Capitolo 54
Sono ferma sulla soglia di un sottopassaggio. Non so come ci sono finita. Persone senza identità iniziano a sfilarmi intorno. Salgono le scale, scendono, si fermano, parlano. Sono immobile in mezzo al frastuono. Sembra che i miei piedi siano attaccati al suolo. Inizio a sentirmi incredibilmente fuori posto e forse lo sono. Ho come una strana sensazione, una sorta di disagio interiore. Come se non fossi adatta al posto, al mondo, a me stessa. So di essere nel luogo sbagliato.
Riesco a voltarmi e vengo investita da due occhi profondi azzurri. Sono accesi, intensi, forti, diretti. Il suo profumo deciso si attacca alla mia pelle immediatamente. Il cuore sembra subire un'accelerata pazzesca quando le sue dita sfiorano il mio viso. Il rumore inizia a rimbombare dappertutto. Tappo le orecchie spaventata e tutto si allontana lasciandomi avvolta da una strana nebbia.
«Io non lo guarderei così!»
La voce di Anya si insinua nella mia testa come un tuono. Stringo le palpebre. «Così come?», domando girandomi attorno. È tutto così confuso. Da dove arriva?
«Come se fosse la tua ancora di salvezza»
Lo scenario cambia ancora. Sono dentro un'auto, la mia. Non riesco a muovermi. Due luci intense si fondono, attendo il suono del clacson e la fine.
Un urlo agghiacciante mi sveglia. Cristo, sono sudata e nel panico. Mi metto a sedere nel letto e prendo la testa tra le mani. Sono stata io quella ad urlare. In camera non c'è nessun altro. Provo a calmarmi facendo dei respiri profondi. Provo a liberare la mente dal ricordo dell'incubo. Sono molto stressata in questo periodo, deve essere stato questo. Oppure senti la mancanza di qualcuno? Domanda la vocina dentro la mia testa.
Arranco verso il bagno mi infilo dentro la doccia e apro il getto fresco dell'acqua. Strofino la pelle fino ad arrossarla. Tento inutilmente di sciogliere i muscoli tesi e il nodo allo stomaco. Dopo la doccia mi rivesto e vado in cucina. Sul ripiano trovo un biglietto in cui Parker mi da il buongiorno e si scusa per essere dovuto scappare in ufficio. Stropiccio il biglietto e lo getto dentro il cestino facendo canestro. Accendo la tivù sul canale musicale per avere un po' di compagnia. Apro il frigo e prendo una bottiglia di spremuta, uno yogurt e dei cereali. Faccio colazione e provo a rilassarmi con un po' di lettura. Niente da fare. Sembra tutto inutile. Mi rialzo dal divano frustrata e rimetto in ordine l'appartamento. Non c'è molto da fare in realtà. Parker non è mai disordinato e io ho le mie solite manie. Decido di lavorare e controllare le email. Il lavoro riesce ad intrattenermi per qualche ora. Stendo le braccia e mi guardo attorno. Il telefono sul ripiano vibra salvandomi.
«Disturbo?»
«Ehi, no no. Stella come sta?»
«Ti va di scendere? Ho bisogno che la guardi un momento così posso fare un po' di pulizie. Oggi mamma non c'è e io sono sola.»
Sorrido recuperando subito la borsa. «Arrivo!»
«Ti trovo bene», fa su e giù con gli occhi anche se sembra un po' allarmata mentre entro in casa sua.
«Non iniziare con la storia del "sei magra". Mangio più di te. Ad ogni modo dov'è la mia fragolina?», avanzo verso il soggiorno che somiglia più ad un campo di boy-scout. Evito di impigliarmi e raggiungo il passeggino. La bimba è sveglia e vigile. Sorrido nel prenderla in braccio. Sbadiglia e afferra il mio dito. La cullo sedendomi sul divano mentre la mia amica inizia a fare le pulizie.
«È bella vero?»
«Mark un giorno sarà un papà pazzo di gelosia perché questa piccola fragolina farà strage di cuori», per istinto la bimba sembra sorridere. È un riflesso. Non credo capisca ancora cosa stiamo dicendo.
Anya ride. «Con te non piange», sospira e toglie dei bavaglini sporchi dal tavolo. «Sei brava con lei».
Ha un sacco di roba da lavare e stirare. Mi offro volontaria ma rifiuta. Le servo per tenerle d'occhio la piccola mentre lei fa la donna di casa.
Guardo la bambina per un numero indefinito di tempo. È così bello tenerla tra le braccia, darle da mangiare, farle fare il ruttino e anche cambiarle il pannolino. È così bello tenerla al petto e sentire quell'odore buono tipico dei neonati. Per non parlare del bagnetto, un momento divertente e traumatico per la bimba.
Piange un po' dopo specie dopo avere mangiato così mi alzo dal divano e la cullo per farla calmare cantandole una canzoncina che stranamente ricordo. Mia mamma la cantava a mia sorella per farla addormentare quando proprio non ne voleva sapere. Rimanevo quasi sempre dietro la porta ad ascoltarla. Mi piaceva la sua voce, quel suo tono rassicurante. Sembra essere passato un secolo. Darei qualsiasi cosa per rivedere la mia famiglia.
«Emma tu che dici?»
Mi riscuoto e tappo la bocca. Non credevo di cantare ad alta voce mentre ero assorta in uno dei miei strani momenti. La bimba dorme con un lieve sorriso sulle piccole labbra a cuore. «Scusa, cosa?», alzo il viso e noto che non siamo più sole. Daniel è sbucato dal nulla e mi rivolge uno dei suoi sorrisi tranquilli.
Anya sospira. «Ti va di pranzare qui?»
«Ehm no, devo andare. Grazie lo stesso.»
Daniel soppesa il mio sguardo facendo una smorfia. «Parker non c'è, sei sola in casa. Rimani a pranzo.» Il tono mi ricorda quello del figlio e vengo attraversata da uno strano brivido da capo a piedi. Che cosa mi succede oggi? E' per il sogno prima dell'incubo?
Abbasso le spalle. «Va bene ma solo se posso aiutare in cucina», replico.
Daniel sorride tendendo le mani per prendere la bambina. Le sistemo la copertina e la lascio tra le braccia del nonno. Seguo Anya in cucina e iniziamo a preparare il pranzo.
«Sicura di stare bene?»
«Si», affetto una cipolla con il rischio di piangere.
«È come se ti fossi creata una corazza in questi giorni. Ti vedo distante. È per via di...»
Scuoto subito la testa e poi sorrido interrompendola. «No, sto bene. È solo un periodo pieno. Tra il lavoro, le pubblicità, la vita sociale, non credo di avere un momento per fermarmi e respirare davvero. Non so se mi spiego».
La mia amica annuisce. Il telefono vibra. È Lexa. «Tesoro sei impegnata?»
«Pranzo da Anya». Nello stesso momento la mia amica mi fa cenno di invitarla così aggiungo: «vieni anche tu?»
«Arrivo tra un paio di minuti. Ho bisogno di allontanarmi dal lavoro e da mia suocera», sospira distrutta.
Ridacchio. «Ti aspettiamo!».
«Tra te e Parker come va?», domanda subito Anya. Mangiucchia un pomodorino e rimane in attesa.
Rifletto un momento di troppo sulla domanda. Con Parker va abbastanza bene. Non abbiamo più litigato e più il tempo passa, più la nostra storia si fa seria. Per serio intento proprio quel concetto. Sono un po' spaventata perché ultimamente si affrontano discorsi importanti e non voglio correre o commettere altri errori. Ne ho già fatti abbastanza e voglio fare tutto con calma ma soprattutto: voglio essere pronta. «Bene direi».
«Da quanto state insieme?»
«Da più di un anno». Non ho mai tenuto il conto di una relazione. Dovrei farlo? Contano pure i mesi in cui ci si lascia? E quelli in cui si attraversano strani momenti di tensione?
«E quindi fate sul serio voi due», taglia il pane per disporlo dentro un cestino di legno intrecciato.
Annuisco. Cosa potrei dire? Sa già tutto quello che c'è da sapere. Stiamo insieme e ci amiamo cosa c'è da aggiungere?
Forse vuole sapere se ami ancora suo fratello?
Replica la vocina dentro la mia testa. Trattengo il respiro per un nano secondo soffocandola e torno alla preparazione degli antipasti salati.
Lexa arriva con un regalo per la bambina. Si diverte proprio a fare shopping. La tutina fucsia è il top. Anya la adora e lo so dal suo sguardo. Permette a Lexa di tenere la bambina e di rimetterla a dormire. Sono felice che le due abbiano trovato un punto di unione.
Quando arriva Mark, pranziamo in abbondanza. Si prendono discorsi generali e si chiacchiera del più e del meno. Nessuno parla di Ethan e nessuno affronta altri strani argomenti o fa il terzo grado per ricevere informazioni da potere filtrare.
Mentre Mark e Daniel se ne stanno in soggiorno con la bambina e la tivù accesa, noi ragazze rimettiamo in ordine la cucina.
«Dov'è oggi mister simpatia?»
Fulmino Lexa con lo sguardo. Sa che odio quando inizia a punzecchiarmi su di lui. Ultimamente lo fa spesso. «Lavora».
«Finalmente ti ha lasciata sola? Sembrava avere usato la colla nell'ultimo periodo».
Anya drizza le antenne e si incuriosisce. Vorrei potere dare un pizzicotto a Lexa per farla smettere ma so già che è impossibile.
«Era appiccicoso?», domanda in fretta e senza esitare.
«Oh dovevi proprio vedere. La seguiva ovunque. Decidevano tutto assieme e te lo ritrovavi anche in camerino. Lei non si è mai lamentata. Come biasimarla...»
«Ehi, vi ricordo che sono qui», ribatto imbronciata. «Abbiamo litigato e poi non si è allontanato da me per un po'. Non mi dava fastidio e ora che le cose vanno alla grande e vuole fare un passo in più sta cercando di migliorarsi lasciando i miei spazi liberi».
Le mie amiche spalancano gli occhi. «Cosa?», alzano la voce all'unisono. «Ti ha chiesto di...», inizia Anya balbettando. Sembra sia stata colpita allo stomaco. I suoi occhi saettano sulla mia mano per controllare che io non abbia nessun anello.
«No, non ancora ma ne abbiamo parlato». Arrossisco e distolgo lo sguardo. Sento i loro occhi puntati addosso. So che a breve inizieranno il terzo grado. Vorrei dileguarmi ma non ho vie d'uscita. Mi sono impantanata da sola in questa situazione. Perchè non riesco a stare zitta?
«State decidendo di sposarvi? Non vi basta convivere?», Anya quasi strilla.
«Non ho detto questo ma si, ne abbiamo parlato. Conviviamo e stiamo bene insieme. Sposarsi e iniziare a pensare al futuro non sarebbe una cattiva idea. Anche voi lo avete fatto no?», tento di smorzare la situazione con un sorriso. Purtroppo le mie amiche non ricambiano o meglio: Lexa sembra stordita e indecisa sul da farsi mentre Anya ha già assunto una posizione. Infatti la sua reazione non tarda ad arrivare. «Lo abbiamo fatto è vero ma con la persona giusta», replica immediata incapace di trattenersi.
«Parker è la persona giusta. Lo so che a voi non piace ma deve stare con me». Getto lo strofinaccio sul lavello e gesticolo.
«No, non lo è! Lo vedi come la tua salvezza ma sai benissimo che è come avere un amico accanto», Anya si fa rossa in viso mentre Lexa continua a tacere in imbarazzo.
«Io e lui non siamo mai stati amici. Conviviamo, ci amiamo e vogliamo stare insieme come una famiglia. Perché non riesci ad accettarlo?», alzo il tono della voce.
«Perché mio fratello è la tua famiglia. Noi siamo la tua famiglia! Mio fratello è tuo marito non lui. Lui, lui è solo uno scoglio su cui ti appigli per paura di affondare. Non ti amerà mai come ti ama Ethan!» Anya strilla così forte da fare sobbalzare Lexa.
I miei occhi si riempiono di lacrime. Inizio a sentirmi delusa. Non credevo potessi sentirmi ancora così nella vita. «E allora dimmi: dove cazzo è tuo fratello? Parker sarà pure come un amico ma lui è rimasto quando la "famiglia" mi ha tradito nascondendomi la verità!» raccolgo le mie cose. «E non venirmi a parlare di amore. Se tuo fratello mi amava davvero, non mi abbandonava. Se tuo fratello teneva davvero alla sua "famiglia" non si allontanava per paura della copertura». Raggiungo la porta e scrollando le lacrime guardo con furia la mia amica. «Non credere che per me sia facile convivere con questa storia addosso. Dio sa solo quanto io ami quella testa di cazzo. Conoscere tuo fratello è stato l'errore incancellabile della mia vita. Non potrò mai toglierlo dalla testa o da sotto pelle perché ormai si è radicato dentro. Non sarei mai dovuta venire a quella stupida gara. Sto solo cercando di andare avanti come state facendo tutti in un modo o nell'altro. E se per riuscirci devo sposare Parker, lo farò perché è la cosa giusta da fare. Non potete giudicarmi per questo», sbatto la porta e anziché salire al mio appartamento, esco dal palazzo. Sarebbe il primo posto in cui correrebbero a cercarmi e io non voglio essere trovata.
L'aria fuori a parte il caldo sembra addensarsi pericolosamente. Ho proprio la sensazione che qualcosa stia tentando di strangolarmi. Non riesco più a respirare. Mi immergo in mezzo alla folla come nel mio incubo ma questa volta, mi muovo con essa. Infilo le cuffie. La musica e il rumore mi aiutano a non sentire il panico crescente. Che cosa ho fatto?
Ho dato di matto. Sono una stupida. Dovrei fare dietrofront e chiedere scusa alla mia amica, ma per cosa? Per averle detto la verità? Per essermi difesa?
So che Parker non le andrà mai a genio ma lui sta con me è lui il mio principe in questo momento e dovrebbe accettarlo per il mio bene.
Cammino senza meta. La musica a palla dentro le orecchie. Il cuore in tumulto. La mente annebbiata dai pensieri. Rischio di essere investita e un ciclista inveisce contro un tassista dopo avergli tagliato la strada a causa mia. Mi ritrovo chissà come di fronte al piccolo palazzo dello sport. Ho bisogno di correre ma non voglio farlo da sola. Chiamo Parker. So di disturbarlo ma ho bisogno di lui. Ora più che mai.
«Principessa che succede?»
«Ho bisogno di te! Sono al palazzetto dello sport. Ti prego, raggiungimi!»
Stacco camminando verso l'entrata. Siedo un momento sugli spalti. A distanza alcuni ragazzi si stanno allenando mentre alcune ragazze provano dei balli. Altri ancora si divertono a bere e fumare. Dopo minuti interminabili, lo vedo arrivare. Ha pure indossato la tuta. Mi spunta un sorriso e corro subito da lui. Gli salto addosso e stringo la presa come una ragazzina.
«Ehi, che succede?»
Piango mentre racconto del pranzo e di tutto il resto. Getto fuori anche parte della storia dell'incubo e del mio turbamento tralasciando qualche dettaglio. È come se mi avessero appena fatto a pezzi e stessero tentando di ricucirmi. Fa male.
«Vuoi correre?»
Annuisco e lo seguo in campo. Non ho più lo stesso ritmo di un tempo. Ho fatto ginnastica ma ho accantonato da un pezzo la corsa. A volte uso il tapisroulant ma non è la stessa cosa.
Corriamo per un tempo che serve per placare la rabbia, la delusione e tutto il resto. Scarico completamente la negatività e il ragazzo che si affianca, con il suo sorriso riesce a ricaricarmi e a farmi capire che in fondo, una cosa non l'ho sbagliata nella vita. Conoscere lui è stata la mia salvezza.
Ci sediamo sugli spalti sfiniti ma soddisfatti.
«Doccia e cenetta fuori?», massaggia le mie spalle.
Miagolo come un gatto. Ad occhi chiusi annuisco e sospiro. «Fai la doccia con me vero?»
La sua bocca si posa contro il mio orecchio. «Tu cosa vuoi?», sussurra.
Mugolo. «Dico che voglio fare la doccia con te e poi cenare fuori». Sorrido ritrovando un po' di umore positivo. «Grazie!»
«E per cosa?»
«Perché sei corso da me»
Sorride mozzandomi il fiato e avvicina il suo viso. «Ti amo principessa. Correrò sempre per raggiungerti. In più, mi hai fatto un grosso favore. La riunione era noiosissima»
Ritorniamo a casa. Dopo la doccia divertente a comportarci come due bambini, ci rivestiamo e usciamo di casa.
Parker ha un sorrisetto sulle labbra. Credo sia soddisfatto che io lo abbia chiamato. Prende da mangiare al Fastfood e poi mi porta nel nostro posto tranquillo e speciale. Ci sediamo sul paraurti e ceniamo avendo di fronte il panorama dalle mille luci della città. L'aria qui non è asfissiante. Si sta bene. Inoltre il cielo è pieno di stelle.
«Non stai inzuppando le patatine nel frappé alla banana vero?»
Ridacchio. «Chiudi gli occhi e apri la bocca»
Tentennante obbedisce e divertito accetta la sfida. Poso sulle sue labbra un bacio e poi una patatina immersa nel frappé alla banana. Mastica ma non fa nessuna smorfia di disgusto. «Lo sapevo», strillo ridendo.
Apre gli occhi e sorride timido. «Non è male». Con una mano sulla spalla, attira il mio corpo contro il suo. «Dammi un bacio». Poso due dita sulle sue labbra. «Stai davvero chiedendo un bacio?», sono stupita.
Gli sorridono gli occhi. «Non posso?»
«Puoi ma puoi anche prenderlo da solo», sfioro le sue labbra prima di baciarlo lentamente. Mi ritrovo con la testa nell'incavo del suo collo e il braccio mi avvolge le spalle. Non fa freddo ma sento appena tutto il resto. La sua stretta, riesce a lasciarmi una bella sensazione dentro. Sento di stare bene accanto a lui, perché mi fa sentire amata, coccolata, capita, protetta. Ho quello di cui ho bisogno.
N/A:
~ Quando ci troviamo con la persona a cui teniamo, ci sentiamo al sicuro e invincibili. Non contano le parole ma gli sguardi e quei silenzi carichi di promesse.
Ci sono però quei momenti in cui ci illudiamo. Ci illudiamo di stare bene e di sentirci al sicuro quando in realtà abbiamo bisogno di altro per andare avanti. Abbiamo così tanta paura da non riuscire ad ammetterlo...
~ Anya aveva ragione? Emma riuscirà ancora a reggere o alla fine getterà la spugna? Cosa succederà?
Spero che questo capitolo vi sia piaciuto. Come sempre potete lasciare un vostro commento o un voto. Facciamo crescere il gruppo degli #EMVANS O #EMKER ❤️
Scusate per gli errori.
Ps: Oggi scrivevo questo capitolo ascoltando "Invincibile" di Marco Mengoni. (Se vi va ascoltatela). Buona giornata!!! 😘 ~
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