35
Pov. Carlotta
Ero stata una stupida, o forse mi sentivo tale. Sapevo solamente che il mio morale era sotto i miei fedeli stivaletti.
Le parole di Madison erano state uno schiaffo alla realtà. Era così. Lui ci faceva sesso, entrava nel suo corpo ed io cosa pretendevo?! D'altro canto non eravamo nulla io e Joshua. In effetti non sapevo bene cosa fossimo. Eravamo un boomerang, lo tiravi e ritornava sempre indietro, eravamo un'alchimia perfetta, difettata da ciò che avevamo intorno. Sentimento che non potevo comprendere, difficili da spiegare. Più lo odiavo e più il sentimento cresceva ma non era odio, era ben altro. Mi sarei voluta prendere a manate da sola.
Michael era sempre così dolce e premuroso, mi baciava in modo delicato, e le farfalle si affievolivano sempre di più, diventando quasi un peso che comprimeva il petto, tanto da far male perché ci stavamo facendo tutti del male.
Dovevo allontanarmi dal "problema" Joshua. Perché era così, era un'enorme, stupendo, magnifico Problema. Tirava fuori quel lato di una Carlotta che non conoscevo, spazzava via le mie facoltà mentali, mi faceva entrare in un limbo dove non sapevo più qual era il giusto e quale no. Ero certa solo che le sue mani sul mio corpo mi facevano vibrare l'anima, mi scuotevano, riuscivano a toccarmi tutti i punti deboli, perché anche se non volevo lui era il mio punto debole, il mio tallone d'Achille, e dovevo stare a distanza di sicurezza.
Era l'ultimo giorno, oggi saremmo partiti. Il giorno prima avevo cercato di evitare quanto più potessi Joshua che dopo varie battute di era arreso non ricevendo le mie risposte alle sue provocazioni. Era stato difficile, ma tentavo di controllare quell'emozioni. L'avevo visto dalla vetrata del salotto giocare con Madison, o meglio dire strusciarsi con Madison l'arpia. Esatto questa era il suo cognome.
Così io decisi di guardarmi un film con Michael, mettendomi comodamente sul divano abbracciata a lui, perché ci stavo bene e perché speravo che Joshua rodesse, ma sembrava non buttare mai l'occhio nella nostra direzione, come se quella vetrata fosse stata oscurata e potevo guardare solo io che vi ero all'interno.
Quindi sapere che era l'ultimo giorno mi rasserenava, mi faceva sentire in pace con me stessa. Perché non sarei più dovuta stare così a stretto contatto con quell'odioso, e quell'arpia.
Ero nel letto, mi giravo e rigiravo senza trovare un posto comodo dove chiudere gli occhi e lasciarmi andare al sonno che avevo ma non mi portava con se. Mi alzai dal letto, vedendo Michael dormire beato, e facendo piano aprii la porta di camera per andare a prendere una boccata d'aria, e venire scossa dal venticello fresco notturno.
Scesi lentamente le scale, senza gettare l'occhio in direzione della loro camera. Ed uscii fuori, tenendo la porta socchiusa.
Venni accolta da una folata fresca che mi procurò una lieve pelle d'oca, per affievolirsi.
Sentii lo scorrere lento e calmo del fiume, e il motoscafo ondeggiare lentamente sbattendo un po' contro il molo di legno in un suono secco e basso.
Mi avvicinai, sedendomi piano sull'erba un po' umida, puntellando i palmi al lato del mio corpo, osservando bene quel posto incantevole, che metteva una calma interiore strana. Finché non decisi di distendermi ed alzare gli occhi al cielo. Potevo vedere le stelle perfettamente, non erano oscurate da quel velo sporco che si trovava in città. Erano così nitide e pulite, che se alzavi un dito potevo credere persino di toccarle o prenderle in mano per accarezzarle.
Rimasi a fissare quel cielo scuro, quasi nero, ma che diveniva blu scuro grazie alla luce della luna e delle stelle che lo costellavano senza farlo sentire solo, ed il fresco vento che scendeva al lato del mio corpo, passando attraverso la maglietta più corta adesso che ero distesa.
"Bello vero?" Sentii la sua voce bassa, ed il frusciò della suola delle scarpe sull'erba.
Non mi alzai, decisi di rimanere piantata verso il cielo come ipnotizzata. Vidii la sua ombra sovrastarmi appena, per scomparire sapendo che si era messo steso di fianco a me per ammirare il cielo stellato.
"È tutto così calmo qui, sembra quasi un'altra dimensione" proclamò liscio e soffice, mentre deglutii tentando di non voltarmi e guardare il suo viso illuminato dalla luna che mi veniva contro, facendomelo apparire più bello di ciò che fosse.
"Perché sei qui Joshua?" Azzardai a domandare roca, socchiudendo gli occhi per esalare un sospiro caldo.
Sentii un lieve rumore, come se stesse strappando dei fili d'erba per giocarci con le dita.
"Non prendevo sonno" ammise sincero e con voce soffiata come il vento.
"Deduco che sia il tuo stesso motivo" aggiunse, sentendolo girarsi, così voltai il viso vedendolo con il gomito puntellato sull'erba e il palmo poggiato sulla mascella.
"Sei così convinto delle tue deduzioni. Forse volevo solo ammirare il cielo pulito per l'ultima volta" risposi ferma e diretta, stufa del suo sguardo da saputello sfrontato.
"Sta di fatto che non dormi, o forse sei sonnambula?" Domandò con il suo tono beffeggiatore. Aveva voglia di scherzare anche durante la notte.
Sbruffai senza rispondergli, finché non sentii il polpastrello delicato del suo pollice, passare lievemente sotto il solco del mio labbro inferiore.
"Joshua" soffiai piano il suo nome fuori, mentre prendevo coscienza che quel contatto lo desideravo e detestavo nell'egual misura.
"Dimmi" continuò la sua carezza soave, mentre le mie labbra si dischiudevano al suo passaggio.
Gli tolsi la mano, spostandola. Mi sentii come abbandonata ma dovevo farlo.
"Devi smetterla. Dobbiamo smettere questa cosa" provai a parlare senza risultare sfrangiata, ed impastare le parole.
"Quale cosa?" Domandò quasi non capendo è tutto ciò mi faceva solo infuriare.
Mi voltai dalla sua parte, mettendomi sul fianco per guardarlo meglio, e Dio quella luna non ne voleva sapere di non illuminarlo. Dannata luna!
"Fai il finto tonto. Non so se scherzi o dici sul serio, davvero non lo so" risposi quasi esasperata da tutto il contesto dove ero entrata, quando potevi semplicemente rimanere sua amica con odio e bene. Ed invece mi ero incasinata andando incontro ad un sentimento che non conoscevo, quel sentimento di cui la gente parlava e nel quale credevo fermamente, mi era piombato addosso.
Abbassò lo sguardo, passandosi una mano sulla fronte.
"Non sto scherzando. Rispondo alle reazioni del tuo corpo. Perché non vuoi semplicemente ammettere che mi vuoi?" Mi riprese risoluto, mentre mi guardava con occhi inquisitori.
"Perché non farebbe differenza, perché sei troppo sicuro di te, e ti detesto." Rivelai mentendo sopratutto sull'ultima frase. Perciò mi alzai, per tornare dentro.
La sua presa sul mio polso iniziavo a detestarla quanto lui, che mi spinse facendomi sbattere contro il muro al lato della porta. Inchiodata dal suo corpo e dai suoi occhi, inchiodata da Joshua che era tante cose.
"Sono sicuro di quello che sento quando stiamo insieme, sono sicuro e lo so per certo. Puoi mentire a te ma non menti a me, non lo puoi fare Carlotta. Non mi spiego neanche io questa cosa che abbiamo perciò non puoi pretendere risposte a certe domande. Ma non puoi negare il tuo viso mentre le mie dita erano nella tua intimità, mentre le nostre lingue si bramavano e quel luccichio speciale che mi manda a puttane il cervello. Mi detesti ancora? Voglio che me lo dici mentre mi guardi negli occhi. Mi detesti?" Mi rimbeccò così irruente e dolce allo stesso tempo. Parole che mi scavavano dentro e rimanevano chiuse nella scatola del cuore. Non avevo avuto modo di replicare, i suoi occhi erano troppo profondi, pieni del mio riflesso, arreso, arresa a lui completamente.
Non potei distogliere lo sguardo, quindi tentai di prendere un respiro interno, pesante.
"Si...ti detesto" riuscii a pronunciare quelle parole senza mangiarmi le parole, che non volevano uscire e avvertii la gola raschiata.
Fece un sorriso amaro, reprimendolo quasi ed una linea dura ad indurite di più i suoi lineamenti.
Lasciandomi andare, mentre sbatté una mano al muro facendomi sobbalzare mentre ero già all'interno, ricacciando indietro singhiozzi ed emozioni, chiudendo la porta di camera.
"Buongiorno" avvertii al mio udito ancora ovattato dal sonno la voce di Michael ed un suo lieve bacio sulla mia nuca, mentre ero rivolta verso la finestra che aprii la mia vista, colpendola piano.
"Buongiorno" gli dissi di rimando, muovendomi sul materasso, mentre mi prese con la mano sulla vita, attirandomi verso di lui, salendo piano sulla schiena in lente carezze.
"Mi mancherà trovarti nel letto tutte le mattine" rivelò soave, sorridendomi e scaldandomi il cuore.
Lo guardai negli occhi verdi, dandogli un bacio sulle labbra che si fece più passionale. Giocai con i suoi capelli, muovendomi sotto di lui, mentre le sue mani vagavano al lato del mio corpo, ed il suo membro pigiava debolmente sulla mia parte intima.
"Anche a me" replicai, staccandomi dolcemente anche se forse stavo dicendo una piccola bugia.
Mi finii di preparare il borsone, mi lavai velocemente e mi vestii con dei jeans ed una maglia a maniche lunghe con le spalle scoperte.
"Siamo tutti pronti?" La voce di Madison che stava scendendo le scale, ravvivandosi i suoi boccoli dorati, mi elettrizzò i capelli come una scarica elettrica.
Poteva essere così petulante e gallina di prima mattina?! Si poteva.
Non le risposi mentre Michael fece un cenno di assenso con la testa e Joshua bevve il suo ultimo succo alla pesca, quel dannato succo, poiché le sue labbra avrebbero portato quel sapore lì e la mia mente a quel ricordo maledetto.
Mi fissò, tirando su con la cannuccia, mascherando un sorrisetto divertito per poi gettarlo nella pattumiera, raccogliendo il suo borsone.
Uscimmo, controllando che avessimo preso tutto e che avremmo avuto le chiavi per restituirle al padrone dell'appartamento, che aveva l'agenzia poco dopo Hudson Valley.
Montammo in macchina, mentre mi misi la cintura, vedendo Michael innestare la prima, e lasciarci dietro le spalle, incomprensioni, voglia e desiderio, per ricominciare una routine nel quale Joshua non sarebbe dovuto rientrare.
Michael fermò la macchina dal meccanico, vedendo un Joshua scendere.
Aspettammo dieci minuti buoni, mentre guizzai lo sguardo, sbruffando ed aggiustandomi sul sedile per vedere cosa cavolo stesse facendo mentre l'odore dell'acetone si espandeva dentro l'abitacolo.
Mi girai furiosa verso una Madison che canticchiava a bassa voce fortunatamente, applicandosi uno dei suoi tanti smalti, questa volta lilla.
"Puoi chiudere quel cazzo di smalto. Grazie" sbottai frustrata e con un mal di testa che picchiava sulle tempie come un martello.
Alzò lo sguardo svampita, accennando un sorrisetto.
"Mi dispiace. Ti vedo un po' schizzata. Michael non ti calma come si deve. Non tutti sono bravi come Joshua" replicò squillante e derisoria, mentre sentii il sangue raggelarmi e farmi partire completamente la valvola. Schizzata?! Schizzata un par di palle!
Mi slacciai la cintura con veemenza, allungandomi nel sedile posteriore, mentre Michael si stava avviando per capire perché Joshua ci stesse mettendo un'infinità di tempo ed imprecasse con le mani nei capelli.
"Ripeti cosa hai detto. Brutta stronza" le rovesciai la boccetta di smalto sul jeans bianco, facendola saltare dal sedile con uno sguardo impaurito ed emettendo un urletto da gallina strozzata.
"Ah...lo smalto, il pantalone. Secchiona repressa" si allungò a sua volta, tirandomi i capelli mentre io acciuffai i suoi stupidi boccoli tirandoli verso di me, tanto da estirparglieli dal cuoio, facendola urlare di dolore, finché la voce di Joshua e Michael non ci ripresero, girandoci con ancora i miei capelli avvolti nelle sue mani ed i suoi nelle mia.
Avevano gli occhi sgranati ed increduli con le sopracciglia innalzate, mentre Joshua aveva lo sguardo esasperato e tentava di dire
"Che cazzo state facendo?".
Mollammo entrambe la presa, riprendendo i nostri posti, mettendomi a braccia conserte, cercando di farli parlare.
"È sorto un problema" proclamò Michael, puntellando i bracci sul finestrino abbassato, fuori dallo sportello della macchina.
Sorrisi amaramente, voltando il viso verso il suo.
"Solo uno?" Ribattei sardonica, sentendo Madison darmi la colpa ma venendo zittita da Joshua e per una volta potevo essergli grata.
"Dicevo...la ruota non sarà pronta prima di due giorni. Poiché deve arrivargli domani in giornata. Perciò dato che io e Madison abbiamo la partita, e Maggie ti porrebbe troppe domande, resterete tu e Joshua nella casa, e parlerò io con il proprietario. Dovrete mettere solo la differenza della quota." Rivelò quelle parole come una secchiata di acqua gelida che faceva battere i denti e accapponare la pelle.
"Che cosa?" Sbottai sgranando gli occhi e con la voce angosciata ma più alta di un'ottava.
Guardai Joshua ticchettare i polpastrelli sul vetro di dietro, per guizzare lo sguardo verso di me, uno sguardo di sfida, quello che conoscevo bene e mascherò il suo sorrisetto sfacciato, mordendosi il labbro inferiore.
Brutto idiota, pezzente, odioso!
"Non se ne parla. La colpa è sua" affermai, rimettendomi con la schiena contro il sedile e le braccia incrociate al petto, in maniera spazientita.
"Quindi ora la colpa sarebbe mia?" Mi riprese Joshua, non facendo parlare Michael, guardandomi truce.
"Certo. L'hai bucata tu la gomma" ribattei saccente, sfoggiandogli un'occhiataccia da campo di battaglia.
"Come cazzo facevo a sapere che c'era una cazzo di cosa a terra?" Mi rimbeccò di nuovo, con voce possente ed alterata mentre mi stavo scaldando talmente tanto che avrei incendiato la macchina.
"Dovevi stare attento, idiota che non se..." non riuscii a finire poiché un Michael spazientito sbatté la mano sul finestrino, urlando risoluto un
"basta" guardandoci male ad entrambi.
"Mi dispiace le cose stanno così" aggiunse più calmo, rimontando in macchina per scortarci di nuovo alla casa. Il silenzio era glaciale, sentivo l'elettricità che c'era, ed una tensione che si poteva tagliare con il coltello.
Quando arrivammo, Michael scese, venendomi ad aprire mentre Joshua baciava Madison che mise il broncio. Papera starnazzante!
"Mi mancherai Carly. Ci vediamo tra due giorni. Ti voglio bene" affermò dolcemente, prendendomi il volto tra le mani, lasciandomi un bacio intenso sulle labbra, sorridendomi.
Joshua prese i nostri borsoni dietro, finché non salutai di nuovo Michael dalla macchina mente Madison non la contai neanche, vedendolo far retromarcia e la ghiaia scricchiolare fastidiosamente, con un po' di fumo che lasciò, sparendo piano dalla nostra visuale.
Rimasi un attimo ferma, esalando un sospiro sconfitto e con le palpitazioni a mille per la situazione in cui mi trovavo di nuovo, sapendo che il destino mi stava tirando un brutto scherzo.
"Insomma di nuovo so..." non lo lasciai finire la sua frase beffarda, che gli strappai le chiavi di mano ed il borsone.
"Stai zitto" proruppi spazientita e stizzita al massimo, aprendo la porta per salire le scale velocemente e sbatterla dietro alle mie spalle con un tonfo assordante.
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