43. Questo sol m'arde e questo m'innamora
Come ormai tutta Roma si aspettava, le condizioni fisiche di Clemente VII peggiorarono e si inclinarono talmente tanto che, quando si diffuse la notizia della sua morte, nessuno ne era stupito. Adesso un nuovo Papa avrebbe dovuto occupare il posto di San Pietro e dal conclave fu eletto Alessandro Farnese con il nome di Paolo III.
***
Vittoria non poteva passare tutta la giornata nella sua piccola e angusta cella del convento oppure nella sala comune in compagnia delle sorelle, soprattutto in un giorno soleggiato come quello. Çapata, come sempre, fu disponibile ad accompagnarla ovunque lei desiderasse.
«Potete portarmi ai giardini di Monte Cavallo?» gli domandò non tanto perché lui avesse la possibilità di rifiutarsi, ma perché voleva sapere se la strada fosse sicura: la zona in cui viveva era tra quelle più periferiche di Roma ma non era mai sicuro per una donna, soprattutto se nobile, ricca e conosciuta come lei, uscire senza un grande seguito.
«Certamente, mia signora» le rispose, «state tranquilla.»
Vittoria sorrise, per come era vestita, sicuramente, non avrebbe corso alcun rischio: nessuno avrebbe potuto dire, dall'abito scuro che indossava e la semplicissima cuffia bianca che le copriva i capelli, che fosse una marchesa. Il tragitto, poi, era piuttosto breve e i giardini di Monte Cavallo erano un luogo sicurissimo: si trovavano sulla cima del Quirinale, confinavano con quelli altrettanto grandi di Palazzo Colonna e facevano parte del complesso del convento di San Silvestro al Quirinale. Vittoria amava recarsi là, dall'alto della collina c'era un paesaggio mozzafiato, una bellissima vista sull'intera Roma e gli alberi, le fontane e i fiori che decoravano il giardino a primavera erano semplicemente meravigliosi. Conosceva il priore, frate Ambrogio da Siena, che le aveva dato il permesso di poterne usufruire quando desiderava.
Mentre camminava parlava con Çapata, aveva cominciato ad affezionarcisi perché era anche abbastanza istruito, con lui poteva spingersi in discorsi che con molte persone non sarebbe stata in grado di fare: era intelligente, attento e molto eloquente. Stavano chiacchierando allegramente di cose piuttosto quotidiane quando l'attenzione di Vittoria fu colpita da un uomo che stavano per incrociare per strada. Camminava con gli occhi bassi e un largo cappello che gli copriva in gran parte il viso, ma a Vittoria sembrava di averlo già visto. Si avvicinarono appena di qualche passo e subito lo riconobbe.
«Messer Michelangelo!» esclamò fermandosi in mezzo alla strada. Era stupita non solo per averlo trovato lì ma per averlo riconosciuto: erano tanti anni che non si vedevano e sicuramente, se fosse stata una persona meno importante, avrebbe completamente dimenticato il suo viso. Era diverso, era invecchiato, la sua barba stava cominciando a tingersi, in qua e in là, di bianco, ma non poteva sbagliarsi.
Lui alzò la testa e rimase come paralizzato, la guardava incredulo, come se quella che aveva davanti fosse una visione in cui non aveva mai sperato.
«Signora marchesa» la sua voce, al contrario di quella di lei che era stata scattante e allegra, era confusa, il suo tono era quasi di domanda, come se non credesse a quello che i suoi occhi vedevano. Vittoria sorrise, erano passati ormai più di vent'anni dall'ultima volta che si erano visti ed erano normalissimo che lui avesse reagito in quel modo: era sempre stato abituato a vederla alle feste e ai ricevimenti, con abiti eleganti e preziosi gioielli mentre adesso gli si presentava come una donna comune.
«Non pensavo di trovarvi a Roma» esclamò Vittoria.
«Non sapevo neanche io che sarei venuto fino a qualche giorno fa» rispose lui, ancora confuso da quello strano e inaspettato incontro, «vi credevo ad Ischia, signora marchesa.»
Vittoria sorrise ancora e lasciò che i suoi occhi vagassero sul volto di lui, più lo guardava più era curiosa di conoscerlo: aveva qualcosa che lo rendeva diverso da tutti quei gentiluomini che aveva sempre conosciuto, qualcosa che lo rendeva tutto particolare.
«Adesso che ho l'occasione, signor Michelangelo» cominciò Vittoria non avendo alcuna intenzione di continuare la sua camminata: non le interessava più andare ai giardini di Monte Cavallo, non le importava più niente se non stare a parlare con quello strano e particolare artista, «voglio ringraziarvi di persona per l'opera meravigliosa che avete realizzato per me e per la gentilezza con cui avete accolto la mia richiesta.»
Michelangelo abbassò lo sguardo e sorrise, leggermente imbarazzato: per quanto fosse noto che odiasse i complimenti, Vittoria era sicura che le sue parole gli avessero fatto piacere. Lo vedeva da quello strano luccichio negli occhi quando li rivolgeva verso di lei.
«Mi dispiace non averlo potuto dipingere io stesso» disse semplicemente, «credo sappiate che non mi piace dipingere, ma per voi avrei potuto realizzare anche dieci quadri se solo le altre commissioni mi avessero lasciato il tempo.»
Vittoria arrossì bruscamente, Costanza le aveva consigliato di ingraziarsi un artista di tale fama ma a lei pareva di non aver fatto niente per potersi meritare un tale trattamento: Michelangelo rifiutava di dipingere per i Papi e avrebbe dipinto per lei qualsiasi cosa avesse voluto? Le sembrava assurdo, eppure era ciò che aveva detto.
Non l'aveva mai ammesso, si era costretta a non pensarci, ma non si era mai dimenticata il modo in cui Michelangelo l'aveva guardata tanti anni prima, il loro primo incontro nella Sistina, l'altro durante i ricevimenti di Leone X e adesso per strada: vedeva che c'era qualcosa di strano nel modo in cui lui si era sempre comportato nei suoi confronti, le sue stesse parole, certe volte, le sembravano troppo spinte per la loro relazione di poco più di conoscenti.
«Avete abbandonato le vostre commissioni a Firenze?» gli chiese, cercando di spostare l'attenzione da lei al suo lavoro, trovava questa situazione piuttosto imbarazzante, «la Biblioteca e la cappella in San Lorenzo di cui si parla in tutto il mondo?»
«Appena completate sono scappato da Firenze» rispose, il suo tono era diventato più malinconico del normale, ci soffriva, si vedeva, ma non aveva avuto altra scelta, «Firenze non è più la città che era prima, non fa più per me.»
Vittoria vide nel suo attaccamento alla città toscana la stessa sua affezione per la sua bellissima isola, erano luoghi in cui era possibile vivere una vita meravigliosa se solo non ci fossero state guerre e scontri politici. Comprendeva il modo in cui si sentiva, gli sorrise per fargli capire che lo capiva meglio di chiunque altro.
«E che cosa vi ha spinto a Roma?» gli chiese.
Michelangelo esitò a rispondere, la strada cominciava ad essere più affollata e loro erano a parlare lì, esattamente nel mezzo, d'intralcio per tutti i passanti. Si spostò un po' di lato e Vittoria gli si avvicinò, erano entrambi certi che nessuno li avesse riconosciuti, o almeno che nessuno avesse riconosciuto in quella donna così semplice la marchesa di Pescara.
«Il Papa» mormorò, non sembrava per niente entusiasta di ciò, «Clemente VII, prima di morire, aveva espresso il desiderio che io dipingessi per lui un Giudizio Universale nella parete di fondo della Cappella Sistina.»
A sentire quelle parole il volto di Vittoria si illuminò, Michelangelo sorrise appena nel vedere come una notizia di quel tipo, che non la riguardava neanche lontanamente, potesse portarle così tanta gioia.
«E Paolo III ha confermato il lavoro» annunciò.
«Ma è una notizia meravigliosa!» esclamò lei, piena di contentezza, «farete un altro capolavoro, una nuova meraviglia proprio sotto alla volta più bella che ci sia in tutto il mondo.»
Michelangelo si sentì onorato nell'udire quelle parole, pronunciate con una tale veemenza e emozione da riscaldargli in cuore. In realtà tutto di lei gli provocava una gioia che non credeva fosse neanche possibile provare: il trovarla lì, completamente di sorpresa e vederla così emozionata per le sue opere era la migliore ricompensa che avesse mai potuto chiedere.
«Mi lusingate, signora marchesa» rispose abbassando lo sguardo con modestia, «ma questa volta sarà molto più difficile della volta della Cappella Sistina.»
Vittoria fece un'espressione stupita, non si immaginava come una parete fosse più difficile da dipingere rispetto a un soffitto.
«Perché?»
«Non avrò problemi di ponteggi che non stanno in piedi per la troppa altezza, non avrò una superficie curva e irregolare da dover interamente decorare e non dovrò neanche dipingere in posizioni che minano la salute del mio fisico, ma ho un soggetto che non so realizzare.»
«Il tema del Giudizio Universale vi dà problema?» domandò Vittoria, curiosa.
«Come posso io interpretare la seconda venuta di Cristo?» Michelangelo sospirò come se quello fosse un pensiero che lo tormentava giorno e notte, senza dargli mai tregua, «non sono un frate, un vescovo e neanche un teologo, cosa posso saperne?»
«Pregate, Michelangelo, e vedrete che Dio vi mostrerà la via migliore che dovrete perseguire» Vittoria gli sorrise, «lasciate da parte le preoccupazioni, sono sicura che qualsiasi cosa siate ispirato a dipingere sarà la più bella che si sia mai vista a Roma e in tutta Italia.»
L'artista sorrise, appena distolse lo sguardo dal viso di lei si accorse che la gente aveva preso a mandare loro occhiate di rimprovero.
«Forse questo non è il luogo migliore per parlare di arte e pittura» mormorò, Vittoria annuì guardandosi intorno, «dove siete diretta? Posso accompagnarvi alla vostra destinazione?»
Vittoria lanciò un'occhiata a Çapata, non voleva più andare ai giardini di Monte Cavallo, non voleva più abbandonare la sua conversazione con Michelangelo.
«Stavo andando al convento a Monte Cavallo, qui vicino» la marchesa rivolse per un attimo lo sguardo al sole che aveva perso un po' della sua intensità, «ma si sta facendo brutto tempo, credo che tornerò indietro.»
Michelangelo alzò la testa al cielo e poi annuì.
«Posso accompagnarvi allora alla vostra residenza?» insistette.
Vittoria – non sapeva neanche lei perché – avrebbe voluto dire di sì ma aveva con sé già Çapata e passeggiare con un uomo che aveva visto per la prima volta dopo non si sa quanti anni, nonostante si fossero scambiati un fitto epistolario, non le sembrava molto adatto.
«Il convento di San Silvestro in Capite non è molto vicino da qui» l'espressione sul viso di Vittoria si fece dispiaciuta, «non voglio farvi fare inutile strada.»
Michelangelo fece cenno di aver capito e rinunciò ad insistere. Si calcò più forte il cappello in testa e salutò con un piccolo inchino la marchesa.
«È stato un piacere inaspettato vedervi oggi, signora marchesa» le disse, «vi prego di ricordarvi di me in questa vostra, spero lunga, permanenza a Roma.»
«Mi ricorderò di voi e del vostro Giudizio» Vittoria sorrise, «se avete qualche novità sentitevi libero di scrivermi, aspetto vostre lettere con grande trepidazione.»
Lui annuì e poi si allontanò, Vittoria invertì il suo percorso tornando sui suoi passi al fianco di Çapata. Si sentiva come se fosse appena successa la cosa più bella da mesi e mesi e aveva quell'ardente desiderio che succedesse di nuovo il più presto possibile.
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