Libro 2: 08) Intoppo lavorativo
Allora.. Facciamo un bel riepilogo di ciò che è successo questa settimana all'università. Inutile ripetere al pubblico del mio insediamento tra i rappresentanti del mio corso di laurea, dato che ve l'ho raccontato nello scorso capitolo. I giorni successivi, invece, non furono per nulla leggeri. Le due "Barbie", mi piace chiamarle così, non conoscevano nulla sulle funzioni di un proiettore multimediale e, proprio per questo, mi è toccato prendermi sulle spalle l'ingrato compito della gestione dell'apparato multimediale. In compenso, però, le mie due colleghe avevano instaurato un ottimo rapporto con le tre vipere che lavoravano in segreteria. Le definisco vipere perché erano inavvicinabili per tutti tranne che per le rappresentati. Se si bussava alla loro porta, si otteneva un sonoro:
« Non è oggi il giorno di ricevimento degli studenti. »
Peccato che, quando era orario di ricevimento, queste stavano perennemente in pausa. Non potete nemmeno immaginare quanti salti mortali abbiamo dovuto fare per ottenere gli orari delle lezioni del semestre. Ma, tralasciando i rapporti con la segreteria, anche io avevo instaurato un bel rapporto con i professori, nonostante non portassi scollature indecenti. Con alcuni di loro sono anche riuscito a prendermi un caffè ed ad avere le slides delle loro lezioni, che ovviamente condividevo con il resto del corso. Avevamo creato un gruppo di Facebook proprio per la condivisione del materiale didattico. Peccato che ero il solo a fornirlo.. O quasi.. Perché, quando le mie colleghe ricevevano il materiale da condividere, lo postavano a distanza di parecchi giorni, rallentando e tardando i tempi dello studio di chi lo aspettava con ansia.
« Leo dove stanno le slides di Biochimica? »
« Penso che le abbiano Saveria e Carla. »
« Ah.. Allora le Barbie le caricheranno sul gruppo tra un paio di giorni.. »
Stranamente, anche buona parte della classe aveva incominciato a chiamarle così. A quanto pare era un pensiero comune del corso. Però mi sorpresi di più a non avere io un soprannome a causa delle mie due colleghe. Mi sarei aspettato di esser chiamato Ken dai miei colleghi, gelosi del fatto che passavo un po' di tempo con loro a gestire il corso, eppure non davo questa impressione. E meno male.. Il nominativo di Ken, però, lo ebbe un altro ragazzo che passava le giornate all'interno del gruppo delle due rappresentati. Era molto alto e con un po' di pancia, aveva gli occhi azzurri ed i capelli corti e castani. Era molto appassionato di Formula 1 e di calcio e, proprio per questo, passai un bel po' di tempo a chiacchierare con lui. Mi disse che conosceva le due rappresentanti perché abitavano nel suo stesso quartiere e, dato che non conosceva nessuno tranne loro nel nostro corso, aveva incominciato a seguire le lezioni seduto affianco a loro. Ed era anche fidanzato, quindi non ci provava nemmeno con le due ragazze. Ma, purtroppo, si becco quel nomignolo. Ma, andando avanti con ciò che successe in quei giorni, ci fu qualcosa che mi fece molto arrabbiare.
« Ti hanno fregato.. Vero? »
Mi chiese Andrea quando vide la divisa che avrei dovuto usare durante il tirocinio. Praticamente la divisa era un sacco di patate bianco con due strisce blu e lo stemma del Policlinico Tor Vergata cucito sul cuore. Ed i pantaloni non erano migliori. Anche le scarpe facevano pietà, ma a causa mia. Mi ero fidato delle parole di un mio collega milanese che, al contrario di tutto il corso, si volle prendere i mocassini bianchi per lavorare in ospedale, perché girava la voce che fossero più comodi. Quindi, mentre tutti compravano le ciabatte bianche, io ed il milanese prendevamo i mocassini.. Osceni e scomodi come delle scarpe fatte di rovi.
« Mi sono fatto fregare.. Vedi! Una di queste non ha neanche il taschino! »
Urlai facendole notare che, ad una delle due divise comprate, mancava il taschino sul petto, che serviva per tenere le penne ed il cartellino.
« Ma quanto hai speso per queste divise anti-stupro? »
Domandò ironizzando sulle divise. Nessuno sarebbe riuscito a rimorchiare con un obbrobrio del genere addosso. Facevano calare la libido e toglievano la voglia di vivere.
« Quaranta euro a divisa.. Più trenta di scarpe. »
Risposi sbattendo la testa contro lo spigolo della porta per la disperazione.
« Forse è meglio non dirlo a tua madre quando ti chiamerà stasera.. »
In effetti aveva ragione. A sapere una cosa del genere, seppur fosse una divisa necessaria per l'università, mi avrebbe sparato e crocifisso al di fuori della facoltà per ricordare agli studenti cosa possono essere in grado di fare i genitori agli universitari imbecilli. La disperazione era tanta che mi aveva tolto completamente la voglia di studiare per quella sera.
« Ti va di fare una partita con me a Mario Kart? Mi annoio a giocarci da sola. »
Mi chiese Andrea con gli occhioni da cucciola e con la custodia del gioco in mano. Quel gioco era uscito da poco e non l'avevo ancora provato a causa degli orari delle lezioni. Purtroppo passavo la maggior parte del giorno in facoltà e la sera la dedicavo allo studio. Era da un po' di tempo che non toccavo un controller e che non passavo un po' di sano divertimento con Andrea. L'università aveva già iniziato a cambiare qualcosa nelle mie abitudini.
« Certo.. Devo distrarmi in qualche modo. »
Le dissi dandole un bacio sulla fronte e sfilandole il gioco fra le mani.
« Sai.. Sarebbe davvero bello avere un lavoro come il tuo. Pochi pensieri.. Tanto tempo libero.. Ed una disponibilità economica talmente alta da poterti permettere questi giochi gratis grazie al network. »
La bella vita di una beta tester. Andrea aveva una sottospecie di sponsor che la pagava per poter giocare ai videogiochi e per poter scrivere recensioni accurate di questi nei forum e direttamente alla casa di produzione. Un lavoro del genere era il sogno di ogni ragazzo che ha passato l'infanzia sulla Ps1 e sulla Ps2. Ma, purtroppo, non tutti erano in grado di poter fare e gestire questo lavoro. Di solito i coreani ed i giapponesi venivano scelti per testare i giochi, dato che in quei paesi ci sono ragazzi che si chiudono in casa e non vedono la luce del sole nemmeno dalla finestra. In parole povere c'erano dei veri e propri Otaku. Ragazzi con problemi sociali che preferivano la compagnia di un videogioco alla compagnia di una persona vera. Anche Andrea era così prima del mio arrivo a Roma, ma per fortuna aveva cambiato stile di vita.
« Non l'ho ricevuto gratis. Il mio network è fallito tre mesi fa. »
Esclamò a bruciapelo la rossa che inseriva il disco per poter giocare. Io, però, lasciai cadere il controller a terra per lo shock.
« Vuol dire che sei senza lavoro da tre mesi? »
Domandai con un groppo in gola e con una paura enorme di sapere la risposta.
« Si. »
Rispose tranquillamente Andrea, quasi come se non fosse nulla di grave.
« E perché non me l'hai detto? »
Alzai un po' il tono della voce, giusto per far capire ad Andrea che l'argomento era serio e che lei non poteva trattarlo con tanta leggerezza.
« Eri giù a Taranto quando è successo e poi dovevi preparati per l'università.. Ma non ti preoccupare. Ne troverò un altro prima o poi.. Ho tanti soldi da parte per fortuna e dovrei riuscire a pagare ancora quattro o cinque mesi di affitto. »
La rossa non aveva ancora capito quanto fosse grave il fatto che non mi aveva informato di tutto ciò. Avrei potuto aiutarla ed avrei potuto fermarla in questi giorni, dato che aveva speso quasi duecento euro per fare i cosplay per il Romics e quasi trecento per una ventina di giochi che Steam aveva messo in saldo. Sono cose che, al proprio ragazzo, si devono assolutamente dire!
« Non è facile trovare un lavoro simile a quello che facevi tu! E se non riuscissi a trovare nulla? Cosa faresti? »
Mi alzai preoccupato e stressato per la vicenda.
« Ho due lauree.. Me la caverò. E poi ci sono i miei genitori.. Li ho chiamati prima del tuo arrivo ed erano qui a Roma per questo. Mi dava un enorme fastidio, ma ho dovuto chiedere il loro aiuto nell'eventualità rimanessi senza alcuna fonte di guadagno. E, nonostante la piccola litigata, mi hanno detto che mi daranno una mano. »
Quella fu la goccia che fece traboccare il vaso. Ecco spiegato il motivo della loro presenza in questa casa. Avevo pensato che erano riusciti a trovare la figlia con l'aiuto esterno della polizia o di un investigatore privato, invece era stata Andrea a chiamarli. E non capiva che chiedere soldi ai suoi genitori, poteva solo portare eventi nefasti sulla sua vita. Avevano già rovinato la sua infanzia, cosa li impediva di rovinarle anche il futuro?
« Mi dispiace tanto.. Ma credo che sia giunta l'ora. »
Chiusi la porta della camera di Andrea, così che nessuno in casa potesse sentire ciò che dicevamo o le urla che sarebbero nate quella sera. Io ed Andrea avremmo dovuto affrontare la nostra prima e vera litigata da coppia.
.....................................................................................................
Se volete seguire tutti gli aggiornamenti, i retroscena della storia, le cazzate fatte dall'autore ed altro ancora, vi consiglio di seguire la pagina Facebook: Telespalla Wolf.
(Trovate il link cliccando sul tasto "Collegamento esterno" del capitolo)
Bạn đang đọc truyện trên: Truyen247.Pro