Prologo Nerea
La mia casa
continuerà
a viaggiare
su due gambe
e i miei sogni
non avranno
frontiere.
(Che Guevara)
Si narra che, con l'enorme amo di Maui, chiamato "Manaiakalani", sul quale fu apposta come esca, l'ala dell'uccello "alae", Maui "pescò" le isole Hawaii. Un giorno, mentre Maui era a pesca con i suoi fratelli, infatti, il suo amo si impigliò nel fondale marino. Disse invece ai suoi fratelli, per beffarsi di loro, che aveva preso un pesce enorme e aveva bisogno del loro aiuto, per tirarlo fuori dall'acqua. Così, essi, cominciarono a tirare con tutte le loro forze. Intenti in questo sforzo, non si accorsero che, mentre stavano tirando, dalle acque dell'oceano, stava sorgendo un'isola. Maui ripeté questo scherzo più volte, creando le isole Hawaii: la mia nuova casa. L'arcipelago delle Hawaii, nato dall'acqua e dal fuoco, nasconde una cultura guerriera: i guerrieri di Lua. Le credenze popolari, narrano che, le isole hawaiane, sprigionano una grande energia spirituale chiamata "Mana".
"Mana" è il grande potere che avvolge ogni cosa, può albergare nelle persone, negli animali, nelle piante e persino negli oggetti. Il "Mana" è una forza spirituale e vitale, che senti un po' ovunque, in questa terra, anche se non credi nel mistico e si mischia al ritmo lento delle isole e delle onde dell'oceano. Mentre, con la mia bellissima "Lei" al collo, la tradizionale ghirlanda di ibisco e frangipani, guardo la mia prima danza Hula e quella dei guerrieri con le torce di fuoco, noto che, in questo paradiso, tutto è in armonia con il corpo e con la mente.
Sia le danzatrici di Hula che i guerrieri, chiamati "Fireknife Dancing", che hanno origine nelle isole polinesiane di Samoa, sono una parte importante della cultura hawaiana e il loro abbigliamento tradizionale è molto significativo per la loro arte e la loro identità culturale. Le ragazze, sono tutte bellissime, con i capelli corvini lunghi e lisci e la pelle bronzea. Indossano la Pa'u Skirt, una gonna lunga che arriva ai piedi e che può essere in seta colorata, talvolta decorata con motivi hawaiani e stampe simboliche, oppure, realizzate con strati di fibre vegetali, come erbe e graminacee, o come in questo caso, di foglie di palma, che vengono fissate sulla vita; a cui abbinano un bikini o un top con il motivo floreale, caratterizzato da grandi petali a forma di coppa, che tutti, nel mondo, senza aver mai messo piede alla Hawaii, conoscono: Hibiscus rosa-sinensis, in hawaiano Pua Aloalo. Le danzatrici di Hula inoltre, adornano il loro corpo con una serie di Lei di fiori intorno al collo e sulla testa e portano delle sorti di braccialetti intrecciati, che possono essere di foglie o di conchiglie. I fiori utilizzati dipendono spesso dalla stagione e dall'isola in cui si trova la danzatrice, ma alcuni dei fiori più comuni includono plumeria, orchidea e hibiscus.
L'abbigliamento dei guerrieri con le torce di fuoco, è spesso molto semplice, ed è progettato per essere leggero e resistente alle fiamme. Il Lavalava è un indumento tradizionale samoa, realizzato in cotone o in tessuti leggeri simili, che assomiglia a una gonna lunga avvolta intorno alla vita e alle gambe ed è generalmente colorato di bianco o di un colore solido. Per arricchire il loro abbigliamento, ma anche per proteggersi dal fuoco, i guerrieri indossano una sciarpa colorata attorno alla vita e dei guanti ignifughi di pelle o kevlar, che consentono loro di maneggiare la torcia di fuoco senza bruciarsi le mani. Anche loro, come le danzatrici, sono soliti adornare il loro corpo con collane e bracciali intrecciati, realizzati in fibre naturali come il cocco, il bambù o la fibra di palma e abbelliti con conchiglie e perline. Tutti i danzatori, nessuno escluso, sono atletici, muscolosi, abbronzati e tatuati con disegni samoani bellissimi. Il suono di tamburi, lontani, e le note di un canto hawaiano riempiono l'aria, creando una melodia che sembra provenire da un altro mondo. Le luci sono calde e dorate, come la sabbia, su cui volteggiano con una grazia e una leggerezza senza pari, le danzatrici, con i loro abiti colorati che fluttuano al vento. Le movenze, in contrapposizione con quelle dei danzatori, più decise e agguerrite, in una sfida contro il fuoco stesso, come se volessero dimostrare la loro forza e il loro coraggio, creano un'armonia perfetta tra movimento e luce e sembrano raccontare una storia antica, fatta di amore e di lotta, di sconfitte e di vittorie. Il profumo dell'oceano inebria i miei sensi e la brezza tropicale, accarezza la mia pelle, scompigliando i miei capelli rubino. Provo una sensazione di meraviglia e di gratitudine per la bellezza del mondo e per la capacità umana di esprimersi attraverso il movimento, la musica e l'arte in generale.
Questa notte, l'ultimo giorno di vacanze estive, prima dell'ultimo anno di liceo, in cui mi sento libera e leggera come una farfalla, vorrei che fosse eterna.
Quando avevo sette anni, all'incirca, al palazzetto di ghiaccio di Bolzano, in Italia, dove è stato ritrovato Ötzi, l'uomo preistorico rimasto intrappolato nei ghiacci per cinquemilatrecento anni, e che i miei genitori hanno studiato, ho imparato a pattinare sul ghiaccio. Quando rimanevo in compagnia dell'ennesima babysitter fredda e assente, a causa del lavoro impegnativo dei miei genitori e della mia difficoltà a interagire con gli altri bambini e a fare amicizia, mi sentivo triste e abbandonata, ma mi bastava indossare un paio di pattini, per sentirmi subito meglio, ma soprattutto libera.
La libertà, è come il vento. Spesso inafferrabile, ma senza catene o costrizioni e ti fa sentire davvero invincibile.
Dapprima, ho imparato a pattinare sul ghiaccio e successivamente, anche su strada, con i pattini in linea. Ogni volta che li indosso, mi sembra di volare e riassaporare quella sensazione stupenda di indipendenza e vitalità, che si contrappone all'opprimente senso di prigionia e dovere, che provo costantemente e che mi porta a compiacere i desideri dei miei genitori, interessati, probabilmente, più alla loro carriera e a scoprire nuovi artefatti, che a me.
Da sempre, mi porto addosso un sentimento acre, avvolgente di malinconia, inquietudine e solitudine, che sembra non volermi lasciare mai. Spesso, nella mia mente, i pensieri urlano come internati in un manicomio, sovrastando persino la musica che risuona nelle cuffie al massimo volume, come un tentativo disperato di soffocare il ticchettio assordante delle domande senza risposta che tormentano incessantemente la mia mente. Questo genera un eco di incertezza infinita, un sottofondo oscuro che si fonde con le note, trasformando la melodia in una cupa e malinconica agonia.
La colonna sonora della mia vita dovrebbe essere allegra e felice, non una marcia funebre.
Sono prigioniera di quell'ignoto e terrificante desiderio di possedere tutte le risposte e di gridare al mondo la mia ribellione. Cerco disperatamente la mia libertà e sogno di vivere senza la paura delle conseguenze o di deludere i miei genitori. Ma ciò che più mi ferisce è quel silenzio liquido e opprimente che mi circonda senza tregua, provocando una solitudine incolmabile nel mio petto. Ci sono giorni, in cui non riesco a trattenere le lacrime e tutto, mi sembra troppo pesante e difficoltoso da affrontare; giorni in cui, ogni singola emozione, mi travolge e sembra una coltellata che affonda nello sterno e vorrei solo qualcuno con cui sfogarmi, magari, un abbraccio e un "andrà tutto bene", per calmarmi e invece, gli unici a tenermi compagnia e a sussurrarmi della vita, sono i pensieri e le memorie altrui, impresse su quelle pagine, ormai consunte e logore, che non smetto mai di interrogare. Odio sentirmi sempre abbandonata e consolarmi con l'ennesimo libro, (Fabbricante di lacrime di Erin Doom, è in assoluto la scoperta più bella) che i miei genitori, mi hanno regalato per compensare la loro lontananza.
Io, come Nica, sono diversa dalle altre ragazze. Anche io, coltivo un giardino segreto, pieno di fiori colorati o monocromatici in scala di grigio e di nero, in base all'umore; in cui annaffio le mie fantasie e i miei desideri, rinchiudo le mie paure e le mie insicurezze, recido, come tralci e fronde morte, ogni frustrazione, sperando che sbocci quella felicità che a volte mi manca, e dove, volano come farfalle, le mie malinconie. Senza libri, senza immaginazione, senza giardino segreto, non potrei sopravvivere, alla vita reale.
Nonostante i libri siano come scrigni magici, che catapultano l'anima, in luoghi sconosciuti, che ci fanno sognare e tremare il cuore, vorrei sperimentare, quelle sensazioni, belle e brutte, perché la vita è fatta di alti e bassi, per poterle racchiudere nel libro più importante: il mio.
"Vestita di dolore, lei restava la cosa più bella e splendente del mondo."
Vorrei smettere di sentirmi sospesa tra la stabilità della terra e il richiamo irresistibile della libertà e delle possibilità ignote che si celano nell'infinita vastità del mare, senza dover continuamente cercare di essere la ragazza perfetta che non sono.
Mi sento in parte prigioniera di me stessa e in parte libera di affidare i miei sogni al vento per vedere cosa succederà.
Il mio desiderio più profondo è quello di essere vista per davvero e amata per quello che sono realmente.
Vorrei essere la protagonista della mia vita, anche vestita di insicurezze e di dolore.
Guardo il cielo notturno, accarezzare il mare, all'orizzonte, e mi lascio catturare dalla magia delle stelle che illuminano il firmamento e si specchiano nell'infinita chiazza di acqua blu, rendendo il suo riflesso dorato.
All'oceano, affido i miei pensieri e la mia malinconia, affinché le sue onde diafane che avanzano, se li portino via.
Al cielo, affido la mia anima e i miei desideri.
Fin da bambina, ho sempre immaginato che, in ogni parte del Mondo, il cielo, avesse una sua storia da raccontare e un sogno da svelare e custodire gelosamente. Speravo che le stelle, custodi dorate delle mie fantasie, potessero risplendere con maggiore intensità, se alimentate da desideri sempre più luminosi e dalle speranze più profonde. I miei, sono dispersi ovunque, smarriti nel vasto prato celeste, sbocciati in nuove stelle, caduti in una pioggia di meteoriti e ormai dimenticati o riscritti.
I sogni, in fondo, sono proprio questo: desideri fugaci e intangibili che raramente si avverano, ma che alimentano le nostre false speranze e ci spingono a confrontarci con la vita in modo più consapevole. Questo crea un esercito di adulti insoddisfatti, coinvolti in lavori deprimenti che assorbono ogni loro energia e li costringono a mettere da parte ogni aspirazione, sperando di poterci tornare in un secondo momento. Tuttavia, il tempo passa implacabile e si porta via gli anni della giovinezza, quando si poteva perdere, rischiare e sbagliare senza gravi conseguenze. In quel momento ci si rende conto che molti dei sogni sono persi per sempre. Solo pochi riescono a rimanere come eterni Peter Pan e a realizzare i propri sogni. I miei genitori sono un esempio eclatante di ciò. Eppure, anche loro devono fare delle rinunce importanti per vivere così: rinunciare a un luogo di appartenenza, alle loro radici e, in parte, anche a me.
La vita adulta, per me, è tutto tranne che attraente: comporta troppe decisioni da prendere, incertezze che mi spaventano e pressioni innumerevoli. Non sono disposta a rinunciare ai miei sogni, a contemplare le stelle senza credere che, tra quelle lucciole splendendenti, non ci sia un mio desiderio, pronto a spiccare il volo.
C'è una grande aspettativa nei confronti dei giovani come noi, di risolvere i problemi che le generazioni precedenti hanno creato per il pianeta, e ci si aspetta che, una volta terminato il liceo, abbiamo già ben chiare le idee per il resto della nostra vita. Ma la realtà è diversa per ciascuno di noi. Mi sento intrappolata in una sorta di bolla, sospesa a mezz'aria, a un soffio dall'arcobaleno. Posso far esplodere questa bolla e immergermi nella vita reale, oppure posso soffiare leggermente, spingendo la mia bolla verso ciò che si cela al di là dell'arcobaleno: l'ignoto spaventoso ma eccitante.
La scelta è mia. Devo decidere se voglio affrontare ciò che si trova oltre la mia zona di comfort o se preferisco seguire le masse. In entrambi i casi, c'è una paura che mi assale: la paura di sbagliare.
"La scuola, è il nostro passaporto per il futuro, poiché il domani appartiene a coloro che oggi si preparano ad affrontarlo" così scriveva Malcom X.
Ho pertanto, passato la maggior parte del mio tempo, a prepararmi per questo momento, impegnandomi e studiando più del dovuto, per arrivare a questo ultimo e importante anno, che scandisce la fine del percorso scolastico classico e la scelta del mio futuro, con l'università, tuttavia, ancora non ho scelto, la mia strada. L'avventuroso mondo archeologico, che i miei genitori mi hanno fatto amare, non è necessariamente il mio futuro, nonostante loro se lo aspettino, perché nel maldestro tentativo di conformarmi alle loro aspettative, ho perso di vista e me stessa e non ho avuto modo di capire cosa invece interessa davvero a Nerea. Sono sempre stata una persona decisa e matura, per la mia giovane età, dovendo fare affidamento, in primis, su me stessa, ma confesso, che ora, sono piuttosto confusa, anzi sono proprio in panico, perché da questa banale scelta, dipenderà il resto della mia vita, e io, come chiunque altro, vorrei che fosse splendida. Sono troppo sognatrice, per desiderare la normalità, come nuovo inizio. Preferisco volare vicino al Sole, sentirne l'ebrezza e il profumo espandersi, fallire miseramente e morire bruciando, come qualsiasi eroe letterario, piuttosto che non vivere affatto, sopraffatta dalla tediosa quotidianità. Il futuro, è dietro l'angolo, ma io non so in che direzione svoltare, perchè da quella scelta, dipende tutto il resto della mia vita. Le pressioni che involontariamente, gli adulti, (genitori, nonni, consulenti scolastici, conoscenti e perfetti sconosciuti, come la nostra nuova, pettegola vicina), scaricano su di me, non aiutano affatto, nella tanto difficoltosa scelta. Per me, un anno scolastico, per pensarci, è ancora parecchio tempo, ma pare che non sia sufficiente, visto che le ammissioni alle università sono a numero chiuso e vanno presentate entro fine gennaio. Un'unica scelta, pertanto, non è contemplata perché non c'è garanzia di essere ammessi in quel determinato ateneo. MIT, Oxford, Stanford, Harvard, Università di Cambridge, Caltech, ETH Zurich, Sapienza Università di Roma ecc..., devo presentare domanda in ogni prestigioso ateneo del Mondo, con la speranza di avere nel frattempo un'illuminazione sul mio futuro? O mi devo rassegnare a diventare anche io un'archeologa? E se invece, non volessi o non fossi pronta a scegliere? Se volessi prendermi un anno sabbatico? Se le mie priorità adesso fossero altre? Mi esplode la testa!
Vorrei vivere di attimi rubati. Di momenti che significano tutto e racchiudono il significato della vita stessa. Di istanti che, anche a distanza di anni, ti scateneranno emozioni e brividi sottopelle e di cui ricorderai ogni sensazione, ogni colore, i sapori, i suoni e perfino i profumi. Di quei palpiti sconnessi, che si intrufolano fino a toccarti il cuore e rimangono impressi indelebilmente. Giorni speciali, da collezionare e rilegare nella mente e da sfogliare con nostalgia, come un prezioso libro. "Emozioni che profumano di vita", questo è il titolo di questa intensa opera, che racchiude un pezzo della mia anima felice e un pezzo della mia anima ferita, perché non esiste l'una senza l'altra. Ogni istante, rappresenta le mie esperienze e io voglio poter conservare gelosamente, ogni sorriso e ogni lacrima che mi appartengono, perché fanno parte di me, del mio cammino, dei miei traguardi e dei miei errori, fino plasmare la donna che sono, forte e coraggiosa all'occorrenza, ma con le sue debolezze, le sue imperfezioni, le sue paranoie e le sue paure, come qualsiasi altro essere umano. Voglio sentire tutto sulla mia pelle. Per sempre. Ma semplicemente, non si può vivere da protagonista in una fiaba e i fratelli Grimm insegnano, che non sempre c'è il lieto fine e che anche, io, sono destinata a essere investita dall'inevitabile età adulta.
Qualcosa mi inventerò. Domani è un altro giorno e adesso, mi voglio godere semplicemente la meraviglia di questo luogo. Qui, per la prima volta da anni, anche senza pattini, mi sento come se stessi planando.
Mi sono innamorata di Honolulu, ancor prima di respirarla, leggendo come la descriveva Kamakau, lo storico hawaiano, prima che diventasse la città più grande e popolata dell'intero arcipelago hawaiano.
"Honolulu era un piccolo distretto, una terra piacevole che guarda verso occidente, una terra grassa, con fiumi fluenti e sorgenti, con acqua abbondante per appezzamenti di taro. Le nebbioline che riposavano nell'entroterra respiravano dolcemente sui fiori dell'albero chiamato Hala - il Pandanus".
Poi, l'ho apprezzata sempre di più, grazie alle serie tv girate alle Hawaii: Magnum PI, (potrei tranquillamente sposare l'attore Jay Hernandez), Lost, Hawaii Five 0 e NCIS Hawaii.
Honolulu, è una fetta di paradiso, avvolta da spiagge sabbiose e dorate, onde infinite che si disperdono a riva, blu oceanico, sconfinato, in cui specchiarsi e che all'orizzonte, accarezza il cielo terso, al punto da non capire dove comincia l'uno e finisce l'altro, entroterra rigogliosa e color smeraldo, tipica delle foreste pluviali, di una bellezza che non si può descrivere e che vale più di mille parole. Honolulu rappresenta il soggetto artistico e pittoresco, più bello e complesso, da immortalare, in fotografia o con un dipinto.
Viaggio, da quando ne ho memoria, senza trovare il mio posto nel mondo. I miei genitori archeologi e antropologi, mi hanno sempre sballottata, per il loro lavoro, avanti e indietro per il globo, intenti a studiare il passato e le interazioni umane delle civiltà. Ho visto luoghi, stupendi, imparato leggende, nuove culture e nuove lingue, eppure, mai come in questo luogo, mi sono sentita a mio agio e finalmente a casa. Le Hawaii, sono pura magia. Sono attratta dalla loro energia vitale, dalla cordialità del suo popolo, dal loro stile di vita, basato sulla filosofia "Huna", che è il loro modo, di concepire la vita, che, gli sciamani Kahuna, una cerchia di illuminati, tramandarono, di generazione in generazione, ai loro discendenti. Oggi, questi insegnamenti, sono trasmessi anche ai non hawaiani, permettendo così a tutti, di utilizzare consapevolmente, le tecniche per conseguire il benessere individuale e ambientale, e trovare la pace interiore.
Essa pone le sue fondamenta nella natura, fonte di energia e pura espressione del divino e di amore incondizionato. Ogni essere vivente è considerato sacro, degno di rispetto e parte di una grande unità, dove tutto è connesso e in armonia. L'uomo, che vive seguendo la filosofia hawaiana, ricerca l'equilibrio non solo con sé stesso, ma anche con la natura che lo circonda, attraverso uno stile di vita pacifico, rispettoso, tollerante e utilizzando l'amore, l'ascolto e la condivisione.
La Huna, segue sette principi fondamentali.
In hawaiano, il numero sette, è chiamato "Hiku", dove "hi" rappresenta il principio femminile e significa letteralmente "scorrere" , e "ku" rappresenta il principio maschile, che significa invece "restare fermo".
I principi Huna, sono già presenti, in ognuno di noi, basta solo riscoprirli e incoraggiarli, comprenderli fino in fondo, mettendoli alla base del proprio modo di vivere. La Huna, ci permette di sviluppare ogni potere correlato a ciascun principio, per poter raggiungere armonia, successo e crescita personale.
Primo principio: IKE.
"Il mondo è come pensi che sia."
Ike corrisponde al potere della consapevolezza. La realtà che percepiamo è un'illusione, ogni persona si crea una propria realtà basata sulle proprie interpretazioni, esperienze, aspettative, credenze e sensazioni. Chi non possiede questa consapevolezza si limita a subire ciò che succede intorno, senza mai intervenire. Dunque si può dire che grazie alla consapevolezza del cambiamento della propria persona, e dei propri punti di vista, si può raggiungere un obiettivo o persino cambiare una condizione.
Non posso che essere più d'accordo. Ho sempre sostenuto che, il destino, te lo crei e non lo subisci. Sono le nostre scelte a guidare il nostro percorso di vita. Il fato, non c'entra.
Secondo principio: KALA.
"Non ci sono limiti."
Kala corrisponde al potere della libertà. Si può considerare l'universo come un'entità unica, senza confini, che unisce l'uomo e l'ambiente. Di fatto questo principio ci fa capire che ogni individuo, essendo parte di un'entità infinita, ha grandi capacità, che permettono di aprire la mente e il corpo a nuove esperienze, senza farsi ostacolare da limiti autoimposti.
La libertà, è un privilegio, di cui pochi eletti, godono realmente.
Io, sono una di loro. Sono stata educata, a vivere senza catene, senza legami nocivi, ma nel rispetto del pensiero e della libertà altrui.
Terzo principio: MAKIA.
"L'energia fluisce, dove va l'attenzione."
Makia corrisponde al potere della concentrazione. Spesso, la nostra mente, smania per realizzare più progetti e idee nello stesso tempo, senza mai raggiungere un obiettivo e lasciandone incompiuti moltissimi. Per ottenere il successo, è fondamentale mantenere la concentrazione, su un unico progetto alla volta, incanalando tutte le energie ed evitando distrazioni non necessarie.
Nonostante, all'occorrenza, sia multitasking, sono fermamente convinta dell'efficacia di questo principio. Lo pratico praticamente da sempre, concentrandomi esclusivamente sullo studio, per avere la possibilità di frequentare una buona università, a scapito dei miei interessi e precludendo perciò, le esperienze tipiche adolescenziali che forgerebbero la ragazza che sarei nel futuro.
Tuttavia, non sono più disposta a inseguire i sogni dei miei genitori e a rinunciare alle mie esperienze di vita. Voglio realizzarle, sbagliando, perfino. Per farlo, sono consapevole, che ci vuole sacrificio e spesso occorre fare delle rinunce. Individuato il mio sogno, voglio proteggerlo e alimentarlo, per realizzarlo. Non voglio aspettare, che magicamente si realizzi da solo, perché non accadrà, ma voglio inseguirlo,
investirci tutte le mie forze, anche a costo di fallire miseramente; non importa se si tratta di un sogno piccolo o grande, in ogni caso, vale la pena rischiare.
Quarto principio: MANAWA.
"Adesso è il momento del potere."
Manawa, corrisponde al potere della presenza. Ciò che siamo ora, è il frutto delle decisioni del passato, e dobbiamo canalizzare le nostre energie nel presente, vivendo il momento senza ripensamenti passati, e puntando a un concreto futuro.
Vorrei che fosse così facile, dimenticare gli errori del passato, ma purtroppo, questi, tornano sempre, a bussare alla tua porta, tuttavia, vale la pena, provare a conviverci e a superarli, anche se rappresentano i nostri sbagli, le nostre pessime decisioni e le nostre debolezze.
Quinto principio: ALOHA.
"Amare è essere felici."
Aloha, corrisponde al potere dell'amore. La parola Aloha, nella filosofia hawaiana, infatti, viene utilizzata per esprimere il concetto di amore. Analizzando attentamente la parola, la si può tradurre con "condividere gioiosamente l'energia vitale nel presente". Dunque, non si tratta solo di una parola di amore, ma proprio di un atteggiamento amichevole e pacifico che permette lo scambio di energie. L'amore, è un perfetto strumento di guarigione, che può essere indirizzato verso noi stessi, gli altri e l'ambiente. Aloha, è anche un modo di salutare, che però non può essere tradotto come un banale "ciao", ma bensì è come se si dicesse "lascia che l'energia d'amore, ci unisca e scorra tra di noi".
L'amore, è la forza che muove l'intero mondo. Io ci credo, anche se ancora non lo cerco. Credo che, là fuori, ognuno di noi, sia predestinato alla sua anima gemella e che non esiste la felicità, senza la sofferenza.
Sesto principio: MANA.
"Tutto il potere, viene da dentro."
Mana, corrisponde al potere della fiducia. Nella cultura occidentale, l'essere umano, viene considerato "impotente" verso il proprio destino, proprio l'esatto contrario della cultura hawaiana. La filosofia Huna, ritiene, che tutto il potere, sta dentro di noi, e che siamo responsabili al cento per cento, di quanto riguarda la nostra vita, e che, senza la nostra partecipazione, nulla accade a causa di terzi. La fiducia in sé stessi, permette di potenziare le proprie capacità e di ottenere la realizzazione personale.
Credere in sé stessi, è sempre difficile. Ci sarà, sempre qualcuno, che proverà a dissuaderti, a farti sentire sbagliato, a tarparti le ali, tuttavia, se conosci davvero, il tuo io profondo, nessuno potrà mai fermarti. Credere in sé stessi, non significa essere egocentrici sbruffoni, ma consapevoli delle proprie capacità; un vincente, che ha tagliato per primo, la linea del traguardo. Francamente, i giudizi degli altri, non mi hanno mai ostacolata, nonostante, spesso siano crudeli e immeritati. Tuttavia, è la fiducia, negli altri, quella che non riesco proprio a elargire.
Noi esseri umani, siamo recidivi e commettiamo sempre gli stessi errori. Il tradimento, è il peggiore peccato umano. Il perdono, è complicato e difficile. Non sono contraria alle seconde possibilità, ma, francamente, non hanno senso. Come nel tuo libro preferito, dove il finale, resta immutato, la perdita di fiducia, si protrae, perché, per quanto ci provi, dubiterai sempre di chi ti ha deluso e tradito già una volta.
Settimo e ultimo principio: PONO.
"L'efficacia è la misura della verità."
Pono, corrisponde al potere della flessibilità. Questo principio è legato al sesto, in quanto, essendo noi stessi gli artefici delle nostre decisioni, quando incontriamo degli ostacoli, dobbiamo trovare la soluzione più adatta per ottenere risultati di successo. L'universo, offre per ogni problema, diverse soluzioni, e sta a noi, trovare quella giusta, senza fermarsi al primo ostacolo. La flessibilità, è la chiave dell'efficacia.
Se, hai una mente aperta, ad abbracciare nuove idee, nulla è impossibile. O almeno, io suppongo che sia così.
Tutti i principi, sono interconnessi tra di loro, e ognuno di questi, può essere, il punto di partenza, per una riflessione sulla vita, la comprensione di essa e la consapevolezza di tutte le relazioni.
Questo luogo incantato, mi porta spesso a riflettere, ad analizzare la realtà profonda della mia vita, a sentirla col cuore e a desiderare di più, di una vita avventurosa alla ricerca dell'ennesimo manufatto o mummia. Amo l'archeologia, ma non voglio che definisca chi sono. Questa è la strada che hanno scelto per me, come attività di famiglia, i miei genitori, ma io, Nerea Leighton, cosa voglio davvero?
Forse radici, un posto da chiamare casa e delle amicizie, perché la mancanza di affetti, mi ha resa schiva, diffidente, malinconica ed estroversa. Tutto sommato, però, sono stata fortunata, perché, ho potuto vedere la meraviglia, nascosta nel nostro mondo, all'infuori di quella inflazionata e puramente turistica. Io, grazie ai miei genitori, ho sempre avuto, il privilegio, di addentrarmi oltre, alle zone aperte al pubblico, di toccare, quasi con mano, i delicati reperti storici, di vedere le tombe di civiltà come i Maya, gli antichi egizi, gli Inca e tanti altri. Dai miei genitori, ho ereditato la curiosità e l'interesse per la storia e l'amore per le civiltà passate. Come loro, mi trovo più a mio agio, tra i libri di una biblioteca, tra le tombe polverose e piene di ragnatele, che coi miei coetanei. Il primo giorno di scuola? Ovviamente, mi spaventa. È così da sempre. Posso affrontare, la lunga escursione, per arrivare alla cima del Macchu Picchu, le foreste impervie, per vedere la piramide nei pressi del sito archeologico di Palenque, in Messico, costruita ben cinque secoli prima, della civiltà Maya e perfino, attraversare, sul torso di un cammello, il deserto iraniano, per raggiungere Shar-I-Sokhta, per scoprire, ogni segreto, della civiltà Jiroft, ma non integrarmi, con gli altri adolescenti. Per loro, sono continuamente, "quella nuova", "quella nerd", "quella coi capelli color carota", "la ragazza lentigginosa", "la stramba" sempre con gli occhi bassi e nei libri, "l'influencer delle sfigate" e "la suora" perché preferisco lo studio, alle feste e agli stupidi e bavosi maschi. Le ragazze, mi disprezzano e si burlano di me a priori, a prescindere dall'abbigliamento, dagli accessori e da come mi approccio a loro. Non credo mi vedano come una minaccia, visto che sono sempre invisibile, eppure... Prima ci rimanevo male e ne soffrivo; col tempo ho imparato a non cercare nemmeno di capirne il motivo. Ho sempre fantasticato, leggendo i romanzi e guardando commedie strappalacrime, che prima o poi avrei incontrato una ragazza, che sarebbe diventata la mia migliore amica, la sorella, che non ho mai avuto, eppure, quello che nessuno ti dice, è che, noi donne, siamo contorte e sempre in competizione. Trovare un'amica autentica, è difficilissimo. La maggior parte di noi, si atteggia da miss e distrugge, senza pietà, tutta la concorrenza. Come si può, anche solo immaginare, di diventare amiche di certi elementi?
I ragazzi? Beh, loro, ragionano, solo, col cetriolo, che hanno in mezzo alle gambe e io, che non sono in preda a tempeste ormonali, che mi friggono il cervello, non sono aperta, ad approfondire, il lato della sessualità, con dei ragazzi stupidi e superficiali, col quoziente intellettivo, di un cactus. Nella mia esperienza, gli atleti, sono i peggiori: boriosi ed egocentrici latin lover, che si fanno tutte le tipe del liceo, spezzando cuori e a cui importa solo, del loro apparire fighi e che, puntano sulla borsa di studio sportiva, per frequentare il college e non perché vogliono diventare qualcuno, ma solo, per diventare giocatori professionisti. Se invece, di pomparsi i muscoli di steroidi, rimanere in balia dei loro eccessi di testosterone e di depilarsi, come le loro madri, alimentassero il loro cervello, vivremmo subito, in un mondo migliore, pieno di adolescenti acculturati. Purtroppo, come diceva il grande Robin Williams:
"Dio, ha dato agli uomini, un pene e un cervello, ma purtroppo, non abbastanza sangue, per irrorarli entrambi contemporaneamente."
D'altronde, come affermava anche, la divina Audrey Hepburn,
"se gli uomini fossero belli e intelligenti, si chiamerebbero donne."
Maschi? No grazie!
Non ancora, perlomeno.
In questo momento, della mia vita, sto bene, solo con me stessa. In ogni caso, affezionarmi a qualcuno, non aiuta, perché, presto o tardi, sarò costretta a dirgli addio. Ci sono già passata. Una volta, ho avuto uno pseudo-amico, ma lui voleva di più e tutto si è complicato, proprio prima della mia partenza. Quell'addio, è risultato sufficientemente doloroso e mi ha l'asciato l'amaro in bocca, perché, io, non so amare.
Non come i miei genitori. Non è facile eguagliare un amore come il loro. Nato giovane e perdurato nel tempo, maturato e sempre frizzante e complice. Il mondo è pieno di coppie spaiate, di matrimoni naufragati, di tradimenti e di compromessi, per ravvivare la scintilla, che finiscono per allontanare o peggio, ma, il loro, è un amore d'altri tempi e con la A maiuscola: romantico, da lume di candela e lettere scritte con la stilografica, insomma, di quelli che non si trovano più. Non credo che, esistano ancora persone, in grado di amare così. Non, i ragazzi di questo secolo, in ogni caso. Io sono difficile, lo so, ma non posso e non voglio accontentarmi di qualcosa di effimero o puramente fisico. Io cerco l'amore vero. Quello eterno e totalitario, fatto di emozioni forti, che mettono a tacere ogni sorta di paura e incertezza, quello che ti entra anche in testa, facendoci l'amore, e non solo nel petto, e che, non puoi più tirare fuori, perché, fa parte di te e sancisce, la vostra appartenenza reciproca. Ma, non ho fretta, di donare il mio cuore, a qualcuno immeritevole del mio amore. Inoltre, idealizzare questo tipo d'amore, so per certo, che è controproducente, visto che, potrei non trovarlo mai. Il mio unico interesse, in questo momento, voglio essere io. Me lo merito. Basta scappare e permettere agli altri, di decidere per me.
Il problema fondamentale, è che non so chi sono. Non mi sono mai soffermata a chiedermi: "Io cosa voglio?" Ho sempre messo a tacere, il mio Grillo parlante, che mi urlava "devi volere di più, per te e abbandonare questa vita da zingara, che non ti appartiene o trovare qualcuno, con cui condividerla." Mi ripetevo continuamente, "Perché dovrei? Io sono esattamente come loro, i miei genitori: intelligente, curiosa, avventurosa e amante della storia e dei misteri! Perché dovrei desiderare una vita diversa?" La verità, l'ho sempre avuta sotto gli occhi, ma la ignoravo. Volutamente. E mentre, i miei genitori, condividono ogni gioia ed esperienza insieme, io sono completamente sola al mondo. Per amare la solitudine, bisogna essere davvero molto forti. Io lo sono stata a lungo, tuttavia, tutto quel silenzio, contornato dal solo rumore della mia testa, è diventato insopportabile.
Ho deciso perciò, che quest'anno, mi concentrerò su di me. Voglio smettere di stimarmi meno di quello che valgo e lavorare duramente, per diventare, la persona che decido di essere. Ho bisogno di capire, chi sono e cosa voglio fare. Il mio futuro, bussa irrequieto e io, ho paura ad aprire la porta. Pensavo di avere tutto sotto controllo, di aver già programmato la mia vita e che avrei seguito il programma di studi dei miei genitori, ma ora, sono piena di dubbi. Davvero, voglio passare la vita tra rovine e mummie, rinunciando ad avere una vita tradizionale? Non ne sono più così sicura.
Preferirei, pattinare controvento, verso l'ignoto, per sentire ancora una volta, quella scarica di adrenalina, quella scossa prorompente di vitalità, travolgermi, piuttosto che, vivere a metà, seguendo il cammino che i miei genitori mi hanno 'imposto'. Pensavo, mi piacesse, la vita che hanno, ma non é più così. Mi opprime. Ho bisogno di radici. Di un luogo da chiamare casa, a cui tornare. Non so cosa merito e non so cosa voglio, so solo che, devo capirlo. Cosa cerco? Forse tutto. Forse niente di più, di ciò che ho già. Probabilmente, voglio solo vivere, la MIA vita, alle MIE condizioni.
Farò un viaggio introspettivo, alla ricerca di chi sono, fregandomene, di chi cerca continuamente, di plasmarmi o di cambiarmi. Sono sicura, che in assoluto, questo sarà il viaggio più lungo e tortuoso, che io abbia mai affrontato, ma sono pronta. Lo specchio, riflette il mio aspetto, le opere d'arte e di letteratura, la mia anima, le mie cicatrici, le mie esperienze e talvolta i miei fallimenti; non mi resta che accettare l'avventura, di conoscere davvero, me stessa.
... Pensavo, a inizio anno, di avere tutto sotto controllo, di cercare solo le risposte su me stessa, necessarie a farmi scegliere il mio percorso; di creare, mattone dopo mattone, la mia storia e il mio futuro e non ero, affatto preparata, alle emozioni, che LUI, mi avrebbe fatto provare.
La verità è, che la vita, segue il suo di piano, mai il tuo. Non avrei mai pensato, che quella ricerca, mi avrebbe portato l'amore, proprio per il ragazzo, che più ho odiato, a scuola, trasformando quel sentimento negativo, in un desiderio folle, che mi scorre sottopelle e che mi fa desiderare di restare per sempre alle Hawaii, con lui.
Non mi sono innamorata del ragazzo perfetto. No. Lui, è complicato, sufficientemente dolce, talvolta stronzo e bugiardo, affascinante, colto e inquieto, da sembrare il classico clichè, che nasconde molte altre sfaccettature, ma, comunque in grado, per la prima volta, di fare sentire, perfetta me.
Non c'è sentimento più profondo, che possa competere con l'intrigo mentale, con chi, ti entra nella testa e trasforma ogni cosa, in desiderio, follia, tormento e tempesta. Ci sono miliardi di persone nel Mondo, ma in testa, ho solo lui, che mi fa perdere la ragione e battere il cuore, come nessun altro.
Ho trovato, finalmente, il mio posto, la mia casa, il mio equilibrio, perché in fondo, quello che ognuno di noi cerca e insegue per tutta la vita, è solo la felicità.
Dicono, che l'amore adolescenziale, sia ingannevole, e che, non si può parlare di "vero amore", finchè non si raggiunge l'età adulta e la maturazione personale, perché, ogni sensazione provata, da giovane, è amplificata, nuova e unica. L'adolescenza, è il periodo delle prime volte, della mancanza di consapevolezza e della razionalità. L'amore può finire. In ogni momento della vita. Ne sono edotta, ma, non prendo in considerazione questa opzione. La magia dell'amore adolescenziale, probabilmente è proprio ridotta a questo unico attimo, in cui, per la prima volta, esplori quel determinato sentimento e pensi di avere toccato il cielo con un dito. E non importa se, quello che sentivi, era mera illusione, perché, quell'istante, rimane scolpito in eterno nel nostro cuore ed è una costante, che accomuna tutti gli esseri umani, perché, tutti, hanno provato, sulla loro pelle, il primo amore.
Non so, se siamo destinati a rimanere l'uno, nella vita dell'altra, se il nostro, è vero amore o solo una cotta adolescenziale, quello che so per certo, è che:
io sono il cielo e lui è il mare. Ci congiungiamo perfettamente, all'orizzonte.
Qualsiasi cosa accada, ci incontreremo di nuovo, nei ricordi intensi, di quel primo, splendido amore, che ci ha cambiati per sempre...
~ Il primo amore,
te lo porti dentro,
per tutta la vita. ~
(Nerea Leighton)
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