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Capitolo 65

«Emma volevo dirti che verrà mio fratello per portarti delle cose che ho dimenticato...», la mia amica continua a parlare ma non riesco ad ascoltarla perché sono incantata da due occhi azzurri profondi che mi stanno fissando intensamente. È un colpo al cuore.
Indossa un jeans stretto strappato, converse e maglietta larga a maniche corte. In mano tiene delle buste e anche un borsone. Sta sorridendo in lieve imbarazzo e continua a guardarmi in attesa di una mia possibile reazione. Adesso cosa faccio? Mi tremano le gambe.
«Emma ci sei?»
Strilla Anya preoccupata dalla mia non risposta.
Mi riscuoto facendomi da parte e lascio passare l'Adone che si è presentato alla mia porta. «Si, si è appena arrivato. A dopo», balbetto staccando prima che possa rompere con altre avvertenze. Temo che abbia architettato tutto nei dettagli. Con Parker lontano e loro a tenerlo a bada... Ok, adesso sto esagerando. Non posso pensare una cosa del genere. E se? Scuoto la testa e faccio un grosso respiro. La mia amica non mi tradirebbe in questo modo. Poi ripenso a questo anno disastroso e il mio stomaco si contrae. Inizio ad avere mille dubbi. Anya ha più volte ribadito di non vedere Parker al mio fianco perché non è la mia famiglia. Avrà agito cogliendo l'attimo usando la scusa della madre per portarlo via e avrà architettato qualcosa per fare arrivare il fratello a casa mia.
Mordo il labbro. Se continuo così impazzisco. Come faccio a sapere la verità se lei non è qua? Parker avrà capito che qualcosa non va?
«Ciao», dice.
«Ciao», sistemo la bambina nella culla improvvisata.
«Ho portato pannolini, scatole di latte, il borsone ma non so cosa ci sia dentro. Poi... Tutine e bavagli», sistema tutto sul bancone della cucina poi mi fissa dalla testa ai piedi.
«Grazie», balbetto. «Potevo pensarci io, non dovevi disturbarti», aggiungo riordinando il bancone per distrarmi.
«Conosci mia sorella», sorride e si avvicina alla nipotina. La prende in braccio e la fa sorridere.
Preparo l'insalata di pollo e dei sandwich e li sistemo sul vassoio prima di portarli a tavola. «Visto che sei qui ti fermi per pranzo?»
Mordo il labbro trattenendo ogni cattivo pensiero. Se ne andrà e io potrò rimanere da sola con Stella prima del ritorno di Parker.
Ethan fissa me poi la tavola. «Va bene», sistema Stella e poi viene a sedersi a tavola.
Pranziamo in silenzio. Ammetto di sentirmi in imbarazzo accanto a lui anche perché continua a fissarmi con quei suoi maledettissimi occhi che fanno sollevare ogni strato di pelle.
Non so con esattezza cosa sto provando. So solo che è insano tutto questo, mi destabilizza. Lui agisce sempre in due modi, lo conosco, ma la sua calma mi fa sentire parecchio in ansia perché non so proprio quando scatterà.
Il telefono squilla. Mi rialzo sbuffando ma non appena vedo il nome sullo schermo mi illumino come una lucetta. «Ehi»
«Ehi principessa. Ti manco? New York è noiosa senza di te!»
Ridacchio appoggiandomi contro il bancone della cucina. «Si che mi manchi. Come va?»
Saetto con lo sguardo e noto che Ethan si è alzato.
«Stanco per il viaggio ma incontrerò Ester e l'aiuterò. Ho il sospetto che vogliono tenermi lontano da te», ride.
Il mio stomaco ha uno strano vuoto quando Ethan posa i piatti sporchi sul lavello sfiorando il mio braccio.
«Vedi di fare in fretta», balbetto
«Già in astinenza
Rido arrossendo. «Chissà come farai senza», rispondo intuendo il suo gioco.
«Recupereremo principessa. Adesso vado a farmi una doccia e poi riposo. Chiamo dopo. Ti amo»
«Va bene. Ti amo». Stacco e prendo la frutta portandola a tavola.
«Tutto bene a New York?»
Perché la sua voce deve farmi questo effetto? «Si, era Parker non tua sorella. Sapevi che ci sono tre tipi o di più di biberon? Mi ha spiegato quali usare durante il giorno», cerco di cambiare argomento.
«Ho fatto bene a portarti tutto», sorride e va a prendere di nuovo la bambina che nel frattempo ha iniziato a piangere.
«Sono rimasto fuori casa nella fretta. Non è che Anya ti ha lasciato le chiavi?»
Scuoto la testa. «No», mordo il labbro. E questo cosa significa?
«Troverò un motel», risponde facendo spallucce prima di fare una faccia disgustata sollevando la bambina. «Credo che dovrai cambiarla», afferma.
«Puoi sempre farlo tu», sorrido e prendendo la bambina la porto nel fasciatoio improvvisato.
Ethan arrossisce. Sembra quasi intimidito. «Non so come si fa», ammette grattando la fronte.
«Slaccia il body e poi solleva queste», indico le linguette che aprono i pannolini.
«Adesso?»
«Adesso solleva le gambe della bambina e pulisci con la parte meno lercia il culetto poi appallottola il pannolino e pulisci il sederino di questa principessa con la salviettina», mentre do indicazioni Ethan esegue cauto e disgustato. 
Faccio ridere la piccola la quale non appena Ethan tenta di ripulirla fa la pipì. Scoppio maggiormente a ridere mentre lui balza indietro. «Che cazzo?»
Rido forte mentre procedo pulendo la piccola e passando la pomata sul suo sedere.
Ethan prende il pannolino sporco con due dita. «Cosa diavolo ha mangiato?», getta tutto dentro la spazzatura e pulisce più volte le mani.
«Mentre le preparo il latte, puoi cullarla?» rido incapace di trattenermi.
Annuisce e mi dirigo in cucina. Preparo il latte nell'apposito biberon e poi torno in soggiorno. Passo il biberon a Ethan e poi vado a riordinare il casino sul fasciatoio.
«Ha già finito?», pulisco la bocca alla bambina e prendo il biberon vuoto per sterilizzarlo. «Si!» Ethan si alza per farle fare il ruttino. Lo osservo mentre si muove tranquillo nel mio soggiorno. Ad un certo punto però sentiamo una sorta di conato rumoroso e una puzza acida pazzesca.
Ethan solleva la bambina fissando incredulo e disgustato l'enorme macchia bianca sulla sua maglietta. «Cosa ti ho fatto?», la piccola in risposta vomita ancora.
Rido forte fino ad avere le lacrime. «Dalla a me», controllo che stia bene e dopo un paio di minuti vado in bagno per prepararle un bagnetto per ripulirla. Ethan mi segue attento. «Se mi dai la maglietta posso lavartela e in un paio di minuti sarà come nuova».
Riempio la vasca di acqua mentre cullo la piccola che piange.
Senza farselo ripetere sfila la maglietta davanti a me e su mia indicazione la mette dentro la lavatrice azionando il lavaggio veloce. Tento di distogliere lo sguardo dal suo fisico palestrato perfetto e da quei tatuaggi meravigliosi che creano un intricato mosaico sulla sua pelle chiara.
Facciamo il bagnetto alla bambina la quale ride e piange. Quando dobbiamo rivestirla Ethan prova con la fascia per la testa e sembra terrorizzato nel toccarla. Lo rassicuro e quando Stella si addormenta vado a sistemarla nel suo lettino.
«Saresti una mamma stupenda», dice mentre mi dirigo in cucina per pulire il casino.
«Ho saputo di Parker. Mi dispiace, so quanto ci tieni», aggiunge.
Annuisco avvertendo uno strano vuoto dentro lo stomaco. Anya ne avrà parlato anche con lui. Perché?
«Ci stiamo provando ugualmente», mi stringo nelle spalle. Parlare di questo proprio con lui è strano.
«Ci sono altre opzioni. Potrei offrirmi per il seme...» sorride.
Lo guardo sbigottita. «Non accetterebbe mai, non da te!», scuoto la testa gesticolando. È pazzo? «Poi sarebbe strano e difficile da sopportare. Anche per te credo». Mi distraggo riordinando il bancone mentre Ethan mi aiuta in silenzio.

Si appoggia contro il bancone guardandosi attorno mentre inizio a lavare i piatti. «Emma, sai benissimo quale sarebbe la soluzione migliore», rompe il silenzio.
«Non so di cosa stai parlando», uso un tono indifferente. Le mie mani tremano. Non può dire sul serio. Non può farmi questo, non ora.
«Invece lo sai», sospira e scuote la testa. «Sai già cosa dovresti fare», ribatte deciso.
Continuo a lavare i piatti sporchi. Ethan va a prendere la maglietta asciutta indossandola di nuovo. «Parker è un tipo sveglio. Quanto ancora passerà prima che capisca che la soluzione è ovvia?»
Mi fermo un momento trattenendo aria nei polmoni. «Si dà il caso che io ami Parker. Non può darmi un bambino ma ci stiamo provando ugualmente. È estenuante come situazione ma anche piacevole», ribatto acida.
«È solo una scopata Emma! Lui non è la tua famiglia, io lo sono!»
Mi volto a guardarlo e lo fulmino con lo sguardo. «Io non ho una famiglia! Parker è come il marito che non ho avuto e sto bene con lui. Non ha importanza se non potremo avere una famiglia piena di bambini. Staremo bene e troveremo insieme un modo perché è questo quello che fanno le vere coppie», alzo il tono della voce irritata.
«Si dà il caso che sei stata tu ad allontanarmi. Sei stata tu a prendere una decisione per entrambi. Ho accettato perché non volevo perderti ma sono stanco di combattere. Sono stanco di stare lontano da te. Sono stanco di sentirmi costantemente... solo. Io ho sempre scelto te. Hai me Emma, hai sempre avuto me!» gesticola nervoso.
«Ma non c'eri! Non eri con me quando è successo e ho avuto paura! Non c'eri!», sussurro con un nodo in gola ripensando a quei mesi terribili.
«Perché non mi hai avvisato! Non mi hai reso partecipe. Era anche il mio bambino Emma! Non stai soffrendo solo tu per questo! Ho anch'io dei sentimenti! Te ne sei andata lasciandomi con un fottutissimo biglietto. Non mi hai dato modo di spiegare», urla.
«Hai avuto mesi per spiegare chi cazzo eri e non lo hai fatto!» alzo il tono di voce.
«Potevamo avere una famiglia Emma. Potevamo avere quel bambino. Potevamo stare insieme se solo non fossi scappata», picchia il pugno contro il bancone rosso in viso.
«Non parlarmi con quel tono! Tu non sai cosa ho dovuto passare. Sei solo geloso perché ora ho tutto ciò che voglio per stare bene e non ti va proprio giù perché ti ho tagliato fuori dalla mia vita. Non avrebbe mai conosciuto un padre come te! Non lo avrei permesso. Non avrei permesso al mio bambino di vivere nella menzogna!» urlo a mia volta con le lacrime che tentano di sgorgare.
«No, non hai tutto», scuote la testa infuriato. «Ti scopi un uomo che non è tuo marito. Posso anche accettarlo, ma rimango ugualmente io tuo marito! Rimango io la persona a cui hai detto di sì quella notte!»
Stringo forte un bicchiere e si sente uno strano scricchiolio prima dello schianto. Il vetro vola ovunque e un dolore lancinante si fa strada sul palmo della mano.
Ethan scatta vicino per vedere cosa ho fatto ma ritraggo la mano insanguinata mettendoci un panno sopra e allontanandomi da lui.
«Non fare la bambina. Fammi vedere!», ringhia afferrando il polso e sollevando leggermente il panno mentre il sangue continua a sgorgare. Fa una smorfia guardandosi attorno. «Andiamo in ospedale»
«Vado da sola grazie. Tieni d'occhio la bambina», mi incammino in camera.
«Cosa diavolo stai facendo?», sbraita.
«Mi sto cambiando. Se hai notato ho la camicia di Parker addosso», rispondo acida.
Fa subito una smorfia. «Si, è meglio che tu la tolga. Che ci fai con la sua camicia?»
«Si dà il caso che stavamo facendo sesso prima che Anya irrompesse in casa con la storia del bastardo che tenta di estorcere denaro a tua madre. Sai com'è, ho indossato la prima cosa comoda che ho trovato.» Arrossisco. Ho davvero detto questa cosa per ferirlo?
Il sangue continua ad uscire dal palmo e inizio a barcollare e a vedere appannato.
«Prendo la bambina e andiamo. Da sola non vai da nessuna parte», smette di sbraitare e improvvisamente sembra essersi ammutolito. Adesso è arrabbiato? Terrà il muso?
Lo seguo in auto mentre sistema la bambina con cautela per non svegliarla e per tutto il viaggio rimaniamo in totale silenzio. Un silenzio interrotto dai borbottii della piccola ignara della tempesta che si sta abbattendo su di me.
Dopo avere agganciato il marsupio per la bambina, Ethan mi aiuta ad entrare in ospedale. Ho perso un bel po' di sangue e non mi sento affatto bene. Barcollo visibilmente.
Un dottore notando il mio stato, mi presta soccorso portandomi in una stanza carica dell'odore di disinfettante. Le mie narici vengono investite con forza e per un momento sento di avere bisogno di vomitare.
Una ragazza inizia a disinfettare la ferita che sembra abbastanza profonda. «È sua figlia? È bellissima», sorride procedendo con la pulizia e i punti.
«Si è bellissima», ribatte Ethan con un sorriso tutto orgoglioso. Dov'è finito il ragazzo irato?
«Da quanto siete sposati?»
«Da quasi due anni», risponde pronto prima che io riesca ad aprire bocca.
«Per favore potrebbe farlo uscire? Questo non è un posto per una bambina. C'è troppa puzza di disinfettante», ringhio nervosa.
L'infermiera annuisce lanciando uno sguardo a Ethan il quale in risposta mi fulmina con i suoi occhi. «Credo di volere rimanere», sibila tra i denti prima di contrarre la mandibola.
«So cavarmela da sola, per come ho sempre fatto. Sono solo dei punti», rispondo acida.
Sbuffa ed esce dalla stanza scuotendo la testa.
«Suo marito è molto protettivo», la ragazza mi sorride mentre benda la mia mano.
«Non è più mio marito e la bambina è sua nipote. Si sono trovati nel posto sbagliato», ribatto incupita.
«Lo ama ancora però e da quanto ho notato, lui ricambia», si alza dalla sedia e con un sorriso prende delle compresse. Dopo averle prese inizio a non sentire più dolore alla mano.
Mi rialzo traballante. «Grazie per l'aiuto»
«Si figuri. Si assicuri che i punti rimangano asciutti. Cadranno da soli nel giro di qualche giorno. Mi raccomando, disinfetti spesso e faccia attenzione».
Saluto ed esco dall'ambulatorio. Si è fatto tardi. Ethan mi attende quasi ansioso fuori dalla porta.
Il viaggio di ritorno è altrettanto silenzioso e carico di tensione. La bambina piange e tento di cullarla ma evidentemente ha fame.
Arrivata a casa infatti le preparo il latte e mentre ciuccia dal biberon, si addormenta. Le stampo un bacio sulla testolina e la metto a letto.
Ethan si siede e la osserva in silenzio.
Il telefono squilla.
«Ehi», saluto allegra di fronte alla videochiamata. Sono davvero stanca ma non devo destare sospetti. Posso farcela.
Anya mi guarda un momento di troppo poi gira lo schermo e Parker mi saluta con un sorriso dolce sulle labbra. Il mio cuore si riscalda e i miei muscoli si rilassano. «Che hai fatto alla mano?»
Fisso la benda. «Niente, un piccolo incidente. Sto bene e Stella sta bene. Anche Ethan sta bene. Stiamo tutti bene», ribatto subito per evitare fraintendimenti. Non voglio innervosirmi di nuovo.
«Ti lascio solo un momento e ti fai male?», stranamente Parker sorride. Non so cosa sta pensando nel vedere Ethan ma credo che Anya gli abbia già detto che sarebbe passato.
«Ah, ah», gli lancio uno sguardo torvo facendo una smorfia.
«Ok voi due basta con questo zucchero. Posso parlare con mio fratello?»
Inarco un sopracciglio poi sbuffo e mi rialzo lasciandolo solo.
Sistemo il letto e mi distraggo riordinando delle magliette. Sento Ethan parlare con Anya ma non capisco bene cosa stanno dicendo. Continuo ad avere dei dubbi su questo viaggio improvviso. Continuo a chiedermi perché proprio Parker. Continuo anche a domandarmi perché mai Anya abbia fatto venire Ethan quando in realtà non aveva dimenticato un bel niente perché le avevo detto che avrei comprato e pensato a tutto io per la mia figlioccia. Questa storia mi puzza.
Sento la piccola piangere e torno in soggiorno per controllare che vada tutto bene. Ethan è ancora al telefono con Anya ma non è in videochiamata. Spero non legga i messaggi che io e Parker ci scambiamo di solito quando siamo al lavoro e abbiamo bisogno di qualcosa. Non so come potrebbe reagire. Non so nemmeno perché mi sto preoccupando di questo. Il mio umore inizia a vacillare così come il mio stomaco che continua a contrarsi ogni volta che lui è vicino a me.
Sollevo Stella e gioco un po' con lei per farla calmare. Le cambio il pannolino con una mano e poi le metto il pigiama. Le scatterò una foto da mandare a Daniel. So quanto gli piacciono gli album e le foto. So anche che non intende perdersi un giorno della sua nipotina. Crescerà in fretta e questi sono gli anni migliori.
Ricordo la mia sorellina. Sento sempre la sua mancanza. Chissà come sarebbe ora. Mi riscuoto.
«Ok, va bene. Devo andare», Ethan stacca e ripone il mio telefono sul mobile in legno accanto al divano.
Continuo a coccolare la bambina e poi le scatto una foto con un gran sorriso sulle labbra. È così dolce. Ci sarò sempre per lei. Inoltro la foto a Daniel.
«Senti Emma, mi dispiace. Non avrei dovuto...», dice di punto in bianco per interrompere il nostro silenzio imbarazzato. «Sono stato insensibile e mi dispiace!»
«No, in parte hai avuto le tue ragioni ma non è come credi», ribatto con calma. Non ho intenzione di litigare nuovamente con lui. Sono anche molto stanca. Non pensavo che badare ad una bambina sfiancasse così tanto.
«Emma stai commettendo una cazzata e lo sai anche tu. Per quanto tu creda di amarlo, non sarà sempre lo stesso sentimento che nutri per me. Mi dispiace, non posso appoggiarti in questo. Non ci riesco. Non perché io sia geloso e anche tanto ma perché meriti di essere felice e questa, non è felicità», sospira recuperando le sue cose.
«Dove vai?», domando insicura. Perché non voglio che vada via?
«A prendere una pizza. È il minimo che io possa fare. Passo anche da un motel per prendere una camera».
«Puoi dormire qui se vuoi. Il divano puoi sistemarlo a letto. Non è comodissimo lo so», dico di getto. Che diavolo mi prende?
Ethan si guarda un momento attorno. «La pizza la prendo lo stesso. Ho voglia di mangiarne una», digita qualcosa sullo schermo del suo telefono e poi si siede aprendo le braccia per prendere la bambina. Cauta mi avvicino a lui sistemando Stella e poi mi siedo.
«Non so come stanno Seth e Camille. Sono un'amica orribile. Ci sentiamo ogni tanto ma sono sempre in viaggio e non ho modo di parlare con loro. Sento anche di rado Max e mi manca...»
Mette la bambina nella piccola culla improvvisata. «Non sei un'amica cattiva Emma. Stai passando dei brutti momenti a causa mia e mi dispiace. Loro lo sanno. Sanno che cosa succede. Sanno che cosa ti ho fatto passare. Oggi ti sei pure fatta male perché ti ho provocato. Non avrei dovuto attaccarti in quel modo», sospira e poi continua. «Ho dovuto fare delle scelte importanti. Ho dovuto mentirti per proteggerti. Non potevo metterti in pericolo e nonostante ciò ti sei ferita lo stesso. Ho sbagliato troppe volte. È stata colpa mia, della mia decisione sbagliata ma rifarei tutto da capo se questo mi porterebbe ad avere ancora un momento tranquillo e da solo con te. Ti amo Emma. Ti ho sempre amato. Ti ho amato dal primo istante in cui ti ho vista, indifesa, spaventata ma anche forte e tenace e decisa. Vorrei che potessi entrare dentro la mia testa e nel mio cuore per farti vedere e sentire quello che penso e provo!» Stringe le mie mani. «Ti ho amata quando quella notte a Las Vegas mi hai subito detto di sì. Non hai esitato, non hai preso dei minuti. Hai solo detto di sì. Hai scelto me come tuo marito e anche se per poco, io mi sono sentito il ragazzo più fortunato sulla faccia della terra. Non smetterò di amarti. Non accetterò nemmeno che tu metta la tua vita da parte per un ragazzo che non potrà mai renderti veramente felice come solo io potrei fare. Non dirmi che questo non è vero. Lo sai tu. Lo sa Parker e lo so io. Non è convinzione. È amore!»
Bussano alla porta e si alza per andare ad aprire. Sono troppo sconvolta per chiedere chi sia. Rimango seduta sul divano come una stupida mentre si avvicina con due cartoni di pizza in mano. Sistema tutto sul piccolo tavolo in legno e poi torna a guardarmi. «Adesso, che ne dici di cenare e perdonare il mio errore di oggi davanti una pizza?» mi guarda speranzoso.
Smetterò mai di sentire formicolare la pelle? Smetterò mai di sentirmi sulle nuvole ogni volta che mi guarda?
Smetterò mai di amarlo così intensamente?
Smetterò mai di sentirmi nel posto giusto con lui?
Mordo il labbro trattenendo le lacrime dentro e apro il cartone prendendo subito un trancio di pizza per suggellare questa strana tregua. Le sue parole mi hanno spiazzata. Non immaginavo tutto questo. Sto provando troppo e tutto insieme.
Ceniamo in silenzio mentre la piccola Stella dorme tranquilla nel suo spazio comodo tra i cuscini.
Mi alzo per riordinare e Ethan mi segue in cucina. Aiuta con i piatti e toglie di mezzo le schegge ancora per terra.
Non so cosa, sto lanciando uno sguardo alla bambina quando mi ritrovo sul bancone della cucina. Il suo corpo statuario da Adone tra le mie gambe. Le sue mani sulle mie cosce. I suoi occhi fissi sui miei. Vengo colpita dai brividi continui quando le sue mani sfiorano la mia pelle. È come se avessi appena toccato un filo scoperto. Il suo viso si avvicina al mio lentamente. Deglutisco a fatica. Posa le dita sul collo facendole scorrere verso il basso avvicinandosi ulteriormente. Sono bloccata dalla sua forza devastante, dai suoi gesti, dai suoi occhi. Le sue labbra si posano sulle mie per pochi secondi. Le sento formicolare immediatamente. Di punto in bianco afferra la mia nuca e mi bacia con impeto. Un bacio quasi disperato. Trattengo il fiato mentre ricambio il bacio senza riuscire a reagire, a razionalizzare la situazione, a dire di no. Il mio cuore rischia di scoppiare.
Ansima e io faccio lo stesso mentre in balia delle onde vado a sbattere contro gli scogli.
Che cosa sta succedendo? Merda, no, no, no.
Poso il palmo contro il suo petto e lo allontano. Prova a baciarmi di nuovo ma riesco a bloccarlo. «Non possiamo», dico a corto di fiato con una mano sulle labbra gonfie dei suoi baci e il viso rosso. Scendo immediatamente dal bancone e dopo avere preso la bambina vado in camera con una certa fretta. Mi farò una dormita e dimenticherò tutto questo. Si, dimenticherò il bacio, il suo profumo sulla pelle, le sue labbra sulle mie, le sue mani sul mio corpo. Dimenticherò la sensazione di appartenenza. Dimenticherò i battiti scostanti del mio cuore ferito.
Scuoto la testa. Non deve succedere più. Devo assolutamente stare lontana da lui. Cosa mi è venuto in mente quando ho deciso di ospitarlo?
Tolgo i vestiti e infilo solo una maglietta lunga e larga. Sdraiata sul letto coccolo la piccola Stella sveglia e in cerca di attenzioni e poi ci addormentiamo.

Sento la pelle formicolare. Apro lentamente le palpebre e mi accorgo che una mano sta sfiorando la mia guancia. Allarmata scatto a metà busto.
Spalanco gli occhi incredula. «Che diavolo stai facendo?», cerco di modulare il tono di voce per non svegliare la bambina.
«Non riesco a dormire. Cosa sognavi?»
Cosa sognavo? Non lo so. «Non credo ti riguardi», sbuffo dando uno schiaffo alla sua mano quando tenta di avvicinarsi nuovamente alla mia pelle per tormentarla.
Ethan si siede sul letto e con insistenza poggia il palmo sulla mia guancia. «Parlavi nel sonno», sorride nel suo modo furbo.
«Non è vero. Bugiardo!» replico rossa in viso.
«Dicevi che mi ami», sussurra avvicinandosi pericolosamente. «Che mi ami tanto e che mi vuoi nella tua vita», continua ad avvicinarsi.
Mi appiattisco contro la testiera del letto ma non ho via d'uscita. «Non è vero. Cioè non è vero che non ti amo...» balbetto arrossendo.
Ethan si spinge su di me e stringendo il mio viso inizia a baciarmi delicatamente. «Lo so che mi ami. Il tuo corpo lo dice al posto tuo. Sei solo una testona!», sorride sulle mie labbra e poi si impossessa della mia bocca per un bacio dapprima eloquente poi possessivo.
Riesco ancora una volta ad allontanarlo. «Ethan, non possiamo! Non puoi entrare nella mia stanza e... baciarmi», balbetto affannata.
Fa una smorfia e poi va a sdraiarsi dall'altro lato, accanto alla piccola. Sorride in modo sfrontato sistemandosi su un fianco poi chiude gli occhi.
Alzo i miei al cielo. Sta davvero dormendo nel mio letto?
Spengo la luce e provo a dormire. Non sarà affatto facile. Non se lui è a pochi centimetri di distanza.
«Lo sai anche tu qual è la cosa giusta da fare. Lo capirai prima o poi che siamo sposati e ci amiamo», sussurra roco. «Ricorderai cosa è successo a Las Vegas quando hai detto di sì e sentirai ancora quella strana euforia e felicità»
Non replico. Cosa potrei dire?
Sento solo i battiti scostanti del mio cuore.
Sto per prendere sonno quando Stella inizia a piangere. Stordita accendo la luce e la prendo subito in braccio.
«Shhh, ci sono io», sussurro cullandola.
La bambina continua a strillare rossa in viso. Guardo l'orologio. Sono le tre di notte. Probabilmente ha bisogno di essere cambiata e di mangiare. E se avesse delle coliche?
Ethan si avvicina e guarda sua nipote allarmato. «Cosa ha?»
«Non lo so», mi alzo dal letto e porto la piccola sul fasciatoio. Tolgo il pannolino e smette per un attimo di strillare.
«Cosa c'è? Eh?», le faccio un massaggio sul pancino e sorride.
Due braccia mi avvolgono per la vita. Ethan appoggia il mento sulla spalla. «Si è calmata», sorride.
Sono pietrificata. Cosa ha in mente ora? Non stiamo giocando alla coppia felice. Lui non può fare così. Non può destabilizzarmi. Rivesto la piccola e la metto a pancia in giù lungo il mio braccio. «Le prepari il latte?», domando per farlo allontanare. Annuisce e sparisce in cucina. Abbasso le spalle e continuo a cullare la piccola facendo avanti e indietro nel soggiorno.
«Come faccio a capire se non è troppo caldo?»
«Versane un po' sul polso» sbadiglio stanca.
Prova e si brucia. Manda fuori un'imprecazione e mette il biberon dentro una pentola d'acqua fredda.
Rido e quando alza lo sguardo mi trattengo mordendo il labbro.
«Lo trovi divertente?»
«Un po'»
Scuote la testa e ricontrolla che il latte non sia bollente. «Posso?»
Lascio che prenda la piccola e mentre se ne stanno tranquilli, riordino la cucina e il soggiorno.
Stanca mi rannicchio sul divano. Ho bisogno di dormire. Ethan passa la mano libera sul viso stropicciando gli occhi, prende posto accanto a me. Solleva le mie gambe sistemandole sulle sue ginocchia. Fa attenzione alla bambina coprendola con una copertina. Non ho le forze per spostarmi o muovermi. Mi addormento sfinita.

*******

«È questo che cosa significa?»
Apro gli occhi di scatto sentendo una voce alta e familiare. Spalanco gli occhi. Sono rannicchiata tra le braccia di Ethan e sto tenendo Stella in grembo mentre dorme tranquilla. Come ci sono arrivata in questa posizione? Quanto ho dormito?
Mi scosto da lui quasi scottata e fisso Parker e Anya a poca distanza. Lei incredula mentre lui mi guarda con le sopracciglia aggrottate e un'espressione indecifrabile in volto.
Poso delicatamente la piccola tra le braccia della mia amica e corro subito ad abbracciare lui. Gli salto addosso con un gran sorriso. «Sei tornato amore!», stampo un bacio sulle sue labbra. Lo sento fremere e trattenersi.
«Si, sono tornato», controlla la mia mano fasciata con una smorfia e poi lancia uno sguardo imperscrutabile ad Ethan che si sta stiracchiando. È freddo, distaccato. Cosa gli succede?
Provo ad abbracciarlo nuovamente ma stacca le mie braccia e in silenzio si dirige verso la mia stanza.
Rimango per un momento impalata. I miei piedi decidono di agire da soli. Due falcate e sono in camera. «Ehi», giro la sua spalla.
Non risponde, non mi guarda, prende tutto quello che trova di suo in camera e lo infila in valigia.
Il mio cuore perde dei battiti. Che diavolo sta facendo?
«Che stai facendo?», il tono di voce, esce stridulo.
«Sto tornando a casa», risponde secco.
«Cosa? Perché? Oggi non è venerdì, non dobbiamo stare da te», replico agitata e confusa. Provo a fermarlo ma è inutile, continua a recuperare le sue cose.
Ad un certo punto, sbuffa e poi sbotta schiantando la valigia a terra e dando un calcio al comodino. La lampada traballa. Non ho mai visto Parker ridotto in questo stato.
Mi paro subito davanti a lui. «Mi spieghi che ti succede?», stringo le dita sul suo viso costringendolo a guardarmi negli occhi.
«Non possiamo continuare così Emma. Non è giusto per te. Io, io non posso pretendere di averti tutta per me e non posso costringerti a non avere un futuro per come invece tu meriti!»
Gli occhi mi si riempiono di lacrime. Apro e richiudo la bocca incapace di articolare una risposta di senso compiuto. Sto soffocando e tremo.
La sua fronte si posa sulla mia. I suoi polpastrelli asciugano le mie lacrime. «Avrai la vita che meriti. Avrai una famiglia e un uomo che ti ama davvero, tuo marito. Io ci ho provato, davvero, ma non c'è storia Emma. Con lui, non c'è storia. Lui sarà sempre l'unico uomo per te!»
«Perché mi stai dicendo questo?», balbetto singhiozzando.
«Perché meriti di essere felice. Meriti di trovare il tuo "fino alla fine" che hai già ma non riesci a vedere per paura di essere ferita. Io sono solo uno scoglio ora come ora», sospira stampando piccoli baci sul mio viso.
«Ma non...»
«Shhh, andrà tutto bene. Lavorerai ancora per me. Saremo amici, vedrai, sarà tutto più semplice», sussurra con voce ora strozzata.
Il mio cuore si stringe facendo male. «Ma io ti amo», tiro su con il naso. «Non puoi farmi questo», singhiozzo.
Scuote la testa e sorride in modo triste. «Ami di più lui Emma. Ed è giusto che tu gli dia finalmente l'occasione che merita. Ho capito molto in questo viaggio. Le persone che parlano di voi, hanno capito da tempo che siete come un uragano, inarrestabili. Io ho solo provato ad essere quello giusto per te e ho sbagliato. Non sono io, non sono io il tuo principe Emma».
Lo abbraccio e mi stringe a sé con una certa forza. «Non voglio che mi lasci sola», singhiozzo contro la sua spalla.
«Non ti libererai di me principessa», sorride e stampa un bacio sul mio naso. Fissa le mie labbra e si avvicina ad esse con delicatezza. «Andrà tutto bene questa volta, vedrai», mormora prima di baciarmi con dolcezza e trasporto. «Ti amerò sempre ma non siamo fatti per stare insieme. Tu devi ricongiungerti al tuo opposto. Devi essere felice», continua sulle mie labbra prima di baciarmi ancora.
«Ti prego non farlo...», strillo in lacrime stringendo la presa sulla sua camicia. Sto per avere un crollo nervoso.
«Devo farlo. Capirai e mi ringrazierai un giorno per questo», stampa un lungo bacio sulle mie labbra poi recupera le sue cose e senza voltarsi se ne va.
La porta si chiude sonoramente. Sento il mondo aprirsi e la voragine inghiottirmi. Urlo buttando a terra tutto quello che trovo sul mobiletto. Mi guardo stordita attorno mentre i battiti rimbombano troppo forti dentro la mia gabbia toracica.
Scivolo a terra distrutta. Singhiozzo sonoramente e mi rannicchio in un angolino con le mani sulle orecchie. Ho un violento attacco di panico e mi lascio sconfiggere.
Non so quanto tempo sia passato. Ho i muscoli in tensione. Le labbra screpolate. I segni evidenti sulle braccia delle linee create apposta dalle mie unghie per costringermi a smettere di piangere, per ricordarmi di respirare. Ho un dolore forte al petto e la gamba fa male.
Sento la porta cigolare. Lexa si guarda attorno prima di sedersi accanto a me per abbracciarmi, poi sistema la mia testa pesante sulle sue gambe. Non dice niente. Accarezza il mio viso e i miei capelli. Poco dopo si unisce a noi anche Anya.
Chiudo gli occhi e stordita dalle lacrime perdo conoscenza.

N/A:
~ A volte sappiamo già come andranno le cose ma abbiamo paura e siamo costretti a rimandare di continuo ciò che è evidente e inevitabile. Si sbaglia, si cresce, si va avanti, si soffre, si ama ancora...
~ Parker ha capito come stanno le cose. Ci ha sbattuto la testa (come si suol dire). Purtroppo non sempre è possibile ricambiare l'amore allo stesso modo. Lui ha avuto il coraggio e la forza di lasciare andare Emma. Nonostante l'amore che prova nei suoi confronti, è riuscito a capire e a lasciarla libera. Ha scelto per lei e per il suo bene. Ha fatto quello che altri non avrebbero mai fatto. Le ha dato tanto amore anche se lei aveva il cuore diviso a metà. L'ha sostenuta. L'ha aiutata e protetta. L'ha fatta sentire al sicuro e amata. Alla fine purtroppo di fronte all'evidenza non ha retto. Come avrebbe potuto?
Alcune di voi esulteranno in questo momento altre invece no. Però non possiamo dire che Parker non sia stato un "SIGNORE" fino alla fine. Le sue parole, la sua spontaneità, la sua forza, il rispetto, l'amore. Ha dimostrato di essere un vero UOMO e ha accettato la sconfitta. Pochi farebbero una cosa del genere.
Non sto dicendo questo perché mi piace anzi amo Parker. Ma, perché sin dall'inizio lui aveva un ruolo diverso per questa storia. Inoltre la storia doveva concludersi con il secondo libro poi ho girato le carte e mosso i fili in modo diverso. Qualcuno di voi dirà che posso essere ancora imprevedibile per il finale, forse avete ragione ma questa è una storia d'amore anche se non è come le altre.
Voglio anche spezzare una lancia a favore di Emma. Molte di voi magari pensano che lei sia stata poco corretta, indecisa e una ragazza facile. Emma ha amato Ethan e Parker a modo suo. Forse avrà sbagliato i modi ma di fronte all'amore a volte non si pensa. La mente viene annebbiata e agiamo per istinto e attraverso i sentimenti.
Emma ha sofferto, pure tanto per amore. Ha avuto un brutto trascorso con il suo ex. Uno strano rapporto con Scott, una storia assurda con Ethan e alla fine per lei è arrivato Parker. Un ragazzo diverso che le ha aperto per davvero il suo cuore mettendola sempre in primo piano e comportandosi in modo naturale con lei. Ha commesso anche lui degli errori ma insieme hanno sempre saputo come affrontare i problemi.
Emma si è rialzata ed è ricaduta ancora ma non ha mai messo in dubbio il fatto di amare due persone. Non siamo tutti santi appesi al muro. Per amore si sbaglia e per amore si soffre. Per amore si compiono anche delle scelte dolorose.
~ Spero che questo capitolo vi sia piaciuto. Perdonatemi per gli errori e per questo papiro ma dovevo spiegare un paio di cosette. Come sempre potete esprimere il vostro parere in merito a questo capitolo e lasciare un voto. (Se vi va)
Cosa succederà ancora?
Se vi annoiate, passate a leggere:
- Ogni traccia che ho di te
- Forbidden
Buona serata :* ~

#EMKER 💙😘

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