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Capitolo 84


Gennaio

Natale è passato velocemente. Il nuovo anno invece è iniziato pieno di aspettative, sogni, attesa. Manca un mese e la nostra famiglia si allargherà. Mi sento serena e pronta anche se continuo a portare avanti questa gravidanza a rischio con tanta paura. Fino a quando non terrò in braccio il frutto dell'amore con Ethan, non riuscirò a dormire sonni tranquilli.
«Maaaama», chiama Davina con il dito in bocca. Indica preoccupata a terra dove ha fatto cadere il bicchiere pieno di latte.
Le scompiglio i capelli scuri. «Adesso lo puliamo insieme ok?»
Annuisce sorridendo e corre ad indicare la scopa. Rido. «No, con quella facciamo più danni. Ci serve il panno. Dov'è?»
Davina inizia a girare per la cucina in cerca del panno. Sorrido. È una bambina buonissima e curiosa ma soprattutto intelligente. La sollevo. «Adesso hai visto dov'è?»
Annuisce timida indicando il panno. «Adesso puliamo e poi prendiamo un altro bicchiere di latte per la merenda ok?»
Si sporge, prende il panno. «Io, io» ride.
La aiuto a pulire poi le prendo un altro bicchiere di latte e i biscotti che a lei piacciono tanto.
«Azie» dice sporgendosi per baciarmi una guancia.
Mi siedo con lei a tavola. «Oggi cosa facciamo? Guardiamo i cartoni?»
Si imbatta tutta di cioccolato. Le scatto una foto da mandare a Drew.
Passo una mano sul collo poi ci mettiamo sul divano. Sistemo le gambe sul pouf e Davina allunga le sue per arrivarci. Scoppio a ridere sistemando il pouf più vicino. Batte le mani quando le metto i cartoni e rimane imbambolata guardando quello con una bambina bionda e un orso.
Fuori il tempo è grigio e tempestoso. Una giornata un po' cupa, proprio come il mio umore.
Sento un lieve calcio. Ovviamente ci sei anche tu, penso toccando la pancia. Mi sento stanca, gonfia e appesantita. Ho male alla schiena e al collo. Non sono riuscita a dormire questa notte senza Ethan accanto a me. Dopo Natale ha ricevuto qualche incarico importante da parte del suo vecchio capo e ha accettato incapace di trattenersi, facendo il doppio turno entusiasta. Non è mai in casa e quando torna stanco non lo stresso ulteriormente con le mie paranoie. Mi sento sola. Scoppio anche a piangere senza motivo.
Davina se ne accorge e mi abbraccia. «Bua!» si fa seria.
Asciugo le lacrime ridendo. «No, mamma è solo un po' triste non preoccuparti», la riempio di baci e poi si accoccola sulle mie gambe. Di tanto in tanto appoggia l'orecchio sulla mia pancia per sentire il "bimbo" come dice lei.
Quando si addormenta, riordino l'appartamento. Faccio il bucato e mi metto a stirare. Sto piegando le lenzuola quando sento un calcio abbastanza forte e mi piego un po'. «Ehi!» dico toccando la pancia.
Finisco di stirare e riordino i vestiti ripiegati.
Per noia sistemo anche l'armadio.
Parker mi ha vietato di lavorare. Non ha capito che non posso starmene in casa tutto il giorno a girarmi i pollici. Intanto non arrivano email di lavoro o qualche scartoffia da sistemare. Mi annoio tremendamente.
In questi giorni ho risposto tutte le mie attenzioni su Davina ma si stancherà di me perché le sto sempre addosso e deve iniziare a comprendere il mondo anche da sola perché la vera forza sta in ognuno di noi.
Il mio telefono squilla. Sorrido.
«Tesoro sei a casa?»
«Si, dove vuoi che sia?» spero che almeno Anya venga a trovarmi. Per ora sono un po' tutti impegnati. I suoi genitori a quanto pare stanno provando a rimettersi insieme. È una notizia meravigliosa.
Ride. «Sto passando a prendere Davina per portarla al parco. È un problema?»
Mi incammino verso il soggiorno e trovo la piccola sveglia. Mordo la guancia. «No, no. La preparo e puoi portarla con te».
Anya ordina a qualcuno di muoversi. Deduco ci sia anche Mark con lei. «Ok, arrivo!» stacca.
Prendo Davina. «Andiamo a prepararci per uscire!»
Le sistemo i capelli mentre ride e tocca la mia pancia seduta sul ripiano del bagno. Le infilo gli stivali fucsia che adora, infatti batte subito le mani. Le sistemo il berretto perché fa freddo e il giubbotto fucsia.
«La mia bambolina!» bacio la sua tempia e poi quando suona il campanello, la porto fuori.
Anya mi sorride prima di stamparmi un bacio veloce sulla guancia, prendere Davina e andare via perché Mark le aspetta al piano di sotto con Stella.
Le saluto con la manina e prima di entrare in ascensore Davina si volta. «Bene mama!»
Sorrido mandandole un bacio volante e trattenendo le lacrime. «Divertitevi!» dico.
Chiudo la porta lasciando uscire un sospiro prima di scoppiare in lacrime. Scivolo lentamente a terra dove tento di calmarmi ma continuo a singhiozzare. Non so che cosa mi sta prendendo. È tutto confuso per ora.
Riesco ad alzarmi e decido di andare a fare un bagno caldo per rilassarmi.
Riempio la vasca di acqua e bagnoschiuma poi mi immergo e rimango avvolta nel silenzio per circa mezz'ora.
Quando finisco asciugo i capelli, mi rivesto indossando una tuta comoda e passo in soggiorno. Attorno c'è troppo silenzio e io mi sento troppo sola.
Apro la finestra lanciando uno sguardo fuori. Presto inizierà a nevicare. Si sente dall'aria.
Mi siedo sul divano e accendo la tivù. Non trovo nessun programma di interesse, nessun film, nessun documentario da vedere. Tutto mi sembra inutile. Continuo a pigiare il tasto del telecomando per cambiare canale. Alla fine frustrata spengo la tivù e getto il telecomando con furia contro la parete.
Avverto di nuovo una fitta e stringo i denti. Respiro lentamente e passa.
Mi alzo per preparare il pranzo. Devo fare qualcosa. Inizio a friggere, a condire, ad apparecchiare la tavola. Il pranzo forse sarà il momento migliore di questa giornata pessima.
Valuto l'idea di chiamare Lexa ma è dalla madre di David in questi giorni visto che anche per lei manca poco al parto.
Sospiro guardandomi attorno. Il telefono vibra.

Ethan: "Amore scusami ma non riesco a tornare neanche oggi! Ho un carico di interrogatori da finire. Come state? Mi mancate! Prometto che mi farò perdonare"

Scoppio a piangere lanciando anche il telefono. Mi piego riuscendo ad aggrapparmi al bancone. Questa fitta era proprio forte.
Il telefono vibra. Corro a recuperarlo. Questa volta a chiamare è Parker.
«Principessa tutto bene?»
Singhiozzo. «Si! Com'è andata oggi?»
«Perché piangi? È successo qualcosa?»
Scuoto la testa come se potesse vedermi. «No, mi sento sola...» ammetto.
Sospira. «Posso portarti un gelato extra?»
Sorrido. «Se vuoi!»
«Ok, arrivo!»
Attendo solo cinque minuti poi bussa alla porta facendosi trovare con una confezione di gelato artigianale in mano. «Tutto per te principessa!» bacia la mia tempia poi tocca la pancia. «Sei pallida», aggrotta la fronte guardandosi attorno. «Sei sola?»
Annuisco recupero due cucchiai dalla cucina e torno a sedermi sul divano.
Parker sembra incupirsi. «Sei sola da questa mattina?»
No, sono sola da circa un mese vorrei urlare ma tengo a freno la lingua. «Già. Davina è con Anya in giro».
«Ethan?»
Distolgo lo sguardo. Parker afferra il mio mento. «Emma, dimmi dov'è?» mi fulmina con lo sguardo. Se glielo dico darà di matto.
«Lavora», mi stringo nelle spalle.
Sembra irrigidirsi. «Intendi che è con suo padre?»
Sorrido mesta. «Anche...»
Si alza di scatto. «Da quanto non è in casa?»  ha capito.
«Non fa niente. È il suo lavoro!» la voce si inclina e distolgo lo sguardo per non piangere. Mi manca. Ethan mi manca ma non posso sempre averlo vicino. Non posso comportarmi da bambina immatura, per questo ho accettato che andasse. Ho accettato che tornasse a lavorare a Las Vegas rimanendo in silenzio quando l'ho visto entusiasta e pronto all'azione. Ho accettato e ora sono quasi tre settimane che manca da casa. Sono tre settimane che sto in queste quattro mura da sola a trattenermi. Sono giorni che mento a tutti.
«Emma cazzo sei incinta!» urla Parker. «Perché non me lo hai detto? Avrei portato te e Davina a pranzo o a cena per non farvi sentire sole! Io...» ringhia adirato recuperando il telefono.
Scatto subito in piedi. Non voglio che chiami Ethan. «Non farlo! Ti prego, non farlo! Era felice quando gli hanno proposto di andare e io non, non potevo fermarlo. Io non potevo fare i capricci!» gli argini tentano di straripare.
Parker stringe le mie braccia. «Emma ti ha lasciato sola mentre sei incinta! Non può farlo proprio ora!» sbraita.
Singhiozzo prima di lasciarmi abbracciare da lui. «È il suo lavoro... io, io non posso fermarlo! Sto bene...»
Scuote la testa. «Tu non stai bene! Da quanto non esci? Preparati!»
Asciugo le lacrime tirando su con il naso. Parker mi trascina in camera prima di chiudere la porta.
Mi guardo attorno. Apro l'armadio e indosso qualcosa di comodo. Torno in soggiorno e lui prende la mia mano trascinandomi fuori.
L'aria pizzica le guance ma si sta bene. Riempire i polmoni di aria pulita fa davvero bene. Forse mi serve questa strana uscita. Riuscirò a liberarmi dai pensieri e da questo brutto senso di solitudine che tenta di annientarmi. Ho provato in queste lunghe giornate a non pensare, a non provare, a non sentire ma alla fine credo che tutti crollano. Crollano i palazzi figuriamoci le persone che fingono di essere forti. Io non sono forte. Non sono mai stata una persona forte. Sono una persona a cui la vita sta dando solo del filo da torcere. Fa male, tutto questo fa male. Sono emotivamente instabile in questo periodo e tutto tende a ferirmi.
Ci fermiamo al parco dopo avere preso qualcosa da mangiare. Ci sediamo su delle comode panchine gustando il pasto in mezzo alla natura, all'aria aperta, al freddo.
«Come mai non sei al lavoro?» domando inappetente.
Parker lancia uno sguardo al mio contenitore con una smorfia. Sa quanto adoro mangiare il pollo ma in questo momento qualcuno rifiuta di mangiare e io sento solo una strana nausea.
«Oggi c'era poco da fare visto che ieri è stato un bel casino con tutte quelle riunioni. Si sente la tua mancanza. Riuscivi ad organizzare ogni cosa nel dettaglio...» incastra la forchetta su un pezzo di pollo e sospira. «Ti senti male?» tocca la mia fronte.
«No, ho solo avuto qualche dolore e in questo momento non ho fame tutto qua!» accenno un sorriso timido.
«Perché non hai chiamato?» Mi fissa con i suoi occhi meravigliosi e attenti.
«Non volevo farti preoccupare. Come vedi sono riuscita a cavarmela...» distolgo lo sguardo trattenendo le lacrime. Mi sento ridicola. Forse lo sono.
Ancora una volta Parker afferra il mio mento costringendomi a guardarlo. «Si ma io ti trovo magra, triste e con le lacrime agli occhi! Emma devi smetterla di giustificare ogni cosa!»
«Io non sto...»
«Si invece! Hai paura che lui possa stancarsi di te. Ecco perché non hai detto niente! Ecco perché hai accettato in silenzio!» stringe i pugni e le mie mani scattano su di essi.
«Sto bene, davvero!» provo a convincerlo ma una contrazione dolorosa mi costringe ad emettere un verso acuto e a piegarmi.
«Che succede?»
Chiedo dell'acqua. Attendo sessanta secondi. «Probabilmente le contrazioni di Braxton Hicks».
Parker mi fissa come per dire: dovrei sapere di cosa parli?
Rido. «Sono delle contrazioni che si presentano in prossimità del parto. Probabilmente qualcuno qui dentro si è spostato e ha provocato tutto questo. Ho anche la pancia dura», prendo la sua mano per fare sentire cosa intendo.
Parker sembra rapito poi si riscuote. «Stai meglio?» passa la mano sulla mia schiena.
Inspiro l'aria fresca annuendo. «Mi sento una balena». Ci guardiamo e ridiamo.
Dopo pranzo ci spostiamo dal parco al palazzetto. Parker non intende lasciarmi sola. Assisto all'allenamento e sul tappetino provo a fare un po' di yoga per rilassarmi mentre gli atleti continuano ad allenarsi e di tanto in tanto qualcuno di loro mi porta qualche snack. Parker li sta usando per non farmi annoiare e per coccolarmi. 
Riesco in qualche modo a rilassarmi e quando finiscono gli allenamenti seguo Parker al suo appartamento. Non entro qui dentro da un po'. Trovo tutto diverso. Ogni mobile è stato sostituito.
«Ci sai fare con gli interni», ammetto fissando il soggiorno incredula.
«Faccio una doccia e poi ti porto dove vuoi ok?»
Annuisco e mentre sparisce, mi siedo sul comodo divano in pelle nero e fisso fuori dalla finestra. I miei occhi lentamente si abbassano. Li chiudo per un momento. Mi sento davvero stanca.

«Si, ti sto dicendo che è sfinita! Come cazzo hai fatto a lasciarle tutto il carico sulle sue spalle? Come?»
Apro gli occhi stordita sentendo Parker sbraitare contro qualcuno. Passo una mano tra i capelli. La coperta che ho addosso scivola quasi a terra. Mi sono addormentata?
«Facciamo i conti quando ci vediamo!» sbraita ancora. Lancia il telefono sul bancone dell'isola e poi si avvicina. «Buona notizia, hai dormito un po'. Come ti senti?»
Sbadiglio. «Smettila di chiederlo!» brontolo.
Sorride. «Ti va un po' di fish and chips?»
Mi alzo lentamente. «Forse dovrei andare a casa. Davina tornerà e devo preparare la cena».
Parker sorride. «Davina sta bene ed è con Anya. Tranquilla le ho chiamato io! Allora?»
Rimane in attesa. Abbasso le spalle. «Ok, ma dopo mi riaccompagni a casa».
Fa il gesto del "si capitano!". Corre in cucina e in breve prepara il fish and chips davanti a me. Avevo dimenticato quanto fosse bravo in cucina. Lo aiuto quando me lo permette poi mangiamo.
Le mie papille ringraziano. «Buono!» biascico.
Parker sembra soddisfatto. «Finisci di mangiare principessa!»
Arrossisco. Nonostante tutto è sempre carino con me. Non avrei mai immaginato tutto questo. «Noi ora cosa siamo?» mordo subito le guance.
Si irrigidisce leggermente. «Cosa intendi?»
«Niente, scusa è una domanda stupida...» ammetto prendendomi davvero per stupida da sola.
«Amici?» inarca un sopracciglio.
Mordo il labbro. «Dici?»
Fa spallucce. «Si, perché no?» alza il mignolo. Alzo il mio stringendo il suo.
Visto che ha cucinato insisto per lavare i piatti. Parker alla fine cede sistemandosi in soggiorno. Quando finisco lo raggiungo.
Passo le mani sul viso mentre un'altra contrazione mi costringe a stringere i denti.
«Passato?»
Bevo un sorso d'acqua. Inspiro ed espiro. «Si».
«Sei sfinita! Da quanto non dormi bene?»
Sospiro. «Non lo so», scoppio a piangere.
Mi abbraccia e rimaniamo in silenzio. Di tanto in tanto scuote la testa contraendo la mandibola. So a cosa sta pensando ma non può. Non può disturbarlo. Non può e non deve. Io posso farcela. Ci sono riuscita fino ad ora.
Mi accoccolo comodamente ad occhi chiusi. Non so quando tempo passa. Mi sento davvero stanca per aprire le palpebre e parlare.
«Si è addormentata di nuovo! Qualcosa non va! Se le succede qualcosa io...»
Apro gli occhi. Mi sono addormentata ancora? Mi sento strana. È come se mi avessero messo dentro una centrifuga. Ogni muscolo fa male.
«Con chi parlavi?» domando cercando di mettermi in piedi anche se con un paio di smorfie. Recupero il cappotto. Devo tornare a casa. Fuori è già buio.
«Ti accompagno. Prendiamo l'auto», dice secco.
Che gli prende?
In auto non vola una mosca. Continuo a sentire che c'è qualcosa di strano ma non capisco. Sarò io che ho gli ormoni impazziti e sono stressata. Una certa nausea sale velocemente. «Ti prego fermati!»
Parker frena quasi di botto mentre apro la portiera e vomito. Cerco di calmarmi e finalmente mi sento meglio.
«Va meglio?»
«Si», metto in bocca una mentina per togliere il cattivo gusto del vomito.
Arrivati sotto casa, Parker mi apre la portiera. Saliamo in silenzio prendendo l'ascensore.
Apro la porta lasciandolo entrare. Nota subito i piatti a tavola facendo una smorfia. Lo vedo nervoso e si isola davanti alla vetrata a fissare un punto lontano di Vancouver. Un punto a cui io non ho accesso.
Mi avvicino cauta. Appoggio la guancia contro la sua spalla prima di abbracciarlo. «Che succede?»
Sospira. «Sono arrabbiato...» scuote la testa. «Io così non ti lascio. Mi dovrai buttare fuori con la forza!»
Sorrido. «Grazie» sussurro trattenendo ancora le lacrime che salgono. Mordo forte le guance mentre dentro qualcuno inizia a scalciare. Mi costringe a sedermi. Respiro lentamente massaggiando il ventre.
Parker mi prepara una tisana naturale. Stranamente beve anche lui. Deve essere proprio arrabbiato. La cosa mi fa ridere come una pazza.
Mi fissa turbato. «Cosa c'era nella tua tisana?» domanda guardando il fondo della tazza.
Lo abbraccio. «Devi essere proprio arrabbiato se bevi una tisana al posto del tuo doppio caffè».
Sospira. «Si sono parecchio arrabbiato. Tuo marito quando tornerà mi starà a sentire...» ringhia.
Rido. «Dovrò sistemarti il divano letto allora perché non so quando tornerà», mi alzo andando a prendere le coperte. Parker blocca subito i miei polsi. «Fermati! Starò bene anche sopra il divano, non è scomodo. Adesso che ne dici se ti rilassi e dormi?»
«Devo chiamare Anya, fare il bucato, togliere i piatti dal tavolo, passare l'aspirapolvere e...»
Tappa la mia bocca con due dita. «Faccio io questo tu...» gira le mie spalle indirizzandomi verso il divano. «Tu sdraiati e dormi. Chiamo Anya per dirle di tenere Davina così non ti preoccuperai per lei e poi mi occuperò del resto. Non fare i capricci e ascoltami per una volta!»
Usa il suo tono autoritario. Abbasso le spalle. «Ok capo!» mi sdraio sul divano. Lo osservo mentre si muove in soggiorno poi in cucina. Non posso sopportare tutto ciò. Mi alzo per fermarlo. «Ok, mettiti sul divano con me e guardiamo un film!» lo trascino in soggiorno.
Gli passo il telecomando e mi siedo sistemando il pouf davanti.
Parker sceglie un film divertente poi appoggio la guancia contro la sua spalla. «Va meglio?» domando.
«Si», sussurra baciando la mia testa.
Devo proprio essere distrutta perché ben presto mi addormento.

Uno strano rumore mi riscuote. Cerco Parker accanto ma non c'è. Mi alzo a metà busto allarmata. Li vedo in piedi. Parker a pugni stretti, Ethan con un borsone in mano. Che ci fa qui? Quando è tornato?
«Finalmente!» sbotta Parker.
«Senti io non potevo saperlo!» replica Ethan lanciando il borsone in un angolo. «Mi dispiace ok?»
I due non si accorgono minimamente di me. Non posso avvicinarmi. Rischio di farmi male se reagiscono a modo loro.
«Non devi dispiacerti con me ma con tua moglie. Dovevi vederla! Che cazzo ti dice il cervello?» sbraita Parker facendo un passo avanti.
Stringo le dita sul bordo del divano per frenare ogni istinto.
Ethan si irrigidisce per il tono duro usato da Parker. «L'ho fatto per non farle mancare niente e per aiutare Drew. Per non avere problemi. Credi che a me sia piaciuto starle lontana?» avanza anche lui.
«Ma è incinta! Dannazione!»
I due si trovano a pochi centimetri. Il mio stomaco si contrae. Che cosa faccio?
Tocco la pancia.
«Lo so! Lo so! Pagherò anche per questo!» sbraita Ethan spingendo Parker. «Pagherò per avere cercato di non mettere in pericolo lei e il mio amico!»
Chiudo gli occhi. So cosa sta per succedere. Parker reagisce afferrandolo per la maglietta e sbattendolo contro il muro. «Se le succede qualcosa, dovrai vedertela con me!» allenta la presa e poi se ne va infuriato sbattendo la porta.
Ethan impreca prima di rendersi conto che sono sveglia. Si avvicina ma mi alzo e superandolo apro la porta.
Parker attende l'ascensore nervoso. Mi avvicino a lui. Si volta. «Sei scalza!»
Alzo gli occhi al cielo. «Grazie!» sussurro abbracciandolo.
Sembra colpito dalla mia reazione. Asciuga le mie lacrime. «Digliene quattro e poi fate pace ok? Buona notte!» bacia la mia fronte ed entra in ascensore.
Torno in casa. Ignoro Ethan e vado in camera. Mi cambio nervosa e poi mi sdraio sul letto.
La porta si apre emettendo un cigolio. Sento la doccia, il rumore costante dell'acqua fino a quando tutto tace. Dopo un paio di interminabili minuti, il letto si muove, due braccia avvolgono la mia vita, un profumo buonissimo investe le mie narici. Le sue labbra si posano sulla mia spalla. «Mi dispiace!» sussurra.
Non rispondo. Sono arrabbiata. Perché non me lo ha detto? Mi sento anche egoista. Ho provocato io tutto questo.
Una dolorosa contrazione mi costringe a piegarmi. Mi alzo. Non riesco a stare sdraiata. Traballante raggiungo la cucina. Prendo un bicchiere d'acqua. Respiro lentamente per come mi hanno insegnato al corso.
Ethan si appoggia al frigo. «Mi terrai il muso?»
«Si, sei uno stronzo! Non sei affatto cambiato!» sbraito.
Spalanca gli occhi. «Per cosa Emma? Per avere accettato un incarico per non avere altri problemi? Stavo prevenendo qualcosa per noi!» alza la voce.
«Potevi chiedere il mio parere invece hai preferito mentire ancora!» scoppio in lacrime.
Si avvicina e io indietreggio. «No, non ti perdonerò questa volta così facilmente! Non farò sempre la buona perché mi sono davvero stancata!», gesticolo. «Io sono stanca! Devo sempre pensare a tutto: alla casa, alla bambina, alla gravidanza, a te che sei lontano e potrebbe capitarti di tutto... basta! Sono davvero stanca!» singhiozzo urlando.
Ethan prova a calmarmi ma lo spingo. «Non toccarmi!» urlo.
«Emma calmati o ti sentirai male!» dice spaventato dalla mia improvvisa reazione.
«Sto già male! Sto male senza di te! Sto male e non te ne accorgi perché fai sempre tutto per me ma non tieni conto che una famiglia rimane unita!» urlo spingendolo ancora e picchiando i pugni contro il suo petto mentre piango come una vera isterica.
«Lo so, ho sbagliato e troverò un modo per farmi perdonare, promesso, ma adesso calmati Emma!»
«Non voglio nessun fottuto regalo per perdonarti! Voglio te sincero e accanto a me!» mi piego per il dolore. «Lasciami!» boccheggio mentre tenta di aiutarmi. Ogni fitta e un dolore senza fine. Che cosa succede?

~ Ethan's POV:

Spalanco gli occhi quando la vedo piegarsi senza fiato. È bianca, bianca come un lenzuolo. «Emma ti prego... calmati!»
Barcolla evitando il mio tocco. Riesco a reggerla per le braccia. Artiglia le dita sulla mia pelle creando dei solchi. Stringe forte la presa emettendo un suono che non ho mai sentito prima.
«Fa male!» boccheggia.
Mi allarmo. «Emma che succede?»
Si aggrappa forte a me. «Fallo smettere, fa male!» dice senza fiato.
Non riesce a parlare. Spalanco gli occhi quando sento qualcosa gocciolare a terra.
«Oddio no!» urla. «Non è ancora il momento!» strilla piegandosi dal dolore.
«Emma dimmi che devo fare?» strillo agitato capendo che quello che è appena successo preannuncia qualcosa.
La sua presa è ferrea, più del normale. «Dobbiamo andare in ospedale», boccheggia cercando di tenere il conto. «Prendi il borsone dentro l'armadio!» strilla appoggiandosi al muro tenendo il ventre.
Corro subito. Agitato e parecchio emozionato apro l'armadio e recupero il borsone. Trovo Emma piegata in due. La aiuto mentre piange. «Mi dispiace!» dice abbracciandomi. «Non volevo!»
Bacio le sue labbra. «Adesso ti porto in ospedale. Ricordi la respirazione?»
Annuisce mentre usciamo di casa. Prendiamo l'ascensore. Ci mette una vita a scendere e i miei nervi tentano di saltare. Lascio il borsone in ascensore e prendendo in braccio Emma la porto in auto mentre piange. «Vado a prendere il borsone, respira ok?» bacio la sua tempia.
Mi abbraccia. «Non andare via, fa male!» strilla.
«Ehi, ehi, guardami! Andrà tutto bene ok?» bacio le sue labbra e corro a recuperare il borsone.
Quando torno in macchina Emma respira pesantemente e in lacrime mentre massaggia la pancia. Appoggia la testa al sedile e prova a calmarsi. Bacio la sua mano poi metto in moto. «Ti prego, respira piano piccola!» strillo agitato.
Emma singhiozza. «Ho paura!»
Chiamo Anya per avvisarla ma non risponde. Provo con Parker.
«Che succede?» domanda allarmato.
«Stiamo andando in ospedale»
Emma strilla per il dolore. «Fallo smettere ti prego...»
«Ok ci vediamo lì!» risponde Parker.
«Emma quanto è sopportabile da uno a dieci?»
Boccheggia. «Fermati, fa male! Fa male, fermati! Fermati cazzo!» ringhia come una posseduta.
«Emma, stiamo arrivando!» urlo a mia volta con il cuore in gola.
«Allora aumenta questa cazzo di velocità!»
Rido. Rido incapace di trattenermi. Dio quanto mi è mancata e quanto la amo. Dio quanto sono agitato. Premo sull'acceleratore e in meno di due minuti mi fermo davanti all'ospedale.
Corro all'entrata chiamando come un pazzo l'infermiera la quale prontamente prende una sedia a rotelle per Emma. La troviamo fuori dall'auto dolorante. Afferra il mio braccio mentre corriamo verso la sala.
«Lei è il marito?» domanda l'infermiera notando che Parker si affianca spaventato e con il fiato corto.
«Sono io suo marito ma lui entra con noi!» ringhio.
L'infermiera ci guarda smarrita poi annuendo ci trascina in una stanza. «Il dottore arriverà subito! Intanto vi pregherei di uscire un momento perché la signora deve cambiarsi e dobbiamo controllare cosa sta succedendo!»
«Col cazzo!» ringhio agitato. «Io rimango con lei!»
«Esci!» urla Emma.
Spalanco gli occhi incredulo poi dandole un bacio esco dalla stanza insieme a Parker.
Metto le mani in testa. Cerco di respirare lentamente. Sono parecchio agitato. Inizio a camminare avanti e indietro.
«Mi dispiace per prima», dice forse per distrarmi.
«No, ho sbagliato di nuovo. Avete ragione entrambi. Dispiace a me! Avrei dovuto chiedere il suo parere e dirle la verità poi si è arrabbiata e...» sbuffo.
Sentiamo Emma lamentarsi. Mi avvicino subito alla porta ma Parker mi blocca per la spalla. «Non entrare!»
Devo sembrargli spaventato. Lo leggo nei suoi occhi ma lui lo è più di me.
Il mio telefono vibra. «Finalmente!» sbotto. «Siamo in ospedale!» stacco.
Parker trattiene una risata prima di schiarirsi la voce.
«Che c'è?» sbraito.
«Hai appena staccato in faccia il telefono a tua sorella», mi fa notare.
Guardo lo schermo. «Merda!» impreco. «Sono agitato!» ammetto.
«Anch'io! Tranquillo, mi occupo io delle chiamate», dice allontanandosi.
Dalla porta esce l'infermiera facendomi cenno di entrare.
Indeciso esito un momento poi docile entro nella stanza. Attendo che mi dica qualcosa.
«Arriverà prima del previsto a quanto pare...»
Emma è sul letto con un camice. Ha i fili del monitoraggio cardiotocografico sulla pancia e una flebo attaccata. I suoi occhi sono rossi e protende la mano quando mi avvicino. Si aggrappa a me con forza per alzarsi leggermente. L'abbraccio massaggiandole il fondoschiena. Non so come comportarmi. Ha degli sbalzi d'umore incredibili.
Emette dei piccoli gemiti di dolore. «Ho paura», piagnucola.
«Anch'io!» ammetto.
Ci guardiamo prima di stringerci. «Ti amo piccola e mi dispiace per tutto! Sono un disastro...»
Emma stringe il mio braccio lamentandosi. «Non sei un... disastro qualunque», respira. «Sei il mio bellissimo disastro. Ti amo!» chiude gli occhi.
Continuo a massaggiarle la schiena. «Perché piangi?»
Singhiozza. «Voglio la mia mamma!» piagnucola.
Il mio cuore sussulta. Distolgo lo sguardo per non piangere con lei. Noto Parker impalato. Si riscuote avvicinandosi e prontamente le asciuga le lacrime. «Ehi principessa», le sussurra con un sorriso.
Sa essere perfetto anche in un momento del genere. Come fa?
«Ehi», Emma stringe la presa sul mio braccio solcandolo con le unghie. Il dolore deve essere davvero forte. Continuo a farle dei massaggi e sembra calmarsi un po'.
«Tra poco finalmente scoprirò se ho scelto bene il colore delle tutine»
Emma ride tra le lacrime. «Non ti dirò cosa è», deglutisce tirando su con il naso.
Ringrazio con lo sguardo Parker quando esce dalla stanza per rispondere al telefono.
«Non lo dirai neanche a me vero?»
Mi abbraccia. «No», dice con voce tremula chiudendo gli occhi prima di darmi un morso. 
Fa male ma trattengo un gemito. Bacio la sua fronte poi il collo. Rabbrividisce.
«Che fai?» domanda senza fiato.
«Facciamo l'amore?» mordo sotto l'orecchio.
Ride e il mio cuore si riempie di gioia. «Come facciamo?»
Strofino il naso contro il suo. «Sdraiati», sussurro. Mi fissa inebetita mentre tenta di tenere a bada il dolore. Dopo un momento si sdraia facendomi spazio. Tocco la sua pancia e con l'altra mano prendo il suo viso prima di avvicinarla alle mie labbra. «Immagina una bella vacanza, solo io tu e i nostri due mostriciattoli...» sussurro sulla sua bocca.
Chiude gli occhi colta dai brividi. «Che stai facendo?» parla a bassa voce.
«Siamo solo noi quattro al mare. C'è il sole, i bambini giocano. Stanno costruendo dei bellissimi castelli di sabbia e tu e io prendiamo il sole», continuo.
Morde il labbro trattenendo un gemito. «Fa male», piagnucola.
«Lo so piccola ma adesso tu fai dei piccoli respiri con me ok? Li facciamo insieme mentre ci godiamo il sole», bacio il suo collo poi salgo verso l'orecchio. «Brava piccola, respira così!»
Singhiozza. «Voglio la mia mamma», piagnucola ancora. Il mio cuore sussulta stringendosi per lei. «Lo so, la tua mamma è qui con noi. È bellissima! Ti sta stringendo la mano e sta respirando insieme a te, lo senti?» stringo leggermente la sua mano mentre sfioro le sue labbra.
«È davvero bella!» singhiozza. «C'è anche la mia sorellina e papà», calde lacrime rigano il suo bellissimo viso.
Gliele asciugo. «Shhh, senti il mare? Adesso facciamo l'amore?»
Sorride. «Come?»
Tappo la sua bocca con la mia. «Così!» sibilo prima di baciarla ancora. Si lascia trasportare dal bacio e per un paio di minuti si calma.
Mi alzo quando arriva un dottore a monitorare la situazione. Quando lo vedo spostare la coperta scatto bloccandolo. «Una donna non c'è?»
Emma ride. La sua risata riscalda per un momento il mio cuore. «Ethan è il mio dottore, dovrai lasciarlo lavorare», si blocca lamentandosi.
Tengo a freno la voglia di prendere a pugni quel pervertito. Un ragazzo di trent'anni circa, alto, moro, occhi nocciola. Sta guardando la mia Emma e non può, lui non può, lei è solo mia.
Emma stringe la mia mano mentre i dolori tornano. Si alza incapace di trattenersi. «Per favore, datemi qualcosa...»
«Datele qualcosa!» sbraitiamo io e Parker che nel frattempo è entrato in camera.
Il dottore toglie i guanti. «È troppo avanti, a breve dovrà iniziare a spingere. Non possiamo darle alcun farmaco. Torno tra poco!» esce dalla stanza quasi correndo notando le nostre espressioni.
Parker inizia a massaggiare la schiena ad Emma che se ne sta in piedi con i palmi sul letto. Respira e trattiene il dolore e le lacrime.
«Sono arrivati i tuoi. Aspettano tutti in sala d'attesa. Io andrò con loro quando sarà il momento...»
«NO!» urliamo io e Emma agitati.
Passo una mano tra i capelli. «Tu non esci da qui! Io, io non posso farcela da solo!» dico agitato.
Parker spalanca gli occhi. «È un vostro momento! Io non posso rovinarlo!»
Emma scuote la testa. «Parker, sta zitto! Tu rimani qui!» ringhia tra i denti la mia piccolina.
«Emma io non...»
Emma si volta con lo sguardo da assassina. «Tu rimani qui con me! Non te ne vai! Non mi lasci sola!» i suoi occhi si riempiono di lacrime. «Voglio almeno qualcuno della mia famiglia con me, ti prego!»
Parker mi guarda per avere il consenso. «Si, tu devi rimanere! Se svengo?» dico agitato quando Emma urla di dolore.
La aiutiamo a stendersi. «Io vi amo tanto» singhiozza.
«Anche noi!» accarezzo la sua fronte prima di baciarle una guancia. «Adesso fai nascere questa peste così potrò vincere la mia scommessa con Mark!»
Emma sorride prima di emettere uno strilletto.
Nella stanza entra il dottore di prima con una ragazza. Lo controllo a vista mentre fa sistemare Emma avvertendola che sarà il momento più importante. Ci fanno indossare camice e guanti. Il mio stomaco si contrae mentre sento solo il rumore del mio cuore impazzito.
Emma stringe le nostre mani. Io e Parker siamo uno a destra e uno a sinistra.
Ho il cuore che batte a mille. Sono emozionato. Diventerò papà. Ancora non posso crederci.
L'infermiera domanda ad Emma di fare dei grossi respiri e di iniziare a spingere.
La aiuto. Mi guarda spaventata. «Brava, così!» le diciamo io e Parker. Lui sembra bianco come un lenzuolo ma continua a stringerle la mano e a sussurrarle di tanto in tanto qualcosa.
«Non ce la faccio più...» dice sfinita dopo un paio di minuti.
«Ci siamo quasi!» strilliamo tutti.
Appoggio la fronte contro la sua guancia. «Sei forte! Siamo forti ricordi? Insieme, io e te! Prendi la mia forza e spingi piccola! Spingi e fai nascere il nostro bellissimo bambino. Ti amo!»
«Vai principessa! Voglio vedere mio nipote!»
«Siete due stronzi! Vi odio!» ringhia.
Ridiamo tutti mentre spinge con forza e poi sentiamo uno strilletto.
Scoppio in lacrime baciando subito le labbra di Emma. L'infermiera ci avvicina il nostro piccolo e dolcissimo mostriciattolo. Un bambino davvero bellissimo.
Io e Parker ci guardiamo. «Abbiamo vinto!» battiamo il cinque mentre Emma prende in braccio nostro figlio tremando e con un sorriso da mozzare il fiato sulle labbra.
Non posso esprimere a parole l'emozione che sto provando. Sento solo che è tanta e anche forte.
Il mio cuore batte all'impazzata quando me lo fa tenere in braccio. Piango come un bambino mentre bacio la piccola testolina prima di avvicinarlo a Parker. «Lui è il tuo zietto e padrino!» sussurro.
Parker non contiene l'emozione. Culla il piccolo prima di darlo all'infermiera per pulirlo. Stampa un bacio sulla guancia di Emma. «Vado a dare la bella notizia!» sorride raggiante ricomponendosi e poi ci lascia soli.
Bacio Emma. La bacio con trasporto incapace di trattenermi. «Grazie» sibilo. «Grazie», continuo. «È bellissimo!»
L'infermiera ci porta il fagottino. Io e Emma ci guardiamo intensamente. «Noah!» diciamo all'unisono. Torno a baciare le sue labbra.
«Signore, dovrebbe uscire. Porteremo sua moglie e suo figlio in camera tra poco.»
Annuisco prima di baciare ancora Emma con un sorriso mozzafiato ed esco quasi correndo verso la mia famiglia. Tolgo il camice strada facendo.
Esco in sala d'attesa e vengo circondato.
«Allora? Parker ci ha detto che è bellissimo!»
Annuisco emozionato. Mamma mi abbraccia. «Sono orgogliosa di te! Congratulazioni neo papà!»
Anche papà mi abbraccia prima di mostrare la sua macchina fotografica pronto ad immortalare il momento poi guarda mamma con amore. Non potrei essere più felice di così. Il mio cuore sta scoppiando. Mi sento stordito e incredulo.
Lexa e Anya sono ansiose di vedere Emma.
Mark mette una mano sulla mia spalla prima di abbracciarmi. «Benvenuto nel club paparino!». Ridiamo tutti.
L'infermiera ci fa segno di andare nella stanza dove è stata spostata Emma. Rimango un po' indietro accanto a Parker. Ci guardiamo prima di abbracciarci. «Sarà un bravissimo giocatore!» diciamo quasi all'unisono.
«Auguri neo papà!»
«Auguri zietto! Grazie, per tutto!» replico.
Entro nella stanza. Emma è circondata dalla famiglia intenta ad ammirare il nostro bellissimo bambino.
I suoi occhi si posano su di me. Il mio cuore batte proprio come la prima volta che l'ho vista. È bellissima.
Davina guarda curiosa il bambino prima di abbracciare Emma che la riempie di amore e attenzioni nonostante la stanchezza. È una grande mamma e io la amo più di ogni altra persona al mondo.
Dopo circa mezz'ora di risate, foto, sorrisi, tutti se ne vanno lasciandoci soli.
Emma sistema il piccolo nella culla. Sorride toccando quella manina delicata mentre Noah dorme sereno.
Mi fa spazio accanto a lei. Mi sdraio stanchissimo ma felice. Sto scoppiando dalla gioia. Bacio la sua spalla poi salgo su per il collo. «Ti amo!» sussurro.
Stringe le mie braccia attorno alla sua vita. «Lo abbiamo fatto noi... è bellissimo!» sussurra guardando con amore Noah prima di voltarsi con un sorriso.
Non riesco a trattenermi prima di baciarla. «Si ed è il bellissimo noi di sempre!»

N/A:
~ Si può essere felici con poco. Non ha importanza il tempo e lo spazio. Contano gli attimi indelebili. Contano gli sguardi, i sorrisi, i piccoli gesti che riscaldano il cuore.
Si può essere felici con poco. Si può essere felici in due. Si può essere felici creando qualcosa di straordinario e unico...
~ Buongiorno! Finalmente sono riuscita ad aggiornare. Mi scuso se vi ho fatto attendere due lunghi giorni. Ho avuto un po' da fare ma spero di tornare operativa.
Come sempre spero di avervi tenuto compagnia, di avervi fatto emozionare in qualche modo e appassionare a questa storia.
Ringrazio davvero ognuno di voi per il sostegno. Anche a coloro che leggono rimanendo in silenzio. Grazie di ❤️
Scusate per gli errori. Se vi va lasciate un commento e un voto. Buona giornata!
Ps: aggiornerò anche le altre storie quindi vi aspetto!!! :* ~

#EMVANS ❤️

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