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Libro 1: 12) Competizione videoludica

Eranogià passate due ore da quando avevo visto per la prima volta Andrea,ma ancora il mio cervello non aveva assimilato la notizia. Èpiccolo, quindi ci vuole un po' prima che se ne renda conto dasolo. Non è facile per un ragazzo del Sud scoprire che esistanoragazze appassionate di videogiochi o del mondo nerd. Pensavo chefossero rare come i Pokemon shiny, dato che non ne avevo maiconosciuta una. Chi se lo immaginava che ormai era diventata una modagiocare alle console? Di certo questa notizia non era arrivata aTaranto. Ero rimasto indietro, ancora alle ragazze che si guardavanoBeautiful o Twilight.

«Stracciatoanche questa volta!», mi urlò contro la bella ragazza tinta dirosso, mentre giocavamo a Mortal Kombat in salotto. Stavo cominciandoa pensare che fosse venuta fuori a causa di un ictus ischemico, avevadelle gambe stupende e, a occhio e croce, portava una terza. Ah, unictus ischemico è una mancanza cerebrale, causata da un mancatoafflusso di sangue nell'encefalo, dovuto in genere a una trombosi oa una embolia. Potete immaginare benissimo dove mi servisse ilsangue, in quel momento. Comunque... Senza rendermene conto, eravamofiniti sopra quel divano a giocare ai videogiochi. E il fatto che ildivano nero fosse simile a quelli dei film porno non aiutava lacircolazione intracranica. Riuscivo a dire poco e nulla e leiapprofittava della mia confusione per distruggermi nei picchiaduro.Nessuno riusciva battermi in quel genere di gioco. Ero imbattuto dopoanni di combattimenti a Dragon Ball, One Piece, Tekken, Soul Calibure Digimon contro i miei cugini e mio fratello. Ma, in meno di dueore, Andrea mi aveva disintegrato. Non avevo bisogno nemmeno deicerotti, dato che di me era rimasta solo cenere. Il che mi davafastidio, essendo molto competitivo. Vi dico solo che a costo di nonperdere a calcio balilla contro i miei amici e nemici, si ho diversinemici, mi sono fatto venire i calli sulle mani per tirare più fortee parare meglio. Non potevo accettare che qualcuno mi battesse inqualcosa in cui ero bravo, tanto meno una ragazza. Mi è venuta unpo' sessista...

«Laprossima non la vincerai!», dissi sopprimendo la rabbia e cercandodi vedere lo schermo della televisione, anziché le sue lunghe cosce.Ero tentato di azzannarle come se fossero dei cosciotti di pollo, maciò avrebbe minato la partita... E anche la mia dignità.

«Acosa vorresti giocare?»

Aquella domanda il mio cervello si attivò. Dovevo trovare un gioco incui ero imbattibile e umiliarla per benino. Al diavolo la cavalleriae le buone maniere. Avevano lottato per la parità dei sessi? Bene,allora dovevano essere umiliate quando perdevano! Sempre tropposessista...

«NarutoUltimate Ninja 3!»

Bingo!In quel gioco ero imbattibile. Mio cugino e mio fratello hanno persoun centinaio di volte contro di me e il mio Rock Lee. Anche conHinata ero bello forte, ma il "Mr. Sopracciglia" era il miopersonaggio preferito e anche più letale. Una risata maleficarisuonò nella mia testa con una musica d'organo di sottofondo.

«Vabene lo stesso il 6?»

«Come?Cosa? Quando? Perché?», erano usciti tre sequel di Naruto e non nesapevo nulla? Impossibile, mi tenevo sempre informato sui nuovigiochi per le console. Eppure ero rimasto così indietro.

«Maquesto è in giapponese!», esclamai scioccato. Andrea possedevagiochi che in Italia ancora ci sognavamo e quindi stava molto piùavanti di noi e, seguendo sempre la stessa logica, mi avrebbespaccato il culo in un gioco che non conoscevo. Bella, futuristica eletale. Non poteva esistere una combo peggiore come avversario.Sarebbe stata il sogno di ogni nerd represso e antisociale, ma comenemica e nemesi era terribile. Non mi avrebbe fatto vincere nemmenoper pietà. Caratteristica che trovavo stranamente eccitante efastidiosa allo stesso tempo.

«Vittoria!»

Poteteimmaginare chi abbia detto quella frase. Si vantava per ogni piccolavittoria o per ogni punto. Ed era più competitiva di me! Mi sentivoun chicco d'uva dinanzi al grappolo che era lei. Non sapete quantoho resistito e quanto ho desiderato spronare gli istinti animali. Manon avevo intenzione di finire in galera per stupro o cose delgenere.

«Tiva di passare la notte in camera mia?», mi chiese all'improvvisolasciandomi di sasso.

"Nonl'ha detto sul serio... Tutto questo è un sogno. Tu in realtà nonsei qui. Sei in ospedale e ti stanno facendo delle trasfusioniurgenti per riportare sangue al cervello dato che il piccolo Wolf telo sta rubando tutto". Diciamo che quella frase poteva dire solodue cose: o voleva portarmi a letto o voleva portarmi a letto. Ok...È solo un'opzione, ma in quella condizione di shock non potevofarmi venire in mente sempre battute divertenti e spiritose!

«Ok...»

Quandomi portò nella sua camera, o almeno in quello che sembrava più unostanzino per le scope date le dimensioni, notai subito i tanti fogliappesi e incorniciati alle pareti e le foto di lei da bambina.Immaginate cosa c'era? Sulle pareti c'erano appese due lauree,una in Giurisprudenza e una Ingegneria, tre specialistiche conrispettivi master, una foto in cui lei interpretava una parte in unacommedia shakespeariana, una in cui lei da piccola suonava il piano,un'altra il violino e un'altra ancora in cui dava la mano aCiampi. Avete capito bene... L'ex presidente Carlo Azeglio Ciampi.Avevo un mostro come coinquilina. Avevo Einstein con gli shorts e ilseno. E aveva solo ventiquattro anni! Il che non faceva altro cheaumentare il mio disagio, dato che ero intelligente quanto unapannocchia di mais.

«Prendi!»

Andreami lanciò una scatola bella grossa e si sedette sul letto, facendomisegno di raggiungerla.

«Aprilae cominciamo! Ci metteremo quasi tutta la notte per finire.»

Erauna scatola di Risiko... 

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