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~ Beating Heart ~


~ Emma's POV:

Il risveglio è stato traumatico. Ho un gran mal di testa, le occhiaie evidenti e i capelli davvero ingestibili. Per non parlare del dorso della mano leggermente arrossato e gonfio, ma non sembra ci sia qualcosa di rotto. Dopo la doccia io e Lexa abbiamo fatto colazione. Mi ha sentita piangere ma non ha fatto domande sul perchè, non ha bisogno di sapere cosa mi ha fatto stare male. Mi ha solo chiesto se potesse rimanere in casa mentre andavo al lavoro e io ho accettato tranquillamente.
Arrivo in ufficio con circa un'ora di ritardo. Saluto Tea velocemente e mi rintano nel mio quadrato. Ho le orecchie sensibili e ogni rumore sembra una trapanata dritta al cervello. Odio me stessa per avere bevuto così tanto durante un giorno settimanale consapevole di avere un lavoro da svolgere.
Rispondo alle chiamate cercando di essere più professionale possibile.
«Ufficio dell'avvocato Johansson, sono Emma come posso esserle utile?»
«Potrebbe passare dall'ufficio del capo e portare un caffè?»
Mi spunta un sorriso. «Arriva subito, signore!»
Muovo lentamente i piedi. Oggi per fortuna indosso le ballerine. Sui tacchi cadrei o sembrerei un dinosauro ubriaco. Busso alla porta con il caffè in mano e poi entro lentamente.
Parker si illumina e si alza dalla sua enorme sedia nera. Prende il caffè e lo sistema sulla scrivania poi mi attira per un bacio veloce. «Buongiorno!»
«Buongiorno», rispondo timida. Riesce sempre a farmi un certo effetto. Sono solo passate alcune ore eppure mi è mancato. Non dormire con lui, mi ha fatto riflettere sul fatto che il nostro rapporto ha raggiunto una fase stabile. Ha ragione Lexa quando dice che Parker è il mio punto fermo. E quando controlla che io sia ancora tutta intera facendo una smorfia per la mano, mi sento protetta e amata, più del solito. Mi domando se inizierò a stancarmi mai di tutte queste attenzioni o se mi sentirò sopraffatta dall'amore.
«Devo tornare, di la», arrossisco alzandomi sulle punte per baciarlo ancora.
Lo lascio al suo lavoro e passo le ore successive a sistemare incartamenti, rispondere alle chiamate e parlare con i clienti più socievoli. C'è un gran via vai proprio oggi che non sono alla massimo delle mie forze.
Tea fa capolino e poggia sulla mia scrivania una ciambella e del te'. Ringrazio e do un morso crogiolandomi nel piacere del cioccolato fondente. Dopo la sbronza viene sempre una fame bestiale e io oggi credo di avere in corpo più zuccheri che altro. Finiranno con l'uccidermi.
«È venuto suo padre. Questa mattina Parker cioè il capo, sembrava ansioso...»
Per poco non mi va di traverso il te'. Tossicchio e pulisco le labbra con un tovagliolino. Pensavo volesse parlarmi di George invece sgancia questa notizia. Oddio, sono impresentabile! «Credi sia successo qualcosa?», le domando insicura.
«Non lo so. So solo che quando mister Johansson è arrivato non aveva il viso pieno di gioia. George mi ha detto che non corre buon sangue tra loro e quando vanno d'accordo è strano».
Decido di cambiare discorso. «Hai rivisto George eh? Come va?»
«Bene. No, che dico? Ah ah, benissimo! È così...», si lancia in uno dei suoi monologhi lunghi in cui mi perdo.
Rifletto sulle sue parole. Parker non mi ha mai detto di non andare d'accordo con suo padre. Lo giudica sempre per il golf ma non ha mai fatto parola su di lui in modo cattivo. A dire il vero non parla mai della sua famiglia e in parte io non ho mai approfondito. Mi è sempre bastato lui e la sua presenza costante nel mio quotidiano. Forse dovrei fare la ragazza e non comportarmi da collega con lui, forse devo approfondire e lasciare che mi renda partecipe una volta tanto. Andiamo d'accordo, non abbiamo mai parlato apertamente delle nostre famiglie. Io per ovvi motivi e lui perché magari non ha avuto occasione o perché non vuole mischiarli nel nostro rapporto. A parte i nipoti non ho visto molta sintonia con la sorella o il cognato o con il nonno. La cosa mi sta insospettendo.
Tea schiocca le dita e mi riscuoto. Mi rendo conto che non siamo più sole e che nel mio piccolo quadratino c'è anche Parker sulla soglia e in attesa. Sembra nervoso. «Cosa?», balbetto frastornata.
«Nel mio ufficio!», usa il solito tono da stronzo formale e distaccato. Alzo gli occhi al cielo e Tea mi lascia in modo complice con una pacca sulla spalla.
Tentenno un momento e dopo avere bussato entro nel suo ufficio timidamente. «Mi ha chiamato signore?», domando gentilmente mentre mister Johansson ci fissa divertito. Proprio oggi doveva venire in ufficio? Sono impresentabile.
«Suvvia smettetela con questa formalità! Posso salutare mia nuora come si deve?», mister Johansson si alza e afferra la mia mano per salutarmi poi mi fa accomodare.
Inizio a sentirmi nervosa anche perché Parker lo è già. Guardo prima lui poi suo padre. «È successo qualcosa?», sono sempre più agitata.
«Mio figlio tentava di dissuadermi dall'invitarla a cena da noi. Ogni volta che chiamo, trova una scusa e quindi sono passato personalmente».
Mi sento come se fossi appena stata colpita. Non credo di volere rivedere sua sorella e incassare ancora le sue frecciatine ma dall'altro lato mi piacerebbe vedere la sua faccia quando Parker mi terrà per mano mostrandole che sa essere un ragazzo migliore rispetto al passato.
«Quando?»
«Domani sera. Sa, mio figlio non voleva proprio dirtelo. Non so se si vergogna di noi o vuole tenerti tutta per sé. Mi farebbe piacere, spero accetterai».
«Parlerò e discuterò con suo figlio di questo e lui le farà sapere la mia risposta. Adesso con permesso, ho del lavoro da portare avanti». Saluto e esco da quell'ufficio improvvisamente asfissiante. Il modo in cui quell'uomo mi guarda, non mi piace. Sono confusa però, perché mai Parker dovrebbe nascondermi certi inviti? Si vergogna di me e non della sua famiglia?

Arrivata a casa, parlo con Lexa di questo. È più confusa di me e non ha una bella cera ma visto che ha ottenuto dei lavori, è contenta di non dovere rimanere rinchiusa in casa a poltrire sul mio divano o ingozzarmi di schifezze. «Pensi non voglia avvicinarti a loro per qualche ragione?»
«Non lo so, so solo che mi sento un po' confusa su questo. Dovevi vederlo oggi, era a disagio davanti a suo padre e non l'ho mai visto così. C'è qualcosa che non va e spero me ne parli prima che io impazzisca o sbagli qualcosa». Trovo un pacco sul bancone. «E questo?»
«È arrivato oggi per te da New York!»
Trasalisco e prendo il pacchetto con mani tremanti. Scarto l'involucro ed estraggo il piccolo mazzo di fiori. C'è anche un biglietto.

"Mi serve un tuo parere su questi fiori. Vanno bene per il tuo abito? -Lucy"

Mi scappa un singhiozzo e le chiamo dicendole che andranno bene quelli che ha scelto. Mi racconta degli ultimi preparativi e poi stacca perché è al lavoro. Lexa mi stampa un bacio sulla fronte ringraziandomi e se ne va. Lascia la porta aperta e vedo entrare Parker con la cena. Sono così stanca che per un momento ho solo voglia di salutarlo e andarmene a letto se non fosse per il fatto che ho fame perché ho saltato il pranzo.
Ci sediamo sul divano e ceniamo. Gli mostro i fiori e parlo anzi discuto con lui della cena con i suoi famigliari. Non vuole andare ma gli faccio notare che passerei io per l'ineducata di turno e non mi va vista l'opinione che la sorella ha su di me, così acconsente ma ad una condizione: che dorma da lui. Accetto questo piccolo patto e mi rialzo per lavare i piatti.
«Sei stanca?»
Faccio cenno di sì con la testa quando mi accoccolo tra le sue braccia sul letto. Il suo corpo caldo, il suo profumo tenue e sensuale, mi trasmettono la calma che cerco. «Perché eri nervoso oggi?»
«Perché non voglio che tu veda com'è realmente la mia famiglia e non voglio che ti facciano scappare, da me», sembra rabbuiarsi.
Alzo il viso. «Perché lo pensi?»
«Perché sono dei ricconi stronzi ed egoisti. Non sanno cosa significa sacrificio o perdita, non sanno cosa significa amare veramente qualcuno che non è il denaro. Un tempo ero così poi è successo tutto quel casino e sono cambiato e da allora mi tormentano o meglio io sono venuto qui e loro mi hanno seguito per tormentarmi e ricordarmi cosa non potrò mai essere»
«Cosa vuoi essere?», le mie palpebre si abbassano così come la mia voce si affievolisce.
«Migliore... per te», mormora.

Piccoli sprazzi della conversazione notturna, arrivano alla mia testa come flash. Sbadiglio leggermente e tocco l'altro lato del letto: è freddo. Allarmata spalanco gli occhi e continuo a battere il palmo contro le lenzuola fredde e il letto vuoto. Parker non c'è. Guardo attorno stordita e non vedo il suo cellulare o l'orologio sul comodino, i suoi vestiti sulla poltrona. Mi alzo dal letto e corro a vedere se è già in cucina ma la trovo vuota e silenziosa. Il mio cuore ha uno strano sussulto. Frastornata torno in camera e poi vado a fare una doccia tentando di calmare i mille pensieri che affollano la mia testa. Non riesco a capire perchè se ne sia andato. Non ho sentito niente, non ho avvertito nessuno strano tono prima di addormentarmi. Le ultime sue parole... mi abbraccio immeditamente sotto il getto dell'acqua. «Migliore... per te», è questo che ha detto prima che io crollassi. Cosa significa? Io non voglio che sia migliore perchè già ai miei occhi lo è.
Infilo dei vestiti puliti per l'ufficio, lego i capelli, mi trucco e do una ripulita al bagno e alla camera mentre la mia testa continua a vorticare tra i pensieri e i dubbi. Salto la colazione ed esco di casa prima dell'orario di apertura. Sono sicura di trovarlo nel parcheggio. Il tempo non è dei migliori, arriva perfino un brutto acquazzone.
Quando arrivo di fronte all'ufficio, ogni mia speranza di vederlo, si frantuma. La sua auto non c'è, lui non c'è. Il mio umore cala a picco e mi incupisco mentre la pioggia continua a picchiarmi addosso.
Tea arriva accompagnata da George, sembra felice e serena e lui la guarda con altri occhi. Chissà cosa hanno fatto in questi giorni. Mentre nella mia testa prende vita un dramma, Tea inizia a parlare ma non riesco a sentirla. Dov'è Parker? Perchè mi ha lasciata sola? Cosa gli passa per la testa ultimamente? Perchè è così insicuro?
Entro nel mio quadratino bagnata come un pulcino e conto i minuti, forse le ore per ricevere la chiamata per il suo caffè giornaliero che non arriva. Tea mi invita con loro a pranzo ma rifiuto e credo ne sia anche un pò contenta visto che potrà avere l'occasione per stare con il suo George da sola. Inoltre non mi va di fare il terzo incomodo. Prima che scenda le domando di Parker ma risponde che ha chiamato per dire che non sarà in ufficio oggi. Il mio cuore ha uno spasmo e mi costringo a rimanere in piedi e a sorridere mentre me ne ritorno nel mio spazio che inizia a sembrare sempre più angusto.
Le ore sembrano moltiplicarsi, la stanchezza inizia a farsi sentire. Alcuni clienti si sono arrabbiati per non avere trovato il capo a disposizione ma non era di certo colpa mia, spero.
Supero l'orario lavorativo rimanendo ancora qualche minuto in ufficio poi abbattuta torno a casa. Faccio un giro lungo e turbata continuo a chiedermi cosa ci sia di sbagliato mentre la pioggia ancora una volta, si abbatte su di me. E' forse per la cena? Merda, la cena. Ci sarà ancora? Aumento il passo, saluto il portinaio e prendo l'ascensore appoggiando la testa contro il vetro. Sono un disastro.
Quando si aprono le porte esco avvicinandomi alla porta svogliata.
Parker mi aspetta con le mani dentro le tasce e dei pacchetti per terra. Mi avvicino senza degnarlo di uno sguardo. Sono arrabbiata con lui, non mi ha avvertita, mi ha lasciata sola e in più odio camminare sotto la pioggia.
«Lo so, sono uno stronzo. Mi dispiace!»
Gli chiudo la porta in faccia, chiudo gli occhi e inspiro lentamente mentre bussa piano.
«Emma, lo so che ho sbagliato ma puoi aprire cosi ne parliamo?», il suo tono è dolce, forse troppo. Questo mi fa infuriare maggiormente.
«Non voglio parlarne!», rispondo fredda.
Lo sento sospirare e immagino stia alzando gli occhi al cielo. «Potresti almeno aprire la porta?»
La spalanco e mi incammino verso la cucina. Non so bene cosa voglio fare ma so che devo muovermi o inizierò a strillare come una pazza e finirà male.
Poggia i pacchetti sul bancone. «E' stato difficile decidere così li ho presi entrambi» indica i pacchetti facendo cenno di aprirli.
Sollevo la parte superiore della scatola e trovo due tubini meravigliosi uno nero e uno prugna. Mordo il labbro e li ripiego dentro. Mi siedo sullo sgabello e incrocio le braccia fulminandolo con lo sguardo. Inizio a sentire freddo ma non è importante quanto la sua spiegazione.
Gira il bancone e si sistema tra le mie gambe. Cerco di non allontanarmi e ferirlo. «Sono andato nel panico. Non volevo svegliarti e non potevo neanche rimanere tutto il giorno chiuso in quell'ufficio. Ho chiamato Tea e poi sono andato a zonzo per la città per tutto il giorno fino a quando non ho visto questi e li ho presi perchè è su di te che voglio vederli».
Mi alzo e lo spingo allontanandomi. «Avresti potuto parlarne con me e non l'hai fatto! Chi sono per te?», scuoto la testa e mi incammino verso la mia stanza e poi verso il bagno. Sistemo le mie cose sul mobiletto e mi infilo dentro la doccia per scrollarmi di dosso le sensazioni che mi hanno tormentato per tutto il giorno. So che è nel bagno ma non osa parlare o farsi avanti e in parte apprezzo, non saprei se la mia reazione gli piacerebbe. Quando esco avvolta nell'asciugamano infatti alza lo sguardo e mi fissa per un paio di attimi interminabili in cui il mio cuore rischia di esplodere e la mia faccia di incendiarsi.
«Ti aspetto di la»
E' tutto quello che dice. Abbasso le spalle e mi prendo il mio tempo per prepararmi. Non sono certa di volere rivedere i suoi ma ho accettato e non posso di certo declinare l'invito. Mostrerò loro la persona che sono e mostrerò a Parker che tengo davvero a lui, nonostante tutto.
Indosso il tubino prugna e lego i capelli di lato, mi trucco eccedendo con il mascara e mentre mi dirigo in cucina infilo i tacchi rischiando di cadere.
Si alza e mi guarda come se fosse appena sceso in apnea. Non capisco se vada bene o no. E' sempre così ermetico sulle sue sensazioni. Decido di fare un giro su me stessa e domando silenziosamente se vado bene.
«Ho fatto bene a scegliere quel colore», deglutisce e le sue guance si colorano leggermente.
Sistemo il cellulare nella piccola borsetta e accettando la sua mano usciamo per andare a questa grande cena di famiglia. In cuor mio spero non succeda niente di drastico.

Parker indossa un abito nero molto elegante e una cravatta dello stesso colore del mio abito. E' molto aggraziato ed è nervoso.
In auto la tensione si può tagliare con un coltello. Inizio ad avere voglia di disdire tutto quanto e di andarcene altrove. Non ho neanche molta fame e mi ricordo di non avere affatto mangiato. Quando posteggiamo nel grande viale e scendiamo dall'auto, stringo immediatamente la sua mano. Quando le nostre dita si intrecciano noto che si rilassa, come se avessi appena ridato aria ai suoi polmoni.
Il maggiordomo ci saluta invitandoci ad entrare e nel soggiorno troviamo proprio tutti. Inizio a sentirmi a disagio ma con un sorriso saluto e mi siedo accanto a Parker stringendo sempre la sua mano. E' in un certo senso confortante questo contatto.
«E' bello rivederti», inizia la madre con un grande sorriso sincero.
Le piccole pesti iniziano a frignare su chi deve sedersi accanto a me così Parker prende in braccio il maschietto mentre la bambina si siede accanto a me e inizia a trattarmi come una delle sue bambole.
«Ora state insieme?», la sorella parte all'attacco rivolgendosi al fratello e ignorandomi apposta.
Parker annuisce e continua a parlare con il padre in modo alquanto formale. E' come se non fossero parenti ma soci in affari e la cosa mi destabilizza un pò. Non ho mai visto niente di simile prima e fare le differenze è inevitabile.
La madre cerca di mettermi a mio agio parlando di cucina. L'ascolto volentieri e intervengo per non sembrare una stupida che cerca di trattenersi. So abbastanza di cucina da fare invidia ad un cuoco alle prime armi. Non voglio fare la snob saccente e non voglio mettere lui a disagio. Parker sa che non voglio fargli fare brutta figura e ogni tanto lancia uno sguardo alla madre chiedendole di smetterla ma lei continua a parlare di dolcetti alla cannella, di involtini di maiale che per inteso a me non piacciono e di altre strane pietanze.
«Chi l'avrebbe detto, sai cucinare...», ghigna la stronza della sorella.
«Se voglio tenermi in piedi devo pur mangiare qualcosa, non ho un domestico che provvede per me da quando sono nata.»
Mister Johansson ridacchia e tossisce quando gli va di traverso il vino mentre la stronza diventa rossa porpora e si azzittisce.
Ceniamo nel sontuoso soggiorno e mister Johansson domanda come va l'università e il lavoro. Ascolta attentamente ogni mia parola e non mi mette a disagio neanche un momento al contrario della figlia. E' proprio uno scorfano! Ho la voglia matta di metterla al tappeto ma cerco di tenere a freno la lingua ogni volta che lancia una sua frecciatina.
«Avete intenzione di fidanzarvi ufficialmente?», domanda il cognato appoggiato dalla moglie.
Lancio uno sguardo a Parker e nascondo il viso dietro il bicchiere d'acqua.
«Credo sia una decisione da prendere da soli e quando saremo certi di volere fare un passo del genere. Non credo vi riguardi». Risponde calmo Parker stringendo subito la mia mano sotto il tavolo per rassicurarmi.
«Perchè non ne siete certi? Non vi amate?»
«Tesoro, credo sia una questione personale tra tuo fratello e Emma». Mister Johansson si intromette per frenare quella...
Tra lui e sua figlia corre un certo astio. Riesco a percepirlo. Come è evidente il fatto che tenta in tutti i modi di difendere Parker nonostante lui sia così freddo e distaccato nei suoi confronti. Non capisco cosa lo spinga a comportarsi così. Il suo corpo è rigido e la sua presa sulla mia mano è forte.
«Non è che non siamo certi, non vogliamo commettere errori per le nostre carriere anche perchè io ancora devo laurearmi. Prima vogliamo sistemare le nostre vite e poi potremmo pensare al fidanzamento e...», arrossisco sotto lo sguardo ardente di Parker e quello astioso della sorella, del marito e di tutti i presenti.
«E' comprensibile», ribatte mister Johansson.
«Come può essere comprensibile? Se prova davvero qualcosa per lui non dovrebbe aspettare. E' un buon partito! A meno che non voglia solo altre stupide copertine da realizzare per quei giornaletti da quattro soldi...»
«Basta!», il nonno batte il palmo sul tavolo facendoci sussultare. «State mettendo a disagio la nostra ospite. Ti ricordo mia dolcissima nipote che sei stata la prima a farti mettere incinta senza pensare ad altro da uno che non aveva nessun piano per il futuro e non voleva neanche un figlio. Se questa giovane ragazza pensa prima al suo futuro, io non gliene farei una colpa. E' da ammirare un simile comportamento».
Attorno non vola più una mosca. I bambini fissano spaventati il loro bisnonno con occhi sgranati mentre la stronza ha il viso rosso e il marito tossisce nervosamente. Ammiro quest'uomo, non mi conosce eppure ha preso le mie difese azzittendo la nipote. Ringrazio silenziosamente.
La cena prosegue con un certo imbarazzo. La sorella di Parker continua a scambiare sguardi con il marito e ogni tanto mi lancia una delle sue occhiate assassine.
Il dolce viene servito in soggiorno e si tratta di un delizioso sorbetto al limone e una fetta di torta alla frutta. Gusto almeno questo visto che per tutto il tempo ho spilucciato il cibo nel tentativo di frenare l'istinto di mettermi ad urlare e scappare da questa casa.
Parker è troppo silenzioso e quando ci sediamo sui comodi divani raffinati, cinge il braccio attorno alla mia vita con fare protettivo e non smette un momento di fissare il camino acceso. Dopo un paio di minuti ci dividiamo in gruppetti e inizio ad avvertire la sua mancanza al mio fianco.
«Mi dispiace», sussurra la madre quando la sorella si allontana per una chiamata e rimaniamo sole.
«Non si preoccupi. Non possiamo piacere a tutti. Credo che sua figlia sia solo protettiva e non posso biasimarla per questo. Anch'io sarei gelosa di mio fratello, se ne avessi uno e fosse Parker». Sorrido in modo gentile.
La sua mano prende la mia e il suo viso assume una strana espressione, trattiene le lacrime. Spero di non avere detto qualcosa di sbagliato. In fondo ho giustificato la stronza per evitare altri litigi imbarazzanti e attacchi gratuiti e ingiustificati. «Grazie, sei meravigliosa», sussurra ancora. Non so se crederci o meno. «Mia figlia sa essere davvero cattiva e mi dispiace. Non ho mai saputo gestire il suo brutto carattere.» Arrossisco visibilmente.
«Posso almeno domandarti se mio figlio ti rispetta? Si comporta bene con te?»
Mi agito leggermente sul posto. «Non starei di certo qui se suo figlio non mi rispettasse e se non lo amassi».
La signora Johansson mette la mano sul cuore e sorride emozionata. «Era quello che avrei voluto sentire dire prima di tutto questo. Sono felice che abbia trovato una ragazza così dolce e intelligente»
Il bambino mi si avvicina offrendomi un cioccolatino da un vassoio. Gli scompiglio i capelli facendolo ridere e poi corre da Parker ancora intento a fissare le fiamme mentre suo padre e suo nonno parlano animatamente. Lo solleva e lo fa strillare allegramente. Imprimo nella mente questa piccola scena riflettendo sul fatto che un giorno, potrà essere un padre meraviglioso. Sono sicura che lo sarà.
La stronza torna e si siede proprio accanto a me. La madre si irrigidisce visibilmente, mentre cerco di mantenere la calma.
«Mi dispiace per prima Emma.»
Spalanco gli occhi e la bocca. Mi sta davvero chiedendo scusa? «Come ho detto a tua madre, credo di comprendere le ragioni del tuo astio nei miei confronti e non posso dartene una colpa. Mi dispiace solo di avere iniziato con il piede sbagliato, non era quello che volevo». Stringo le mani in grembo.
«Sono gelosa del successo di mio fratello e non voglio che perda tutto quello che ha costruito con sacrificio a causa di una ragazza. Mi dispiace, davvero, se ti ho offesa ti chiedo di perdonarmi». Stringe la mia mano.
La madre trattiene il fiato mentre la stronza mi sorride. Non so se credere o meno a questa farsa ma istintivamente sorrido e ricambio la stretta.

Quando è ora di andare, sono sollevata. Salgo in auto più leggera e mando fuori un sospiro di sollievo. Anche Parker fa lo stesso ma sul suo viso, c'è dell'altro.
Sono ancora arrabbiata con lui, per il fatto che mi abbia lasciata sola durante la notte e mi abbia portata in questo posto pieno di matti. Un minuto in più e sarei caduta anch'io nel loro inganno. Ho capito che sono tutti finti, indossano una maschera e tentano di farsi piacere ostentando un'intelligenza e astuzia che di certo non hanno, tutti tranne lui che fortunatamente si è svegliato e ha lottato per andare avanti.
Si ferma in una piazzola di sosta e inspira un paio di volte tenendo le mani strette al volante. «Non avrei dovuto...», scuote la testa. «Non avrei dovuto portarti nuovamente in quel posto. Mi dispiace. Non sarò mai migliore, non sarò mai quello che meriti». Batte il pugno forte e passa le mani sul viso. «Oggi ti ho ferita e ora non so come farmi perdonare perchè credo che dopo questa giornata orribile, non vorrai più rivedermi».
Rimango in silenzio mentre riaggancia la cintura e riavvia il motore. Non so cosa dire o fare, so solo che mi sento davvero stanca e non voglio continuare a litigare per cose banali. Oggi mi ha ferita, è vero, ma si è presentato a casa e ha tentato a modo suo di farsi perdonare. Tengo tanto a questo ragazzo e non posso permettere che mi lasci per la sua famiglia o per un mio capriccio.
Ci fermiamo di fronte un fastfood. Corrugo la fronte e aspetto che mi dia una spiegazione ma non lo fa. Esce dall'auto e dopo circa cinque minuti, ritorna con delle buste dall'odore decisamente invitante tra le mani. Le sistema sui sedili dietro e poi guida verso il punto più alto della città. Siamo di nuovo qui, siamo nel posto più bello e tranquillo che io abbia mai avuto. E' il nostro piccolo rifugio. Mi passa una busta. Un hamburgher al pollo senza cetriolini, lattuga e pomodoro. Patatine, una bibita e il gelato. Mi scappa un sorriso. Ho davvero fame e lui ha preso tutto quello che mi piace. A casa dei suoi non abbiamo mangiato a parte il dolce. E' stato carino questo gesto.
Do un morso al panino e mi esce un verso di apprezzamento. «E' buono», mangiucchio in estasi.
«Meglio del cinghiale», biascica.
Ci guardiamo per un momento. «Decisamente!», diciamo all'unisono.
Ridacchio e mi sporgo per dargli un bacio sulla guancia. «Grazie». Termino il panino e fissando il panorama inizio a mangiare qualche patatina inzuppandola nella salsa.
«Quello che ho detto prima che ti addormentassi, è vero. Voglio essere migliore per te. Mi sono alzato quando ti sei spostata dall'altro lato. Non riuscivo a dormire e non riuscivo a controllare il panico che sentivo quando ti guardavo...»
Fisso le luci che si confondono lentamente a causa delle lacrime che iniziano a salire sui miei occhi.
«Eri così serena, così tranquilla, così indifesa. Mentre guidavo verso casa, continuavo a chiedermi se fossi alla tua altezza, se per te sarei mai stato l'unico in grado di farti ritrovare il sorriso. Mentre picchiavo i pugni contro il sacco da box, mi chiedevo se tu fossi davvero pronta a sopportare uno come me, con i miei mille difetti e nessun pregio. Mentre vagavo per le vie cittadine, mi domandavo come stessi iniziando la giornata e in tutto questo, non ho avuto il coraggio di affrontarti. Non so perchè l'ho fatto, so solo che sono stato confuso da tutti questi dubbi e non ho saputo affrontarli insieme a te. Mi sono sentito... perso». Sbuffa pesantemente. «Alla tua domanda su chi sei per me, vorrei tanto rispondere che sei tutto per me. Sei la ragazza che mi ha fatto perdere la testa e la rotta. Sei la mia piccola segretaria dagli occhi dolci che un giorno di Settembre si è presentata nel mio ufficio senza appuntamento e mi ha affrontato con determinazione facendo vacillare il mondo che avevo costruito. Sei la mia piccola ancora di salvezza Emma. Ho paura di non essere abbastanza e di non essere ciò che meriti ma voglio provarci perchè non sono uno che si arrende e perchè ho trovato un motivo per non farlo e quel motivo sei tu e l'amore che provo per te!» Tira su con il naso.
Mi volto stordita e scossa dalle sue parole profonde che sono arrivate dritte al cuore. Scosto le buste e mi sistemo a cavalcioni su di lui, prendo il suo viso tra le mani e con le lacrime agli occhi, fisso intensamente il suo meraviglioso sguardo perso nel vuoto delle sue incertezze.
Premo le labbra sulle sue e lui se ne impossessa come attratto da una strana forza magnetica, si impossessa di ogni piccola particella di me. Non ho bisogno di rispondere con le parole, non servirebbero perchè lui deve capire e sentire cosa sento io stessa per lui. Sbottono la sua giacca e la camicia e poggio il palmo sul suo cuore mentre continuo a baciarlo, mentre le sue mani si posano una sulla mia vita una sulla mia mano. Non lascerò che mi allontani dal suo cuore, non mi lascerò vincere dalla paura che ho di perderlo. Non lo lascerò andare via.

N/A:
~ Perché nella vita abbiamo sempre la costante paura di perdere qualcuno? Ci affanniamo per apparire migliori agli occhi di quella persona che riteniamo speciale. Tentiamo in tutti i modi di non deluderla e di non sbagliare e puntualmente qualcosa va per il verso sbagliato. Sapete cosa vi dico? Ci sono persone che non hanno bisogno di dimostrazioni eclatanti per volerci bene. Ci sono persone che non hanno bisogno di parole o promesse, ci sono e basta perché vogliono esserci. Dobbiamo vincerla questa strana paura di non volere perdere le persone perché chi non vuole, non se ne va. Dobbiamo smetterla e non perdere tempo prezioso. Dobbiamo cogliere l'attimo e passarlo con le persone che meritano per davvero le nostre attenzioni e il nostro amore.
Oggi voglio condividere con voi questa frase che ho letto e che mi ha fatto subito pensare a questo capitolo:
"A volte le parole non bastano. E allora servono i colori. E le forme. E le note. E le emozioni." -Alessandro Baricco

Sono stata taggata da: InfinityHarryStyles Per fare una Challenge. Accetto volentieri anche perché questo mi permetterà di farmi conoscere un pochino da voi. Devo dire 15 cose su di me.
Cominciamo:
(Non amo parlare della mia vita o di me in generale non mi reputo una persona interessante quindi vi prego di non giudicare da queste risposte!)
1) Sono serie tv dipendente (seguo più di 40 serie TV e ... Aspetta ne ho trovata una nuova e devo assolutamente vederla!!!) Non ho amici e sono asociale. (Ecco perché sto qui)
2) Sono una ragazza silenziosa (questo potrebbe dare fastidio ad alcune persone. Non amo parlare molto o meglio lo faccio con poche persone e con quelle che ritengo interessanti e che riescono a mettermi a mio agio). So ascoltare e mi piace potere aiutare.
3) Ho una paura matta degli insetti e dei Clown (Non sto qui a spiegare il perché ma non azzardatevi a travestirvi e a farvi trovare sotto casa perché potrei avere strane reazioni).
4) Adoro le storie macabre e piene di mistero, spero un giorno di potere scrivere qualcosa.
5) Odio le storie d'amore e troppo smielate (si, scrivo storie d'amore ma c'è un perché a tutto questo ed è un motivo abbastanza importante per me!) non sono una persona romantica
6) Non mangio carne di maiale fritta e i funghi. Odio anche un po' le fragole e quelle brutte caramelle alla frutta mollicce con lo zucchero sopra (mi nauseano! Come diavolo fate a mangiarli?)
7) Adoro i minions (si, ho 23 anni e adoro dei pupazzetti gialli che amano le banane e parlano una strana lingua)
8) Non so giocare a pallavolo (sono brava nello sport ma in questo proprio no! Ricevevo sempre pallonate in faccia)
9) Alle medie mi sono rotta un dito del piede facendo la staffetta da allora odio i miei piedi e i piedi in generale (Non mettete scarpe aperte o sandali in mia presenza vi prego!!!)
10) Da piccola avevo tanti sogni: andare sulla luna, fare il militare, il medico, lo scienziato pazzo, l'attrice (purtroppo sono aliena e non posso :P  Oddio non so più che dirvi!!!)
11) Adoro i popcorn super salati
12) Un giorno spero di riuscire a pubblicare per davvero un mio libro e potere avere una soddisfazione nella vita.
13) Sono una persona sfigata (In ogni senso!!!)
14) Odio il contatto con le persone (non sto qui a spiegare il perché...)
15) Non riesco a fissarmi per più di qualche minuto di seguito allo specchio (da piccola pensavo che il gemello cattivo potesse prendere il sopravvento e intrappolarmi lì dentro facendo a cambio. Si ok, questa è davvero strana ma fate attenzione a certi specchi!)

~Ok abbiamo finito!!! Spero che questo capitolo vi sia piaciuto come sempre ditemi la vostra e se volete partecipate a questa challenge, scrivete nei commenti qualcosa di vostro!!! Bacioni -Giorgina! ~

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