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Dicembre - Parte 1

Qui non c'è
traccia
dell'inverno,
né aroma
di neve.

L'aria è
impregnata
soltanto
del profumo
del mare.

E di guai.

E di te.

E di un
presente
che fugge
al mio
controllo
e di un futuro
che mi appare
un groviglio
di matassa
intricato
e indistricabile.

L'inverno
me lo porto
appresso,
inesorabile
e spietato.

(Kai Lokelani)


Non avrei mai immaginato che la mia vita potesse precipitare in un baratro di non ritorno e che nulla di peggiore di una recidiva della malattia potesse mai rendermi più disperato e affamato di vita.

La vita, si sa, è imprevedibile, e talvolta tutto cambia in un istante, come il battito d'ali di una farfalla.

Gli eventi che si prospettano nei prossimi mesi non sono per i deboli di cuore; sono il frutto di un destino beffardo che ha sempre cospirato contro di me.

O forse, mi sono scavato la fossa da solo.

Una pessima decisione dopo l'altra.

Non saprei dire.

Ogni respiro porta con sé un significato profondo e un destino tutto suo, e io ero in apnea da troppo tempo. Sentire il tempo scorrere implacabile, senza possibilità di ritorno, ha risvegliato in me un desiderio bruciante di assaporare ancora l'aria fresca, la gioia, la vitalità e la vastità dell'oceano, perché ogni istante della mia esistenza sembra sempre più gravoso e doloroso. Nonostante abbia desiderato ardentemente la fine di tutto, ho scoperto che nessuno è mai veramente preparato ad affrontare il proprio trapasso, neanche io che l'ho cercato disperatamente e che ancora, nel profondo, lo cerco.

Se è vero che il destino ti aspetta sulla strada che hai scelto per evitarlo, se l'amore è un fiore profumato che devi raccogliere sull'orlo del precipizio per apprezzarlo totalmente e se non si può mai vincere senza aver combattuto fino all'ultimo respiro per ottenere la libertà, allora penso proprio di essere fottuto.

I momenti di maggiore bellezza e intensità spesso portano con sé un'ombra di dolore.
E da quel dolore può nascere una stella o un buco nero.

Mi ritrovo sempre più spesso, immerso nei pensieri più torbidi, a rimuginare su ogni dettaglio e concetto.
Rifletto sul senso del destino, cercando disperatamente di ricomporre la mia vita che è miseramente implosa e di riattaccare i frammenti che sono crollati.
Ma fuggono e scivolano via dalle mie mani, completamente al di fuori del mio controllo.
Non posso neanche immaginare la bellezza dell'imperfezione di un mosaico, poiché nulla può essere ricostruito.
Mi sento completamente disorientato.
Ogni azione mi travolge e si trasforma in un nuovo problema da affrontare e che mi devasta.

Le bugie si sono avvinghiate alla mia anima come rovi arroventati, causando la mia inevitabile, imminente e inarrestabile rovina concatenata.

La terapia.

Il processo.

La scuola.

I lividi.

Il ballo.

LEI.

I servizi sociali.

Una notizia inaspettata e dolorosa.

Le bugie di mamma.

La morte.

La verità.

Lo so che non tutti gli eventi sono in ordine cronologico, perché nella mia testa è tutto dolorosamente sovrapposto e confuso, ma molti di questi fatti sono accaduti in questo mese mentre gli altri sono conseguenze che genereranno il periodo più buio di tutta la mia esistenza e mi metteranno a dura prova.

E quando sei disperato il confine tra giusto e sbagliato svanisce, spingendoti a considerare anche i gesti più estremi.
Ognuno ha un punto di rottura, un punto di non ritorno, e io sono convinto di aver raggiunto il mio.

Tempo fa avrei affermato di non essere il tipo di ragazzo che molla arrendendosi o si lascia travolgere dall'autocommiserazione, ma adesso non so più chi sia lo sconosciuto che risiede in me.
So solo che non è pronto a vivere in bilico e a giocarsi il tutto per tutto come se fosse al tavolo della Roulette russa, sperando che, nel far ruotare il tamburo del revolver, in cui c'è solamente un proiettile, il colpo non vada a segno, perché è consapevole che il proiettile è già nella sua tempia.

La vita si complica e ci fa lo sgambetto continuamente.

Noi siamo obbligati a stare al suo gioco.

Vivi e muori.
Lotta e vinci.
Lotta e perdi.
Gioca ancora e ricomincia tutto da capo.
Fino alla fine dei tuoi giorni.
Magari concediti anche qualche attimo di felicità e non rinunciare ai sogni.

Non ripetere i miei stessi errori.

Immensamente preziose sono le piccole cose, spesso trascurate ma ricche di bellezza.

Come camminare scalzi sull'erba o sulla sabbia, osservare il volo delicato di un colibrì, assaporare una giornata di sole o di pioggia, respirare il profumo avvolgente di pane appena sfornato e di caffè appena preparato, essere accolti da un sorriso sincero, sentire il conforto di un abbraccio.
Queste piccole meraviglie sono come frammenti di magia nell'universo intimo che ci circonda, dovrebbero insegnarci ad apprezzare ogni singolo istante della vita.

Attimi che avrei voluto negarmi, considerandomi indegno.
Istanti che ho trascurato mentre affondavo nel mio costante e insaziabile male di vivere.

Nonostante il profondo disprezzo che nutro per me stesso, c'è sempre qualcuno al di fuori della mia oscura tormenta, lontano dalle masse, pronto ad amarmi.

E mi chiedo il perché.

Vivo ancora giorno per giorno, come se ogni istante fosse il mio ultimo, come se ogni respiro fosse un dono divino.
La mia intera esistenza appare come un prezioso regalo che però non ho saputo apprezzare appieno ne comprendere.

Cerco ininterrottamente il significato della mia tormentata vita, domandandomi sempre: Perché io?
Da quando ne ho memoria, non ho trovato una risposta.
Forse non la troverò mai.

Ho sperato in un epilogo diverso, consapevole che ciò è al di là delle mie possibilità.
Mi sono illuso e ho combattuto invano.

Questa cruda consapevolezza mi rende incerto sul futuro, mi spinge ad affrontare le sfide con una leggerezza e un disinteresse che non mi appartengono, ma sono tenuto ancorato alla vita da un unico sogno: partecipare alle Olimpiadi, una speranza che mi dà la forza di continuare.

O forse è il mio cuore che rifiuta di smettere di battere, desiderando soltanto di raggiungere il suo.

Per qualcosa devo pur lottare.

Anche se è davvero dura.
Ma visto che non mi resta altro, o mi arrendo o ci provo.

E io voglio provarci.

Eppure sono consapevole che i sogni, sono chiamati così proprio perché sono come illusioni intangibili e io non dovrei riporci alcuna aspettativa.

La verità è che la vita non è fatta di speranze e favolette.
Ogni respiro va afferrato con forza e determinazione.
E non puoi mai permetterti di abbassare la guardia.
Se lo fai, rischi di essere risucchiato nella parte marcia, oscura e corrotta della vita.
E il tuo declino diventa ancora più doloroso.

Non ha importanza la stagione o il fatto che sia dicembre.

È solo un altro scherzo del destino, che sembra complottare per farmi odiare persino il periodo più magico dell'anno: il Natale.

Tuttavia, l'inverno alle Hawaii regala un'esperienza di unica e rara bellezza.

Il mare d'inverno mi agita dentro emozioni che non so controllare.

Stringo le mani per aggrapparmi a qualcosa che ancora vive dentro di me.
Chiudo gli occhi per ascoltare il canto delle balene, cercando di risvegliare ogni sensazione legata ai miei ricordi.
Mi ritrovo a volare con la mente, accompagnato da un sottile dispiacere che non fa rumore.

L'inverno qui non evoca le immagini fiabesche della stagione.
Qui, non c'è nostalgia, ma vita.

Proprio in questo periodo, circa 11.000 megattere, magnifici mammiferi lunghi fino a 15 metri, migrano due volte l'anno, alternando le aree polari per nutrirsi e le acque subtropicali per accoppiarsi, visitando le Isole Hawaii.

Oltre al suono rassicurante del mare, è possibile udire il loro canto anche a una distanza di 3 chilometri.

Il 7 dicembre 1941 è una data memorabile, poiché ha segnato una svolta nella storia.
In quel giorno, migliaia di vite furono perse nell'attacco al porto di Pearl Harbor, spingendo l'America ad entrare nella Seconda Guerra Mondiale.
Ogni anno, il 7 dicembre, i caduti e i sopravvissuti vengono commemorati con una marcia, insieme a tutti i veterani di guerra.
In questo momento, non posso fare a meno di pensare a mio padre.
Anche se non è morto durante la Seconda Guerra Mondiale, è caduto in un'altra delle tante guerre, alimentate da ideali di libertà che non riesco a comprendere appieno.
Come è possibile lottare per la libertà impugnando le armi?
La guerra non fa che seminare dolore e distruzione, senza mai portare né vittorie né sconfitte definitive.

L'inverno porta con sé anche la Maratona di Honolulu, la quarta più lunga negli Stati Uniti.

Quest'anno, lo slogan recita: "Niente tavola o pallone, se la corsa è la vostra passione".

Per gli atleti della 'Iolani, è un'opportunità di allenamento extra che i coach non si lasciano mai sfuggire.
Mentre per gli altri studenti è opzionale, per noi è obbligatoria.

Se non mi sentissi così debole, forse non avrei così tanta paura di parteciparvi.

Ciò che rende questa gara magica non è solo la sua lunghezza (42,195 km), bensì il percorso da film che attraversa.
Dalle spiagge immacolate alle maestose montagne, passando per i crateri vulcanici, ogni chilometro di questa maratona ci trasporterà attraverso scenari da sogno.

Partendo da Ala Moana Boulevard e terminando a Kapiolani Park, attraverseremo il centro di Honolulu illuminato dalle luci natalizie, scaleremo i crateri di Diamond e Koko Head per ammirare l'oceano lungo Waikiki Beach, il tutto progettato per farci sentire come i protagonisti di Jurassic Park.

Non è richiesto un tempo record per partecipare a questa avventura e non c'è un limite di tempo. Inoltre, alla fine della gara, tutti riceveranno una medaglia di partecipazione.

Tuttavia, tra gli atleti competitivi della mia scuola, le gare e le scommesse sono sempre presenti. Chi otterrà il miglior tempo sarà considerato il più cool della scuola. Personalmente, non mi interessa essere popolare, anche se una vittoria mi farebbe piacere.
Non per ricevere adorazione, ma per recuperare un po' di fiducia in me stesso.

Nelle nostre terre, l'inverno è un periodo carico di magia e profondi significati, sia religiosi che culturali, che abbracciano l'affettività e l'unione.

Le famiglie si riuniscono per condividere cibo tradizionale come il Kalua pig, un maiale arrosto cotto sottoterra, simile alla porchetta, e per godersi la compagnia reciproca in un'atmosfera di gioia e gratitudine durante le festività.

Ohana, la famiglia, tuttavia è il fulcro delle nostre esistenze e delle nostre tradizioni in ogni momento dell'anno.

Non troverai il freddo pungente che ti fa rabbrividire, caminetti accesi e la neve che cade silenziosa, ma il solito cielo dipinto di sfumature di arancione e rosa al tramonto che ti rapirà il cuore, i sorrisi allegri e gentili delle persone (che ovviamente non sono rivolti al sottoscritto) e il tepore familiare che avvolge ogni momento, come una coperta intessuta di ricordi e affetti.

Qui da noi, gli auguri vengono scambiati sparando colpi d'arma da fuoco (a salve) e con fuochi d'artificio, seguendo le tradizioni dei primi coloni. Il modo di dire "Buon Natale" in hawaiano è "Mele Kalikimaka".
Babbo Natale arriva su una fiammeggiante canoa rossa, accompagnato da elfi vestiti rigorosamente in stile hawaiano e non su una slitta trainata da renne.

Da noi non ci sono pupazzi di neve, ma altrettanto meravigliosi pupazzi di sabbia e tartarughe con i cappelli di Natale.

Il mare culla le emozioni con il suo canto ancestrale costante, mentre le brezze salmastre portano con sé il profumo di fiori tropicali, di sogni e di nuove promesse.

È un tempo di riflessione e di gratitudine, di ricordi condivisi e di speranze per il futuro.


La prima settimana di dicembre segna l'avvio del Natale qui a Honolulu. Centinaia di persone si riuniscono al Municipio per assistere all'accensione delle decorazioni natalizie. L'intera città, insieme alle spiagge e alle località circostanti, si illumina per celebrare questo magico periodo dell'anno. Un imponente albero di Natale alto 15 metri e le statue di Shaka Santa e Mrs Claus danno il benvenuto, circondati da food truck, attrazioni per i bambini e musica dal vivo.

Le luminarie di Honolulu non sono come quelle altrove.

Non c'è la necessità di illuminare il buio della notte, ma piuttosto di celebrare la bellezza del cielo notturno.Le luci che adornano le strade sembrano un manto stellato caduto dal firmamento, un riflesso delle stelle che punteggiano il cielo sopra di noi.

E se le luci di Natale sono già di per sé un sogno, immaginate il loro riflesso nel mare. Decine di barche decorate con motivi natalizi solcano le acque di Oahu in uno spettacolo che vi lascerà senza fiato.

Il giorno ufficiale dell'accensione delle luminarie è sempre accompagnato da una festosa parata, che vede le strade invase da turisti e residenti. Le bande delle scuole sfilano con uniformi natalizie, suonando canti tradizionali e le celebri melodie natalizie hawaiane, chiamate "Mele Kalikimaka", eseguite con strumenti tipici come l'ukulele e la chitarra hawaiana (lap steel guitar). Successivamente, il governatore accende l'albero e la festa ha inizio.

Durante tutto il periodo natalizio, la città offre concerti sotto le stelle, mercatini natalizi e spettacoli di luci e fontane.

È un momento in cui la comunità si riunisce per celebrare la stagione e condividere gioia e allegria.

Questo mese sembra propizio per gioire e respirare armonia.

E il 27 dicembre, è nata ula'ula, la creatura più bella e pura che io abbia mai visto.

Tuttavia, l'arrivo dell'inverno e di questo periodo in particolare ha coinciso con l'inizio del mio declino. Come nei miei peggiori incubi, mia madre non afferra la mia mano e io semplicemente precipito nel vuoto, avvolto dalle tenebre.

Non riesco a individuare il momento esatto in cui è iniziato il mio tracollo, quel primo giorno di giudizio che ha segnato l'inizio del mio Armageddon, su cui poter puntare il dito e attribuire colpe. Ma, onestamente, nemmeno ha importanza.

Le cose accadono come devono accadere.

Ci piace credere di essere padroni del nostro destino e che nulla avvenga per caso, ma come conseguenza delle nostre azioni. Forse è così, o forse c'è un'entità così potente e ultraterrena che si diverte a manipolarci come pedine su un'enorme scacchiera cosmica.

Se è così, è una creatura sadica che predilige il caos all'armonia.

Forse devi essere incasinato come me per sopravvivere al destino.
Dopo la notizia della recidiva della malattia il giorno del mio compleanno, il mio mondo già disastrato ha iniziato a crollare definitivamente, facendomi toccare il fondo.

Francamente, non so più nulla.
Non ho certezze, tranne la malattia.
Sto mettendo in discussione ogni mio pensiero.

So solo che, dopo che il meteorite ha colpito la mia orbita con l'intento di annientare la mia esistenza, tutto è cominciato ad andare storto.

Non so neanche più perché ho iniziato a saltare la scuola.

Onestamente, non credo nemmeno che ci sia un motivo specifico da incolpare; sembra piuttosto un insieme di fattori che hanno contribuito alla mia situazione attuale.

So solo che è successo ed è diventato un meccanismo di difesa, forse il mio ultimo istinto di sopravvivenza.

La scuola, forse, è il minore dei miei mali; tuttavia, ci sono giorni in cui varcare la soglia della 'Iolani mi disturba al punto che comincia a mancarmi l'aria.

Sento la paura avvolgermi come una morsa, schiacciandomi sotto il peso delle parole taglienti e dei gesti crudeli che si incollano alla mia pelle sotto forma di lividi e di orrendi ricordi, inflitti quotidianamente dai miei aguzzini come se fosse una punizione meritata.

Il male di vivere di cui parlano i dannati, pensavo fosse solo una metafora, ma io lo sento costantemente addosso.

Se solo sapessero quanto sono già morto dentro e quanto il mio corpo stia morendo sbranato dalla malattia, forse non mi pesterebbero a sangue ogni maledetto giorno.

Già!

Se sapessero, proverebbero pena per me e vergogna per sé stessi.

Voglio credere e sperare che si sentirebbero degli emeriti coglioni a infierire contro chi ha ancora poco da vivere.

Ma non giocherò mai la carta della leucemia per scappare dalle torture e per espiare le mie colpe.

E Dio solo sa quanti peccati pesano sulla mia anima.

Non sono un assassino.

Questo no.

Ma nemmeno un santo.

Non essere stato un buon amico e non aver fatto niente per salvare Arata, in fondo, fa di me una persona orribile.

Merito ogni calcio, ogni pugno, ogni dispetto, ogni sputo in faccia, ogni punizione inflitta, ogni insulto, ogni lacrima versata, ogni goccia del mio sangue e ogni minaccia di morte.

Preferisco leggere il disprezzo sui loro volti e l'odio nei loro occhi piuttosto che smarrirmi ancora in iridi tremolanti che non riescono a sostenere le mie, vederci un miscuglio di sentimenti freddi e innaturali, di compassione e cordoglio.

Ma non sono solo loro a ricordarmi che non valgo niente e non merito niente.

L'intera città mi guarda con occhi di disprezzo, e io non mi sento al sicuro nemmeno tra le mura di casa mia, perché la cattiveria ha occhi dappertutto e ti si incolla dentro, fino a far deteriorare la tua stessa essenza.

Gli episodi di panico e gli svenimenti da malattia e ansia sono diventati troppo frequenti e incontrollabili, così ingestibili e spietati che il mio corpo ha cominciato a cedere nei momenti meno opportuni: la scuola, il bagno del tribunale e di casa, le docce dopo gli allenamenti e gli eventi scolastici.

Nascondere il mio declino fisico e mentale sta diventando un'impresa impossibile.

A breve, i miei sogni si frantumeranno in schegge, mentre il mio corpo cederà al destino della morte, lasciandomi solo come un involucro dolorante, intriso di amarezza.

Alex mi ha "rianimato" innumerevoli volte, finché non ho dovuto confidarle la verità sulla mia salute. È una complice preziosa nel falsificare gli esami per la mia famiglia e il coach, grazie alle sue competenze informatiche. Ma, ancor più importante, è diventata una vera amica. Una persona che mi accetta per quello che sono: con tutti i miei difetti, i miei lati oscuri, la tristezza e i momenti di silenzio.

Chi ha sperimentato il dolore, raramente emette giudizi sugli altri; anzi, solitamente li comprende e li accoglie.
Come è accaduto con Arata, due anime infelici si incontrano e si sostengono reciprocamente, diventando migliori amici.

A volte mi chiedo se tu, amico mio, abbia guidato Alex verso la mia vita.

Tuttavia, nemmeno il suo affetto riesce a colmare il vuoto che hai lasciato.

La tua mancanza è come quella della Luna nelle notti buie.

A complicare il quadro della mia vita, la memoria sta scemando nonostante lo studio costante e l'impegno. È emerso in me un costante senso di inadeguatezza e ignoranza crescente. La mia media si è rapidamente abbassata, suscitando preoccupazione tra i professori.

Secondo loro, non è ancora qualcosa di tragico, ma piuttosto una fase di stanchezza.
Tuttavia, ho paura di non riuscire più a risollevarmi e temo il fallimento.
Mi sento lontano dai miei soliti standard di perfezione e dalla possibilità di accedere a un college rinomato.

Nohea aveva ragione: non sopporto il fallimento. Sono abituato a pretendere sempre il massimo da me stesso, ma in questo momento so di non essere in grado di farlo. Harvard sembra un obiettivo irraggiungibile, e il pensiero di deludere ancora una volta la mia famiglia e il ricordo di mia madre mi opprime.

Il processo peggiora il mio umore e il mio sonno, confermando quanto la mia libertà sia appesa a un fragile filo.

Con la terapia non ho fatto progressi e non ho riacquistato i miei preziosi ricordi su quell'unica notte che desidero ardentemente rivivere con i miei occhi e non con le ricostruzioni altrui.

I servizi sociali e i professori mi stanno scandagliando come un fondale marino, come se fossero in cerca della mia perla nera.
Ho l'impressione di essere costantemente braccato e di essere con le spalle al muro.

E siamo solo a dicembre. Non penso di poter continuare così ancora a lungo.

Coricato sul mio letto, invece che a fare lezione come un bravo e disciplinato studente, mi torturo le mani guardando il soffitto e pensando alle imminenti vacanze di Natale.

Non sono dell'umore di festeggiare proprio niente, di partecipare al ballo scolastico, di iniziare le cure chemioterapiche e nemmeno di partire per la California per i primi allenamenti ufficiali con la squadra olimpica. Temo che si accorgano di aver selezionato la persona sbagliata: non abbastanza bravo e non abbastanza forte e motivato per le competizioni olimpiche.

La determinazione ce l'ho, ed è forse questo unico sogno di libertà oceanica a farmi andare avanti nonostante tutto, ma la forza fisica sta lentamente scemando.

Posso risolvere le mie condizioni di salute attraverso un ciclo sperimentale di chemio, ma non sono sicuro del risultato e non sono certo di voler rinunciare al surf.

Il mio futuro come atleta olimpionico dipende interamente dal più grande, adrenalinico, suggestivo e pericoloso evento di surf dell'anno: la Vans Triple Crown, che si tiene ogni anno alla North Shore di Oahu e si svolgerà dal 3 al 23 gennaio 2023. Durante questo periodo, le mareggiate generano onde che possono raggiungere anche i 15 metri.

I surfisti professionisti da tutto il mondo si riuniscono sulle spiagge di Waimea Bay, Ehukai e Haleiwa per sfidarsi e affrontare la potenza dell'oceano. Una delle gare più prestigiose, organizzata da Quiksilver in memoria di Eddie Aikau, un leggendario bagnino di Waimea Bay e uno dei migliori surfisti al mondo, si distingue per il fatto che non ha una data specifica. La sua tenuta è decisa solo se le onde raggiungono un'altezza minima di 12 metri, rendendo la partecipazione un privilegio. Le altre competizioni seguono un calendario prestabilito basato sulle qualifiche personali.

E io voglio vincere a tutti i costi.

I dottori, non sono quasi mai empatici con i loro pazienti. Ergono un muro impenetrabile, per difendersi dal dolore, perché vedono la morte continuamente e sarebbe impensabile, affezionarsi a ogni malato e probabilmente anche dannoso per la loro sanità mentale. Eppure, quando sono seduti davanti a te, con gli occhi addolorati e le mani conserte, col loro cipiglio da brutta notizia, intenti a sbrogliare in fretta, quell'impiccio gravoso, che pesa sul loro cuore, non si pongono un quesito importante: come si sente il malcapitato diciassettenne a cui hanno appena riconfermato una diagnosi di morte?

Per me è come aver ricevuto una scarica di proiettili nel petto, una coltellata alla gola, un morso di serpente negli arti, che a poco a poco, mi annebbia la testa e la vista, facendomi sentire come gelatina al Sole.
Sentivo di sprofondare come risucchiato dalla sedia; lo schienale di legno massiccio si piantava, come lance, nelle scapole. Io ero il protagonista indiscusso di questa fiaba horror, intento a fissare per l'ennesima volta la stessa scena come in un loop a rallentatore.

Lottare contro la mia oscura passeggera è il mio unico destino.

Solo che questa volta, non c'è la mano di mamma a stringere la mia e a infondermi coraggio, e non c'è nemmeno Arata a spronarmi, e io, dopo la recidiva, non sono più stato pronto a elaborare la notizia e nemmeno a pensare di dover morire.

Sono stato stupido a sognare di avere una possibilità, quando il male vive costantemente dentro di te in attesa di toglierti tutto.

Eppure, senza i sogni che accomunano tutti gli esseri umani, cosa sarei?

Non ho nemmeno l'illusione di ricongiungermi a loro nella vita ultraterrena, perché uno come me non ha il privilegio del Paradiso.

Sono solo, nelle mie bugie, nei miei inganni e nelle mie assurde decisioni, perché ho scelto di omettere la verità, di fingere la felicità con lo scopo di allontanare tutti, perfino la mia stessa famiglia, pur di non dover più sopportare il dolore dell'abbandono e l'amaro negli occhi della loro compassione.

Perso negli occhi torbidi color palude della mia oncologa, so che ho sognato che un alligatore uscisse da quelle pozze melmose, per sbranarmi in un sol boccone.

Intanto, la mia mente, filtrava ogni sua parola perché la sua voce era assente e distaccata ma soprattutto priva di sentimenti autentici in cui cogliere un briciolo di umanità.
Racchiudeva solo rassegnazione alla morte, la stessa che porto dentro dal primo giorno che ho aperto gli occhi alla vita.

Per me è stato l'ennesimo incubo a occhi aperti.
Per quanto consapevole della malattia latente, quando pensi di essere finalmente guarito, non sei assolutamente pronto a sentirti riconfermare la tua imminente condanna a morte.

Perché una recidiva a questa età è semplicemente il preambolo alla fine.

Povera donna!

Poveri noi!

Ripete la sua filastrocca inquietante a ogni paziente, come se stesse rileggendo la lista della spesa, con gli occhi spenti, di chi è consapevole di aver scelto la specializzazione peggiore.

Le sue parole sono state un'altra pugnalata fatale che si è incisa nella mia mente, tornando a tormentarmi con il suo sussurro di morte.

"Mi dispiace informarti che la leucemia è tornata. Ci sono nuove cure e sarebbe opportuno un nuovo ciclo di chemioterapia. Stanno sperimentando una procedura che prevede l'immissione diretta del liquido nel midollo spinale. Non è più dolorosa e invasiva delle procedure tradizionali, ma molti pazienti avvertono una temporanea sensazione di bruciore quando il liquido chemioterapico entra in contatto con il midollo. Questa nuova procedura agisce immediatamente e con maggior successo. In molti pazienti, si nota una migliore tollerabilità, sebbene non elimini tutti gli effetti collaterali. Richiede una settimana di ricovero ospedaliero, durante la quale il paziente riceve terapie di supporto, come trasfusioni e trattamenti per le infezioni. Tuttavia, poiché il trattamento coinvolge l'iniezione diretta nel midollo spinale, è essenziale evitare qualsiasi sforzo sulla colonna vertebrale. Questo significa che, nel tuo caso, dovrai rinunciare al surf e a qualsiasi altra attività sportiva per tutto l'anno scolastico. Probabilmente, Kai, dovrai cercare un nuovo hobby e rinunciare al surf definitivamente."

Rinunciare al surf.

Rinunciare al surf.

Rinunciare al surf.

D E F I N I T I V A M E N T E .

Sembra così assoluto!

Come posso rinunciare all'unica cosa che mi tiene ancora in vita?

Queste parole mi tormentano continuamente perché non posso rinunciare a ciò che amo più della mia stessa vita.

Ma allo stesso tempo, sono consapevole che non posso nemmeno rinunciare alle cure che potrebbero ancora consentirmi di avere un futuro.

Ma che futuro posso mai avere senza poter cavalcare l'onda?

Perché vivere è sempre così complicato?

Perché la vita è così spietata che si riduce a tutto o niente?

A scegliere o a subire?

Come si può scegliere tra quel senso di libertà che solo l'oceano sa darmi quando cavalco le onde e una remota possibilità di avere un futuro?

Ma soprattutto perché mi devo trovare nella posizione di dover scegliere?

Non dovrei semplicemente vivere?

Quando quello stesso giorno ho scelto il surf, non ero lucido o forse lo ero fin troppo, perché avendo già provato la fine sulla mia pelle, sapevo che senza uno spiraglio di speranza a cui aggrapparsi, non si sopravvive comunque.

Probabilmente, non ha nemmeno senso lottare.

Per molti, l'appoggio necessario su cui fare affidamento e trarre la forza necessaria per combattere, sono la famiglia e gli affetti, per me è il surf.

Questo non significa che sia anaffettivo e che non voglia il sostegno della mia famiglia, ma semplicemente che nessuno può portarmelo via. È la fiamma che ancora alimenta il mio bigio cuore. Se devo rinunciarvi, tanto vale morire subito.

Non sono irrazionale se decido di rifiutare le cure. Le persone sane e la mia famiglia, non capirebbero mai le motivazioni che mi spingono a scegliere il surf invece della mia vita. Per loro è assurdo anche solo concepire questa idea, eppure, dopo che combatti da tutta la vita, arriva quel momento di lucida consapevolezza in cui capisci che sei al capolinea e devi decidere cosa fare del poco tempo che ti resta. Io non voglio passarlo tra le corsie degli ospedali e i cessi a vomitare, mentre tutti piangono la mia dipartita ancor prima di tirare le cuoia, ma tra le onde. Voglio andarmene alle mie condizioni. In ogni caso, il mio corpo si è arreso prima di me. Non tollero più nessun medicinale e la chemio nella spina dorsale non la voglio fare perché dovrei rinunciare agli ultimi attimi di felicità, mentre quella tradizionale mi fa stare così male che vorrei morire seduta stante. I tremori, i brividi, la nausea, i capogiri si intensificano. Eppure, in mare, tutto si silenzia e il dolore sembra sparire.

Se devo sparire anche io, fa che sia nell'oceano.

La malattia è senza dubbio uno dei maggiori e insormontabili problemi che mi affliggono, ma la verità è che, man mano che passa il tempo, sembra che ogni pezzo del puzzle che compone la mia intera esistenza si stia sgretolando come una palla di Natale in vetro.

Non era così il detto, ma: la vita è come il Natale. C'è sempre qualcuno che rompe le palle!

E a noi le stanno rompendo al cubo!

A scuola le cose non vanno un granché.

Si respira aria di festa perfino dai muri.
Le decorazioni natalizie e le lucine sono presenti dall'ultima settimana di novembre e rattoppano ogni angolo.

L'allegria contagiosa sembra schernirmi, evitandomi come se fossi un appestato col colera.

Non provo emozioni.
Non ho desiderio di festeggiare.
Non ho alcun buon proposito per l'anno nuovo.

Anzi, mi sento sempre più emarginato, nonostante l'amicizia di Alex.

Il problema sono io. Sono ormai irrimediabilmente spezzato.
Rotto come una pallina di Natale in vetro, caduta sul duro cemento della vita.

La mia unica luce nel tunnel è LEI.

Leighton cerca sempre uno spiraglio, ma io la ferisco mostrandole il peggio di me, perché lei merita la felicità e io no.
Non saprei nemmeno come donargliela.
Non riesco nemmeno a trovare un lieto fine per me stesso.
Questa consapevolezza mi rende frustrato e riverso tutta la mia angoscia su di lei, anche se in realtà non è colpevole dei miei tormenti.
Finiamo sempre per punzecchiarci, tirarci delle frecciatine e a litigare ferocemente.
E più sono scontroso e cattivo e più mi cerca.
Il mio disprezzo non le basta mai.
Mi tiene il broncio per un po', poi torna all'attacco.

Cosa cerca davvero in me?

Sono solo un involucro vuoto, costituito da geni malati e disperazione angosciosa.

Lei merita la perfezione in qualcuno che la ami sopra ogni cosa e valorizzi la sua unicità. Francamente, ragazze così, che lasciano un segno indelebile nell'anima e che sono disposte a raccogliere i cocci nonostante le differenze, sono rare.

Ma cosa può fare con il mio cuore rattoppato?

Nonostante siano imminenti le vacanze, l'impegno richiesto per i compiti in classe e le interrogazioni è sempre ai massimi livelli.

Ma io non riesco più a stare dietro allo studio.

La mente vola nei suoi tormenti.

Il corpo duole.

La paura mi sbrana mentre muore ogni mio interesse.

La testa mi vortica, rendendo la lavagna un mare di nebbia.

Combatto per restare a galla, per non lasciarmi sopraffare dallo svenimento.

La mia concentrazione vacilla.

Mi stanco come se dovessi risolvere il problema della fusione a freddo.

Le parole si trasformano in fumo, la matematica in segni indecifrabili, la voce dei professori diventa un lamento fastidioso. Mi isolo nella mia prigione di tenebre e smarrisco la via.

E soprattutto, dimentico i concetti e quello che ho studiato.
A volte so di avere la risposta sulla punta della lingua, ma sfugge e mi ritrovo a fluttuare nell'insicurezza e nella vergogna. Non mi sono mai sentito così impreparato prima d'ora.

Poi c'è il mal di scuola.

Quella sensazione insostenibile di terrore allo stato liquido, che mi fa saltare qualche lezione e fuggire via dai miei aguzzini e che mi porta a nascondermi accanto al letto con la testa tra le gambe e a tremare come un agnellino braccato da un branco di lupi famelici.

Sto letteralmente perdendo il senno.

Sulla terapia non ho mai puntato, poiché non credo sinceramente di poter o voler guarire.
Mi manca l'impegno necessario e, ancor di più, la fiducia nel processo terapeutico.
Non riesco a confidarmi, nonostante abbia smesso con i miei silenzi selettivi.
Mi limito a conversazioni superficiali, evitando di affrontare le questioni più profonde che affliggono la mia mente e il mio spirito.

La verità è che ho paura.
Paura di aprirmi e di esplorare i recessi più oscuri della mia psiche.
Paura di scoprire cose su di me che potrebbero essere troppo difficili da affrontare.
Paura di essere giudicato o frainteso.

E così, invece di affrontare queste paure, le tengo nascoste, seppellite sotto uno strato di distrazione e indifferenza.
A volte anche di sfrontata impertinenza.

Ma questo non vuol dire che non ne senta il peso.
È come portare un fardello invisibile, costantemente presente, anche se cerco di ignorarlo.

Mi accorgo che influisce sulle mie relazioni, sulla scuola, sulla famiglia, sugli allenamenti e soprattutto sulla mia salute mentale.

Eppure, è come se fossi bloccato in un limbo in cui non riesco a trovare il coraggio e la forza per affrontare i miei demoni.

Forse è il momento di cambiare approccio.
Forse è il momento di provare a superare queste paure, anche se mi spaventa l'idea.
Forse è il momento di lasciarsi guidare dall'incertezza e dalla vulnerabilità, nella speranza di trovare una via d'uscita da questo labirinto di paura e disperazione.
Ma per farlo, devo trovare la forza di fare il primo passo.

Sospiro sedendomi su quella che mi sembra sempre di più una sedia da condannato.

《Buongiorno, Kai. C'è qualcosa in particolare di cui vuoi parlare oggi?》

Soffio pensieroso, facendo una smorfia con la bocca.
Il dottore sa benissimo che non ho voglia di parlare di nulla.
《Niente di specifico》rispondo scrollando le spalle.

《Non avevo dubbi. E riguardo al processo? Ci sono novità?》

《Nulla a mio favore》ammetto, torturandomi le mani.
《Anzi. Pare che finga l'amnesia per poter chiedere l'assoluzione per temporanea incapacità di intendere e volere.》

《Non sono loro, con illazioni denigratorie, a doverlo stabilire, ma io. E non è il caso, Kai. Lo sai. Non farli entrare nella tua testa. In ogni caso, ti pesa questa situazione?》

Eccome!
Lo guardo negli occhi.
Ha sempre quella carica mista a dolcezza che mi infonde, per la prima volta, una sorta di coraggio.
Forse il dottore potrebbe aiutarmi a recuperare quei frammenti di memoria persi.

《Molto, in effetti. Il mio avvocato dice che le prove sono tutte contro di me, quasi come se fossero state piazzate, e che solo la mia testimonianza potrebbe aiutarmi. Ma io... io non ricordo nulla. Non posso aver fatto del male al mio migliore amico. È assurdo! E altamente improbabile. Non sarei mai stato capace di ferirlo o metterlo in pericolo》 ammetto con la voce impastata dall'angoscia.

《E come ti fa sentire questo vuoto nei ricordi? Vuoi finalmente esplorare le tue emozioni?》

《Non prendiamoci in giro, Dottore. Sa benissimo, meglio di me, che sto male, ma non voglio parlare di questo. Piuttosto, se vuole davvero aiutarmi, può sollecitare in qualche modo i miei ricordi? Ho bisogno di sapere.》

Il dottore ascolta con attenzione, passando la mano sul mento con fare pensieroso, cercando di percepire la profondità della mia richiesta.
Io mi stupisco di me stesso per avergli chiesto in qualche modo aiuto.

《L'amnesia è una benedizione, Kai, poiché ti offre l'opportunità di ricominciare da zero e di avere una seconda chance. Non tutti hanno questa possibilità, quindi considerati fortunato. Sfrutta questa occasione per reinventarti, per comprendere la tua vera identità e per delineare chi vuoi diventare. Posso capire che ora la tua sete di verità sembri più intensa di qualsiasi altra cosa, ma devi ricordare che la tua mente ha costruito un muro di difesa per una ragione. Sarà solo quando sarai pronto e avrai la maturità necessaria per affrontare quel tassello traumatico della tua vita che potrai probabilmente recuperare i tuoi ricordi.》

Stronzate!
Scuoto la testa, la frustrazione dipinta chiaramente sul mio volto e nel pugno stretto sulla coscia.

《L'ignoranza dei fatti può essere più devastante di qualsiasi male interiore. Non voglio essere protetto. Voglio affrontare quel dolore e farlo mio. Conoscere la verità di quella notte è essenziale per poter continuare a vivere. Non voglio che l'unica chiave per scoprire perché Arata è morto rimanga sepolta. Non mi importa del risultato del processo. Non fa differenza se rivelerà la mia innocenza o la mia colpevolezza, se metterà in luce il mostro che tutti credono sia in me o dimostrerà che tutte le accuse erano false. Ho bisogno di sapere. Mi sembra di vivere a metà. Come se una parte importante della mia vita non l'abbia mai vissuta. Per favore, mi aiuti. Ci dev'essere qualcosa da fare》chiedo con voce carica di disperazione e determinazione.

Il dottore annuisce lentamente, contemplando le mie parole.

《Potremmo considerare l'ipnosi come un'opzione per recuperare i ricordi repressi o sepolti nell'inconscio. Tuttavia, in quanto tuo terapeuta, è importante farti notare che l'ipnosi non è una tecnica affidabile al cento per cento, e i risultati possono variare da paziente a paziente. Inoltre, non sono sicuro che tu sia emotivamente stabile e pronto ad affrontare di nuovo la morte del tuo migliore amico. Nemmeno io posso proteggerti dalla verità e dalle emozioni che riaffioreranno. Ti travolgeranno in modo inaspettato e ti costringeranno a mettere in dubbio ogni cosa. Questi ricordi possono distruggerti, Kai. Sono qui per aiutarti, non per farti sprofondare nel dolore.》

《Ma sono già così a pezzi che ne ho bisogno o non ne uscirò mai》

《Pensi di averne bisogno, ma non fai altro che alimentare il senso di colpa che ti tormenta. Devi voltare pagina, non alimentare quel fuoco che brucia e ti annienta.》

《Come posso continuare con la mia vita quando il mio amico è morto? Almeno lei, per favore, cerchi di capire. Mi sento sempre circondato da estranei che non mi comprendono.》

《È esattamente il processo di guarigione che vorrei che intraprendessi con me, ma tu fai sempre resistenza. Se non sei tu a volerlo, non supererai mai le fasi del lutto.》

《Io non voglio superarle. Non posso. Lo capisce? Non se sono l'unico che sa la verità. È dentro di me, da qualche parte. Voglio tirarla fuori, per me e per i genitori di Arata. Non voglio lasciare nulla di intentato, almeno saprò di aver fatto tutto il possibile. E si sbaglia, io sono comunque colpevole, perché sono sopravvissuto e lui no. La prego. Mi aiuti. Non le ho mai chiesto niente, ma questo è importante. Poi le prometto che mi impegnerò per andare avanti con la mia vita e mi farò aiutare.》

《Anche se è un rischio emotivo, farti travolgere da quei ricordi traumatici, e non sono per niente d'accordo, ti aiuterò lo stesso. Questa è in assoluto la prima volta che mi parli a cuore aperto e che mi sembri convinto a procedere con la tua vita, pertanto non posso non sfruttarla. Tuttavia, potremmo avere bisogno di svariate sedute per abbattere il muro e forse, nemmeno l'ipnosi funzionerà e tu non riacquisterai mai i ricordi. Devo dirtelo. Non posso darti false illusioni. A prescindere da quello che otterrai, mi devi promettere che questa volta, insieme, inizieremo una strategia di guarigione.》

《Accetto.》

《Mi fa piacere sentire che accetti di impegnarti nella terapia. Questo è il primo vero passo importante che fai verso il tuo percorso di guarigione. Sarò qui per sostenerti e lavorare con te per affrontare i tuoi ricordi e le tue emozioni. Ricorda che non sei solo. Mai.》

《È un percorso necessario, Doc. Le ho dato del filo da torcere, ma lei non si è mai fatto scoraggiare dal mio comportamento scostante, dalla mia mancata collaborazione e dai miei silenzi.》

《Apprezzo le tue parole, Kai. È vero che i percorsi di guarigione possono essere complessi, e le sfide fanno parte del processo. Sono qui per aiutarti nel miglior modo possibile, e il fatto che tu abbia riconosciuto il mio impegno è molto importante. Continueremo a lavorare insieme per affrontare ciò che hai vissuto e per cercare di raggiungere una soluzione che ti possa portare verso la pace e la guarigione.》

Sono entrato nello studio del dottor Hurt, sentendo una miscela di speranza e ansia che mi stringeva lo stomaco.
Il dottore mi ha accolto col suo solito sorriso caldo, e, consapevole che gli ho promesso che ci avrei almeno provato, ho fatto del mio meglio per ricambiare, anche se dentro di me l'agitazione mi sta sbranando vivo.

《Kai, oggi è il giorno in cui inizieremo la terapia ipnotica per cercare di recuperare la tua memoria》 ha detto il dottor Hurt, la voce morbida e rassicurante.
《Sei pronto per cominciare?》

Ho annuito, cercando di nascondere la mia incertezza e le mie paure, dietro una facciata di determinazione.
《Sì, Doc, non sono mai stato più pronto e convinto di adesso. Ho assolutamente bisogno di scoprire cosa ci è successo quella sera.》

Il dottor Hurt ha preso posto di fronte a me, preparandosi per la sessione ipnotica. Mi ha chiesto di rilassarmi e di concentrarmi sulla mia respirazione, e ho seguito le sue istruzioni con attenzione, cercando di svuotare la mente da ogni pensiero.

Come se fosse facile!

《Immagina di essere su una spiaggia》 ha detto il dottor Hurt, la voce morbida che io ho percepito come una brezza marina.

Man mano che la sua voce mi avvolge, percepisco la tensione allentarsi nei miei muscoli. Mi sento come se stessi fluttuando in uno stato di tranquillità, pronto ad affrontare ogni cosa, perché immaginare la spiaggia, il mare, il mio ambiente vitale, è fin troppo facile.
Il dottore sa quali corde toccare e per la prima volta da tanto, mi sento davvero rilassato.

《Guardati attorno e cerca di percepire i dettagli intorno a te. Senti il suono delle onde che si infrangono, il profumo del mare, il calore della sabbia sotto i piedi...》

Mi sono completamente isolato, tanto che mi sembra di non avere più un corpo, come se fossi ipnotizzato dal mare. D'altronde lui è l'unico a farmi questo effetto.

《Hai vinto il campionato, sei svenuto per il trauma cranico. Lo ricordi?》

Ho seguito le sue istruzioni, cercando di visualizzare la scena nella mia mente. Poco alla volta, le immagini hanno cominciato a prendere forma, portandomi indietro nel tempo a un luogo e un momento familiare.

Ho annuito.

《Continua a esplorare i tuoi ricordi, lasciati trasportare dalla tua mente. Ora sei con Arata e gli altri due surfisti sullo yacht. Cosa è successo?》

La mente si affolla e il panico mi assale.

L'esplosione.

Le fiamme sul pelo dell'acqua.

Il calore.

Lo squalo.

Il sangue.

Mi dimeno.
Sudo freddo.
Urlo.

《Sei al sicuro in un ambiente controllato e ci sono io. Segui la mia voce e svegliati.》

Apro gli occhi. Sono affannato e respiro come se avessi corso la maratona.
Il terrore mi agguanta la giugulare.

《Stai facendo progressi? Hai ricordato qualcosa? Eri in stato di panico e ho dovuto riportarti indietro. Stai bene?》

Scrollo la testa in un perentorio no, portando la mano al petto. Sento il cuore scoppiare.

Ho seguito le sue parole, immergendomi sempre di più nei ricordi che affioravano alla superficie. Era come se stessi aprendo una porta chiusa da troppo tempo, ma non ho scalfito nemmeno la superficie. Ho rivisto sempre le solite immagini che già mi tormentano ogni giorno. Temo che raggiungere la verità nascosta dentro di me sarà doloroso.

《Ti prego, dimmi come ti senti》 ha chiesto Doc. con la voce piena di ansia, passandomi un bicchiere di acqua fresca.

Mi sono guardato intorno, ancora stordito dai quei dolorosi ricordi.

《Mi sento... bene, adesso, ma lontano dal scoprire la verità.》
Ho risposto sussurrando con uno sbuffo di frustrazione.

Il dottor Hurt mi ha dato una pacca sulla spalla. 《Siamo solo all'inizio, Kai. Sapevamo che sarebbe stato difficile e anche doloroso. Non ci arrenderemo. Continueremo a lavorare insieme finché non riuscirai a recuperare tutti i tuoi ricordi.》

E così, con il sostegno del dottor Hurt, ho continuato il mio viaggio alla ricerca della mia verità nascosta, seduta dopo seduta, ma al momento non è riaffiorato nulla di nuovo.
Dettagli sfocati sfumano via azzannati dalle mie paure.
Forse non recupererò mai i miei ricordi e non potrò mettermi il cuore in pace.

A metà processo e senza motivo apparente, il mio avvocato ha rinunciato al mandato.
Non che fosse mai stato felice di rappresentarmi, ma alla mia semplice e lecita domanda: 《Perché?》non ha saputo rispondere.

E se non avesse voluto?

Quando ha scoperto che il mio cellulare funziona male da mesi ormai, ed è diventato lento, motivo per cui per Natale ne vorrei uno nuovo come regalo, ha reagito come un complottista spaventato.

O almeno io ho interpretato così il suo comportamento bizzarro.

《Controllano anche te.》

《Cosa? Chi?》
Ho farfugliato confuso.

Onestamente non so chi possa controllarlo e nemmeno il motivo, visto che non ha voluto dirmelo.
IO?
Mi sento costantemente spiato, come se gli occhi fossero puntati su di me da tutte le direzioni. A volte, mi sembra di scorgere ombre dietro di me, ma non sono abbastanza lucido per affermare se sia reale o mera paranoia.

È una situazione che persiste da mesi ormai, eppure non ne ho mai parlato con nessuno per paura di sembrare un pazzo in pieno delirio.

E se avesse ragione?

Il mio avvocato ha raccolto velocemente le sue carte, le ha infilate disordinatamente nella ventiquattr'ore ed è scappato.

Che abbia scoperto qualcosa di spiacevole?

Temo che sia proprio questo il motivo. Altrimenti non riesco a spiegarmi la sua decisione di lasciarmi senza un motivo valido e senza darmi il giusto preavviso, proprio il giorno prima dell'udienza prevista prima della pausa natalizia.

I suoi erano occhi terrorizzati.
Di questo sono sicuro.
Riconosco quello sguardo perché è il mio.
Mi è sembrato di specchiarmici dentro e di percepire la sua stessa paura.

《Ci sono verità che non devono essere svelate. MAI. Mi dispiace che la tua vita sia un incastro difettoso e che tu non possa dimostrare la tua innocenza. Scusami, ma non posso più rappresentarti ed essere il tuo avvocato. Kai, dovresti seriamente considerare un patteggiamento. Otterrai uno sconto di pena. Sei giovane e senza precedenti penali.》

E purtroppo, legalmente, ha tutto il diritto di farlo.

Non capisco nulla di tutto questo, ma darei qualsiasi cosa pur di saperne di più.

Il tribunale ha dovuto rinviare l'udienza dopo le vacanze di Natale, per darmi il tempo di trovare un nuovo legale e permettergli di prendere familiarità con il caso.

Purtroppo, in questa situazione, è arduo trovare qualcuno disposto a rappresentare un caso così difficile.
La mia situazione potrebbe essere una mazzata per la carriera di chiunque si offra di difendermi.
Rappresentarmi significherebbe sfidare i principi etici fondamentali di un avvocato.

La legge sancisce il diritto di tutti alla difesa legale, ma gli avvocati ammettono che ci sono casi in cui molti, troppi, sembrano non meritevoli di tale tutela.
Tuttavia, c'è sempre chi è disposto a mettere da parte le proprie opinioni per rappresentare l'imputato.

In situazioni come la mia, dove le probabilità di vittoria sono praticamente nulle, l'avvocato difensore potrebbe ottenere visibilità e aprirsi la strada verso una carriera di successo. Tuttavia, c'è sempre l'incognita del verdetto. Se perdo io, anche il mio avvocato perde tutto, non solo la causa.

L'immagine è tutto in questo campo e nessuno vuole rischiare di diventare come l'avvocato di Breaking Bad, Saul Goodman.

Un avvocato del continente con permesso per esercitare alle Hawaii, disposto a rappresentarmi, costa una vera fortuna e non ce lo possiamo permettere.

Alla fine, il tribunale ci affiderà al solito avvocato d'ufficio, sfortunato quanto me, che non crede nella mia innocenza e che non può rifiutare il caso, nonostante lo desideri più di qualsiasi altra cosa al mondo.

In tutto questo, c'è un solo verdetto: verrò condannato.

Nulla di nuovo per me, insomma.
Avevo già messo in conto di finire in prigione appena mi hanno citato in giudizio.

Ma non sono pronto a morire in una prigione.
Devo assolutamente recuperare i ricordi.
In ogni caso ho valutato che la mia migliore opzione è quella di andare al banco dei testimoni a dire la mia verità.

Solo che non so quale sia.

Mi sono fatto prestare veramente tanti libri di giurisprudenza da Sofia in questo periodo e ho capito che, per uscire da questo impiccio da solo, devo conquistare la giuria instillando il seme dell'incertezza durante la mia deposizione. Non devo inventare, questo no, ma devo usare la tecnica "tirare l'acqua al proprio mulino" difendendo i miei interessi e la mia posizione. Si è trattato di un terribile incidente e IO sono sopravvissuto per pura fortuna. Ma come possono crederci i giurati se io stesso non ci credo?

Adesso, a maggior ragione, ho dei seri dubbi a riguardo!

《Ma quel ciarlatano non si rende conto che Kai rischia l'ergastolo?》sbraita Logan contro mia sorella e mio fratello.

《È quello di cui ho discusso con lui, ma non mi ha dato spiegazioni valide e non l'ho convinto a tornare sui suoi passi. Ho chiesto in tribunale una proroga e anche di avere delle motivazioni esaudienti. Pare che abbia lasciato le Hawaii per problemi familiari, ma la cosa puzza e non mi convince.》

《E ora che si fa? È tardi per patteggiare?》

《Patteggiare? Ma ti sei bevuto il cervello? Ti sei dichiarato innocente e ritrattare adesso sarebbe un'ammissione di colpa.》

Mio fratello urla alterato.

《È stato il suo ultimo consiglio legale.》

《Un consiglio di merda! Non sono il tuo avvocato, ma conosco la legge e patteggiare adesso sarebbe la tua rovina. Pensi che dopo mesi di udienze e aver sprecato i soldi dei contribuenti si accontentino di qualche anno di reclusione? NO. L'accusa ti vuole rovinare dandoti una pena esemplare.》

《A questo punto non ha importanza. Lui aveva paura, per questo è scappato dalle Hawaii e io sono stanco, Nohea. In più, alla luce dei fatti, non voglio che vi succeda qualcosa di spiacevole. Io... me la caverò.》

《Stanco di combattere per la tua libertà? Io giuro che non ti riconosco più. Sei un disfattista. In riformatorio o in un carcere minorile, non resisteresti due settimane, fratellino. Mi hai giurato guardandomi negli occhi che sei innocente e ora lo dimostreremo.》

《E come se nessuno mi rappresenta? In più io non lo so se sono innocente. Non me lo ricordo!》

《Sofia si è offerta di essere il tuo avvocato difensore e non dubitare mai di te. Sono sicuro che non c'entri niente con la morte di Arata. Non avresti mai potuto fare del male alla persona a cui volevi più bene. Di questo sono sicuro, Kai. Dovresti esserne sicuro anche tu.》

《È una mossa kamikaze per la sua carriera. Non voglio.》

《Non hai voce in capitolo, ragazzino. Non distingui nemmeno più la realtà dalla finzione e farnetichi stronzate contro il tuo stesso interesse. Sofia è il tuo avvocato e per fortuna conosce perfettamente la situazione. Con lei hai una possibilità. Presto anche questo incubo finirà.》

Non finirà mai perché la mia vita stessa è un incubo.
Quando sembra finirne uno, ne arriva subito un altro. O anche più di uno contemporaneamente.
Sono letteralmente sommerso da incubi a occhi aperti e da realtà dolorose.

Il mio telefono?
Alla fine, l'avvocato aveva ragione.

Alex dice che qualcuno ci ha installato un malware PhoneSpy che mi controlla. Ha anche trovato un altro malware sofisticato e difficilissimo da decriptare, degno di quello della CIA.

Chi e perché mi spia?

Forse non lo saprò mai.

Ora non so come comportarmi.

Lei ha stravolto la mia vita.

Il mio monologo interiore, lo porto con me come un monito.

Ti stai innamorando.

IO non mi innamoro

Tutti si innamorano, prima o poi.

Ripeto: IO NON MI INNAMORO!

Forse hai ragione.

Solo forse?

Non ti innamori, perché sei già cotto!

Dover fare i conti con il proprio io più profondo, quello che conosce meglio di te tutti i tuoi sentimenti, è devastante, perché per quanto tu provi a seppellire e a schiacciare la sua voce, torna più forte di prima per spiattellarti che aveva ragione.

Sono innamorato. Non riesco più a nasconderlo.

Vorrei dire: "Te l'avevo detto!" ma non servirebbe a niente.

Non so nemmeno perché abbiamo cominciato a litigare come al solito.

Probabilmente per le reazioni di chimica.

So solo che Leighton mi dà sempre del filo da torcere e che più fa la stronza stizzita, più io mi innamoro di lei.

E dicembre, come ho già detto, è l'inizio della fine. La mia.

Mi comporto da stronzo.
Ne sono consapevole, ma attaccare è l'unico modo che conosco per proteggermi da lei e per farle provare il mio stesso dolore.

Leighton, non immagina di avere, su di me, un potere devastante in grado di far esplodere un sistema solare, i miei nervi, la mia autostima, il mio cuore e perfino la mia capacità di pensare liberamente e lucidamente.

Il caos che affolla normalmente la mia testa, non è paragonabile al subbuglio che si scatena nel mio stomaco, alle percosse inflitte dal mio cuore al mio povero torace e al profluvio di emozioni e pensieri sconvenienti che affollano la mente privi di logica, ragione e inibizione, quando lei entra nel mio campo visivo o il suo effluvio si diffonde come il gas nervino nell'ambiente.

I suoi occhi mi fanno planare in orizzonti celesti sconfinati, sparire inghiottito dai tramonti scarlatti sulle sue gote e risorgere come il sole del mattino, tra le onde sinuose delle sua labbra innocenti.

E Dio solo sa, quanto vorrei baciarla e farla mia, se non fosse per la leucemia.

Occhi che mi freddano ignari del loro potere letale e che dovrebbero essere ritenuti illegali.
Occhi che devo scacciare, comportandomi male.
Sopravvivere alla vita era già abbastanza dura, senza avere lei costantemente dentro.

Scorri dentro le mie vene, ti moltiplichi come un tumore, affolli la mia mente e i miei sogni, e non contenta, ti sei fottuta anche il mio cuore che ora batte per mantenermi in vita, nonostante io voglia MORIRE, ridotto a struggermi d'amore, come scrive Shakespeare, nei suoi drammi.
La sento nella profondità del mio essere e non mi era mai successo con nessuna.

Leighton mi piace.
Così tanto che mi ha incasinato la vita.

Lei ha i colori della rinascita.

Nel suo sguardo risplendono albe dorate, dove il crepuscolo si dissolve e il nuovo giorno rinasce con la promessa di infinite possibilità.

Con lei, potrei curare il mio cuore, ma non posso amarla, se significa ricoprire il suo di melma e costernazione.
La morte le toglierà tutto: me, il sorriso, la felicità e l'anima.

Non posso permetterlo.

Ha lottato duramente per trovare questo equilibrio e io non voglio essere la causa di ogni suo male.

La allontano con lo stesso impeto con cui la vorrei amare: con tutto me stesso.

《Sei un controsenso Lokelani e io non tollero più i tuoi comportamenti da pazzo.》

Mi punta il dito contro con un fuoco che mi abbaglia, mentre cammina come una furia. Il suo comportamento mi spiazza facendomi indietreggiare. Oggi sembra essere stata morsa da una tarantola. Le guance sono rosse e gli occhi hanno una luce che non le avevo mai visto.

《Prima mi parli. Poi mi sbraiti contro. Poi mi eviti e mi ignori. Poi mi cerchi di nuovo e l'attimo dopo, ti sei di nuovo dimenticato di me. Giuro che non capisco cosa vuoi da me.》

《Non voglio niente da te ula'ula e non ti cerco affatto.》

La mia voce si fa bassa e arrochita mentre un bisogno quasi primordiale mi investe come una pestilenza.
Lei non sembra sorpresa dalle mie osservazioni ma ancora più inferocita.

Anche furiosa, è bella da mandarmi al manicomio!

Sfiora col dito il mio petto, che combatte la sua guerra per non esplodere, e mi mette all'angolo. Sono letteralmente spalle al muro e vorrei solo abbassarmi al suo livello per baciarla e mettere a tacere tutte le stronzate che le affollano la mente.

Perché l'unica cosa che ardentemente desidero è proprio a un soffio dalle mie labbra.

《Allora come mi spieghi il fatto che i tuoi occhi mi cercano e mi trovano sempre?》

In verità è piuttosto semplice e banale: si sono presi una cotta epocale per te.

《Anche se fosse, guardare qualcuno non è ancora un reato e questo non significa che voglia dialogare con te. Né civilmente, né litigando come ora.》

《Non hai bisogno di parlare quando lo fanno i tuoi occhi per te. Mi urli di starti lontano, ma i tuoi occhi mi accarezzano chiedendomi di rimanere. E io sono una cretina, perché eccomi qui. Rimango sempre.》

《Ma quanto parli ula'ula?》 soffio alle sue labbra, spostandole una ciocca di capelli e lei arrossisce violentemente.

《Adesso fai il magnifico con un semplice gesto, ma ti prendi solo gioco di me. Ti detesto.》

《Sappiamo entrambi che non è vero. Se fosse così, non saresti qui, a un soffio dal mio respiro, a urlarmi contro tutto il tuo disprezzo, ma semplicemente, ti faresti gli affari tuoi, maledicendomi da lontano come fanno tutti gli altri. Lascia che sia io a chiederti perché mi scodinzoli sempre intorno.》
La mia voce è tagliente e provocatoria come una lama.

Nel suo sguardo invece, c'è quel barlume di incertezza che mi spinge a pentirmi delle mie parole perché percepisco limpidamente che non crede alle mie bugie.

Lei...
Lei tiene davvero a me.

È cristallino.

Ogni volta è come se vedesse attraverso ogni maschera che tento di indossare, scrutando dentro di me con una chiarezza impietosa.

La sua capacità di penetrare la mia difesa mi spaventa e allo stesso tempo mi attrae, perché adesso che mi specchio nei suoi occhi di cielo, desidero ardentemente essere sincero con lei, anche se ciò potrebbe significare mettere a nudo tutte le mie debolezze.

Vorrei finalmente dirle che lei mi accende il cuore come un faro in una tempesta, che ha rapito i miei sensi e che non faccio che pensare a lei, ma le parole si perdono nel turbine delle emozioni che mi avvolgono e mi ricordano che, per il suo bene, non posso avvicinarmi a lei.

Eppure... la distanza tra noi si accorcia mentre l'attrazione che proviamo l'uno per l'altra divampa quasi in un bacio, che io blocco sul nascere fuggendo via.

Un suo bacio soltanto e non potrei allontanarmi mai più da lei.

La mia malattia ci divide come un abisso infrangibile.
E così deve essere.
Non posso nemmeno sperare nei miei sogni di costruire con lei un legame duraturo e di amore.
Dio solo sa quanto vorrei provarci, ma...

《Kai, aspetta...》 la sua voce incerta, la sua mano che si snoda sul mio polso per bloccare la mia fuga, mi fanno tentennare.

Mi volto con l'intento di essere brutale con lei per farla allontanare per sempre, ma...

《Vuoi negare che ti batte forte il cuore ogni volta che siamo vicini? Che mi desideri? Che i tuoi occhi fanno l'amore con i miei e che non stavi per baciar...》

Tentenna. Anch'io vacillo perché ha colto nel segno. Ma lo negherò fino alla fine dei miei giorni.

Gli occhi fanno un movimento che conosco fin troppo bene, prima di chiudersi e lei semplicemente scivola svenuta, come se fosse senza vita e schiacciata dalla gravità, per trovare un saldo sostegno tra le mie braccia.

Ed è un attimo di eterno avvolto da sentimenti contrastanti, da una inquietante preoccupazione che si mischia a un bollente desiderio. Perché quel contatto inaspettato dei nostri corpi, mi fa rianimare il petto di sentimenti e desideri primordiali, ma lo fa anche precipitare nel catrame più nero e melmoso.

Lei è bella come la ninfa dormiente ritratta in Flaming June da Frederic Leighton, che potrebbe essere perfino un suo antenato. La testa piegata come un ramo spezzato sul mio braccio, le guance carminie che rendono viva e sanguigna la sua pelle solitamente di un bel colore perla, bruciano al tatto, i suoi capelli scivolano come fronde di setoso rame, le sue labbra gonfie e turgide con cui vorrei sfogarmi fino a sentire quel sentimento d'amore scoppiarmi dentro, il suo petto che si muove lento e cadenzato, il suo corpo minuto, stretto nel mio abbraccio, che non si limita solo a sostenerla ma sta memorizzando ogni sensazione come un marchio a fuoco.

Vorrei adagiarla sul mio letto, appoggiare la sua testa sul mio petto, respirare il suo effluvio e innamorarmi di ogni dettaglio mentre accarezzo i suoi lineamenti, ma mi rendo conto che ogni parola uscita dalla sua bocca impertinente e rivolta al sottoscritto, altro non era che un delirio da febbre e che, averla tra le mie braccia adesso, non ha nulla di romantico su cui fantasticare.

Dovrei esserne grato, ma è come se il mio cuore si fosse prosciugato definitivamente trasformandosi in una rosa del deserto.

Svelto, la accompagno in infermeria.

E anche se vorrei vegliare su di lei e rimanere finché non mi urlerà contro il suo disprezzo, vengo mandato via dall'infermiera che mi obbliga a continuare le lezioni.

Ma sapendo che LEI sta male, come posso anche solo pensare di potermi concentrare? Leighton si è già presa tutti i miei pensieri e non ha risparmiato nemmeno il mio povero e martoriato cuore, si è insinuata perfino nella mia anima scucita e ora mi fa ardere di paura.

Perché sarà anche solo una banale influenza, ma nella mia testa, ho già il terrore di dover dire addio all'unica che ha saputo prendersi il mio amore.

Non mi riconosco più.

Non sono il tipo di ragazzo che corre dietro alle gonne, che vuole accasarsi o perde la testa per le ragazze, eppure, la rossa ha stravolto le mie convinzioni e si è insinuata nei miei pensieri. Ho provato a scacciarla, ma la sua presenza è come quella di un inquilino abusivo: anche se lo minacci di sfratto, non se ne va.

Lei è diventata il mio pensiero fisso e un nuovo motivo per i miei tormenti.

Se già non sono attento per i fatti miei, sapere che Leighton sta male, mi fa concentrare solo su lei.
Sento il suo profumo su di me, i suoi capelli che scivolano sulle mie braccia, il suo corpo minuto che sembra fatto per combaciare col mio, i suoi occhi che mi fottono il cervello con un biglietto di solo andata verso l'indefinito e oltre.

Nell'ora di matematica, l'ultima per fortuna, mi ritrovo a risolvere l'operazione scritta sulla lavagna dal professore che non crede possibile che dandole un'occhiata di sfuggita dopo che mi ha beccato a fissare il vuoto come se fossi un catatonico, possa avere "azzeccato" la risposta: - 1/3

In effetti non ci credo nemmeno io.

Sono troppo distratto da LEI per ragionare!

Svolgo i passaggi alla lavagna ma non riesco a completare l'operazione perché, sul risultato finale, il corpo mi abbandona e semplicemente collasso a terra.

《Kai? Kai? Due compagni svenuti in un giorno. Dev'esserci un'epidemia!》

Quando mi riprendo giustifico il mio mancamento con un calo di zuccheri visto che non ho pranzato.

Il professore sembra credermi.

Alla fine delle lezioni agisco di impulso.

Ho bisogno di vederla.

Sicuramente sto facendo una cazzata a presentarmi da lei senza invito, ma non ho altra scelta, visto che non mi risponde e io, senza avere sue notizie, sto letteralmente impazzendo.

Dopo aver suonato il campanello, con la mano tremolante e immobile come uno stoccafisso, sul pianerottolo illuminato da deliziose luminarie rosse e una ghirlanda natalizia, mi pento immediatamente delle mie azioni. Vorrei scappare via, saltando a due a due i gradini, anche rischiando di rotolare malamente, pur di evaporare all'istante e di farmi passare questa ansia mista a paura che mi logora i sensi e scava nel mio stomaco vuoto, tuttavia, una bella signora dai capelli rossi e gli occhi di cobalto mi apre col sorriso.

Sembra una dea, una Marylin Monroe coi capelli che sembrano onde al tramonto, nel suo abito di seta, che volteggia leggiadro, nella corrente delle finestre. La bellezza dev'essere un segno distintivo di questa famiglia, tanto che sento le guance andare a fuoco e il cuore sobbalzare, come quando sono con lei.

Eppure, mi sono sempre piaciute le more!

Meglio se orientali!

Questa maledetta ragazza è l'eccezione del mio cuore e mi porta a fare cose inaspettate, come presentarmi a casa sua, solo per sapere se è ancora viva.

Mi sono ripromesso che non l'avrei fatto per nessuna ragazza al mondo, eppure, eccomi qui. Per lei, potrei buttarmi dalle Manoa Falls e nonostante i 45 metri di altezza, non avrei altrettanta paura, come quando devo sostenere il suo sguardo.

I suoi occhi sono meravigliosi atolli in cui smarrirsi per sempre. Il cuore sobbalza nel petto, come ogni volta che la sua immagine, da Gioconda, si palesa nella mia testa e mi fissa da tutte le angolazioni.

《Posso aiutarti?》 La voce della madre mi ridesta dai miei sogni a occhi aperti.

《Buongiorno signora.》

Farfuglio, fissando i miei piedi e lo zerbino blu, piuttosto che la versione adulta del mio sogno erotico.

《Mi scusi per il disturbo e l'intrusione. Sono un compagno di Nerea, mi chiamo Kai Lokelani. Visto che sua figlia non ha risposto ai miei messaggi, ho deciso di passare di persona per sapere come sta. Dopo che mi è svenuta praticamente tra le braccia durante la lezione di chimica, mi sono preoccupato tantissimo e...》

Come un automa, le porgo un mazzo di Plumeria bianco.

《Sono per me o per mia figlia?》

Annuisco senza sapere esattamente per cosa stia annuendo. Mi maledico mentalmente di aver comprato dei fiori, del gelato e di aver camminato fino a qui invece di andare subito a fare surf. Ma come mi vengono certe stupide idee? 《Per lei, signora. A Nerea ho preso del gelato per il mal di gola.》 Il sorriso si irradia sul viso della signora Leighton come una tempesta solare, e i suoi occhioni blu si riempiono di contagiosa allegria. Io invece vorrei seppellirmi tanto mi sento in imbarazzo.

《Ma che caro! Sei proprio un giovanotto educato e gentile. Ti prego, non stare sulla porta. Forza, entra! Io non mordo e mio marito non c'è.》 Scoppia a ridere di gusto facendomi l'occhiolino. Praticamente mi trascina in casa. L'appartamento profuma di gelsomino e di LEI. Sospiro. Il motivo per cui sento il cuore tuonare nel petto non lo comprendo.

O forse lo sai fin troppo bene il motivo.

Osservo furtivamente la casa.

È bellissima e in una posizione privilegiata. Dalle finestre entra tantissima luce, e il suono del mare sembra la melodia più bella mai composta da Dio in persona.
Nel salotto vi è un abete sintetico bianco tutto decorato con palline nei toni dell'oro e dell'arancione e illuminato da luci rosse. Sembra un albero al tramonto. Bello come i suoi capelli illuminati dal sole morente.
Oddio!
Sono patetico!
Il cuore mi schizza in gola tanto batte all'impazzata.

Ovunque ci sono ninnoli come piccole piramidi, divinità antiche, cocci e pergamene inquadrate e poi lei, in posa in diverse fotografie, in giro per i siti archeologici e ben incorniciate.

Cazzo, se è bella!

Era bella da bambina e ora è diventata il mio sogno proibito.

Mi sudano le mani e penso di avere la bava alla bocca. L'astinenza sessuale mi sta facendo impazzire. Non ci sono altre spiegazioni.

《Nerea ha avuto la febbre molto alta per tutto il giorno e ha perlopiù dormito. Penso che sia per questo motivo che non ti ha risposto. Ora però sta meglio anche se la febbre non è ancora passata.》

《Fantastico! Ne sono sollevato. A questo punto, tolgo il disturbo.》

《Non essere sciocco! Ormai sei qui. Sono sicura che a Nerea farà piacere la tua visita e un po' di compagnia. Poi hai portato il gelato da merenda, quindi...》

Avvampo e non faccio in tempo a dileguarmi che la signora Leighton sparisce nel corridoio lasciandomi davanti al piano della cucina.
La sento bussare a una porta, che credo sia la camera di Nerea.
Probabilmente vorrebbe parlare sottovoce, ma non si impegna abbastanza vista la voce squillante e solare, tanto che non posso non udire il loro discorso.

《Tesoro! Hai visite!》

《Chi? Le ragazze?》 Domanda titubante ula'ula. La sua fottuta voce è sexy anche rauca e debole dalla febbre.

《No. Un ragazzo!》

《Che ragazzo?》 Quasi si strozza.

《Un tuo compagno.》

《Sì, ma chi?》

Mi sento offeso! Insomma, l'ho soccorsa io, perciò dovrebbe pensare subito a me. Forse non è così perché si aspetta qualcun altro, tipo quell'insulso scarafaggio dal sangue blu e più infestante dell'edera velenosa: Sir Damerino.

La cosa mi fa veramente salire la bile fino alla gola.

G E L O S O N E!

Inoltre ti ricordo che l'hai soccorsa solo perché l'hai fatta arrabbiare TU e cosa più grave, te ne sei andato mentre stavate per baciarvi!

Appunto: stavamo per baciarci ma sai che è un imperdonabile errore.

《Un ragazzo affascinante e a modo. Devo dire che hai davvero buon gusto.》

《Ma cosa farnetichi? Pensavo di essere io quella con la febbre. Si può sapere chi c'è?》

《Oh... giusto... Ha anche un nome bellissimo e sinuoso... Fammi pensare... Ce l'ho sulla punta della lingua... Kai, credo.》

《Co-co- cosa? KAI? No... Ma... sono impresentabile! Non farlo entrare!》

Balbetta, facendomi sorridere. La sua insicurezza patologica non le fa capire che lei sarebbe una bomba sexy perfino con un Burka.

La ricerca della perfezione è un concetto che non capisco perché in natura, tutto è armonioso da essere unico, splendido e assoluto.
Non esiste il modello di bellezza perché ognuno è bello a sé. Pertanto siamo tutti unici e imperfettamente inimitabili e bellissimi.
Non ho mai temuto il mio aspetto. Posso piacere o fare schifo. Non ha importanza perché quello che mi rende stupendo è il fatto che i miei tratti sono la combinazione dei geni dei miei genitori e che in me, posso rivedere loro.

Sai chi ragiona così? Uno che come te, è bellissimo e che di imperfetto, non ha nemmeno il nome.

Ma io, questa perfezione in me, non la vedo.

Posso avere dei lineamenti attraenti, ma non sono assolutamente perfetto.
Anzi. In me si nasconde una brutta e letale malattia.
Sfido chiunque a trovare qualcuno più imperfetto di me e perfetto di Nerea.

La signora Leighton la ignora completamente e mi raggiunge con un sorriso ammaliante.

《Seguimi. Nerea ti sta aspettando.》

Mi scappa da ridere perché so perfettamente che non è vero, tuttavia la seguo comunque. Lei forse non vuole vedermi, ma io ho un bisogno impellente di farlo. Raggiunta la porta mi fa cenno di entrare.

《Accomodati pure. Io vado a prendere il gelato.》

Sento Nerea sbuffare e il mio cuore rallentare.
Il suo rifiuto mi ammazza, ma a questo punto non posso nemmeno fuggire.
Con la mano insicura e tremolante, busso alla sua porta bianca.

《Permesso》 sussurro teso.

Non sono mai entrato nella camera di una ragazza che non fosse quella di mia sorella e Leighton, tutto è, tranne una ragazza qualunque.

Il suo covo è ordinato, minimalista e pieno di fotografie in giro per il mondo e delle Hawaii. Appoggiate alla testiera del letto, una fila di stelle luminose illumina la stanza, rimbalzando come arcobaleni attraverso i soprammobili a farfalle, fiocchi di neve, fatine e unicorni in cristallo, formando sul soffitto un delizioso cielo stellato e sulle pareti un caleidoscopio colorato. Non è eccessivo né pieno di ninnoli e cianfrusaglie rosa da principessa; per me, che amo la semplicità, ha un non so che di caratteristico e speciale come lei. L'occhio mi cade su un portafoto, dove scorgo, stropicciato, un mio pensiero. Incuriosito, alzo un sopracciglio e mi domando perché conservarlo, considerando il suo odio per il sottoscritto. Risale ai primi tempi della scuola ed era un compito che ci aveva assegnato il Prof. Johnson, che pretendeva che gli dicessimo chi siamo e dove ci vediamo nel futuro.

Se ci penso, mi viene ancora l'orchite!

Da sotto la parure blu notte con le stelle, mi guarda con occhi increduli di Galassie lontane.

《Tu qui?》

Sussurra incerta, come se fossi un'illusione della febbre.
Le guance, già rosse, esplodono di porpora. Il mio sguardo si inabissa nei suoi occhi lucidi di febbre.

Merda!

È bellissima anche con la pelle più pallida di una latrina, il rossore da febbre sulle guance, il naso screpolato e irritato da renna di Babbo Natale, le labbra secche, che vorrei far reidratare a suon di baci e il pigiamone antistupro con le stelle che trovo assolutamente erotico.

Vorrei sbottonarlo e scoprire che costellazioni si nascondono sotto quella volta celeste.

Se l'Olimpo cercasse la sua Dea più bella, non sarebbe Afrodite, ma Nerea.

《Non ho avuto scelta, Leighton. Dopo che sei svenuta non mi hai risposto e ho pensato che fossi morta.》

《Eri preoccupato per me, Lokelani?》

《Preoccupato! Che parolona! Leggermente in pensiero, per la mia compagna di laboratorio, semmai.》

Mento spudoratamente.

Senza sue notizie, stavo letteralmente per strapparmi l'epidermide, tipo Terminator. Ho perfino provato a origliare i discorsi delle sue amiche, ma anche loro non avevano novità, perciò eccomi qui.

《Allora, come vedi, sono viva》 gesticola teatralmente, fino a quasi svenire.

《Già. Per fortuna! Non avrei sopportato di fare tutti gli esperimenti di laboratorio, da solo, però, devi rimetterti o sarò costretto a sorreggerti finché non sarai guarita.》

Scoppia a ridere.

《Come se ti servissi. Sai che sono una frana in laboratorio!》

《Senza di te, chi farà esplodere la scuola?》

E il mio cuore?

《Tua mamma... Wow... è...》

Assottiglia lo sguardo e mi guarda con un cipiglio inquisitorio e arrabbiato. È adorabile.

《Appunto! È mia mamma ed è una donna sposata! Richiudi la mascella da lumacone!》

Dio... davvero è gelosa di sua mamma? La afferro senza averne il controllo trascinandola nella mia direzione e lei sbatte contro il mio petto. Il suo profumo di gelsomino e Vicks, mi fotte tutti i neuroni. Le sollevo il mento e lei arrossisce violentemente e non per la febbre.

Siamo occhi negli occhi, la mia posizione preferita con lei, e adesso mi sembra di tornare a respirare.

《Volevo dire esplosiva. Perché francamente è simpaticissima. Sei gelosa di lei, ula'ula?》

《Che sciocchezze!》

《Perché sai perfettamente che sono qui solo per te.》

《Per me, Lokelani, o perché volevi un abbraccio?》

Il suo è un sussurro che mi fa trasalire. Mi rendo conto che la sto ancora stringendo. I nostri visi sono troppo vicini, i nostri respiri si mischiano e il mio corpo brama il suo. Nonostante desideri questo contatto, come se fosse una patata bollente, imbarazzato, la lascio cadere sul letto. Precipita rovinosamente ma, per fortuna, cade sul morbido.

《Eih!》 si lamenta come una bambinetta capricciosa.
《Bel modo di dimostrarmi che sei qui per me! Mi hai scaricata come un sacco dell'immondizia.》

Vorrebbe forse schiaffeggiarmi, ma prendendomi per la maglietta, mi fa scivolare su di lei.
Il suo corpo.
Le sue forme.
Il suo profumo.

Sono solo un maschio, come faccio a mantenere il controllo?
Il mio desiderio di lei è scandaloso ormai.
Pensieri che non dovrei avere mi pervadono. Lei abbatte ogni barriera e mi fa perdere il controllo, così tanto che, su questo letto, vorrei fare altro oltre ad abbracciarci e a parlare.

Mi guarda con iridi tremolanti e piene di aspettative.

《Ho avuto paura》 mi lascio scappare, in un sussurro quasi sulla bocca, questa stupida verità.
Le scosto i capelli e le fisso le labbra, con un desiderio di baciarla, che mi brucia dentro e che non ho mai provato. I suoi occhi confusi scavano nella mia anima.

《Paura di cosa?》chiede titubante nemmeno immaginando il suo incantesimo.

《Di perderti.》

I suoi occhi si sgranano alla sorpresa e il suo respiro diventa frenetico per poi assopirsi su quelle labbra appetitose e dischiuse.

E se provassi a far combaciare le nostre bocche?

"Fare o non fare, non esiste provare!"

Questo diceva il maestro Yoda al suo giovane Padawan Luke Skywalker in Star Wars nel film "L'impero Colpisce Ancora." Pertanto, la bacio, complicando tutto o non la bacio, pentendomene per sempre?

Fanculo!

La bacio.

Il desiderio è più forte della mente.

Appoggio la mano sulla sua guancia ustionante e mi avvicino. Lei sembra non respirare nemmeno. In effetti sto trattenendo il fiato anche io. Mi sento in apnea.

《Ehilà amica!》

Per fortuna, Cassia, Amberly e Keira fanno la loro comparsa senza nemmeno bussare e mi impediscono di commettere un fatale errore.

Un solo bacio e avrebbe rovinato tutto.

DICI SUL SERIO?

Avrebbe rovinato me e il mio cuore.

Se lo dici tu!

Lo so. Ne sono fin troppo consapevole, ma come si fa a resistere a quell'unico desiderio che brucia nel mio petto forse dal primo giorno che l'ho incontrata?

All'unisono ci allontaniamo, creando una distanza siderale tra noi due. Non so come, ma mi trovo improvvisamente in piedi e accanto alla finestra. Questa volta, penso di essere arrossito anche io per l'imbarazzo.

《Abbiamo interrotto qualcosa?》

Cassia, mi fulmina con i suoi occhi azzurri da stronza. Non so perché, ma non le sono mai andato a genio.

《No, no. Stavo proprio per andare via》farfuglio, dirigendomi verso la porta.
《Guarisci presto. Ciao, ciao.》

Faccio un gesto impacciato per salutare le ragazze e chiudo la porta mentre un coro di risate alle mie spalle mi fa sentire il povero patetico idiota che sono.

《Arrivederci Signora Leighton.》

La mamma di ula'ula mi guarda accigliata, con un vassoio pieno di coppe di gelato che sembrano un Mickey Mouse con due nocciole a forma di occhi e le cialde a forma di orecchie.

《Chiamami Isabella, 'Signora' mi fa sembrare così vecchia. Oh, ma stai già andando via? E il gelato?》

《Sono desolato ma ho gli allenamenti di surf. Ho cercato di dirglielo prima, ma... Insomma... Buona giornata, signora. Cioè Isabella.》

《A presto caro.》

A presto sembrerebbe che sono destinato a rivederla.
Ma questo è solo un sogno inafferrabile.
Non posso rivedere sua figlia mai più.

Ma se andate a scuola insieme.

Non intendevo...
Beh, lo sai.

In verità no. Non puoi concederti la felicità?

Tengo Leighton a debita distanza non perché ho paura dei miei sentimenti per lei e di come mi fa sentire; non sono quel tipo di ragazzo che ripudia l'amore perché pensa sia una debolezza e di conseguenza si comporta da stronzo sabotando la sua stessa felicità e facendosi odiare per i motivi sbagliati, ma semplicemente perché non posso permettere a nessuno dei due di farci consumare fino a distruggerci.

Non posso nascondere a lungo la mia malattia se sono coinvolto in una relazione perché non saprei come giustificare il mio tracollo fisico, gli svenimenti, la nausea e il dolore.

Allo stesso tempo però vorrei vivermi il primo amore senza catene.

Non morire senza aver provato la meraviglia dell'amore.

Con la spensieratezza e la leggerezza nel cuore come chiunque.
Con la consapevolezza che lei ama me e non mi sta accanto per la mia malattia ma perché lo desidera con tutto il cuore.
Ma la mamma aveva ragione: le mie catene, non sono altro che un cappio per entrambi.
Non voglio un amore obbligato e nemmeno essere abbandonato per paura. Il suo rifiuto mi farebbe morire prima del tempo.
Nei suoi occhi puri ci danzo come nell'oceano. Sono la settima meraviglia del pianeta. Così belli da farmi detonare il cuore, da imbrigliare le mie viscere, da stordire i miei sensi, da ancorarsi nella mia mente e torturarmi anche quando sono sveglio.
Nemmeno immagina il caos sensoriale che un semplice sguardo e che il suo sorriso sincero mi scatenano dentro.
Potrei davvero abituarmi a lei.
Alla sua presenza.
Alle sue attenzioni.
Ai nostri battibecchi.
A ogni sfumatura del suo carattere peperino e romantico.
Nerea è come se fosse il tassello che completa il puzzle complicato della mia vita.
Quello che mi dà una sferzata di buon umore e che mi fa apprezzare la vita nonostante tutto.

Leighton è l'unica cosa che conta, l'unica emozione bella che vorrei custodire tutta per me.
Ma non posso, anche se lo vorrei con tutto me stesso.

Sono consapevole di non meritare la felicità e una ragazza speciale come ula'ula.

Forse, potresti lasciare che accada per un po'. Giusto il tempo di perdere definitivamente la testa e sperimentare il coinvolgimento sentimentale, prima della nostra dipartita.

I sogni sono pericolosi.

Almeno ci restano quelli. Non smettere di sognare, Kai.

Ti sbagli. Non puoi smettere di sognare, se non l'hai mai fatto.

Le fantasie sono pericolosi appetiti, voglie e desideri che funzionano solo se condivisi.

E certe smanie non puoi soddisfarle con chiunque e nel mio caso, nemmeno sfiorarle col pensiero.

Leighton è un'area vietata!

Dobbiamo solo aspettare di liberarci di questo sentimento.

Perché prima o poi, tutto finisce.

L'amore o io.

Il silenzio, può essere molto pericoloso, perché ti lascia in balia dei pensieri più oscuri e terrificanti, nutre le nostre fobie, tira fuori i nostri incubi e le nostre paure più recondite e ci obbliga a farci i conti e a guardare la nostra realtà, con occhi diversi.

Ma, ci sono circostanze, in cui, non puoi fare niente, a parte subire in silenzio.

La mia vita, non è mai stata perfetta, ma almeno per un po' ho conosciuto la felicità, ma adesso, è come bloccata in un girone infernale in cui, oltre ai problemi di bullismo e al processo, si è aggiunta la ricomparsa della mia oscura passeggera.

Come ho metabolizzato la notizia?

Indubbiamente male!

Sono ripiombato in quello stato mentale in cui, ogni esperienza, non ha più senso di essere vissuta e di raggiungere un qualsiasi futuro, che sia più lungo di domani, ho perso le speranze, perché un seguito della mia storia, risulta totalmente intangibile e impossibile.

Nessuno, al posto mio, ne sarebbe felice, nemmeno il più devoto dei credenti, che giustificherebbe la sentenza di morte, nel piano divino; ecco perché, ho deciso di porre fine alle mie sofferenze, una volta per tutte, prima di affrontare il dolore debilitante, della leucemia e di perdere la competizione più importante della mia esistenza.

In fondo, ho molti più motivi per desiderare la dipartita, alla vita, anche se, decidere di suicidarsi, non è una scelta facile come stabilire cosa mangiare da colazione.

Non ho mai preso scorciatoie, perché, per quanto allettanti, rispetto al cammino più lungo, presentano molte più insidie e trabocchetti, ma quel peso sordo, che mi porto appresso, che ringhia come un lupo arrabbiato, non lo tollero più.

Noele, prima o poi, capirà il mio gesto e forse, sarà in grado di perdonarmi, perché, posso tranquillamente distruggere la mia vita, ma sapere di aver annientato la sua, mi provoca un fastidioso rammarico e senso di colpa.

Pertanto, cosa devo fare?

In ogni caso, lei, mi perderà, ma se lascio che sia la malattia, a uccidermi, facendo il suo straziante decorso, mia sorella, avrà il tempo per dirmi addio e mettersi il cuore in pace.

Ma io, non posso farcela.

Non posso sopportare i cicli di chemio, i cocktail di farmaci, gli svenimenti, le infezioni e tutti gli effetti collaterali, che queste terapie invasive e ritarda morte comportano, ancora una volta.

Non voglio mai più, provare quel dolore, specchiarmi e vedere un mostro senza capelli, con gli occhi scavati e rossi da demone, la pelle talmente pallida, da sembrare già trapassato.

Non voglio, a diciassette anni, sputare sangue e farmela sotto, perché non sono in grado di andare in bagno da solo.
Non è solo umiliante e sbagliato, ma straziante.

Probabilmente, è meglio morire da solo e per mano propria, che condannare Noele ad assistere alla mia agonia.

Io ho ancora gli incubi, sulla morte di mamma.

Non sono stati solo questi pensieri a farmi prendere quella che penso sia una decisione ponderata.

No.

È stata un insieme di fattori.

Il dolore lancinante provocato dall'ennesimo pestaggio dei bulli, che mi ha squarciato il fianco destro, mi ha fatto improvvisamente risvegliare dal torpore e mi ha fatto comprendere che non è la sofferenza fisica a ferirmi davvero, ma le parole cariche di odio.

Le parole, quel flusso di lettere che danza con i miei incubi notturni, bisbigliando incessantemente che sono un mostro, che sono malato, e che devo abbandonare l'unica cosa che amo e che mi fa sentire vivo e normale: il surf.

Per quanto cerchi di ignorarle, queste parole mi ossessionano all'infinito.

Silenziare le voci nella mia testa sta diventando sempre più difficile e doloroso.

Mamma.

Arata.

L'oncologa.

I miei pensieri.

La mia coscienza.

I miei sentimenti.

Tutti gridano incessantemente.

Le voci si sovrappongono.

Urlano.

Martellano e sentenziano senza tregua, ancora e ancora.

Sono un disastro.

E in questo stato disastroso, come posso sperare di continuare a vivere?

Sono giunto a pesare i pro (il surf, le Olimpiadi, Nerea) e i contro, ma alla fine, la malattia ha deciso per me.

La porta si spalanca e io mi nascondo sotto alle lenzuola con la faccia colpevole, gli occhi lucidi e il terrore che si fa strada in ogni terminazione nervosa.

Perché, se avesse visto quello che stavo DAVVERO facendo, non saprei proprio come giustificarmi.

《ODDIO! Scusa... Io non immaginavo che... ecco... TU... Santo cielo, che cosa imbarazzante. Avrei dovuto bussare.》

Tiro un respiro di sollievo anche se la situazione è veramente spiacevole.

Insomma quando sorprendi tuo fratello in mutande che traffica vicino all'inguine, con gli occhi lucidi, anche se non di piacere, coperto appena appena dal lenzuolo, a cos'altro puoi pensare?

Meglio se crede di avermi beccato a masturbarmi, piuttosto che...

Però ora sembrerò un pervertito dell'autoerotismo, tuttavia preferisco farle credere in questa bugia piuttosto che affrontare la spiacevole verità che porterebbe allo scoperto il ritorno della malattia, i soprusi e i pensieri autolesionisti sempre più radicati dentro di me.

Altezzoso le rivolgo un'occhiataccia.
《In questa casa non c'è privacy》sentenzio calcando con la voce, il mio fastidio.

Spero non si accorga che è tutta una messinscena, perché io mi sento tremare fino al midollo malato. E non sono scosse di piacere, imbarazzo o fastidio, ma terrore liquido.

I proiettili, scivolano dalla mia mano e finiscono sulla pelle procurandomi brividi sempre più intensi.
La pistola, nascosta sotto la coscia, preme sulla mia pelle, facendomi male.
Spero non mi rimanga un livido con la sua forma.

E solo adesso, guardando mia sorella inorridita, mi rendo conto di quello che stavo facendo.

《Kai, sono mortificata.》

《Quindi cosa vuoi?》

《Ah! Giusto! Ha chiamato il Coach. Deve parlarti con urgenza.》

Che palle!
Adesso cosa vuole da me?

《Perché non ha chiamato direttamente me?》sbuffo.

《Perché non gli hai risposto. A quanto pare eri impegnato a fare altro!》

In effetti...
Ma non quello che pensi!
Le mie intenzioni erano molto molto peggio!

Mia sorella avvampa imbarazzata e si tappa la bocca con la mano, come se avesse detto qualcosa di tremendamente sbagliato..

Da che mondo è mondo, gli uomini si procurano piacere. Non vedo cosa ci sia di così vergognoso e sbagliato.
Ora lo fanno senza inibizioni anche le ragazze.
È del tutto naturale.

《Sì ok. Poi lo richiamo.》

《Ha detto che è urgente.》

Noele mi guarda con ovvietà rimarcando sulle sue parole.

Alzo gli occhi al cielo.

Non posso sicuramente alzarmi davanti a lei, con l'arma che ho sottratto a Nohea, nascosta sotto il mio corpo.

《Se esci, mi ricompongo e mi lavo le mani così da richiamarlo》dico ovvio.

《Oh! Sì sì. Certo. Poi ti cambio le lenzuola e ripasseremo insieme anche le regole della casa.》

Sogghigna prima di uscire.
Cazzo no!
Ore e ore a sentire un elenco infinito di divieti, me lo risparmierei volentieri.

Già mi immagino la scena.

Mia sorella serissima a farmi i suoi spiegoni sul rispetto e il quieto vivere familiare e Logan a ridere di noi, anzi di me, per tutto il tempo.

Nei suo infiniti bla bla bla uscirà l'ennesima regola ad aggiungersi a quella di non portare a casa le ragazze equivalente a non fornicare.

Non masturbarsi quando il resto della famiglia è a casa oppure con la restrizione di farlo chiuso in bagno per avere una maggiore privacy.

La colpa è solo la mia che non ho chiuso a chiave, ma trovare la forza per raggiungere la camera di mamma, è già stata una missione impegnativa, come correre una maratona nella neve fresca canadese.

L'ennesima umiliazione che devo subire.

Ma intanto cosa importa?

Il mio tempo qui, sta per scadere.

Dopo lo scherzo del Tampax, voglio solo accelerare i tempi perché ho raggiunto il limite di sopportazione. Vivere sta diventando problematico e mi fa sempre più schifo.
Quando avrò trovato il modo giusto per lasciare questo regno, sarò finalmente libero e a lei sarà tutto più chiaro, anche se mi odierà.

Mi infilo la tuta ed esco in corridoio per prendere il cellulare nella tasca della felpa.

Il parlottio dei miei tutori mi fa trasalire perché, dopo quello che è successo, è inevitabile che il nocciolo della questione sia io. Mi trattengo immobile, come se fossi uno stendibiancheria, e spio la scena.

《Non è tutta questa tragedia, amore. Guarda il lato positivo: almeno non gli hai visto il pitone.》

《Santo Cielo! Mio fratello è pure super dotato?》 arrossisce ancora di più, visibilmente sempre più imbarazzata.

Ma che discorso del cazzo.

Proprio del tuo parlano.

Spiritosa!

《Non lo nego e non lo confermo》sogghigna mio cognato.

Comunque credo di averlo normale.

Uhm...

Mia sorella rimane con una faccia sconvolta che mi turba.

Sono davvero senza parole!

Logan adora punzecchiare la sua fidanzata. Lo sai.

Ma perché devo finirci di mezzo io?

Sei tu che facevi cose.

Seh! È quello che erroneamente pensano.

《Non ce la posso fare. Davvero! Ci sono confini che non dovrebbero mai essere varcati.》

Esatto!

《Stavo scherzando, Noele. Dai.》

《Ma si stava trastullando.》

《E allora? Lo abbiamo fatto tutti. È naturale e tu dovevi bussare.》

《Adesso è colpa mia che non ho bussato e non di Kai che si masturbava con noi nell'altra stanza?》

《Questa è anche casa sua e per certe pulsioni, non è che devi pensarci troppo. Le soddisfi e basta! Noi ci siamo mai fermati dal fare l'amore anche se Kai dormiva nella stanza accanto?》

《Non è la stessa cosa.》

《Dici?》

Ora vado a dirle la verità perché, diamine si sbaglia.
Non mi stavo affatto trastullando.
Questa situazione è davvero insostenibile.
Vorrei sprofondare.

Certo, perché dirle che volevi ammazzarti con la pistola di tuo fratello, è meglio.

Inoltre Logan è dalla nostra parte!

Le passerà.
Come tutte le altre volte che hai fatto cazzate.
Ti ha perfino perdonato per Londra.

Così dopo il sermone di mia sorella e il lavaggio compulsivo delle mie lenzuola del peccato, ho aspettato che andassero al lavoro per rimettere la pistola in cassaforte.
Un colpo alla testa non è sicuramente il miglior modo per andarsene.

Ma quel pensiero fisso non mi ha abbandonato.

Anzi, si è fatto pian piano sempre più forte.

E allora ho ricordato il discorso che avevo fatto a Nohea in ospedale.

Rigiro esitante tra le dita, la boccetta di morfina, che fu di mia mamma e dimenticata in un angolo dell'armadietto dei medicinali nel bagno degli ospiti, dopo aver ponderato e trovato, coscienziosamente, il miglior modo, soprattutto indolore e pulito, per andarmene.

Addormentarsi, assuefatto dalla droga, col corpo narcotizzato e leggero, dopo quel senso di euforia artificiale, chiamato flash, che sale velocemente, dall'addome alla testa e provoca una piacevole sensazione di benessere, sostituita, con l'aumento del farmaco, in ottundimento, confusione e sonnolenza comatosa, penso sia un bel modo di morire, no?

L'overdose da oppioidi, scatena un infarto fulminante, depressione respiratoria e circolatoria e riduzione della coscienza, fino ad arrivare all'arresto respiratorio, al collasso degli organi, al coma e alla morte; il tutto, senza provare il minimo disturbo fisico.

Me ne andrò falsamente felice, ingannerò perfino la mia depressione e morirò con quella serenità che a mia mamma e ad Arata, è stata negata.

Un piccolo premio di consolazione, dopo questa schifo di vita, che mi ha tolto molto più di ciò che mi ha dato, penso di meritarlo.

Ormai ho preso una decisione e niente potrà mai farmi cambiare idea.

Niente e nessuno.

O almeno così pensavo il giorno del ballo di Natale, prima che mia sorella, che non ha mai imparato la lezione e non bussa mai, piombasse nella mia stanza con il completo da festa.

E a quella festa, LEI avrebbe messo tutto in discussione.

Di nuovo.

《Abbiamo un regalo speciale per te, Lokelani, direttamente dallo spogliatoio delle ragazze. So che non è come succhiarlo al trans con cui ti vedi, ma sono sicuro che ti piacerà.》

Mi afferrano euforici, tirandomi dalle ascelle, facendo strisciare le mie Vans nere, sul pavimento appiccicaticcio degli spogliatoi, appena usati dai giocatori di Football, dopo la sessione di allenamento mattutino, prima delle lezioni, e ancora impregnato di odore di culi sudati e ascelle fetide, deodoranti e vapore acqueo, buttandomi a terra, come al solito.

Con un sorriso beffardo, Greg, indossando guanti di lattice, tira fuori da un sacchetto di plastica, un tampone usato, molto sporco.

Gli occhi si sgranano e il panico mi avvolge veloce e inesorabile. Inorridito, li guardo, cercando di capire le loro intenzioni ed è in questo momento che, con una ginocchiata, Paul, si mette su di me, per tenermi a terra. La schiena, con un tonfo, si scontra sulle solite piastrelle fredde, procurandomi un leggero dolore e i classici e odiosi brividi. Il respiro si fa lento per il peso al torace e poi veloce e incontrollato, come il cuore, che prende a mitragliare, come una scarica di proiettili.

Il colonizzatore, simbolo dei Raiders, inciso sulle pareti, dall'alto della sua posizione privilegiata, mi guarda con la sua solita smorfia severa e cattiva.

《Leccalo!》

Il colore porpora intenso e l'odore pungente di sangue decomposto e ferro arrugginito, mi fa venire immediatamente i conati.

Mi dimeno.

Sposto la testa in modo frenetico, mentre quel batuffolo a siluro, si avvicina pericolosamente alla mia faccia.
Mi tengono in tre e mi bloccano come una camicia di forza, per poi riempirmi di pugni, con l'intento di farmi urlare.

Non devo aprire la bocca!
Per nessun motivo!

Resisto alle percosse, nonostante il dolore sia lancinante, finché, un calcio ben piazzato, sulla cassa toracica, mi fa boccheggiare.

Sento un rumore schricchiolante, di ossa rotte, sotto la suola delle nuove Nike Jordan di Paul e il mio tentativo di proteggermi, fallisce e finisco per latrare tutto il mio dolore.

Le risate si propagano, mentre uno di loro, filma tutta la scena.

La mia vita rallenta.
Sembra andare in slow motion, silenziata e in una scala di grigi, che si è risucchiata tutti i colori, tranne quel rosso carminio vomitevole.

Lo schifo di secrezioni umane, ormoni e cellule della mucosa uterina, si scontrano con la mia bocca, accarezzano la mia lingua, insinuando quel gusto stomachevole di sangue e non so cos'altro, in tutta la mia bocca.

I succhi gastrici, risalgono come acido corrosivo, lungo l'esofago e lo schifo si propaga come un morbo. Comincio a sudare senza controllo, a piangere come un poppante, a puzzare di ciclo mestruale, come se, quel contatto disgustoso con il Tampax, mi avesse appena fatto diventare una tredicenne al primo ciclo. Il voltastomaco e i crampi, mi fanno espellere la bile, lì sul pavimento. Non mi sono mai sentito più umiliato e disgustato di adesso, in tutta la mia patetica vita. Solo, nel mio dolore, alle prime voci in corridoio, che hanno fatto scappare i miei adorati persecutori, mi sciacquo morbosamente la bocca e la lingua, usando il sapone liquido lavamani, anche se vorrei fare i gargarismi con l'acido muriatico. Poi, le gambe, scivolano lungo la parete piastrellata e cedono alla gravità, facendomi accasciare a terra, con la testa tra le ginocchia.

La mente vola.

Posso sopportare tutto, ma non questo.

Voglio morire.

Il puzzo di vomito, che si alza da terra, non è ripugnante come quello che ho leccato poco fa e non è paragonabile a come mi sento adesso.

Voglio morire.

Il rosso nauseabondo, mi riappare in continuazione davanti agli occhi, in un ripetersi di sensazioni sgradevoli e disgustose, che mi fanno sentire male.

Voglio morire.

Rimango a terra, immobile, per un tempo indefinito, con il cuore che trema, il vomito facile e l'anima bucata, mentre le campanelle, continuano a suonare la fine di ogni lezione, in una giornata di normalità scolastica, per gli altri.

Voglio morire.

Lacrime incontrollate, solcano le mie gote.
Le budella si arpionano all'esofago, come mani demoniache e la bile, riemerge dalle viscere, col suo sapore amaro.

E io vomito.
Ancora e ancora, anche quello che non ho mangiato o bevuto.

Il sole penetra dalla finestra, ma non ci sono più colori per me. Vivo in un film in bianco e nero, o meglio in un incubo.

Dove sono le crisi di panico, quando servono?
Ne vorrei una potente, di quelle che ti stordiscono, fino a farti perdere i sensi.

Voglio morire.

Sul carrello abbandonato delle bidelle, intravedo un flacone di disinfettante.

Senza badare agli avvertimenti di pericolo di non inalarlo e ingerirlo, porto il collo della bottiglia alle labbra e lo centinello come fanno i sommelier col buon vino, sciacquandomi compulsivamente la bocca.

Quel sapore orrendo, di ciclo mestruale, non se ne va.

MAI.

Nemmeno con il gusto della soda caustica e di candeggina.

Voglio morire.

Intanto sudo ormoni femminili e i capelli si appiccicano alla pelle come incollati col Vinavil.

Quell'odore, non se ne va.

MAI.

Voglio morire.

L'immagine che riflette lo specchio davanti a me, non sono io.

Il ragazzo scheletrico e cereo in viso, con gli occhi arrossati e imperlati di lacrime, non posso essere io.

Facendo una sorta di linguaccia, faccio scorrere altro prodotto per le pulizie e strofino con veemenza fino a sentire male fisico.

In verità, però, sul piano emotivo, non sento più niente che non sia un tetro richiamo.

È sempre lo stesso, ma più potente e inevitabile.

Voglio morire.

Questa è stata la goccia che ha fatto traboccare il vaso.

Non posso dominare le emozioni che mi esplodono nel petto.

Non voglio convogliarle.

Non voglio vendetta.

Non voglio denunciare i miei compagni al preside.

Voglio solo morire.

Il tampone, mi fissa, dal cestino pieno di bottiglie di Gatorade.
E io rimetto ancora l'anima.

Voglio morire.

Esausto, scivolo ancora a terra e sfilo il cellulare, per scrivere le mie memorie.

23 chiamate perse di qualcuno.

Chi se ne frega!

Lo zaino, giace abbandonato in classe, da ore, ma non ho la forza per andarlo a recuperare, inventarmi una scusa, come essere affetto da un virus intestinale, per scappare da qui e chiudermi nella mia camera ad autocommiserarmi per il resto della scuola.

Digito:

"Non reggo più lo schifo che si è insinuato nella mia vita e la cattiveria gratuita delle persone. Sono esausto.
Voglio morire.
Qui.
Adesso."

Spasmi allucinanti, dolori addominali, crampi allo stomaco, mi fanno attorcigliare come una serpe, su me stesso. Accompagnano il mio percorso di danza di breakdance, dolore al petto, ostruzione del respiro, tremori e sudore da sauna, che mi bagna come se fossi entrato nella doccia vestito.

È simile, ma diverso da un attacco di panico.

È violentemente fisico, doloroso e insopportabile, tuttavia, sono contento.

Voglio morire.

Solo questo.

Non ci sono ragioni per vivere e sopportare ancora ogni cosa, ogni fottuto giorno.

Voglio morire.
E basta!

Tuttavia, mi rialzo.

La testa vortica in pensieri sempre più oscuri, tra le tenebre del tempo che mi è stato portato via e l'offuscamento della vista.

Ingoio acqua di rubinetto, con la gola secca come un filo d'erba all'Inferno, assetato di liquido ristoratore e di quella morte che tarda ad arrivare.

Sono annebbiato dal disgusto irrazionale, che si è marchiato di rosso sangue mestruale, che mi tormenta a ripetizione e scava nei miei sensi, riportando l'eco del rivoltante, ma abbastanza cosciente da capire che, mi sono intossicato con il disinfettante.

Dio, fammi stramazzare ora.
Liberami dal male.
Voglio morire perché l'inferno, per me, è qui.

《Oh! Che ci fai qui, Lokelani? È da tre ore che tutti ti cercano! La prof. di Greco, vuole che esponi la tua tesina. Ricordi? È incazzata nera perché pensa che tu non l'abbia fatta e perciò ti sei nascosto.》

《Co-cosa?》

《Vabbè, ma dovresti evitare le droghe a scuola. Lo sanno tutti! Guarda come sei ridotto! Andiamo o quella ti mette una F e addio college.》

Samuel, mi trascina verso la classe di letteratura classica.

I piedi si spostano incerti in passetti tremolanti.
Il corridoio, mi sembra infinito e psichedelico.
La nausea mi tormenta, la bile corrosiva al sangue vaginale, rimbalza sulle papille gustative.

Mi trattengo dallo sboccare a ogni passo, ma è difficile.

Solcata la porta di ingresso, sento solo la prof. inveire contro di me, con la voce stridula e lo sguardo assatanato.

Non afferro una singola parola.

Solo suoni che il mio inconscio percepisce come rumore rosso e le risate degli stronzi.

Quelle mi bruciano addosso.

Sempre.

E ammetto che hanno vinto loro.

《Siediti che cominciamo. Devi recuperare la B.》

La mente si perde, tra il grigiore dei volti e della stanza e nell'impulso di vomitare per tirare fuori ogni cosa.

《Allora? Devo attendere ancora molto?》

Samuel mi dà una gomitata ridestandomi dallo schifo che mi sta fottendo il cervello.

In fondo avevo deciso di morire no?
Cosa cambia se accade adesso?

《Non hai fatto il compito vero? Dillo subito e la facciamo finita con una bella F.》

《No, no. Il compito l'ho fatto.》

Solo ora, noto il mio zaino aperto, sul pavimento, con le mie cose riversate disordinatamente.

Come ci è arrivato qui, dal terzo piano?

Mi chino a raccogliere i quaderni e cerco nella cartellina nera trasparente, la tesina di otto pagine su Senofonte e le sue merdose opere, ma non c'è.

Paul, sventola la mia ricerca, col suo nome.

《Io... Non... la... trovo... Giuro che l'ho fatta la tesina. L'originale è sul mio pc.》

《Quindi?》

《Lo p-p-posso ristampare.》

L'aria scarsa, da Everest, mi incendia i polmoni.

《Ti sembro forse stupida?》

Grondo come un lottatore di sumo ubriaco e fattone e le mani scivolano nervose tra di loro.

《Ci ho lavorato tanto. Era qui.》

L'odore ripugnante di ciclo, mi fa sentire turbato e con il retrogusto di carne cruda marcia in bocca.

Si sfoca ogni cosa attorno a me, come avvolta da un banco di nebbia.

I colori e le voci svaniscono. Il mio cuore che fa pugilato e la prof. sono le uniche vibrazioni udibili e che percepisco.

《Facciamola finita con le scuse, Lokelani.》

La professoressa estrae una biro rossa e a caratteri cubitali scrive una F.

Quel colore, da me tanto odiato, mi fa scappare.
Sento il vomito salire.
La sedia stride sul pavimento.
Le urla della prof. sembrano distanti come se si trovasse sull'altra sponda dell'isola.
Le ginocchia incontrano il pavimento con un tonfo.
La testa si piega sulla tazza.
Espello pure il pancreas.
È tutto sempre più confuso.
Sfocato.
Scolorito.

E mi trovo seduto in presidenza senza neppure sapere come ci sono arrivato.

Il sermone comincia.

Guardo con la faccia assente il preside Cottrell, con il desiderio di sparire.

Le unghie affondano nella carne.
I denti mordono le labbra per farle sanguinare e coprire con il mio gusto ferroso, quella sapidità femminile, che mi ha imputridito i sensi, ma nulla funziona.

Questa tortura, questo macabro scherzo, non cessa.

È in assoluto il peggiore che mi abbiano fatto.

《Non è da te comportarti così, Kai. Sei uscito senza chiedere il permesso. E poi non hai fatto il compito di greco. Una F? Tu? Non ci ho creduto finché non l'ho vista!》

Mi allungo per prendere il cestino per riversare il contenuto, ormai vuoto, del mio stomaco.

Se potessi, ci roverescerei dentro pure me stesso, finché non avrò scordato tutto.
Perfino il mio nome.

《Ma stai bene?》

Ed eccoli lì gli occhi della compassione per il moribondo con la leucemia.

Li odio.
Davvero tanto.

Non ricordo se gli ho risposto e cosa sia successo nelle ore successive a questo sgradevole colloquio; so solo che sento lo stomaco sottosopra e un terribile bruciore all'esofago.

Le luci bianche sfarfallano come ali di colibrì.

L'odore pungente di disinfettante e il colore da camera mortuaria, mi fanno tremare.

La sua voce, nel rumore assordante di sirene ed emergenze del pronto soccorso e nel via vai generale, di ciclopi con i camici bianchi e infermiere nervose, mi fa accapponare la pelle e scuotere le viscere fino alle palle.

《Hai cercato di suicidarti?》

Sempre lì va a parare! Che poi non ha nemmeno tutti i torti. Ma no. Non oggi.

《Noele, dagli un po' di tregua. Non aggredirlo subito. Ha appena riaperto gli occhi.》

《Devo sapere che intenzioni avevi, Kai. Hanno dovuto farti una lavanda gastrica, per contrastare un principio di avvelenamento da disinfettanti per uso commerciale.》

La guardo intensamente, o almeno ci provo, ma il mio sguardo è vuoto.

Come il mio stomaco.
Come la mia anima.

Come me, ormai.

《Mio fratello è abbastanza intelligente da sapere come avvelenarsi, facendolo sembrare un incidente, perciò, Logan, non dirmi di stare calma. Quando l'ho visto arrivare, su quella cazzo di barella, non ero minimamente preparata allo shock. Mi sono sentita risucchiata dalle sabbie mobili e mi mancava l'aria, come durante un attacco di panico.》

Non confondere le cose, sorellina, la tua reazione, si chiama semplicemente amore e sfocia in una paura incontrollata e irrazionale, di perdere una persona cara.

Gli attacchi di panico, io, li conosco fin troppo bene e ti assicuro che sono devastanti e paralizzanti, ma nemmeno minimamente paragonabili all'effetto che, nel bene e nel male, fa l'amore.

Vorrei non farti provare nessuna di queste emozioni negative, vorrei dirti che non voglio farla finita, ma sarei soltanto un ipocrita bugiardo.

Mi sento in colpa, ma non posso continuare a vivere così e mi vergogno persino al pensiero di parlarti dei miei problemi.
Mi sento spezzato, sono debole e ti ho delusa.
Scusa.

E non so quale scusa abbia inventato con lei, forse di non aver risciacquato bene la borraccia o di aver preso una bottiglia senza etichetta scambiandola per acqua, né come Alex abbia fatto il miracolo di oscurare i risultati sulla mia cartella clinica senza farle scoprire la recidiva della leucemia.

So solo che l'attenzione si è spostata dall'avvelenamento ai miei lividi.

E così sono iniziati i guai.

I servizi sociali sono entrati in gioco subito dopo il ricovero in ospedale. Ci tenevano costantemente sotto controllo a causa dei miei trascorsi in presidenza, ma i lividi sospetti sul mio corpo, alla fine, non sono passati inosservati ai docenti della mia scuola e il fatto che abbia ingerito un disinfettante, è sembrato un grido d'aiuto o un tentativo andato male di suicidio.
Per obbligo di legge, i servizi sociali hanno avviato un'indagine.

A loro avviso, avvalorato dai medici, le mie lesioni sono tipiche nelle vittime di violenza domestica e percosse su minori, pertanto i primi sospetti sono ricaduti sui miei tutori.

Ma non è così. Le mie lesioni sono causate dai bulli e dalla malattia.

Nonostante abbia detto loro che i miei tutori non c'entrano niente, ovviamente non mi hanno creduto e io non posso fare a meno di sentirmi comunque responsabile.

Ho affermato di essere caduto dalla tavola (un normale imprevisto per un surfista) e di essermi picchiato con i miei compagni (una normale azzuffata tra adolescenti), ma non è servito a nulla.

Non posso raccontare la verità senza mettere a rischio la mia carriera nel surf, altrimenti, le mie bugie, mi scoppierebbero addosso come un castello di carte.

Parlarne significherebbe affrontare anche la questione del bullismo e della recidiva della malattia, e questo è qualcosa che proprio non posso fare se voglio andare alle Olimpiadi.

Ma se dieci minuti fa stavi pensando di usare la morfina per mettere a tacere tutte le voci nella tua testa, compresa la mia!

Hanno perfino insinuato che cerco di proteggerli e che soffro della sindrome di Stoccolma.

IO?
Col cavolo.

Indagheranno e tutto si risolverà presto, mi sono detto.

Ci ho sperato, ma le cose non vanno mai bene quando si tratta di me.

Il mio silenzio da codardo egoista ha messo nei guai Noele e Logan. I miei tutori sono ora indagati e rischiano persino la prigione.

Non ero a conoscenza delle nuove leggi che rendono i genitori e i tutori responsabili anche di ciò che non hanno fatto per tutelare il minore. Non importa che siano stati loro a farmi del male materialmente, perché rischiano la condanna per "lesioni su un minore per omissione" e di "favoreggiamento" o "complicità" nell'abuso.

In ogni caso, saranno puniti per colpa mia e per il fatto che hanno dichiarato di non sapere dei miei lividi.

Questo dimostra, innanzitutto, la loro incapacità genitoriale.

Nemmeno nei miei peggiori incubi avrei potuto immaginare di essere allontanato dalla mia famiglia e che il desiderio che avevo solo qualche mese prima si avverasse: essere affidato al sistema.

I miei ultimi giorni felici a casa mia si riducono alle feste di Natale; poi partirò per la California e al mio ritorno verrò portato in una casa famiglia senza la possibilità di contattare i miei tutori legali fino alla conclusione dell'indagine.

Ho combinato un bel casino e devo assolutamente rimediare.

Solo che non so come fare.

Così ho detto la verità.

《Ho problemi a scuola con dei compagni che mi tormentano. Mia sorella e il suo fidanzato non mi hanno mai picchiato. Mi trattano molto bene e non mi fanno mancare niente.》

《La tua depressione, la tua eccessiva magrezza e i lividi parlano da soli. In ogni caso convocherò tua sorella. Ma non penso che cambieremo idea sul tuo allontanamento preventivo dal focolare domestico. Anche se non lo pensi, sei in pericolo Kai. Non sai quante vittime ci sono ogni anno tra i minori che subiscono soprusi tra le mura di casa. E a casa, la colpa è sempre della famiglia.》

《Ma non è così. I miei tutori mi vogliono bene.》

《Perché non hai detto la verità prima, allora? I tuoi tutori ti hanno forse minacciato?》

《Assolutamente no. La vostra è un'accusa ridicola!》

《Sei un buon fratello, ma non devi proteggere chi ti fa del male.》

Quando mi hanno obbligato ad uscire, hanno chiamato Logan e Noele.

Mio cognato ha cercato di rassicurarmi.

《Andrà tutto bene, Kai. Risolveremo ogni cosa e tu starai bene. Te lo prometto.》

Ho annuito poco convinto.

Mia sorella è pallida, tesa e ha gli occhi gonfi segnati da contorni rossi. È chiaro che abbia pianto, tanto, per colpa mia.

Mi sono appoggiato alla porta e ho cominciato a origliare.

《Mio fratello è un bravo ragazzo. Non fa a pugni e non ha problemi con i suoi compagni. La sua è sicuramente una bugia detta per proteggerci. Non siamo perfetti. Siamo consapevoli di ciò, tuttavia, non abbiamo mai nemmeno sfiorato Kai o l'abbiamo punito infliggendo punizioni corporali. Non lo faremmo mai.》

Ma cosa stai facendo, Noele?
Stringo i pugni arrabbiato.
Vorrei abbattere la porta e raccontarle tutto.

Hai avuto un sacco di occasioni!

《I genitori e i tutori dicono sempre delle bugie sui minori o li difendono a spada tratta senza nemmeno conoscerli, ma è chiaro il contrario. Suo fratello è un teppistello ed è sempre coinvolto in risse e problemi. Vuole forse negare l'evidenza?》

《Kai, non è un ragazzo violento e non cerca mai lo scontro. Se ogni tanto ha picchiato è stato solo per autodifesa.》

《Eppure, finisce sempre in presidenza ed è a un passo dalla sospensione o dalla bocciatura.》

《Cosa? La sospensione o peggio la bocciatura, rovinerebbero per sempre il suo curriculum e le sue possibilità di andare al College.》

《Suo fratello, sta sabotando il suo futuro da solo. Dovrebbe fare una scelta seria, in favore del minore, affinché possa avere un'educazione migliore, perché, senza offesa, signorina Lokelani, è chiaro che lei non è idonea al suo ruolo di tutrice e se non decide consapevolmente di affidare suo fratello a un'altra famiglia, lo faremo comunque noi. Poi, alla luce dei fatti, dobbiamo valutare se ci sono problemi nel vostro nucleo familiare, se Kai viene maltrattato e se forse, anche lei è una vittima. Come spiega quel livido sul polso? Magari tutto è cominciato quando ha permesso al suo compagno di abitare con voi. Vuole allontanarlo dalla sua vita?》

《Io? Ma cosa sta insinuando, scusi?》

La voce incredula di Logan mi mette i brividi. La situazione si sta aggravando.

《Cosa? No. Logan è un ragazzo meraviglioso che tiene tantissimo a mio fratello. In più è un chirurgo. Non si metterebbe mai a picchiare né me né Kai. Questo livido me l'ha fatto un paziente ubriaco in pronto soccorso. È uno dei rischi del mestiere trovare persone spaventate che diventano instabili e violente.》

《Questo lo decidiamo noi. Essendo maggiorenne può esprimere il suo desiderio di rimanere con il suo compagno, ma Kai, invece verrà allontanato al più presto. Per evitare un trauma, potrà passare con voi le festività natalizie, ovviamente controllate, e al suo ritorno dalla California verrà accettato nella casa famiglia.》

《Mi sta dicendo che perderò Kai?》

《Temporaneamente. Indagheremo e vedremo. L'accusa di violenza domestica è seria e molto grave e prevede una condanna e la prigione. Vi consiglio di prendere un avvocato per farvi rappresentare. Dovrete continuare a mantenere economicamente Kai fornendo i mezzi alla casa famiglia e dovete evitare ogni tipo di interazione con lui e vi comporterete come se aveste un ordine restrittivo nei suoi confronti. Se dopo i tre mesi previsti dalla legge, risulterete innocenti e Kai starà bene, probabilmente ve la caverete con una semplice "sculacciata" da parte del giudice e la vostra famiglia si ricongiungerà.》

Dopo questa doccia gelata, mi sento sprofondare. Trattengo a malapena le lacrime. Mia sorella ha sacrificato tutto per questa famiglia, ma ha fallito miseramente per colpa mia.

《Mi dispiace》farfuglio con il nodo alla gola appena escono.

Logan ha la faccia sconvolta.

《Non è colpa tua.》

《Invece sì. Sono scivolato ma non mi hanno creduto.》

《Tutto si sistemerà.》

Mia sorella mi fa un sorriso rassicurante e mi abbraccia, ma nel suo gesto ci scorgo tutto il suo dolore.

《Kai? C'è dell'altro che non vuoi dirci?》mi domanda mio cognato.

Avanti! Non fare il palle mosce e parla! Devi dire loro la verità.

Ma ho fatto esattamente il contrario: sono rimasto in silenzio e poi ho biascicato la solita bugia di circostanza. So che è sbagliato e che in gioco ci sono la vita e la reputazione di Noele e Logan, ma affrontare l'argomento significa scontrarsi con le mie paure e rendere "reale" ogni cosa: il bullismo, la malattia, la mia incapacità di continuare a vivere e la mia inconsolabile tristezza.

《N-no》farfuglio poco convinto.

《Io rispetto il tuo silenzio da tempo, Kai. Ma se c'è qualcosa che ti tormenta, me lo devi dire. Chi ti ha ridotto così? Non me ne frega niente di quello che pensano lì dentro quei burocrati. A me interessa di te. Sei mio fratello, per la miseria. Ti ho lasciato spazio quando invece avrei dovuto proteggerti. Scusami tu per le mie mancanze.》

Loro non hanno nulla di cui scusarsi.
Ma io sì.

Devo assolutamente sistemare le cose prima che per loro finisca davvero male.

Il tempo

è come sabbia
nella clessidra
di vetro:
prezioso e fugace.
Non voglio lasciarne scappare nemmeno un granello
senza cogliere
in ogni istante
e momento,
la vita che
scivola via
e si trasforma
in ricordi
indelebili
e polvere di stelle,
illuminando
il cammino
del mio viaggio
attraverso
l'universo.

~Kai Lokelani ~

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