20
Pov. Carlotta
Mi aveva baciato, ci eravamo davvero baciati?! Ero scossa incredula, mille sensazioni esplosero come fuochi d'artificio nella notte di San Lorenzo. Ero stata anche io a volerlo, il modo in cui mi toccava il fianco, Dio le sue labbra perfette che mi baciavano, sentivo la sua urgenza di sentire il mio sapore ed io volevo sentire il suo come se fosse una necessità. Il modo con il quale accarezzò la mia lingua con la sua era stato l'apice. Non mi sarei più scordata quel bacio, l'avrei tenuto impresso nella scatola del cuore. Ma era stato uno sbaglio, bellissimo ma pur sempre uno baglio che non avrei permesso riaccadesse. Dovevo pensare a Michael, a come mi faceva sentire bene. Con Joshua non doveva esserci nulla e glielo confermai quando tornai a casa.
Era sulla moto, aspettando che scendessi. Gli porsi il casco portandomi una ciocca agitata tra le dita.
"Joshua...non so..." mi bloccai poiché lo vidii annuire.
"É stato uno sbaglio lo so. Volevi sapere come si baciava ora lo sai" scivolò via lo sguardo da me, scendendo dalla moto.
"Già. Ci vediamo a sc..." neanche questa volta mi fece finire, che aprii la porta di casa sua mentre io aprii la mia.
"Si ciao...Carlotta" parlò con un tono tagliente che pungeva la pelle come piccoli spilli, per acconsentire entrando nel buio del salotto e rilasciai un sospiro.
Salii in camera, senza accendere la luce. Volevo stare assolta nel buio forse perché mi permetteva di far fuoriuscire tutti i pensieri che vagavano nella mia testa senza meta. Affondai nel letto, scalciando gli stivaletti, per girarmi su un fianco abbracciando il cuscino. Sentivo addosso alla mia maglia ancora il suo odore, e mi portai l'indice sulle labbra tremanti, sentendo quanto fossero ancora gonfie e frementi per il suo bacio che non doveva e non poteva significare nulla. Era una prova, si! Solo una stupida prova! Lui aveva Madison e come la baciò al cinema me lo confermavano sempre di più. Mi aveva colta in flagrante, ma poco importava se ormai gli avevo lasciato la libertà di assaggiarmi.
Spensi i pensieri, lasciandomi andare tra le braccia di Morfeo. Il mattino incombeva sempre troppo presto, come la mia poca voglia di alzarmi. Non mi ero neanche cambiata la sera, troppo prigioniera delle emozioni dal pensare di potermi togliere quegli indumenti fatti del suo odore e del mio. Scalciai la coperta, ed alzai il viso puntellando i gomiti sul materasso per riprendermi dalla luce che filtrava dalla tendina rosa.
Sbruffai, togliendomi con un soffio anche un ciuffo che penzolava davanti ai miei occhi ancora offuscati prima di passarci un palmo sopra, strusciandolo. Non riuscivo a non pensare che avrei visto Joshua. Forse fino a ieri era solo un problema per le parole che aveva detto ma era sostenibile il suo sguardo mentre da ieri sera era rivoluzionato tutto, ribaltato le dimensioni del problema che erano catastrofiche, e non avrei retto una sua occhiata perché sarebbe pesata come un macigno.
Mi arricciai i capelli facendo dei leggeri boccoli che mi ricadevano sulle spalle, e mi vestii per scendere le scale incrociando mio padre che si stava sistemando la cravatta e mia madre che beveva un sorso di caffè, per poi alzare lo sguardo sull'orologio affisso in cucina, rendendosi conto che eravamo terribilmente in ritardo, ed infatti la mia postura spazientita e svogliata lo confermarono come la mia mano spiegata verso la porta come ad intimarle di andare.
Afferrò il trench di fretta, poggiandosi al muro per infilarsi i tacchi e diede un bacio a mio padre che si avvicinò a me per darmene uno sulla guancia, salutandolo.
"Siamo in...terribile...ritardo cazzo" sbottò mia madre, cercando le chiavi della macchina in borsa come un'ossessa, cacciando un sospiro quando le uscii fuori. Mentre ero assorta a vedere la casa di Joshua ma poi vidii che la moto non c'era, segno che era già andato via il che forse era un bene ma comunque non avrei potuto evitarlo a scuola.
"Andiamo, andiamo" mi richiamò frettolosa mia madre, montando in macchina, gettando la borsa nei sedili posteriori, accertandosi dallo specchietto che il suo correttore avesse fatto miracoli. Poteva coprire le occhiaie ma a me sarebbe servito un correttore per correggere il disastro.
Mi lasciai andare contro il poggia testa, guardando il tragitto che ormai sapevo a memoria, mentre mia madre cantava una canzone degli anni 80 che passava per radio.
Take on me. So needless to say, I'm odds and ends. But I'll be stumbling away
Slowly learning that life is okay. Say after me
It's no better to be safe than sorry.
Sembrava cantare le stesse parole che pensavo.
Non c'è bisogno di dire che sono confuso
Ma barcollerò lontano
Imparando piano piano che la vita non è male
Tu dici dopo di me
Non c'è alcun "prevenire è meglio che curare".
Ed invece forse sarebbe stato meglio prevenire, perché adesso avrei dovuto curare e spazzare via quello che le mie sensazioni ricordavano ma la mia mente voleva cancellare.
Quando arrivai mentre la canzone finì, scesi dalla macchina salutando mia madre per avviarmi all'entrata. Mi aggiustai lo zaino sulle spalle per poi vederlo e in un attimo come calamite il suo sguardo incrociò il mio. Un tamburo dentro la cassa toracica. Un martello pneumatico che rimbombava in ogni parte, facendomi sentire solo quel rumore assordante e nient'altro. Finché non sentii una mano sul mio fianco e gli occhi di Joshua glaciali lasciarmi andare.
Mi voltai vedendo Michael sorridermi, ed avvicinarsi al mio viso per darmi un tenero bacio sulla guancia. Avvertii il suo profumo penetrarmi nelle narici ed anche se era diverso era il profumo che avrei dovuto sentire sempre per oscurare l'altro.
"Ciao. Come stai?" Mi chiese dolcemente, mentre ci avviammo verso i gradini.
"Bene grazie. Tu?" Mi girai un attimo per guardarlo vedendolo annuire raggiante.
"Lo sai che se ti vede Chantal, darà di matto" gli confessai mentre scoppiò a ridere scuotendo i capelli insieme al ciuffo.
"Non me ne frega niente ad essere sincero. Questa volta imparerà a cavarsela da sola" sussurrò le ultime parole vicino al mio orecchio quasi un bisbiglio, prendendomi di più per la vita attirandomi al suo fianco. Sorrisi poiché ero felice della sua affermazione. Comunque non ci sarebbe stato bisogno che mi sentivo in colpa, dopo tutto ci frequentavamo ed ancora non era ufficiale nulla.
Era così cambiata la mia vita da quando feci il patto con Joshua che mi sembrava di vivere in una dimensione parallela.
Ci avviamo verso gli altri, salutando tutti, mentre Madison arrivò alle spalle di Joshua facendolo girare per baciarlo con trasporto. Non si tirò indietro anzi, la ribaciò con la stessa enfasi. E quando si voltò nuovamente non mi degnò di uno sguardo, come se fossi stata trasparente, invisibile ai suoi occhi freddi come cubetti e non si sarebbero sciolti, in nessuna maniera.
Deglutii per la situazione imbarazzante ed a curarmene ero solo io evidentemente. Mentre entrammo dentro. Salutai Michael per vederci nella pausa, ed andai all'armadietto.
"Mano nella mano, vicini. È andato bene l'appuntamento" sentii la voce di Amanda euforica dietro le mie spalle, mentre mi lasciai scappare un risolino, afferrando il libro per chiudere lo sportello di metallo e rigirarmi verso di lei, che aveva un'espressione curiosa e vogliosa di sapere tutto.
"È andato bene...ma non ci siamo baciati" aggiunsi poiché aveva già aperto la bocca per pormi quella domanda e sulla mia ultima ammissione la chiuse.
"Avverrà presto" canzonò socchiudendo gli occhi come se fosse stata una veggente saputella.
Avrei dovuto forse dirgli. "Non ho baciato lui, ma ho baciato lo stronzo di Joshua" ma preferii tacere su questo fatto. Non avevo ancora assimilato bene io la cosa che dirla avrebbe amplificato di più la situazione che mi contorceva lo stomaco come una centrifuga.
Andammo in classe sedendoci, vedendo Joshua e Madison parlare fitti e sorridersi talmente vicino che credevo si sarebbero ribaciati. Quando il rumore della cartellina sul banco mi fece riprendere prestando Tutti attenzione verso la professoressa Dalton.
Era una donna sulla sessantina, bassa e magra. Portava sempre gonne lunghe che sarebbero dovute arrivare al ginocchio ma a lei arrivavano poco prima della caviglia e di colori eccentrici come arancione o rossa. Maglioncini
Di tutti i tipi e colori, e dei grandi occhiali rotondi con la montatura rossa su un viso ovale a rendere i suoi occhi più piccoli ma non meno intimidatori.
Il rumore dei suoi tacchi che al massimo erano un cinque centimetri, riecheggiò per la piccola aula, troppo piccola per contenere me e Joshua all'interno.
Spiegava l'equazioni polinomiali. Benché l'avessimo già studiate ed in quel preciso istante confermai che in realtà non c'era una soluzione risolutiva. Eravamo anche noi un'equazione che non trovava soluzione e diventava sempre più difficile ad ogni grado.
"No" sbottai di colpo, vedendo tutti gli occhi puntati verso il disastro Carlotta, come la professoressa Dalton che si abbassò gli occhiali che quasi gli caddero sul naso piccolo e a punta. Vidii Joshua come se fosse stato la salvezza ed invece era il problema, che si portò la mano davanti al viso, abbassando lo sguardo. L'unico che si doveva sentire come me ed invece l'unico che ignorava tutto.
Stronzo di quinto grado, ed odioso. Lo era più di prima. Molto più di prima.
"Qualcosa non le torna Ferretti?" Si avvicinò verso il mio banco, mentre scossi la testa con veemenza.
"Dunque se non ha nulla da dire venga alla lavagna per svolgere l'esercizio" a quelle parole dovetti arrendermi al mio destino. Sicuramente sarebbe stato più facile risolvere l'esercizio davanti a tutta la classe che mi guardava ancora come per dirmi "sono cavoli amari" e lo erano, per molte ragioni.
Mi alzai poggiando i palmi sul banco, avviandomi verso la lavagna mentre presi un gesso iniziando a risolvere. E se riuscii a farlo con una formula potevo benissimo farlo con Joshua. Alzò in quel preciso istante gli occhi che sembravano un oceano verso di me, e neanche le parole della Dalton che si complimentava e m'intimava di tornare al mio posto mi arrivavano dritte come invece le sue parole silenziose.
"Ho detto che può andare a sedersi Ferretti. Cristo santo" tuonò più forte quelle parole, imprecando quando annuii terribilmente in imbarazzo. M'imbambolavo pure adesso.
Ed il suo sorriso sfacciato che si formò su quel volto che avrei sbattuto contro il muro sapeva che cosa c'era che mi tratteneva come una statuetta.
Ridussi gli occhi a due fessure, senza dargliela vinta rimettendomi al mio posto. Voleva giocare e l'avrei ignorato come faceva lui.
Quando finì l'ora, tirai un sospiro, alzandomi dal banco. Mi stava iniziando a stare troppo piccolo quel posto e mi sentivo imprigionata dai suoi occhi, anche se non sentivo il
Suo sguardo su di me, ma lui era lì.
Mi avviai fuori con Amanda che mi disse che mi vedeva strana ma l'ammonì con un "che cavolo dici. Non ho niente". Avevo mentito, lo sapevo, ma non avevo voglia di parlare, almeno non di lui, non di me.
Quando vidii Michael fuori in giardino sulla panchina di legno, invitandomi con la mano ed un sorriso da arresto cardiaco. Amanda mi guardò con fare ammiccante sentendomi le guance tirare e la trascinai con me.
"Tutto bene a lezione?" Mi chiese premuroso
salutando con un cenno della testa Amanda, che invece rivolse un'occhiataccia a David che le mimò con il labiale "non puoi ancora essere incazzata, cazzo". Mentre incrociò le braccia ignorandolo. Stava succedendo qualcosa tra quei due ma sicuramente erano meno incasinati.
Riportai l'attenzione su Michael annuendo, formando una treccina con le ciocche.
"Tu?" Gli domandai vedendolo alzare le spalle.
"Bene anche se il coach pretende sempre il meglio. Molte volte penso di mollare" ammise strusciandosi i palmi su i pantaloni della felpa neri con le bande bianche su i lati.
"Non credo. Sei il punto forte della squadra, e comunque tra poco finirà il liceo" lo guardai, alzando una mano per portargli il ciuffo indietro e scoprire i suoi occhi magnetici. Seguì il mio gesto come incantato, attirandomi contro di lui.
"Ho una voglia di baciarti che non immagini. Ma aspetterò i tuoi tempi" chiuse gli occhi per poi riaprirli su di me. Mi sentii percorrere da un dolce brivido caldo lungo la spina dorsale, e dire che le sue parole non mi avevano colpito era mentire. Il tono più rauco mi fece sospirare poggiando la fronte sulla sua spalla.
"Lo so" affermai, scostandomi quando avvertii la voce di Madison.
"Come siete belli insieme" esultò sorridente, mentre alzai lo sguardo sulle loro mani intrecciate per percorrere la sua figura ed i suoi occhi come due iceberg in cui mi sentii imbattuta, tremando.
Si misero a sedere di fronte a noi, iniziando a mangiare il panino quando vidii arrivare Chantal e Guenda che la seguiva come un cagnolino da passeggio.
"Una New entry. La sfigata. Non è che adesso che ti vesti meglio puoi fare ciò che ti pa..." Michael la bloccò sbattendo una mano sul tavolo di legno, sovrastandola con la sua voce.
"Hai rotto il cazzo Chantal. L'ho invitata io dato che ora ci frequentiamo e se non ti sta bene puoi andare con Guenda altrove" sbottò con rabbia e rigido quelle parole che la portarono a spalancare la bocca e gli occhi sorpresi come se non se l'aspettasse.
"Qualcuno si è infatuato. Non si sa difendere da sola?" Chiese beffarda guardando me con un sopracciglio inarcato, portandosi una mano sul fianco.
Portai una mano sul ginocchio di Michael come a dirgli di lasciarmi parlare, anche se lo sguardo di Joshua puntò lì, passandosi una mano su i capelli
"Ti senti minacciata Chantal. Il semplice fatto che io non ho bisogno di quintale di trucco per mascherare un'insicurezza. E comunque ti dona il rossetto su i denti" sorrisi vittoriosa, vedendola cercare lo specchietto in borsa per assicurarsi che non fosse così mentre scoppiammo tutti a ridere tranne Joshua che tirò un morso al panino come se le mie parole non le avesse avvertite.
"Credo che l'hai stesa" proruppe Amanda vedendo Chantal avviarsi all'entrata, mentre mi morsi il labbro facendo spallucce.
Quando uscimmo dal cancello della scuola vidii Michael appoggiato alla macchina con le caviglie accavallate e le braccia conserte, per poi staccarsi venendomi incontro salutando Amanda che mi diede una leggere gomitata.
"Ti volevo dire che stasera giocheremo. Spero verrai a fare il tifo per me" sussurrò le ultime parole al mio lobo come se fosse un segreto, lasciandomi un bacio dolce ed umido che mi portò a tremare leggermente.
Mi scostai, stringendomi nel giubbotto di pelle.
"Ci sarò" gli confermai per avviarmi a casa, infilandomi gli auricolari che erano i miei compagni fedeli, e il non aver visto Joshua all'uscita mi faceva capire che era con lei chissà dove e che la storia del bacio era già stata spazzata via, come un vento che porta via tutto, ma non cancella nulla. Dovevo scordarmi di lui e forse tornare ad essere semplici amici anche se per il momento sarebbe stato meglio ignorarci.
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