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daisho è una checca

Issei non si accorse di essere arrivato di fronte al negozietto dalle vetrate lustrate e dall'insegna vistosa, fino a quando non sentì un urlo acuto poco mascolino provenire da dentro il locale.
Senza pensarci due volte, prese le chiavi per aprire finalmente il portone trasparente e freddo, anch'esso di vetro, e presto notò che non ne avrebbe avuto bisogno...
Difatti il negozio era già aperto, con alcune luci già accese sui tavoli da lavoro in laboratorio e qualche attrezzatura spostata in malo modo, ma di personale nemmeno l'ombra. Saranno sul retro?
Sospirando, si concedette un'ultima occhiata alla strada deserta di prima mattina e il suo sguardo incontrò una quasi minuscola e piccola struttura dall'altro lato del lungo e solido marciapiede. I vari vasi e le ben curate piante in esposizione fuori davano un tocco di freschezza e calma a quel piccolo angolo di mondo, dove i boccioli dai colori soavi pastello facevano il loro sfoggio. Il fioraio dei signori Oikawa era sempre stato fonte d'ispirazione per i suoi lavori e spesso da bambino si ritrovava a casa della nonna di Tooru chiedendole di poter disegnare quelle bellissime calendule che avevano in giardino i vecchi coniugi. Un paradiso quelle piccole siepi profumate, già...
Ma non si poté fermare a fantasticare perché un brutto suono di metallo che si schiantava per terra lo fece trasalire in modo inaudito.
Ma cosa stracazzo combinano lì dentro??
Aprendo con foga e irritazione la porta, che fece suonare un piccolo campanello che di solito accompagnava l'entrata dei clienti, Issei si guardò scrupolosamente intorno, come una spia arrivata sulla scena del crimine. Le folte sopracciglia prima si corrugarono in uno sguardo confuso e stizzito poi si alzarono in realizzazione e mezza sorpresa quando, svoltato l'angolo da dove era arrivato il suono, capì cosa fosse successo.
Vide le figure dei due ragazzi colti sul fatto irrigidirsi.

"Dio santo, ma che problemi avete voi due? Mi volete demolire il negozio??"

Issei raccolse uno dei piccoli bulloni che si erano sparsi per terra al seguito della caduta di un certo carrello di metallo. Un ragazzo, dal ciuffo palesemente tinto e aggiustato in uno chignon sfatto, con le orecchie tappezzate di buchi e helix, si raddrizzò meglio in piedi, stirandosi il grembiule da lavoro che aveva appena indossato e facendo un cenno leggermente mortificato verso Matsukawa.

"Eh Issei, sai com'è, la checca si spaventa facilmente-"

"Checca lo dici a tua madre"

Un sibilo provenne dalle labbra indemoniate del collega più grande, che aveva probabilmente appena fatto un salto di un paio di metri a causa del gran fracasso che aveva procurato la caduta del ferro - ah ecco chi stava strillando.
Il secondo ragazzo, di poco più basso del biondino dai troppi piercing, aveva una mezza frangia particolarmente scura che gli si ripiegava gentilmente da un lato della fronte chiara e liscia mentre gli occhi, assottigliati in due fessure, sembravano quasi trapassare il muro per quanto pareva alterato. Le braccia serrate conserte davanti al petto gli davano un'aria di superiorità e schizzinosità inimmaginabile, pareva quasi una serpe velenosa pronta a mordere.

"Ok ok, calmi vi prego ho già tanti cazzi e mazzi che mi girano per la testa sta mattina, non vi ci mettete pure voi due casi umani"

Matsukawa zittì subito la faida tra Terushima e Daisho, che continuavano a squadrarsi con sguardi di sfida.
Li superò, piegandosi a ristabilire il piccolo carrello delle attrezzature medie sulle sue rotelline e fece un colpo di tosse quando Terushima stava per tirare l'altro grembiule da lavoro a Daisho - il biondo poi glielo diede da mano a mano, dandogli una spallata leggera quando si diresse verso le mensole di coloranti e bombolette. Daisho sospirò arrabbiato ma lo lasciò comunque andare.

"Allora, spiegatemi per bene il perchè del casino che avete fatto"

"...Terushima ha incominciato a guardare jojo"

"Oh santo il signore"

Issei si schiaffò in faccia una mano, esasperato. Terushima era uno spirito libero, se così vogliamo dire, e spesso e volentieri influenzabile dagli altri. Eppure, anche se quando ci si metteva d'impegno sapeva mantenere un certo profilo serio e professionale, aveva la mania di esaltarsi troppo, rimanendo fin troppo spesso sveglio fino alle quattro di mattina a guardare serie su netflix e saghe su saghe di dragon ball per poi sopravvivere alla giornata con un numero smisurato di tazze di caffè. E proprio perché la maggior parte delle volte credeva figo il fatto di imitare quello che vedeva in televisione, di giorno al lavoro era un vero inferno quando la notte prima aveva casualmente iniziato un nuovo shonen battle. Quindi guardare un anime poco tranquillo qual'era jojo era come innescare una bomba a orologeria, con troppa caffeina nelle vene, pronta ad esplodere.

"Ha cercato di fare un- overu- ofer- o come minchia lo ha chiamato"

"Overdrive!!! Si dice OVERDRIVE!! E jojo è arte, state zitti plebei!!"

Strillò dall'altra stanza Terushima, che aveva finalmente deciso di tirare fuori l'attrezzatura per incominciare a sgobbare. Issei guardò male verso la porta da dove stava per ritornare il biondo.

"Qualsiasi cosa sia non me ne può fregare di meno, basta che non vi ammazzate a vicenda...anche se rimanere qui con solo Kunimi non sarebbe una perdita troppo seria-"

"Oi!!"

Gli fecero offesi gli altri due nella stanza, mezzi offesi. Issei ridacchiò mentre poggiava il telefono sulla sua parte di studio. I muri dell'ambiente erano scuri e coperti di sketch, bozzetti di vario genere per ordinazioni e commissioni da parte di vari clienti, prove di colore e graduazione con formule scritte maldestramente sotto. L'odore di alcol che veniva dal piccolo magazzino delle tempere e colori - quello in cui usualmente si imbucava Terushima per sperimentare le sue cagate, come le soprannominava sempre Daisho - era onnipresente ma non distirbava affatto, anzi, dava una certa familiarità all'ambiente circostante. Le sedute, disposte diligentemente nella parte principale del negozio, erano in pelle nera e le attrezzature e i macchinari in ferro pesante venivano lasciati appesi un po' qua e là. Il laboratorio non era mai troppo affollato, si cercava di non stipare eccessivamente la sala - e lavorare con calma e tranquillità era una cosa sacrosanta lì. Il negozietto era diviso in tre spazi principali, con più postazioni di lavoro, disponeva di qualsiasi tipo di attrezzo - sterilizzato e ben trattato - che di solito veniva usato e poi riposto con diligenza dai colleghi. I vari tubicini di scorta per le pistole e gli aghi erano imballati in uno degli scatoloni di ricambi ben in vista in basso a uno dei primi scaffali dalla parte di Daisho e le bocciete di colorante subito nello scaffale dopo.
Erano sempre stati ben organizzati, mettendo in punti ideali e accessibili le componenti o i materiali necessitati, e avendo comunque attrezzature serie e anche relativamente costose, erano tenuti a usarle con delicatezza.

"Quindi, nuove notizie?"

Gli fece Daisho quando ebbe finito di ripulire il macello del carrellino - il tempo giusto per Issei per incominciare a prendere il necessario per la giornata.

"Ah, nuove ma non buone"

Issei rivolse un sorriso stanco verso il suo collega. Suguru Daisho era un ventiquattrenne serio e diffidente, un vecchio kohai di corso di Issei, che aveva subito accettato la proposta di Matsukawa quando gli disse che aveva bisogno di personale. Poteva sembrare uno tipetto schizzinoso - e un po', a dirla tutta, lo era - ma in realtà era molto cordiale e sereno, a livello mentale molto maturo, dai modi gentili e sempre non di troppo. Era stato il suo primo aiutante in quel piccolo negozietto di periferia ed erano ormai diventati buoni amici, anche se il prendersi in giro a vicenda era rimasto un loro modo di fare per scherzare. Sotto quella frangia lunga - che mostrava un colore sbiadito sul verde rame da una vecchia tintura che si era fatto perdendo una scommessa contro Kunimi - si nascondeva una personalità complicata e poco aperta agli estranei, dalla voglia irrefrenabile di essere migliore degli altri per il semplice fatto di non sentirsi mai abbastanza. Non era un suo difetto, era più un problema che aveva sempre avuto fin da piccolo - stando a quanto gli aveva confessato una volta - e spesso si era ritrovato estraniato dagli altri proprio perché era troppo ambizioso. Da dove veniva questo vizio... beh quella è un'altra storia di cui di solito non si parlava in negozio; fatti personali insomma - magari un giorno li citeremo.
Daisho non era un perfettino, sia chiaro, ma quando per esempio Terushima si presentava al lavoro vestito da camionista... erano cazzi amari-

"Mmm, ho paura a chiedere allora-"

"Zawardooo!!"

Tesushima si fece strada su una sedia girevole in mezzo agli altri due, strillando meme di jojo - Issei aveva visto le prime tre parti, le conosceva solo per quello. Suguru si massaggiò le tempie per quella che gli parse la milionesima volta da quando aveva messo piede nel laboratorio di tatuaggi - bontà divina dammi la forza.

"Smettila o ti ficco un palo tu sai dove"

"Sta zitta verginella"

Gli fece un terzo dito il biondo.

"Pfff- parla quello"

Daisho si scostò di poco la frangia dai capelli, facendo risaltare i suoi occhi a mandorla di un color acqua molto scuro, dalle lunghe ciglia, che sfidavano freddi il ragazzo che aveva ancora di fronte su una sedia che pareva stesse per spezzarsi.
Yuuiji Terushima, ventitreenne e ancora studente in università, si zittì un attimo.

"Hai ragione... scopa più tua madre di me-"

"Ma porca ma-"

"Terushima un'altra parola e ti licenzio"

Issei, ormai abituato a certe cazzate, intervenne da dietro il suo tavolo da lavoro, osservando la tipica scena in cui Daisho stava lì lì per prendere la lampada più vicina e tirarla al grande paraculo qual'era il ragazzo sulla sedia girevole.

"Nah, non lo faresti-"

Issei lo guardò male - fece il famoso sguardo che di solito si fa quando si vuole ammazzare la prof di algebra durante una verifica a sorpresa.

"...torno a lavorare"

Borbottò sotto voce, spingendosi con i talloni per far smuovere le ruote e appoggiandosi di peso con il petto sullo schienale della seduta girevole.
Daisho, quando Terushima ritornò nella sua parte, sbuffò stizzito.
Si pulì le mani - quasi fossero state infettate anche solo dalla presenza del finto biondo - sul grembiule che aveva indossato prima e ritornò a rivolgere la sua attenzione verso Issei.

"Allora, dicevi?"

"Ok, hai presente quel mio amico- Oikawa insomma"

"Ah sì sì, che ha fatto, è morto?"

"Purtroppo ancora no"

Daisho fece un mezzo sorrisetto divertito. Si appoggiò a uno dei mobili dietro di lui, incrociando le braccia al petto.

"Quindi?"

"Ha detto che tornerà per un po' a casa dei nonni con il fratello minore, sai, per una pausa dice lui"

Fece un gesto generale con la mano girando gli occhi. Suguru fece un cenno di capo per fargli capire che aveva inteso la situazione critica.

"Mmm, quindi lo uccidi prima di farlo entrare in casa o dopo?"

"....ci sto pensando, sappilo"

Daisho fece un altro gesto divertito e si scostò dal piccolo mobile dietro di lui con una mossa decisa. Passandosi una mano tra i capelli, per aggiustarli, scoccò un'ultima occhiata intimidatoria verso il lato del negozio di Terushima.

"Buona fortuna per il tuo omicidio allora, io oggi ho un appuntamento che potrebbe costarmi la vita quindi non contare su di me se ti serve una mano a nascondere il corpo"

Mentre se ne andava anche lui verso il retro del negozio gli fece un saluto con la mano destra, senza girarsi oltremodo. Issei gli rispose con un ricevuto e si mise finalmente all'opera, controllando il calendario. A quanto pare avrebbero avuto molto da fare in bottega quella settimana...

an: il mio spazio angusto per sfogare la mia depressione insomma,,,,mi stavo chiedendo per quale motivo aggiungo la figura di terushima in qualsiasi ff,,,boh sarà che è un personaggio versatile e divertente da usare e LO AMO ma pfff,,,,sì scusate il capito è corto e fa schifo, lo so lo so, sono rientrata nel mood fancazzismo più totale,,,stavo pensando di fare un hq greekgods!au ma è un po' un casino e ho nelle bozze già cinque nuovi progetti quindiiiiii non prometto nulla,,,inoltre per farmi del male emotivo mi sono rimessa a leggere il settimo cap di but for me there is a storm,,,chi può capire capisca, dico solo che è roba pesante,,,

-glo

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