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Capitolo 28

Quando mi risveglio è ancora buio. Non so quanto ho dormito. Mi stiracchio, sono indolenzita ma la sensazione non è spiacevole. Le nocche sono violacee. Fa un po' freddo e fuori il tempo è di un grigio cupo e tempestoso. Metto i piedi nudi sul pavimento e vengo attraversata dai brividi. Raggiungo la cucina, apro la dispensa e prendo gli ingredienti per dei toast dolci. Taglio la frutta a pezzetti e preparo anche una spremuta. Faccio colazione lentamente e avvolta nel silenzio. È rilassante ma anche tremendamente triste.
Sul telefono trovo dei messaggi da parte di Lexa e mentre mangio le rispondo. Leggo velocemente gli altri messaggi e poi vado a fare una doccia. Mi rilasso sotto il getto caldo dell'acqua poi avvolta dall'asciugamano e sotto la condensa mi preparo per andare al lavoro. Indosso un paio di pantaloni neri stretti, una maglietta bianca a camicia, i tacchi e lego i capelli ma al posto del solito chignon faccio una treccia laterale. Per le otto sono già in cammino verso l'ufficio.
Jessy mi saluta con un ampio sorriso quando arriva e si siede alla sua postazione accendendo subito il monitor del computer. «Oggi pomeriggio vieni con noi?»
Alzo lo sguardo dai fogli che tengo in mano. «Dove?»
Jessy apre i cassetti e cerca una penna. Gli lancio una delle mie e la prende al volo. Perde sempre tutti gli articoli di cancelleria. Non è una ragazza molto ordinata. «C'è l'inizio delle partite di beneficenza. Tutti gli avvocati dell'ufficio parteciperanno e siamo invitate.» Mi lancia uno sguardo e poi domanda: «Vieni?»
Annuisco distratta e inizio a lavorare. Nessuno mi aveva parlato di partite di beneficenza. Che storia è questa? Chi parteciperà?
Mentre continuo le mie domande mentali, dalla porta entra mister Marshall con un ragazzo. I due stanno chiacchierando animatamente e passano dritti senza salutare. La cosa che noto, a parte la loro strana allegria: è l'abbigliamento. Non portano le solite camice o i soliti vestiti ingessati ma delle tute. Aggrotto le sopracciglia e rispondo ad una chiamata. Jessy mi lancia uno sguardo facendo spallucce divertita.
Ad ora di pranzo ci incamminiamo a mensa. La gente sembra impazzita. Tutto è chiassoso e caotico rispetto al solito. Ci sediamo in un posto tranquillo e pranziamo in mezzo al trambusto. Alcune delle ragazze spettegolano animatamente al tavolo accanto. Jessy lancia loro uno sguardo ambiguo poi mette in bocca una manciata di peperoni e dice: «sembrano fatte di qualcosa», ridacchia. «Credo siano già in competizione tra loro per accaparrarsi il migliore dei giocatori oltre che al più bello ovvio.» Mi guardo attorno spaesata dandole una volta tanto ragione.
Non torniamo al lavoro. Jessy mi trascina in auto e dopo un paio di interminabili minuti ci ritroviamo in un piccolo campo sportivo. I tacchi battono sull'asfalto e al nostro passaggio alcune persone si voltano mentre sono intente a prendere posto sugli spalti.
Il cielo sembra essersi sbarazzato dai grossi nuvoloni grigi e il sole tenta di riscaldare l'area circostante ma nonostante ciò, le temperature rimangono basse.
Jessy afferra la mia mano, superiamo una lunga fila di persone e mi ritrovo sotto uno stand con i colleghi di lavoro. Tea mi avvista e si avvicina subito per salutare. «Ci sei anche tu!». Indossa una sciarpa colorata ed è vivace.
«Ho saputo solo oggi di questa cosa...», indico insicura lo stand. Al centro di un tavolo c'è una grande cassetta dove la gente imbuca dei soldi dopo avere ricevuto un biglietto. I premi in palio sono tanti e tutto per una buona causa. I soldi ricavati andranno ad un'associazione benefica. Estraggo una banconota e la infilo dentro la cassetta. Tea mi da subito un biglietto nonostante le mie proteste. Non ho messo lì dentro i soldi per potere vincere un premio ma perché sono sensibile a certi argomenti.
Aiuto come posso nello stand e in breve la lunga fila si disperde sugli spalti. Ci sono famiglie intere o singole persone pronte a divertirsi. Continuo a guardarmi attorno stupita. È strano vedere tutti gli avvocati più importanti del paese in tuta per una partita di beneficenza. Alcuni non stanno niente male in pantaloncini. Le ragazze sono in iperventilazione. Anche Jessy sembra sbavare dietro il collega della cena. Sorrido e avvicinandomi a lei lo indico: «Non sbavare troppo. Va da lui e auguragli buona fortuna», la incito spingendola. Jessy quasi inciampa sui tacchi e arrossisce. «E se...»
«Il mondo non si è costruito con i se o i ma Jessy. Si è costruito con le azioni. Adesso va da lui e conquistalo.»
«Solo se tu vai da lui», indica qualcuno alle mie spalle.
Sto per ribattere e mi volto ma rimango a bocca aperta e incapace di parlare. Parker Johansson in tuta e più bello che mai a poca distanza da noi. Mi cascano le braccia e il mio cuore sussulta. Giocherà? Lo vedrò giocare?
Non è possibile. Non lo vedevo da una settimana e ora eccolo. Se prima sentivo freddo ora inizio a surriscaldarmi soprattutto quando i suoi occhi si posano su di me come attratti da un forte magnetismo. Distolgo subito lo sguardo e fisso Jessy la quale sospira e poi corre subito dal suo collega a cui piace tanto. La accoglie con un ampio sorriso e la porta un po' in disparte.
Prendo posto sugli spalti accanto a Tea e quando i giocatori si dividono nelle rispettive squadre, Jessy ci raggiunge e attendiamo lo spettacolo. Prendiamo qualche pacchetto di noccioline e chiacchieriamo dei nuovi importanti casi per ammazzare il tempo.

La partita ha inizio e comincio a sentirmi un po' agitata. Non ho mai visto giocare Parker o meglio l'ho visto giocare ma non sul serio, non per una buona causa. Lo fisso mentre sistema il casco e sorride ad uno dei suoi colleghi dandogli una pacca sulla spalla. Attorno ci sono parecchi giornalisti e fotografi. Sicuramente sono pronti a parlare di lui e a massacrarlo rimettendo in mezzo il suo passato. E se si fa male?
Stringo il sacchetto che tengo tra le mani così forte da fare sbiancare le nocche e provo a non pensare al peggio.
Le due squadre sono straordinarie. La loro sfida è un vero spettacolo. La gente esulta, urla, fischia, parla, ride. La gente si diverte.
Inizio a sentirmi a mio agio e ben presto i miei muscoli tesi si sciolgono e mi godo il match. Durante la partita ho anche modo di ammirare l'abilità dei colleghi ma soprattutto quella di Parker. I miei occhi incondizionatamente, puntano a lui e non lo perdo di vista. Si muove sul campo agilmente e questo mi fa rimanere molte volte di stucco. Non credo di averlo visto così deciso, così preciso, così divertito, così vivo fino a questo momento. Trattengo il respiro un paio di volte e come tanta gente inizio anche a sospirare e ad esternare espressioni visive e gestuali tipiche.
Tea e Jessy sembrano anche loro assorte dalla partita. Si stringono la mano e strillano come due groupie di fronte ai propri idoli. Urlano ai loro uomini di continuare così, di correre, di segnare. Io, ho solo occhi per una persona. Un ragazzo che mi sta sconvolgendo letteralmente la giornata sorprendendomi. Quell'uomo, è una scultura, una figura proporzionata e perfetta in movimento. I miei occhi scivolano sul suo corpo, sulle sue braccia muscolose con le vene in evidenza. Sul sudore sopra la tuta. Corre veloce e segna parecchi punti esultando con la sua squadra.
Mi accorgo di stare applaudendo in piedi come altra gente sulla tribuna. Parker è stupefacente. Inizio a sentirmi emozionata. Non so descrivere cosa sto provando nel vederlo giocare in un ambiente che ha sempre amato ma che è stato costretto ad abbandonare. Non riesco nemmeno a pensare a cosa lui stesso stia pensando e provando mentre gioca e si diverte, mentre respira e torna a vivere, a vivere per davvero. Parker è una macchina devastante. Attacca, segna, corre, esulta. Non c'è paragone con i colleghi. Sono a bocca aperta.
Alla fine del match, Tea e Jessy sono in piedi, applaudono e fischiano felici del risultato, poi scendono dagli spalti correndo dai loro ragazzi. George è senza fiato ma nonostante ciò abbraccia Tea sollevandola da terra dandole un bacio sulle labbra. Jessy si avvicina al ragazzo e lo abbraccia senza preoccuparsi del sudore o che lui sia in imbarazzo perché molte delle ragazze li stanno fissando con l'amaro in bocca.
Mi risiedo sulla panchina con un sorriso sulle labbra e attendo che la folla si sposti verso il piccolo rinfresco. Fisso le punte dei tacchi e sospiro sentendomi sola. Tutto questo è stato davvero emozionante e unico come momento. Sono senza fiato e ancora stupita.
«Emma?»
Guardo Tea mentre mi fa cenno di scendere e raggiungerli. Mi alzo lentamente proprio come un robot e mi incammino verso la mia amica. Saluto George complimentandomi con lui e con Marshall per l'impressionante partita.
Tea mi prende a braccetto portandomi verso il rinfresco. «Piaciuta?»
«Molto», prendo il bicchiere che mi porge e torniamo a sederci sugli spalti.
«Come stai?»
Mi stringo nelle spalle faccendo ondeggiare il liquido arancione dentro il bicchiere. Dalle casse si propaga I don't want to miss a thing una canzone che amo. È strano sentirla proprio in questo momento. Mi stringo sotto il cappotto per i brividi che mi provoca. «Me la cavo. In ufficio come va? Ti manco?»
Tea si fa pensierosa e mette il broncio. «Si sente parecchio la tua mancanza. Soprattutto quando devo sedere a mensa con quelle stronze e quando non vedo la ciambella e il caffè sulla mia scrivania quando arrivo.»
Sorrido. Ero solita sistemare tutto prima del loro arrivo in ufficio per farle iniziare al meglio la giornata. Mi riprometto di farle una sorpresa una di queste giornate.
Quando George la richiama lei si scusa e mi lascia un momento da sola. Mi stringo sotto il cappotto e tremo dal freddo mentre osservo attorno la gente intenta a sorridersi e a complimentarsi.
«Ehi»
Parker si siede accanto a me posando il casco sulla panchina. Rischio l'ipotermia e un attacco di cuore. Pessimo tempismo penso subito. Non ho modo di scappare e mi costringo a non rimanere così rigida. «Ehi», distolgo lo sguardo dal suo corpo perfetto sotto la tuta sudata. Non dovrebbe andare a fare una doccia? Non si beccherà un malanno se rimane sotto questo freddo?
Tra le mani tiene un bicchiere e capisco che il liquido al suo interno serve per tenerlo al caldo.
«Non mi aspettavo di vederti qui oggi.»
«E io non mi aspettavo di ritrovarmi sugli spalti ad urlare come una pazza. La folla riesce davvero a coinvolgermi con così poco.»
Ride annuendo. Sorseggia la sua bibita che credo sia alcolica facendo una smorfia. «In effetti sentivo una pazza che strillava».
«Non ti sei distratto per fortuna», mi stringo per non sentire freddo e nascondo il mento sotto il bavero del cappotto. Parker mi passa il suo bicchiere. Bevo un sorso e tossicchio. Sento un calore improvviso espandersi su tutto il petto.
«Non direi. Il saperti qui mi rendeva nervoso.» Beve d'un fiato e poi lancia il bicchiere facendo centro dentro il cestino. Alcuni ragazzi applaudono e lui sorride poi mi guarda e mi strizza l'occhio prima di alzarsi. «Vado a fare una doccia e a cambiarmi. Se dopo sei ancora qua... Comunque ci vediamo», afferma balbettando e incupendosi.
Non so cosa dire e annuisco. Lo guardo mentre si allontana e mi alzo per raggiungere Tea. Di punto in bianco Parker torna indietro svelto e mi abbraccia. Sfiora la mia guancia e poi se ne va con un sorriso stampato sulle labbra.
Raggiungo Tea stordita mentre mi guarda curiosa. «Tutto bene tra di voi?»
«Non ne ho idea», rispondo senza fiato.
Ci spostiamo sotto lo stand e ascolto volentieri alcuni degli avvocati che parlano di somme stratosferiche e di partite successive. Noto anche i fotografi intenti a non perdersi altri scatti e alcuni giornalisti pronti a fare domande agli organizzatori e ai ragazzi che hanno giocato e vinto la prima partita.
Il tabellone è pieno di squadre e partite organizzate. Non ho mai visto niente di simile. Non me ne intendo molto ma lo spettacolo a cui ho assistito oggi è stato uno degli eventi più belli della mia vita. Uno di quelli indelebili.
«Noi arriveremo qui», un braccio e un dito puntato sul tabellone indica il primo posto. Mi volto e Parker mi sorride. Si è cambiato ma ha ancora i capelli leggermente bagnati. Indossa un paio di jeans stretti, un cappotto grigio e una sciarpa attorno al collo. Arrossisco sotto il suo sguardo e torno a guardare i nomi fantasiosi delle squadre per distrarmi.
Fare beneficenza è un'esperienza rigenerante. Ti fa sentire umano e vicino al mondo, alla realtà.
«Ancora freddo?»
«Un po'», non so perché rispondo a monosillabi. Sembro imbambolata. Ho ancora davanti le immagini di lui mentre gioca e si diverte. Sono rimasta sconvolta. Sembrava un ragazzo totalmente diverso e continuava a sorridere.
Quando un giornalista si avvicina, mi scosto da lui per lasciarlo parlare. Tea e George mi raggiungono. Sprizzano allegria da tutti i pori. Sono abbastanza tranquilla. L'essermi divertita mi è servito parecchio oggi dopo queste giornate stressanti.
«Se volete scusarmi, ho una ragazza a cui dedicare le mie attenzioni. Avremmo altre occasioni per parlare.» Parker supera la calca di fotografi e giornalisti e mi raggiunge.  «Posso rapirti?»
Le mie guance si imporporano e ancora una volta rimango senza parole. Tea mi spinge verso di lui e George ci saluta con un ampio sorriso. Traditori penso mentre li guardo allontanarsi. Vengo scossa dai brividi quando la mano di Parker afferra la mia e i miei piedi sono costretti a muoversi per seguirlo. Raggiungiamo il parcheggio pieno di auto e persone. Apre la portiera lasciandomi entrare in auto e poi si mette alla guida. È quasi sera e le prime luci iniziano ad accendersi lungo la via.
«Hai fame?»
«Un po'»
Svoltiamo a sinistra e poi a destra fermandoci di fronte un Fastfood. Parker ordina tranquillo un mucchio di cose e poi paga prendendo il carico di cibo fumante quasi eccitato all'idea di dovere mangiare tutto questo ben di Dio. L'abitacolo dell'auto viene circondato dai profumi e aromi vari invitanti che fanno salire l'acquolina. Rimette in moto e mi porta nel suo posto tranquillo. Lascia acceso il riscaldamento passandomi un sacchetto. Mangiucchio il panino con il cordon bleu guardando il panorama dall'alto di Vancouver.
Rompe il breve silenzio chiedendo: «Senti ancora freddo?»
«No», biascico deglutendo e prendendo un po' d'acqua. «Sto meglio così». Nel frattempo ho sbottonato il cappotto e penso proprio che a breve lo toglierò. Odio il dovermi vestire a strati. Odio mangiare imbacuccata.
«Come stai?», toglie i cetrioli dal suo hamburger arricciando il naso e divora il resto con voracità.
Mi viene da ridere. Non l'ho mai visto così affamato e circondato dal cibo. Deve avere sprecato parecchia energia se ora ha così tanta fame. Io al contrario mi sento piena e ho solo iniziato a mangiare un panino. «Sono stata meglio. Tu?»
«Affamato e contento, che tu sia qui con me.» Sorride in modo timido e mi lancia uno sguardo.
«Hai divorato parecchia roba. Sicuro di avere ancora fame?», inarco un sopracciglio e trattengo la risata che continua a salire.
Parker mi fissa come se avesse di fronte qualcosa di divertente e curioso. «Era da tanto che non mi sentivo così. Mi sto godendo la cena come non facevo da anni. Concedimelo.»
Alzo le mani. «Fa pure», dico passandogli le patatine e mangiucchio mentre lo osservo di nascosto. È ancora lo stesso Parker? Dietro quella corazza c'è ancora il ragazzo che ho conosciuto?
Mi perdo tra le molteplici domande che continuano a circolare dentro la mia testa.
«Hai già preso un albero?»
«Dovrei andarci sabato con Lexa. Tu?»
«Pensavo di portarti con me a sceglierlo, sempre che tu voglia ovvio.»
Raccolgo le carte sporche e le infilo dentro un sacchetto. «Certo che voglio», gli sorrido.
Prende il dolce e lo accetto. Consiste in una gustosissima fetta di crostata al cioccolato fondente.
«Uhm», pulisco gli angoli della bocca. «Sono piena.» Sbuffo e tolgo il cappotto accaldata.
Parker toglie i sacchetti di mezzo e in breve ripulisce tutto. Spegne il riscaldamento e rimane a fissare le luci in totale silenzio, assorto. Vorrei poter dire qualcosa ma evito di aprire bocca. Ad un certo punto si volta e la sua mano si posa sulla mia guancia. Le sue dita si abbassano sul mento e lo tirano avvicinandolo al suo viso. Chiudo gli occhi trattenendo il fiato quando il suo naso sfiora il mio. Avverto il calore del suo corpo sempre più vicino. «Se sbaglio qualcosa... dillo.» Mormora sulle mie labbra prima di toccarle. Ansimo e istintivamente appoggio la mano sulla sua spalla. Preme la sua bocca sulla mia e la sua lingua inizia a muoversi sensualmente. Mi perdo, mi perdo lasciando che mi sollevi e mi sistemi sulle sue ginocchia a cavalcioni. Poso le mani sul suo collo mentre mi stringe a sé e continua a baciarmi e a carezzare il mio viso. Geme e mordo delicatamente il suo labbro. Si stacca con la fronte contro la mia. Affannato alza gli occhi incrociando il mio sguardo. «Ti amo» mi bacia ancora con impeto.
«Sei ancora quel ragazzo che mi ha fatto stare male», lo minaccio tenendo stretto il colletto della sua felpa. «Sei ancora quello che se ne è andato, che ha fatto a pugni, che ha minacciato e che oggi mi ha regalato tante sorprese.»
Stacca le mie dita dalla morsa sulla stoffa, le intreccia e punta i suoi occhi azzurri sui miei. «Lo so. Sono qui davanti a te per questo. Per riprendermi la persona che amo più di ogni altra al mondo.» Lascia andare le mie mani e continuando a fissarmi, le sue dita si posano sulla mia vita avvicinandomi a sè. Trattengo il respiro. «Ho perso troppo tempo e non voglio più farlo. Voglio che tu capisca che sono sempre io, che ero arrabbiato e geloso e che mi dispiace. Lo so, ho sbagliato. Ho un carattere di merda ma solo tu riesci a gestirlo. Non voglio farti finte promesse o parlare e finire con il deluderti ancora, voglio solo che tu stia con me.» Abbassa lo sguardo poi torna a guardarmi e mi bacia. Non mi bacia con possesso ma con passione, con dolcezza, con amore. «Fidati di me», mormora mordendo il labbro inferiore.
So cosa sta facendo. Cederò, cedo sempre di fronte a quello sguardo che fa tremare la terra sotto i piedi. «Trova il modo per farmi fidare perchè questa sarà l'ultima volta», rispondo seria.
Stringe i miei fianchi e con il naso sfiora sotto l'orecchio facendomi rabbrividire. «Posso ancora tenerti in ostaggio?»
Sorrido. «Pensavo che con te si facessero solo degli accordi», affannata stringo le dita sul suo viso.
«Ho cambiato strategia», sibila sulle mie labbra premendo il mio corpo contro il suo. Ancora una volta mi bacia disarmandomi. Lentamente si stacca e mi permette di tornare sul sedile del passeggero. Mette in moto e non parla. Accende lo stereo e lascia che la musica dica per lui quello che il suo cuore non riesce ad esternare perchè ferito, impaurito, pieno di amore.
Posteggia nel suo solito posto, mi prende per mano e saluta la guardia prima di entrare in ascensore. Digita il numero dell'ultimo piano e dopo uno scossone che mi fa traballare e perdere leggermente l'equilibrio, ci avviamo nel suo appartamento. Il palazzo è silenzioso vista l'ora ma dalle porte, si evince che le persone siano ancora sveglie. Chissà chi ci abita in questo posto. Me lo chiedo tutte le volte.
Parker apre la porta lasciandomi passare. Accende la luce e toglie il cappotto. Faccio lo stesso e quando mi porge la mano glielo offro per appenderlo. Appoggio la borsa sulla poltrona e mi guardo un pò attorno in imbarazzo. L'ultima volta che sono stata in questo posto è successo qualcosa di brutto alla mia amica e dopo io e Parker abbiamo litigato. Spero che questa volta sia diversa.
«Ti va una cioccolata calda? Accendo il riscaldamento ma temo ci vorrà un pò prima che la casa si riscaldi del tutto.»
Lo seguo in cucina e lo aiuto. Mi fa sedere sul bancone e continua da solo. Lancio uno sguardo alla vetrata. Fuori intanto piove. Odio la pioggia.
Parker si muove a suo agio nel suo ambiente. È così agile ed esperto. Continuo a domandarmi come abbia vissuto in questi anni. Penso che si sia chiuso nel suo mondo, allontanando la famiglia, il divertimento, se stesso pur di diventare qualcuno e cambiare quel futuro temuto e scombussolato dalla vita e dal destino. Il Parker che conosco io: è diverso dal ragazzo che era nel passato. Mi ha raccontato in parte come era la sua vita prima di arrivare in questo posto e crearsi il suo spazio ma come me, non ha mai voluto veramente approfondire la conversazione. Credo che il suo sia un meccanismo di autodifesa. Comprendo la ragione ma ora che me lo ritrovo davanti, dopo la giornata appena trascorsa, dopo avere assistito alla partita e di avere visto un Parker solare, a proprio agio, divertito e pieno di vita, mi rendo conto di avere bisogno di sapere, di conoscere meglio il ragazzo che amo e che ho amato in questi mesi.
Sento la sua mano sulla guancia. È fredda e mi riporta al presente. «Non perderti», dice passandomi una confezione di biscotti. Lo guardo per un momento poi scarto la scatola e mordo un biscotto che ha la crema al limone dentro. «Uhmm», sono buonissimi, inspiro e poi avvicino l'altro pezzo alle sue labbra. Il gesto lo sorprende ma accetta e con un sorriso continua a mescolare la cioccolata. Metto in bocca un secondo biscotto. Abbiamo mangiato in abbondanza prima ma ai biscotti non rinuncio.
Si brucia un dito e lo porta sulle labbra. Ridacchio e afferro la sua mano. Controllo che non sia grave e dopo avere soffiato sul rossore do un piccolo bacio. «Passata la bua?»
Mi guarda incredulo e un po' smarrito poi scoppia a ridere sistemandosi tra le mie gambe. So subito cosa sta per fare e non lo fermo. Prende il mio viso e morde le mie labbra con i suoi denti perfetti. Mugolo e lo spingo leggermente per opporre resistenza ma stringe la presa. Quando i suoi denti si ritirano succhio il suo labbro. Geme e prova a parlare ma non glielo permetto. Allora decide di reagire e afferra i miei fianchi trascinandoli verso il suo corpo statuario. Stacco la presa e mi rimprovera con lo sguardo. «Non, farlo più!»
Afferro il laccio della sua felpa e lo tiro mentre lo guardo con finta innocenza e malizia. «Non ho fatto niente», metto il broncio. «Mi sembrava ti piacesse», lo punzecchio.
«Il problema è proprio questo. Mi piace quando mi tocchi e quando fai certe cose in modo improvviso ma devi capire che sono sempre un uomo e che domani devo andare a lavoro e non posso avere altri segni come un succhiotto. Un livido posso coprirlo con la storia della box ma un succhiotto?»
Stringo le gambe alla sua vita e avvicino il suo viso tirando la felpa. «Neanche uno piccolo?»
Alza gli occhi al cielo appoggiando la fronte sulla mia. «È un mese che non stiamo insieme e ora mi provochi spudoratamente mentre cerco di non sbagliare. Stai giocando con il fuoco signorina», usa un tono autoritario. Quel genere di tono che solitamente farebbe rabbrividire una persona o peggio scappare. «Non hai più paura di me, lo so.»
«Io non ho paura di te!», ribatto subito allontanandolo.
«Invece sì. Prima ero solo il tuo capo cattivo e freddo, autoritario e incazzato. Ero il genere di uomo che a te metteva agitazione e che evitavi. Facevi di tutto pur di non farti urlare dietro e devo ammettere che mi stuzzicava parecchio. Ora sei sfacciata e mi provochi spudoratamente». Sul suo viso non c'è traccia di rabbia anzi sembra divertito.
«Volevo mantenere il posto lì dentro per questo rispettavo le regole, le tue regole per la precisione. Una come me non la trovi di certo», alzo il mento. Un gesto che facevo spesso da piccola quando mi intestardivo. Parker lo afferra per avvicinarmi al suo viso. Sfiora le mie labbra con le sue mentre sorride. Che bastardo! È soddisfatto. Abbassa lo sguardo sulla mia bocca e mi bacia. Succhio nuovamente il suo labbro inferiore e lo sento mugolare e bloccarsi affannato. Si stacca e indietreggia di due passi alzando le mani. «Cazzo!», impreca passando una mano sul viso arrossato.
Sorrido e prendendo la tazza fumante bevo un sorso di cioccolata con finta innocenza e indifferenza mentre lui si appoggia al ripiano della cucina con una mano sulla nuca e gli occhi chiusi.
Poso la tazza e scendo dal bancone inchiodandolo in un angolo e lo guardo intensamente. La sua mandibola si contrae leggermente e i suoi lineamenti si tendono, come la corda di un violino. Domando: «Perché mi hai rapita?»
Prova a spostarsi ma riesco a bloccarlo con il mio corpo minuto. Si irrigidisce quando il mio viso si avvicina al suo. «Ok Emma, ok. Non voglio che finisca come al solito tra di noi. Risolviamo tutto con il sesso o con delle trattazioni. È difficile resisterti perché sei sexy e sei dolce e se qui davanti a me con il tuo corpo contro il mio e mi sto eccitando da morire. Quindi adesso, perché non ci sediamo sul divano, accendiamo la tivù e beviamo la nostra cioccolata tranquillamente? Mi è costata un dito.» Si sposta verso il soggiorno e attende che io lo abbia raggiunto.
Rimango impalata per un paio di secondi. Perché sta reagendo in questo modo? Incrocio le braccia e mi siedo sul divano a distanza. Quando prova ad avvicinarmi a sé lo respingo. Prova a parlare ma lo interrompo immediatamente. «Non capisco cosa ti prende. Non voglio guardare la tivù, voglio parlare. Perchè sono qui?»
Poggia la testa indietro e si rilassa sul divano con le braccia sullo schienale. «Parliamo».
Gli lancio con forza un cuscino e trattiene una risata. «Sei un cretino». So che odia quando glielo dico ma voglio proprio provocarlo e vedere fino a dove si spinge.
«Sono un cretino perché ti consento di parlare?»
«Mi consenti?», inarco un sopracciglio. «Io parlo con o senza il tuo consenso, cretino!»
Mi lancia un cuscino e fa uno dei suoi sguardi cattivi. La cosa mi stuzzica parecchio. Sta cercando di farmi arrabbiare ed esplodere ma succederà il contrario.
«Risolviamo tutto con il sesso, è un male? Tutte le guerre si sono concluse a letto, con una scopata epica», brontolo. «Pensa se ti avessi detto che non potevi toccarmi fino al matrimonio. Chissà quante seghe ti saresti fatto o peggio...»
Non mi lascia finire la frase. Lancia con forza un cuscino poi afferra la mia caviglia trascinandomi verso di sé. Scalcio e mi si toglie la scarpa. Libero il piede e torno alla mia postazione, per non avere distrazioni. Tolgo anche la seconda scarpa e metto i piedi sotto il sedere. Parker stringe a fessura gli occhi. «Selvaggia».
Gli faccio la linguaccia abbracciando il cuscino. Ci lanciamo uno sguardo d'intesa. Mordo il labbro e dopo due secondi mi lancio tra le sue braccia. Poggio la guancia contro il suo petto e stampo un piccolo bacio sul collo. Rannicchiata tra le sue braccia, ritrovo parte della tranquillità mancata in questi ultimi giorni. Bacia la testa accarezzando le mie braccia.
«Oggi sei stato magnifico.» Parker sembra improvvisamente nervoso così esprimo ancora il mio parere. «Giochi davvero bene.»
Sospira. «Non voglio parlare di questo», risponde brusco.
Alzo lo sguardo. «Di cosa vuoi parlare?» chiedo con molta calma. Non voglio litigare con lui ma ho bisogno di sapere.
«Tutto ma non questo!»
«Si ma non c'è bisogno di arrabbiarsi. Ho solo detto che sei stato bravo a giocare e mi è piaciuta la partita oggi. Mi sono divertita come poche volte nella mia vita e volevo solo condividere questo pensiero. Scusa tanto se a te da fastidio non parlo più.»
L'atmosfera sembra essere cambiata. Mi rialzo e torno in un angolino del divano sotto il suo sguardo turbato. Afferra le mie mani e mi trascina nuovamente tra le sue forti braccia. Sospira un paio di volte come se volesse calmarsi. «Mi dispiace. Cazzo! Non ne faccio una giusta. Il fatto è che non mi abituerò mai a rinunciare ad una delle mie passioni più grandi e oggi è stato troppo emozionante anche per me. Per questo non voglio parlarne perché non riesco a descrivere quello che ho provato.» Mi guarda intensamente.
«Provaci», sussurro ad occhi chiusi contro il suo petto. «Prova a parlarne con me. Fidati di me...»
Attira la sua bocca sulla mia poi si sistema comodo sul divano. «È stato come tornare a mangiare qualcosa che ti hanno proibito per anni. Mi sentivo in pace, l'adrenalina mi scorreva nelle vene ma ero anche preoccupato. Avevo paura di rivivere quell'incubo e ogni volta che qualcuno si avvicinava, sentivo una forte pressione al petto che mi induceva a scattare a correre. Avrei voluto urlare ma non potevo, non potevo perché volevo dimostrare a me stesso che potevo superare una paura.» Sbuffa e si agita. «Volevo fare anche bella figura con te. Non mi aspettavo di vederti ma eri lì, sugli spalti e quando ti ho vista in piedi con quel sorriso da mozzare il fiato, è stato come se mi fossi ricaricato e spogliato da ogni paura.»
Sono a bocca aperta. Riesce sempre a stupirmi. Sfioro le sue labbra con le dita. «Non ti ho mai visto così vivo, così felice prima ad ora», inizio a baciarlo lentamente. Si impossessa subito della mia bocca e si sistema su di me stringendo una coscia.
«Ti amo come non ho mai amato e questo mi spaventa. Mi spaventa perchè sei ancora qui e significa che posso provarci ancora ma so anche che dovrò essere sempre in competizione con un altro e con il tuo cuore.»
Passo la mano tra i suoi capelli e li tiro leggermente. «Pagherei volentieri per vederti ancora felice come oggi. Ti amo, lo sai cosa sta succedendo ma sono qui con te ora e se lo sono è perchè ho deciso così.»
Preme il suo corpo contro il mio e ansimiamo. «Non allontanarti troppo da me.»
Nego con la testa e continuiamo a baciarci fino ad avere male alle labbra.

N/A:
~ Certi amori, certi legami, certe amicizie, arrivano quando decidiamo di chiudere i ponti con il mondo intero. Possiamo anche rifiutarci per paura di soffrire ma amare e provare dolore è inevitabile. Perché l'amare e la sofferenza ci rendono persone vive.
Oggi vi ho mostrato un lato di Parker che ancora non era uscito. Ora, so che vi non piace ma si trova in questa storia per una ragione.
Ho un disegno ben preciso per lui. A volte mi capita di pensare mettendomi nei panni di Emma anzi oggi vi confesso che a me è successa una cosa simile. C'erano due ragazzi e io nel mezzo. Inutile dirvi che alla fine la scelta ovvia è stata quella che mi ha fatto più soffrire. Con questo non sto dicendo che Emma rimarrà con Parker perché Ethan è la sua scelta ovvia ma sto dicendo che Parker merita una possibilità come ogni altra persona. Lui c'è stato per Emma e la ama davvero, nonostante il carattere e gli errori.
Ora lo so che è una questione di gusti e che tutti ci affezioniamo ai personaggi, ma vi chiedo di arrivare fino alla fine perché capirete e apprezzerete davvero questo ragazzo. (Aldilà degli #EMVANS)
Detto questo, vi annuncio che i capitoli saranno pochi prima della fine. Sto pubblicando i doppi aggiornamenti appunto per arrivare prima al "finale" che spero vi farà emozionare.
Volevo ringraziare ognuno di voi per l'impegno e la costanza che dimostrate nell'appoggiarmi. Per me significa tantissimo soprattutto in questo periodo che non sono felice e ho bisogno di scrivere e trovare uno sfogo. GRAZIE perché nonostante gli scleri contro Parker o Emma, non mi abbandonate. Vi ADORO!
Spero che questo capitolo vi sia piaciuto. Come sempre se volete dite pure la vostra. Scusatemi per gli errori.
Buona serata :* ~

#EMVANS ❤️

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