, perché so che l'hai fatto, ti ho sentita.–
Sheera trattenne il respiro: era vero. Anche chiusa nella grotta, anche nei momenti in cui il dolore che si infliggeva diventava insopportabile, aveva controllato la chiara da lontano. Inizialmente aveva seguito dagli Abissi Infernali il procedere della negatività, aveva sfruttato il potere di guardare dagli occhi altrui per tenersi aggiornata senza uscire dal suo Mondo, e dopo poco, quando i pensieri erano tornati sulla chiara, aveva cominciato a guardarla. Da lontano aveva fatto in modo che la negatività dei luoghi in cui Kyra l'aveva cercata in quel periodo non la toccassero. Non pensava che l'altra l'avrebbe percepito.
– Questo non è essere privi di sentimento, di cuore.–
Non si era resa conto che le si era avvicinata di nuovo, poteva sentire il lieve respiro dell'altra quasi a fondersi con il suo.
– Se non volevi qualcosa da me, perché mi hai baciato?–
I suoi occhioni viola chiaro la fissavano, e di nuovo l'attrazione verso essi si prese gioco di lei. Glielo aveva chiesto quasi come un sussurro, una supplica. Doveva andarsene prima che i pensieri si facessero troppo intensi e che il profumo dolce dell'altra le annebbiasse la mente.
– Stammi lontano.– indietreggiò liberandosi dalla presa che era sempre stata allentata. Stava scappando di nuovo.
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